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Galileo Galilei

DISCORSI E DIMOSTRAZIONI MATEMATICHE
INTORNO A DUE NUOVE SCIENZE

ATTENENTI ALLA MECANICA & I MOVIMENTI LOCALI

 

 

ALLO ILLUSTRISSIMO SIGNORE
IL SIGNORE
CONTE DI NOAILLES

Consiglier di sua Maestà CristianissimaCavalier dell'Ordine di SantoSpiritoMariscalco de' suoi campi ed essercitiSiniscalco e Governatore diRoerga e Luogotenente per Sua Maestà in Overgnamio Signore e Padronecolendissimo.

Illustrissimo Signore

Riconosco per uno effetto della magnanimità di V. S. Illustrissima quantogli è piaciuto disporre di questa opera mia; non ostante che (come ella sa)confuso e sbigottito da i mal fortunati successi di altre mie opereavendo mecomedesimo determinato di non esporre in pubblico mai più alcuna delle miefatichema soloacciò del tutto non restassero sepolteessendomi persuaso dilasciarne copia manuscritta in luogo conspicuo al meno a molti intelligentidelle materie da me trattatee per ciò avendo fatto elezzioneper il primo epiù illustre luogodi depositarle in mano di V. S. Illustrissimasicuro cheper sua particolare affezzione verso di meaverebbe avuto a cuore laconservazione de' miei studii e fatiche; e per ciò nel suo passaggio di quaritornando dalla sua ambasciata di Romafui a riverirla personalmentesì comepiù volte avevo fatto per lettere; e con tale incontro presentai a V. S.Illustrissima la copia di queste due opere che allora mi trovavo avere inprontole quali benignamente mostrò di gradire molto e di essere per farnesicura conservaecol participarle in Francia a qualche amico suoperito diqueste scienziemostrare chese bene tacevonon però passavo la vita deltutto ociosamente. Andavo dipoi apparecchiandomi di mandarne alcune altre copiein Germaniain Fiandrain Inghilterrain Spagnae forse anco in qualcheluogo d'Italiaquando improvvisamente vengo da gli Elzevirii avvisato comehanno sotto il torchio queste mie operee che però io deva prendererisoluzione circa la dedicatoria e prontamente mandargli il mio concetto sopradi ciò. Mosso da questa inopinata ed inaspettata nuovasono andato mecomedesimo concludendo che la brama di V. S. Illustrissima di suscitare edampliare il nome miocol participare a diversi miei scrittiabbia cagionatoche sieno pervenuti nelle mani de' detti stampatorili qualiessendosiadoperati in publicare altre mie opereabbiano voluto onorarmi di mandarle allaluce sotto le loro bellissime ed ornatissime stampe. Per ciò questi mieiscritti debbono risentirsi per aver avuta la sorte d'andar nell'arbitrio d'unsì gran giudiceil qualenel maraviglioso concorso di tante virtù cherendono V. S. Illustrissima ammirabile a tuttiella con incomparabilemagnanimitàper zelo anco del ben publicoa cui gli è parso che questa miaopera dovesse conferireha voluto allargargli i termini ed i confinidell'onore. Sì cheessendo il fatto ridotto in cotale statoè benragionevole che io con ogni segno più cospicuo mi dimostri grato riconoscitoredel generoso affetto di V. S. Illustrissimache ha avuto a cuore di accrescermila mia fama con farli spiegar le ale liberamente sotto il cielo apertodove chea me pareva assai dono che ella restasse in spazii più angusti. Per tanto alnome vostroIllustrissimo Signoreconviene che io dedichi e consacri questomio parto; al che fare mi strigne non solo il cumulo de gli oblighi che glitengoma l'interesse ancorail quale (siami lecito così dire) mette in obligoV. S. Illustrissima di difendere la mia riputazione contro a chi volesseoffenderlamentre ella mi ha posto in steccato contro a gli avversarii. Ondefacendomi avanti sotto il suo stendardo e protezzioneumilmente me le inchinocon augurarle per premio di queste sue grazie il colmo d'ogni felicità egrandezza.

D'Arcetrili 6 Marzo 1638.
Di V. S. Illustrissima

Devotissimo Servitore
GALILEO GALILEI

LO STAMPATORE A I LETTORI

Trattenendosi la vita civile mediante il mutuo e vicendevole soccorso de gliuomini gli uni verso gli altried a ciò servendo principalmente l'uso dellearti e delle scienzieper questo gl'inventori di esse sono sempre stati tenutiin grande stimae molto riveriti dalla savia antichità; e quanto piùeccellente o utile è stata qualche invenzionetanto maggior laude ed onore neè stato attribuito a gl'inventorifin ad essere stati deificati (avendo gliuominiper commun consensocon tal segno di supremo onore voluto perpetuare lamemoria de gli autori del loro bene essere). Parimente quelli i quali conl'acutezza de i loro ingegni hanno riformato le cose già trovatescoprendo lefallacie e gli errori di molte e molte proposizioni portate da uomini insigni ericevute per vere per molte etàsono degni di gran lode ed ammirazione; attesomedesimamente che tale scoprimento è laudabilese bene i medesimi scopritoriavesseno solamente rimossa la falsitàsenza introdurne la veritàper sétanto difficile a conseguirsiconforme al detto del principe de gli oratori: Utinamtam facile possem vera reperirequam falsaconvincere. Ed in fatti il merito di questa lode è dovuto a questinostri ultimi secoline i quali le arti e le scienzieritrovate da gliantichiper opera di perspicacissimi ingegni sonoper molte prove edesperienziestate ridotte a gran perfezzionela quale ogni dì vaaugumentandosi: ed in particolare questo apparisce nelle scienze matematichenelle quali (lasciando i diversi che ci si sono adoperati con gran lode e gransuccesso) al nostro Signore Galileo GalileiAccademico Linceosenza alcuncontrastoanzi con l'applauso e l'approbazione universale di tutti i peritimeritamente sono dovuti li primi gradisì per aver mostrato la non concludenzadi molte ragioni intorno a varie conclusionicon salde dimostrazioni confermate(come ne sono piene le opere sue già publicate)sì anco per aver coltelescopio (uscito prima di queste nostre partima da esso ridotto poi aperfezzione molto maggiore) scoperto e dataprimo di tuttila notizia dellequattro stelle satelliti di Giovedella vera e certa dimostrazione della ViaLatteadelle macchie solaridelle rugosità e parti nebulose della LunadiSaturno tricorporeoVenere falcatadella qualità e disposizion delle comete;tutte cose non conosciute mai da gli astronomi né da i filosofi antichidimaniera che puote dirsiesser per esso con nuova luce comparsa al mondo eristorata l'astronomia: dall'eccellenza della quale (in quanto ne' cieli e ne icorpi celesti con maggiore evidenza ed ammirazione che in tutte le altrecreature risplende la potenza sapienzia e bontà del supremo Fattore) risulta lagrandezza del merito di chi ce ne ha aperta la conoscenzacon aversi resi talicorpi distintamente conspicuinon ostante la loro distanzaquasi infinitadanoi; poi chesecondo il dire volgatol'aspetto insegna assai più e conmaggior certezza in un sol giorno che non potriano fare i precettiquantunquemille volte reiteratila notizia intuitiva (come disse un altro) andando delpari con la definizione. Ma molto più si fa manifesta la grazia concedutagli daDio e dalla natura (per mezzo però di molte fatiche e vigilie) nella presenteoperanella quale si vedelui essere stato ritrovatore di due intere scienzienuovee da i loro primi principii e fondamenti concludentementecioègeometricamentedimostrate: equello che deve rendere più maravigliosa questaoperauna delle due scienzie è intorno a un suggetto eternoprincipalissimoin naturaspeculato da tutti i gran filosofie sopra il quale ci sonomoltissimi volumi scritti; parlo del moto localemateria d'infiniti accidentiammirandinessuno de' quali è sin qui stato trovatonon che dimostratodaalcuno: l'altra scienziapure da i suoi principii dimostrataè intorno allaresistenza che fanno i corpi solidi all'essere per violenza spezzati; notizia digrande utilitàe massime nelle scienzie ed arti mecanicheed essa ancorapiena d'accidenti e proposizioni sin qui non osservate. Di queste due nuovescienziepiene di proposizioni che in infinito saranno accresciute colprogresso del tempo dagl'ingegni specolativiin questo libro si aprono le primeportee con non piccolo numero di proposizioni dimonstrate si addita ilprogresso e trapasso ad altre infinitesì come da gl'intelligenti saràfacilmente inteso e riconosciuto.

GIORNATA PRIMA

Interlocutori:
SalviatiSagredo e Simplicio

Salv. Largo campo di filosofare a gl'intelletti specolativi parmiche porga la frequente pratica del famoso arsenale di voiSignori Venezianiedin particolare in quella parte che mecanica si domanda; atteso che quivi ognisorte di strumento e di machina vien continuamente posta da numero granded'arteficitra i qualie per l'osservazioni fatte dai loro antecessorie perquelle che di propria avvertenza vanno continuamente per se stessi facendoèforza che ve ne siano de i peritissimi e di finissimo discorso.

Sagr. V. S. non s'inganna punto: ediocome per natura curiosofrequento per mio diporto la visita di questo luogoe la pratica di questi che noiper certa preminenza che tengono sopra 'l restodella maestranzadomandiamo proti; la conferenza de i quali mi ha più volteaiutato nell'investigazione della ragione di effetti non solo maravigliosimareconditi ancora e quasi inopinabili. È vero che tal volta anco mi ha messo inconfusione ed in disperazione di poter penetrare come possa seguire quello chelontano da ogni mio concettomi dimostra il senso esser vero. E pur quello chepoco fa ci diceva quel buon vecchio è un dettato ed una proposizione ben assaivulgata; ma però io la reputava in tutto vanacome molte altre che sono inbocca de i poco intelligenticredo da loro introdotte per mostrar di saper dirqualche cosa intorno a quello di che non son capaci.

Salv. V. S. vuol forse dire diquell'ultimo pronunziato ch'ei profferì mentre ricercavamo d'intendere per qualragione facevano tanto maggior apparecchio di sostegniarmamenti ed altriripari e fortificazioniintorno a quella gran galeazza che si doveva varareche non si fa intorno a vasselli minori; dove egli risposeciò farsi perevitare il pericolo di direnarsioppressa dal gravissimo peso della sua vastamoleinconveniente al quale non son soggetti i legni minori?

Sagr. Di cotesto intendoe sopratutto dell'ultima conclusione ch'ei soggiunsela quale io ho sempre stimataconcetto vano del vulgo; cioè che in queste ed altre simili machine non bisognaargumentare dalle piccole alle grandiperché molte invenzioni di machineriescono in piccoloche in grande poi non sussistono. Ma essendo che tutte leragioni della mecanica hanno i fondamenti loro nella geometrianella quale nonveggo che la grandezza e la piccolezza faccia i cerchii triangolii cilindrii coni e qualunque altre figure solidesoggette ad altre passioni queste e adaltre quelle; quando la machina grande sia fabricata in tutti i suoi membriconforme alle proporzioni della minoreche sia valida e resistenteall'esercizio al quale ella è destinatanon so vedere perché essa ancora nonsia esente da gl'incontri che sopraggiugner gli possonosinistri e destruttivi.

Salv. Il detto del vulgo èassolutamente vano; e talmente vanoche il suo contrario si potrà profferirecon altrettanta veritàdicendo che molte machine si potranno far più perfettein grande che in piccolo: comeper esempioun oriuoloche mostri e batta leorepiù giusto si farà d'una tal grandezza che di un'altra minore. Conmiglior fondamento usurpano quel medesimo detto altri più intelligentii qualidella riuscita di tali machine grandinon conforme a quello che si raccogliedalle pure ed astratte dimostrazioni geometrichene rimettono la causa nell'imperfezzionedella materiache soggiace a molte alterazioni ed imperfezzioni. Ma qui non sos'io potròsenza inciampare in qualche nota di arroganzadire che né anco ilricorrere all'imperfezzioni della materiapotenti a contaminare le purissimedimostrazioni matematichebasti a scusare l'inobbedienza delle machine inconcreto alle medesime astratte ed ideali: tuttavia io pure il diròaffermandocheastraendo tutte l'imperfezzioni della materia e supponendola perfettissimaed inalterabile e da ogni accidental mutazione esentecon tutto ciò il soloesser materiale fa che la machina maggiorefabbricata dell'istessa materia econ l'istesse proporzioni che la minorein tutte l'altre condizioni risponderàcon giusta simmetria alla minorefuor che nella robustezza e resistenza controalle violente invasioni; ma quanto più sarà grandetanto a proporzione saràpiù debole. E perché io suppongola materia essere inalterabilecioè semprel'istessaè manifesto che di leicome di affezzione eterna e necessariasipossano produr dimostrazioni non meno dell'altre schiette e pure matematiche.PeròSig. Sagredorevochi pur l'opinione che tenevae forse insieme conmolti altri che nella mecanica han fatto studioche le machine e le fabbrichecomposte delle medesime materiecon puntuale osservanza delle medesimeproporzioni tra le loro partidebban essere egualmenteoper dir meglioproporzionalmentedisposte al resistere ed al cedere alle invasioni ed impetiesterniperché si può geometricamente dimostraresempre le maggiori essere aproporzione men resistenti che le minori; sì che ultimamente non solo di tuttele machine e fabbriche artifizialima delle naturali ancorasia un terminenecessariamente ascrittooltre al quale né l'arte né la natura possatrapassare: trapassardicocon osservar sempre l'istesse proporzioni conl'identità della materia.

Sagr. Io già mi sento rivolgere ilcervelloequasi nugola dal baleno repentinamente apertaingombrarmisi lamente da momentanea ed insolita luceche da lontano mi accenna e subitoconfonde ed asconde imaginazioni straniere ed indigeste. E da quanto ella hadetto parmi che dovrebbe seguire che fusse impossibil cosa costruire duefabbriche dell'istessa materia simili e disegualie tra di loro con egualproporzione resistenti; e quando ciò siasarà anco impossibile trovar duesole aste dell'istesso legno tra di loro simili in robustezza e valoremadiseguali in grandezza.

Salv. Così èSig. Sagredo: e permeglio assicurarci che noi convenghiamo nel medesimo concettodico che se noiridurremo un'asta di legno a tal lunghezza e grossezzache fittav. g.in unmuro ad angoli retticioè parallela all'orizontesia ridotta all'ultimalunghezza che si possa reggeresì cheallungata un pelo piùsi spezzassegravata dal proprio pesoquesta sarà unica al mondo; tal che essendoperesempiola sua lunghezza centupla della sua grossezzanissuna altra asta dellamedesima materia potrà ritrovarsi cheessendo in lunghezza centupla della suagrossezzasiacome quellaprecisamente abile a sostener se medesimae nulladi più; ma tutte le maggiori si fiaccherannoe le minori saranno potenti asosteneroltre al proprio pesoqualch'altro appresso. E questo che io dicodello stato di regger se medesimointendasi detto di ogni altra costituzione; ecosì se un corrente potrà reggere il peso di dieci correnti suoi egualiunatrave simile a lui non potrà altramente regger il peso di dieci sue eguali. Manotino in grazia V. S. e 'l Sig. Simplicio nostroquanto le conclusioni verebenché nel primo aspetto sembrino improbabiliadditate solamente qualche pocodepongono le vesti che le occultavanoe nude e semplici fanno de' lor segretigioconda mostra. Chi non vede come un cavallo cadendo da un'altezza di trebraccia o quattro si romperà l'ossama un cane da una talee un gatto da unadi otto o diecinon si farà mal nissunocome né un grillo da una torrenéuna formica precipitandosi dall'orbe lunare? i piccoli fanciulli restare illesiin cadutedove i provetti si rompono gli stinchi o la testa? E come gli animalipiù piccoli sonoa proporzionepiù robusti e forti de i maggioricosì lepiante minori meglio si sostentano: e già credo che amendue voi apprendiate cheuna quercia dugento braccia alta non potrebbe sostenere i suoi rami sparsi allasimilitudine di una di mediocre grandezzae che la natura non potrebbe fare uncavallo grande per venti cavalliné un gigante dieci volte più alto di unuomose non o miracolosamente o con l'alterar assai le proporzioni delle membraed in particolare dell'ossaingrossandole molto sopra la simmetria dell'ossacomuni. Il creder parimente che nelle machine artifiziali egualmente sianofattibili e conservabili le grandissime e le piccoleè errore manifesto: ecosìper esempiopiccole gugliecolonnette ed altre solide figuresicuramente si potranno maneggiare distendere e rizzaresenza risico dirompersiche le grandissime per ogni sinistro accidente andranno in pezzienon per altra cagione che per il loro proprio peso. E qui è forza che io viracconti un caso degno veramente di esser saputocome sono tutti gli accidentiche accascano fuori dell'aspettazionee massime quando il partito preso perovviare a uno inconveniente riesce poi causa potissima del disordine. Era unagrossissima colonna di marmo distesae posatapresso alle sue estremitàsopra due pezzi di trave; cadde in pensiero dopo certo tempo ad un mecanico chefusse beneper maggiormente assicurarsi che gravata dal proprio peso non sirompesse nel mezzosupporgli anco in questa parte un terzo simile sostegno:parve il consiglio generalmente molto opportunoma l'esito lo dimostrò esserestato tutto l'oppositoatteso che non passarono molti mesi che la colonna sitrovò fessa e rottagiusto sopra il nuovo appoggio di mezzo.

Simp. Accidente in vero maravigliosoe veramente praeter spemquando però fusse derivato dall'aggiungervi ilnuovo sostegno di mezzo.

Salv. Da quello sicuramente derivòeglie la riconosciuta cagion dell'effetto leva la maraviglia: perchédepostiin piana terra i due pezzi della colonnasi vedde che l'uno de i travisu 'lquale appoggiava una delle testatesi eraper la lunghezza del tempoinfracidato ed avvallatoerestando quel di mezzo durissimo e fortefu causache la metà della colonna restasse in ariaabbandonata dall'estremo sostegno;onde il proprio soverchio peso gli fece fare quello che non avrebbe fatto sesolo sopra i due primi si fusse appoggiataperché l'avvallarsi qual si fussedi loroella ancora l'arebbe seguito. E qui non si può dubitare che talaccidente non sarebbe avvenuto in una piccola colonnabenché della medesimapietra e di lunghezza rispondente alla sua grossezza con la proporzione medesimadella grossezza e lunghezza della colonna grande.

Sagr. Già sin qui resto ioassicurato della verità dell'effetto ma non penetro già la ragione comenelcrescersi la materianon deva con l'istesso ragguaglio multiplicarsi laresistenza e gagliardia; e tanto più mi confondoquanto per l'opposito veggoin altri casi crescersi molto più la robustezza e la resistenza al rompersiche non cresce l'ingrossamento della materia: che sev. g.saranno due chiodifitti in un murol'uno più grosso il doppio dell'altroquello reggerà nonsolamente doppio peso di questoma triplo e quadruplo.

Salv. Dite pur ottuploné diretelontano dal vero: né questo effetto contraria a quelloancor che in sembianteapparisca così diverso.

Sagr. AdunqueSig. Salviatispianateci questi scogli e dichiarateci queste oscuritàse ne avete il modoché ben conietturoquesta materia delle resistenze essere un campo pieno dibelle ed utili contemplazioni; e se vi contentate che questo sia il soggetto dei nostri ragionamenti di oggia mee credo al Sig. Simpliciosarà gratissimo.

Salv. Non posso mancar di servirlepurché la memoria serva me in sumministrarmi quello che già appresi dal nostroAccademicoche sopra tal materia aveva fatte molte speculazionie tutteconforme al suo solitogeometricamente dimostratein modo chenon senzaragionequesta sua potrebbe chiamarsi una nuova scienza; perché se bene alcunedelle conclusioni sono state da altrie prima di tutti da Aristoteleosservatetuttavia né sono delle più bellené (quello che più importa) dai loro primarii e indubitati fondamenti con necessarie dimostrazioni provate. Eperchécome dicovoglio dimostrativamente accertarvie non con solamenteprobabili discorsi persuadervisupponendo che abbiate quella cognizione delleconclusioni mecanicheda altri sin qui fondatamente trattateche per il nostrobisogno sarà necessariaconviene che avanti ogni altra cosa consideriamo qualeffetto sia quello che si opera nella frazzione di un legno o di altro solidole cui parti saldamente sono attaccate; perché questa è la prima nozionenella qual consiste il primo e semplice principio che come notissimo convienesupporsi.

Per più chiara esplicazione di chesegniamo il cilindro o prisma ABdi legno o di altra materia solida e coerentefermato di sopra in A ependente a piomboal quale nell'altra estremità B sia attaccato il pesoC: è manifesto chequalunque si sia la tenacità e coerenza tra di lorodelle parti di esso solidopur che non sia infinitapotrà esser superatadalla forza del traente peso Cla cui gravità pongo che possaaccrescersi quanto ne piacee esso solido finalmente si strapperàa guisad'una corda. E sì come nella corda noi intendiamola sua resistenza derivaredalla moltitudine delle fila della canapa che la compongonocosì nel legno siscorgono le sue fibre e filamenti distesi per lungoche lo rendono grandementepiù resistente allo strappamento che non sarebbe qualsivoglia canapo dellamedesima grossezza: ma nel cilindro di pietra o di metallo la coerenza (cheancora par maggiore) delle sue parti depende da altro glutine che da filamenti ofibre; e pure essi ancora da valido tiramento vengono spezzati.

Simp. Se il negozio procede come voiditeintendo bene che i filamenti nel legnoche son lunghi quanto l'istessolegnoposson renderlo gagliardo e resistente a gran forza che se gli faccia perromperlo; ma una corda composta di fili di canapa non più lunghi di due o trebraccia l'unocome potrà ridursi alla lunghezza di centorestando tantogagliarda? In oltre vorrei anco sentire la vostra opinione intornoall'attaccamento delle parti de i metallidelle pietre e di altre materie privedi tali filamentiche purs'io non m'ingannoè anco più tenace.

Salv. In nuove specolazionie nonmolto al nostro intento necessarieconverrà divertirese dovremo dellepromosse difficoltà portar le soluzioni.

Sagr. Ma se le digressioni possonoarrecarci la cognizione di nuove veritàche pregiudica a noinon obbligati aun metodo serrato e concisoma che solo per proprio gusto facciamo i nostricongressidigredir ora per non perder quelle notizie che forselasciatal'incontrata occasioneun'altra volta non ci si rappresenterebbe? anzi chi sache bene spesso non si possano scoprir curiosità più belle delle primariamentecercate conclusioni? Pregovi per tanto io ancora a dar sodisfazione al Sig.Simplicio ed a menon men di esso curioso e desideroso d'intender qual sia quelglutine che sì tenacemente ritien congiunte le parti de i solidiche purfinalmente sono dissolubili: cognizione che pur anco è necessaria per intenderla coerenza delle parti de gli stessi filamentide i quali alcuni de i solidison composti.

Salv. Eccomi a servirvipoichécosì vi piace. È la prima difficoltàcome possano i filamenti d'una cordalunga cento braccia sì saldamente connettersi insieme (non essendo ciaschedunodi essi lungo più di due o tre)che gran violenza ci voglia a disseparargli.Ma ditemiSig. Simplicio: non potreste voi d'un sol filo di canapa tener l'unadell'estremità talmente stretta fra le ditache iotirando dall'altraprimache liberarlo dalla vostra manolo rompessi? Certo sì. Quando dunque i filidella canapa fusser non solo nell'estremitàma in tutta la lor lunghezzacongran forza da chi gli circondasse tenuti strettinon è manifesta cosa che losbarbargli da chi gli strigne sarebbe assai più difficile che il rompergli? Manella corda l'istesso atto dell'attorcerla strigne le fila scambievolmente tradi loro in manierache tirando poi con gran forza la funei suoi filamenti sispezzanoe non si separano l'uno dall'altro; come manifestamente si conosce dalvedersi nella rottura i filamenti cortissimie non lunghi almeno un bracciol'unocome dovria vedersi quando la division della corda si facesse non per lostrappamento delle filama per la sola separazione dell'uno dall'altrostrisciando.

Sagr. Aggiungasiin confermazion diquestoil vedersi tal volta romper la corda non per il tirarla per lo lungomasolo per il soverchiamente attorcerla: argumentopar a meconcludentele filaesser talmente tra di loro scambievolmente compresseche le comprimenti nonpermettono alle compresse scorrer quel minimo cheche sarebbe necessario perallungar le spireacciò potessero circondar la fune che nel torcimento siscorcia ed in consequenza qualche poco s'ingrossa.

Salv. Voi benissimo dite: maconsiderate appresso come una verità si tira dietro l'altra. Quel filo chestretto tra le dita non segue chicon qualche forza tirandolovorrebbe di traesse sottrarloresiste perché da doppia compressione vien ritenuto; avvengache non meno il dito superiore preme contro l'inferioreche questo si premacontro a quello. E non è dubbio che quando di queste due premure se ne potesseritenere una solaresterebbe la metà di quella resistenza che dalle duecongiunte dependeva; ma perché non si può con l'alzarv. g.il ditosuperiore levar la sua pressione senza rimuover anco l'altra parteconviene connuovo artifizio conservarne una di loroe trovar modo che l'istesso filocomprima se medesimo contro al dito o altro corpo solido sopra 'l quale si posae far sì che l'istessa forza che lo tira per separarnelotanto più ve locomprimaquanto più gagliardamente lo tira: e questo si conseguirà conl'avvolgere a guisa di spira il filo medesimo intorno al solido; il che acciòmeglio s'intendane segnerò un poco di figura.

E questi ABCD siano due cilindrie tra essi disteso il filo EFche per maggior chiarezza ce lo figureremo essere una cordicella: non è dubbioche premendo gagliardamente i due cilindri l'uno contro all'altrola corda FEtirata dall'estremità Fresisterà a non piccola violenza prima chescorrere tra i due solidi comprimentila; ma se rimuoveremo l'uno di lorolacordabenché continui di toccar l'altronon però da tal toccamento saràritenuta che liberamente non scorra. Ma se ritenendolabenché debolmenteattaccata verso la sommità del cilindro Al'avvolgeremo intorno aquello a foggia di spira AFLOTRe dal capo R la tireremoèmanifesto che ella comincerà a stringere il cilindro; e se le spire e volutesaranno moltesempre piùnel validamente tiraresi comprimerà la cordaaddosso al cilindro; e facendosicon la multiplicazione delle spirepiù lungoil toccamentoed in consequenza men superabiledifficile si farà sempre piùlo scorrer della corda e l'acconsentir alla traente forza. Or chi non vede chetale è la resistenza delle filamentache con mille e mille simili avvolgimentiil grosso canapo contessono? Anzi lo strignimento di simili tortuosità collegatanto tenacementeche di non molti giunchiné anco molto lunghisì chepoche son le spire con le quali tra di loro s'intreccianosi compongonorobustissime funiche mi par che domandino suste.

Sagr. Cessa per il vostro discorsonella mia mente la maraviglia di due effettide i quali le ragioni non beneerano comprese da me. Uno era il vedere come due o al più tre rivolte delcanapo intorno al fuso dell'argano potevano non solamente ritenerlochetiratodall'immensa forza del peso che ei sostienescorrendo non gli cedessema chedi piùgirando l'arganoil medesimo fusocol solo toccamento del canapo chelo strignepotesse con li succedenti ravvolgimenti tirare e sollevarevastissime pietrementre che le braccia d'un debile ragazzo vanno ritenendo eradunando l'altro capo del medesimo canapo. L'altro è d'un semplice ma argutoordignotrovato da un giovane mio parenteper poter con una corda calarsi dauna finestra senza scorticarsi crudelmente le palme delle manicome poco tempoavanti gli era intervenuto con sua grandissima offesa. Ne faròper facileintelligenzaun piccolo schizzo.

Intorno a un simil cilindro di legno ABgrosso come una canna e lungocirca un palmoincavò un canaletto in forma di spiradi una voluta e mezo enon piùe di larghezza capace della corda che voleva adoprare; e questa feceentrare per il canale dal termine A ed uscire per l'altro Bcircondando poi tal cilindro e corda con un cannone pur di legnoo vero anco dilattama diviso per lungo ed ingangheratosì che liberamente potesse aprirsie chiudersi: ed abbracciando poi e strignendo con ambe le mani esso cannoneraccomandata la corda a un fermo ritegno di soprasi sospese su le braccia; eriuscì tale la compressione della corda tra 'l cannone ambiente e 'l cilindrochead arbitrio suostrignendo fortemente le mani poteva sostenersi senzacalare ed allentandole un poco si calava lentamente a suo piacimento.

Salv. Ingegnosa veramente invenzione;e per intera esplicazione della sua naturami par di scorgere così per ombrache qualche altra specolazione si potesse aggiugnere: ma non voglio per oradigredir più sopra di questo particolaree massime volendo voi sentir il miopensiero intorno alla resistenza allo strapparsi de gli altri corpila cuitestura non è di filamenticome quella delle funi e della maggior parte de ilegni; ma la coerenza delle parti loro in altre cagioni par che consistalequaliper mio giudiziosi riducono a due capi: l'uno de i quali è quelladecantata repugnanza che ha la natura all'ammettere il vacuo; per l'altrobisogna (non bastando questo del vacuo) introdur qualche glutinevisco o collache tenacemente colleghi le particole delle quali esso corpo è composto. Diròprima del vacuomostrando con chiare esperienze quale e quanta sia la suavirtù. E primail vedersiquando ne piacciadue piastre di marmodi metalloo di vetroesquisitamente spianate pulite e lustrecheposata l'una sul'altrasenza veruna fatica se gli muove sopra strisciando (sicuro argumentoche nissun glutine le congiugne)ma che volendo separarlemantenendoleequidistantital repugnanza si trovache la superiore solleva e si tira dietrol'altra e perpetuamente la ritiene sollevataancorché assai grossa e graveevidentemente ci mostra l'orrore della natura nel dover ammetterese ben perbreve momento di tempolo spazio voto che tra di quelle rimarrebbe avanti cheil concorso delle parti dell'aria circostante l'avesse occupato e ripieno.Vedesi ancoche quando bene tali due lastre non fussero esattamente puliteeperciò che il lor contatto non fusse esquisito del tuttonel volerle separarlentamente niuna renitenza si trova fuor di quella della sola gravità; ma in unalzamento repentino l'inferior pietra si sollevama subito ricadeseguendosolamente la sovrana per quel brevissimo tempo che basta per la distrazzione diquella poca d'aria che s'interponeva tra le lastreche non ben combaciavanoeper l'ingresso dell'altra circunfusa. Tal resistenzache così sensatamente siscorge tra le due lastrenon si può dubitare che parimente non risegga tra leparti di un solidoe che nel loro attaccamento non entri almanco a parte e comecausa concomitante.

Sagr. Fermate di graziaeconcedetemi ch'io dica una particolar considerazione che pur ora mi è caduta inmente: e questa èche il vedere come la piastra inferiore segue la superiore eche con moto velocissimo vien sollevataci rende sicuri checontro al detto dimolti filosofi e forse d'Aristotele medesimoil moto nel vacuo non sarebbeinstantaneo; perché quando fusse talele nominate due lastre senza repugnanzaveruna si separerebberogià che il medesimo instante di tempo basterebbe perla loro separazione e per il concorso dell'aria ambiente a riempier quel vacuoche tra esse potesse restare. Dal seguir dunque che fa l'inferior lastra lasuperioresi raccoglie come nel vacuo il moto non sarebbe instantaneo; e siraccoglie insieme che pur tra le medesime piastre resti qualche vacuoalmenoper brevissimo tempocioè per tutto quello che passa nel movimentodell'ambientementre concorre a riempiere il vacuo; ché se vacuo non virestassené di concorso né di moto di ambiente vi sarebbe bisogno. Converràdunque dire chepur per violenza o contro a naturail vacuo talor si conceda(benché l'opinion mia è che nissuna cosa sia contro a naturasalvo chel'impossibileil quale poi non è mai). Ma qui mi nasce un'altra difficoltà;ed è chese ben l'esperienza m'assicura della verità della conclusionel'intelletto non resta già interamente appagato della causa alla quale cotaleeffetto viene attribuito. Imperò che l'effetto della separazione delle duelastre è anteriore al vacuoche in consequenza alla separazione succederebbe:e perché mi pare che la causa debbase non di tempoalmeno di naturaprecedere all'effettoe che d'un effetto positivo positiva altresì debba esserla causanon resto capace come dell'aderenza delle due piastre e dellarepugnanza all'esser separateeffetti che già sono in attosi possa referirla cagione al vacuoche non èma che arebbe a seguire; e delle cose che nonsononussuna può esser l'operazioneconforme al pronunziato certissimo delFilosofo.

Simp. Ma già che concedete questoassioma ad Aristotelenon credo che siate per negargliene un altrobellissimoe vero: e questo èche la natura non intraprende a voler fare quello cherepugna ad esser fattodal qual pronunziato mi par che dependa la soluzione delvostro dubbio. Perché dunque a se medesimo repugna essere uno spazio vacuovieta la natura il far quello in consequenza di che necessariamente succederebbeil vacuo; e tale è la separazione delle due lastre.

Sagr. Oraammesso per soluzioneadequata del mio dubbio questo che produce il Sig. Simplicioseguitando ilcominciato discorsoparmi che questa medesima repugnanza al vacuo devrebbeesser bastante ritegno delle parti di un solido di pietra o di metalloo sealtre ve ne sono che più saldamente stiano congiunte e renitenti alladivisione. Perchése di uno effetto una sola è la cagionesì come io hointeso e credutoose pur molte se n'assegnanoad una sola si riduconoperché questa del vacuoche sicuramente ènon basterà per tutte leresistenze?

Salv. Io per ora non voglio entrarein questa contesase il vacuo senz'altro ritegno sia per sé solo bastante atenere unite le parti disunibili de i corpi consistenti; ma vi dico bene che laragione del vacuoche milita e conclude nelle due piastrenon basta per sésola al saldo collegamento delle parti di un solido cilindro di marmo o dimetallole qualiviolentate da forze gagliarde che dirittamente le tirinofinalmente si separano e si dividono. E quando io trovi modo di distinguerquesta già conosciuta resistenzadependente dal vacuoda ogni altraqualunque ella si fusseche con lei concorresse in fortificar l'attaccamentoeche io vi faccia vedere come essa sola non sia a gran pezzo bastante per taleeffettonon concederete voi che sia necessario introdurne altra? AiutateloSig. Simpliciogià che egli sta ambiguo sopra quello che debba rispondere.

Simp. È forza che la sospensione delSig. Sagredo sia per altro rispettonon restando luogo di dubitare sopra sìchiara e necessaria consequenza.

Sagr. VoiSig. Simpliciol'aveteindovinata. Andavo pensando senon bastando un million d'oro l'annoche viendi Spagnaper pagar l'esercitofusse necessario far altra provisione che didanari per le paghe de' soldati. Ma seguitate purSig. Salviatie supponendoch'io ammetta la vostra consequenzamostrateci il modo di separare l'operazionedel vacuo dall'altree misurandola fateci vedere come ella sia scarsa perl'effetto di che si parla.

Salv. Il vostro demonio vi assiste.Dirò il modo dell'appartar la virtù del vacuo dall'altree poi la maniera delmisurarla. E per appartarlapiglieremo una materia continuale cui partimanchino di ogni altra resistenza alla separazione fuor che di quella del vacuoquale a lungo è stato dimostrato in certo trattato del nostro Accademico esserl'acqua: talchéqualunque volta si disponesse un cilindro d'acquae cheattrattosi sentisse resistenza allo staccamento delle sue partiquesto daaltra cagione che dalla repugnanza al vacuo non potrebbe riconoscersi. Per farpoi una tale esperienza mi son immaginato un artifizioil quale con l'aiuto diun poco di disegnomeglio che con semplici parolepotrò dichiarare.

Figuroquesto CABD essere il profilo di un cilindro di metallo o divetroche sarebbe megliovoto dentroma giustissimamente tornitonel cuiconcavo entri con esquisitissimo contatto un cilindro di legnoil cui profilonoto EGHFil qual cilindro si possa spignere in su e 'n giù; e questovoglio che sia bucato nel mezzosì che vi passi un filo di ferrooncinatonell'estremità Ke l'altro capo I vadia ingrossandosi in formadi cono o turbinefacendo che il foro fatto nel legno sia nella parte di sopraesso ancora incavato in forma di conica superficieaggiustata puntualmente perricevere la conica estremità I del ferro IKqualunque volta sitiri giù dalla parte K. Inserto il legnoo vogliamolo chiamar zaffoEHnel cavo cilindro ADnon voglio ch'arrivi sino alla superior superficiedi esso cilindroma che resti lontano due o tre dita; e tale spazio deve esserripieno di acquala quale vi si metterà tenendo il vaso con la bocca CDall'in su e calcandovi sopra il zaffo EHcol tenere il turbine Iremoto alquanto dal cavo del legno per lasciar l'esito all'ariache nel calcareil zaffo se n'uscirà per il foro del legnoche perciò si fa alquanto piùlargo della grossezza dell'asticciuola di ferro IK. Dato l'esito all'ariae ritirato il ferroche ben suggelli su 'legno col suo turbine Isirivolterà il vaso tutto con la bocca all'in giùed attaccando all'oncino Kun recipiente da mettervi dentro rena o altra materia gravesi caricheràtantoche finalmente la superior superficie EF del zaffo si staccheràdall'inferiore dell'acquaalla quale niente altro la teneva congiunta che larepugnanza del vacuo; pesando poi il zaffo col ferro col recipiente e con ciòche vi sarà dentroaremo la quantità della forza del vacuo: e seattaccato aun cilindro di marmo o di cristallogrosso quanto il cilindro dell'acquapesotale cheinsieme col peso proprio dell'istesso marmo o cristallopareggi lagravità di tutte le nominate bagagliene seguirà la rotturapotremo senzaverun dubbio affermarela sola ragion del vacuo tener le parti del marmo ecristallo congiunte; ma non bastandoe che per romperlo bisogni aggiugnerviquattro volte altrettanto pesoconverrà direla resistenza del vacuo esserdelle cinque parti unae l'altra quadrupla di quella del vacuo.

Simp. Non si può negare chel'invenzione non sia ingegnosama l'ho per soggetta a molte difficoltàche mela rendono dubbia: perchéchi ci assicura che l'aria non possa penetrar tra 'lvetro e 'l zaffoancorché si circondi bene di stoppa o altra materia cedente?e cosìacciò che il cono I saldi bene il foroforse non basterebbe l'ugnerlocon cera o trementina. In oltreperché non potrebbero le parti dell'acquadistrarsi e rarefarsi? perché non penetrare ariao esalazionio altresustanze più sottiliper le porosità del legnoo anche dell'istesso vetro?

Salv. Molto destramente ci muove ilSig. Semplicio le difficoltàed in parte ci sumministra i rimediiquanto allapenetrazion dell'aria per il legnoo tra 'l legno e 'l vetro. Ma iooltre diciònoto che potremo nell'istesso tempo accorgercicon acquisto di nuovecognizionise le promosse difficoltà aranno luogo. Imperò chese l'acquasarà per naturase ben con violenzadistraibilecome accade nell'ariasivedrà il zaffo calare; e se faremo nella parte superiore del vetro un poco diombelico prominentecome questo Vpenetrandoper la sustanza oporosità del vetro o del legnoaria o altra più tenue e spiritosa materiasivedrà radunare (cedendogli l'acqua) nell'eminenza V: le quali cosequando non si scorganoverremo assicuratil'esperienza esser con le debitecautele stata tentata; e conosceremol'acqua non esser distraibilené ilvetro esser permeabile da veruna materiabenché sottilissima.

Sagr. Ed io mercé di questi discorsiritrovo la causa di un effetto che lungo tempo m'ha tenuto la mente ingombratadi maraviglia e vota d'intelligenza. Osservai già una citernanella qualepertrarne l'acquafu fatta fare una trombada chi forse credevama vanamentedipoterne cavar con minor fatica l'istessa o maggior quantità che con le secchieordinarie; ed ha questa tromba il suo stantuffo e animella su altasì chel'acqua si fa salire per attrazzionee non per impulsocome fanno le trombeche hanno l'ordigno da basso. Questasin che nella citerna vi è acqua sino aduna determinata altezzala tira abbondantemente; ma quando l'acqua abbassaoltre a un determinato segnola tromba non lavora più. Io credettila primavolta che osservai tale accidenteche l'ordigno fusse guasto; e trovato ilmaestro acciò lo raccomodassemi disse che non vi era altrimente difettoalcunofuor che nell'acquala qualeessendosi abbassata tropponon pativad'esser alzata a tanta altezza; e mi soggiunsené con trombené con altramachina che sollevi l'acqua per attrazzioneesser possibile farla montare uncapello più di diciotto braccia: e siano le trombe larghe o strettequesta èla misura dell'altezza limitatissima. Ed io sin ora sono stato così pocoaccortocheintendendo che una cordauna mazza di legno e una verga di ferrosi può tanto e tanto allungare che finalmente il suo proprio peso la strappitenendola attaccata in altonon mi è sovvenuto che l'istessomolto piùagevolmenteaccaderà di una corda o verga di acqua. E che altro è quello chesi attrae nella trombache un cilindro di acquail qualeavendo la suaattaccatura di sopraallungato più e piùfinalmente arriva a quel termineoltre al qualetirato dal suo già fatto soverchio pesonon altrimente che sefusse una cordasi strappa?

Salv. Così puntualmente cammina ilnegozio; e perché la medesima altezza delle diciotto braccia è il prefissotermine dell'altezza alla quale qualsivoglia quantità d'acquasiano cioè letrombe larghissime o strette o strettissime quanto un fil di pagliapuòsostentarsitutta volta che noi peseremo l'acqua contenuta in diciotto bracciadi cannonesia largo o strettoaremo il valore della resistenza del vacuo ne icilindri di qualsivoglia materia solidagrossi quanto sono i concavi de icannoni proposti. E già che aviamo detto tantomostriamo come di tutti imetallipietrelegnivetrietc.si può facilmente ritrovare sino a quantalunghezza si potrebbono allungare cilindrifili o verghe di qualsivogliagrossezzaoltre alla qualegravati dal proprio pesopiù non potrebberreggersima si strapperebbero. Piglisiper esempioun fil di rame diqualsivoglia grossezza e lunghezzae fermato un de' suoi capi ad altosi vadiaaggiungendo all'altro maggior e maggior pesosì che finalmente si strappi; esia il peso massimo che potesse sostenerev. g.cinquanta libbre: è manifestoche cinquanta libbre di rameoltre al proprio pesoche siaper esempiounottavo d'onciatirato in filo di tal grossezzasarebbe la lunghezza massimadel filo che se stesso potesse reggere. Misurisi poi quanto era lungo il filoche si strappòe siav. g.un braccio: e perché pesò un ottavo d'onciaeresse se stesso e cinquanta libbre appressoche sono ottavi d'oncia quattromila ottocentodiremotutti i fili di ramequalunque si sia la lorogrossezzapotersi reggere sino alla lunghezza di quattro mila ottocento unbraccioe non più. E cosìuna verga di rame potendo reggersi sino allalunghezza di quattro mila ottocento un bracciola resistenza che ella trovadependente dal vacuorispetto al restanteè tantaquanto importa il pesod'una verga d'acqua lunga braccia diciotto e grossa quanto quella stessa dirame; e trovandosiv. g.il rame esser nove volte più grave dell'acquadiqualunque verga di rame la resistenza allo strapparsidependente dalla ragiondel vacuoimporta quanto è il peso di due braccia dell'istessa verga. E consimil discorso ed operazione si potranno trovare le lunghezze delle fila overghe di tutte le materie solide ridotte alla massima che sostener si possaedinsieme qual parte abbia il vacuo della loro resistenza.

Sagr. Resta ora che ci dichiate inqual cosa consista il resto della resistenzacioè qual sia il glutine o viscoche ritien attaccate le parti del solidooltre a quello che deriva dal vacuo:perché io non saprei imaginarmi qual colla sia quella che non possa esser arsae consumata dentro una ardentissima fornace in duetre e quattro mesiné indieci o in cento; dove stando tanto tempo argento oro e vetro liquefatticavatipoi tornano le parti loronel freddarsia riunirsi e rattaccarsi comeprima. Oltre chela medesima difficoltà che ho nell'attaccamento delle partidel vetrol'arò io nelle parti della collacioè che cosa sia quella che letiene così saldamente congiunte.

Salv. Pur poco fa vi dissi che 'lvostro demonio vi assisteva. Sono io ancora nelle medesime angustie; ed ancoriotoccando con mano come la repugnanza al vacuo è indubitabilmente quella chenon permettese non con gran violenzala separazione delle due lastree piùdelle due gran parti della colonna di marmo o di bronzonon so vedere come nonabbia ad aver luogo ed esser parimente cagione della coerenza delle parti minorie sino delle minime ultime delle medesime materie: ed essendo che d'un effettouna sola è la vera e potissima causamentre io non trovo altro glutineperché non debbo tentar di vedere se questo del vacuoche si trovapuòbastarci?

Simp. Se di già voi avetedimostratola resistenza del gran vacuonel separarsi le due gran parti di unsolidoesser piccolissima in comparazion di quella che tien congiunte leparticole minimecome non volete tener più che per certoquesta esserdiversissima da quella?

Salv. A questo rispose il Sig.Sagredoche pur si pagavano tutti i particolari soldati con danari raccolti daimposizioni generali di soldi e di quattrinise bene un million d'oro nonbastava a pagar tutto l'esercito. E chi sa che altri minutissimi vacui nonlavorino per le minutissime particolesì che per tutto sia dell'istessa monetaquello con che si tengono tutte le parti congiunte? Io vi dirò quello che talora mi è passato per l'imaginazionee ve lo do non come verità risolutamacome una qual si sia fantasiapiena anco d'indigestionisottoponendola a piùalte contemplazioni: cavatene se nulla vi è che vi gusti; il resto giudicatelocome più vi pare. Nel considerar tal volta comeandando il fuoco serpendo trale minime particole di questo e di quel metalloche tanto saldamente si trovanocongiuntefinalmente le separa e disunisce; e come poipartendosi il fuocotornano con la medesima tenacità di prima a ricongiugnersisenza diminuirsipunto la quantità nell'oroe pochissimo in altri metallianco per lungo tempoche restino distrutti; pensai che ciò potesse accadere perché le sottilissimeparticole del fuocopenetrando per gli angusti pori del metallo (tra i qualiper la loro strettezzanon potessero passare i minimi dell'aria né di moltialtri fluidi)col riempiere i minimi vacui tra esse fraposti liberassero leminime particole di quello dalla violenza con la quale i medesimi vacui l'unacontro l'altra attraggonoproibendogli la separazione; e cosìpotendosiliberamente muoverela lor massa ne divenisse fluidae tale restasse sin chegl'ignicoli tra esse dimorassero; partendosi poi quelli e lasciando i pristinivacuitornasse la lor solita attrazzioneed in consequenza l'attaccamentodelle parti. Ed all'istanza del Sig. Simplicio parmi che si possa rispondereche se bene tali vacui sarebber piccolissimied in consequenza ciaschedunofacile ad esser superatotuttavia l'innumerabile moltitudine innumerabilmente(per così dire) multiplica le resistenze: e quale e quanta sia la forza che danumero immenso di debolissimi momenti insieme congiunti risultaporgaceneevidentissimo argomento il veder noi un peso di milioni di libbresostenuto dacanapi grossissimicedere e finalmente lasciarsi vincere e sollevaredall'assalto de gl'innumerabili atomi di acquali qualio spinti dall'austroo pur chedistesi in tenuissima nebbiasi vadano movendo per l'ariavanno acacciarsi tra fibra e fibra de i canapi tiratissiminé può l'immensa forzadel pendente peso vietargli l'entrata; sì chepenetrando per gli angustimeatiingrossano le corde e per consequenza le scorcianoonde la molegravissima a forza vien sollevata.

Sagr. Ei non è dubbio alcuno chementre una resistenza non sia infinitapuò dalla moltitudine di minimissimeforze esser superatasì che anco un numero di formiche stracicherebbe perterra una nave carica di grano; perché il senso ci mostra cotidianamente cheuna formica destramente porta un granelloe chiara cosa è che nella nave nonsono infiniti granellima compresi dentro a qualche numerodel quale se nepuò prendere un altro quattro e sei volte maggioreal quale se se ne prenderàun altro di formiche egualee si porranno in operacondurranno per terra ilgrano e la nave ancora. È ben vero che bisognerà che il numero sia grandecome ancoper mio parerequello de i vacui che tengono attaccati i minimi delmetallo.

Salv. Ma quando bisognasse chefussero anche infinitil'avete voi forse per impossibile?

Sagr. Noquando quel metallo fusseuna mole infinita: altrimenti...

Salv. Altrimenti che? Orsùgià chesi è messo mano a i paradossiveggiamo se in qualche maniera si potessedimostrarecome in una continua estensione finita non repugni il potersiritrovar infiniti vacui; e nell'istesso tempo ci verràse non altroalmenoarrecata una soluzione del più ammirabil problema che sia da Aristotele messotra quelli che esso medesimo addimanda ammirandidico tra le questionimecaniche; e la soluzione potrebbe esser per avventura non meno esplicante econcludente di quella che egli medesimo ne arrecae diversa anco da quello chemolto acutamente vi considera il dottissimo Monsig. di Guevara. Ma bisogna primadichiarare una proposizione non toccata da altridalla quale depende loscioglimento della questioneche pois'io non m'ingannosi tira dietro altrenotizie nuove ed ammirande: per intelligenza di cheaccuratamente descriveremola figura.

Però intendiamo un poligono equilatero ed equiangolodi quanti lati essersi vogliadescritto intorno a questo centro Ge sia per ora un esagono ABCDEF;simile al qualee ad esso concentricone descriveremo un altro minorequalenoteremo HIKLMN: e del maggiore si prolunghi un lato ABindeterminatamente verso Se del minore il rispondente lato HIsia verso la medesima parte similmente prodottosegnando la linea HTparallela all'ASe per il centro passi l'altraalle medesimeequidistanteGV. Fatto questointendiamo il maggior poligono rivolgersisopra la linea ASportando seco l'altro poligono minore. È chiaro chestando fisso il punto Btermine del lato ABmentre si cominciala revoluzionel'angolo A si solleveràe 'l punto Cs'abbasserà descrivendo l'arco CQsì che il lato BC si adattialla linea a se stesso eguale BQ: ma in tal conversione l'angolo Idel minor poligono si eleverà sopra la linea ITper esser la IBobliqua sopra l'ASné prima tornerà il punto I su la parallela ITse non quando il punto C sarà pervenuto in Q; allora l'Isarà caduto in Odopo aver descritto l'arco IO fuori della lineaHTed allora il lato IK sarà passato in OP: ma il centro Gtra tanto sempre averà caminato fuori della linea GVsu la quale nonsarà tornato se non dopo aver descritto l'arco GC. Fatto questo primopassoil poligono maggiore sarà trasferito a posare co 'l lato BC su lalinea BQil lato IK del minore sopra la linea OPavendosaltato tutta la parte IO senza toccarlae 'l centro G pervenutoin Cfacendo tutto il suo corso fuori della parallela GVefinalmente tutta la figura si sarà rimessa in un posto simile al primo: sì checontinuandosi la revoluzione e venendo al secondo passoil lato del maggiorpoligono CD si adatterà alla parte QXil KL del minore(avendo prima saltato l'arco PY) caderà in YZed il centroprocedendo sempre fuori della GVin essa caderà solamente in Rdopo il gran salto CR: ed in ultimofinita una intera conversioneilmaggior poligono avrà calcate sopra la sua AS sei linee eguali al suoperimetrosenza veruna interposizione; il poligono minore arà parimenteimpresse sei linee eguali all'ambito suoma discontinuate dall'interposizionede' cinque archisotto i quali restano le cordeparti della parallela HTnon tocche dal poligono; e finalmente il centro G non è convenuto maicon la parallela GVsalvo che in sei punti. Di qui potete comprenderecome lo spazio passato dal minor poligono è quasi eguale al passato delmaggiorecioè la linea HT alla ASdella quale è solamenteminore quanto è la corda d'uno di questi archiintendendo però la linea HTinsieme con li spazii de i cinque archi. Ora questoche vi ho esposto edichiarato nell'esempio di questi essagonivorrei che intendeste accadere ditutti gli altri poligonidi quanti lati esser si voglinopurché siano similiconcentrici e congiuntie che alla conversion del maggiore s'intenda rigirarsianco l'altroquanto si voglia minore; che intendestedicole linee da essipassate esser prossimamente egualicomputando nello spazio passato dal minoregl'intervalli sotto gli archettinon tocchi da parte veruna del perimetro diesso minor poligono. Passa dunque il gran poligono di mille latie misuraconsequentementeuna linea retta eguale al suo ambito; e nell'istesso tempo ilpiccolo passa una prossimamente egual lineama interrottamente composta dimille particelle eguali a i suoi mille lati con l'interposizione di mille spaziivacuiche tali possiamo chiamargli in relazione alle mille lineette toccate dai lati del poligono: ed il detto sin qui non ha veruna difficoltà o dubitazione.Ma ditemi: se intorno a un centroqual siav. g.questo punto Anoidescriveremo due cerchi concentrici ed insieme unitie che da i punti CB de i lor semidiametri siano tirate le tangenti CEBFead esse per il centro A la parallela ADintendendo girato ilcerchio maggiore sopra la linea BF (posta eguale alla di luicirconferenzacome parimente le altre due CEAD)compita cheabbia una revoluzioneche averà fatto il minor cerchioe che il centro?Questo sicuramente averà scorsa e toccata tutta la linea ADe lacirconferenza di quello averà con li suoi toccamenti misurata tutta la CEfacendo l'istesso che fecero i poligoni di sopra: in questo solamentedifferentiche la linea HT non fu tocca in tutte le sue parti delperimetro del minor poligonoma ne furon lasciate tante intatteconl'interposizione de' vacui saltatiquante furon le parti tocche da i lati; maqui ne i cerchi mai non si separa la circonferenza del minor cerchio della lineaCEsì che alcuna sua parte non venga toccané mai quello che toccadella circonferenza è manco del toccato nella retta. Or come dunque può senzasalti scorrere il cerchio minore una linea tanto maggiore della suacirconferenza?

Sagr. Andava pensando se si potessedireche sì come il centro del cerchioesso solostracicato copra ADla tocca tuttaessendo anco un punto solocosì potessero i punti dellacirconferenza minoretirati dal moto della maggioreandare strascicandosi perqualche particella della linea CE.

Salv. Questo non può essereper dueragioni. Primaperché non sarebbe maggior ragione che alcuno de i toccamentisimili al C andassero stracicando per qualche parte della linea CEed altri no; e quando questo fusseessendo tali toccamenti (perché son punti)infinitigli strascichi sopra la CE sarebbero infinitied essendoquantifarebbero una linea infinita; ma la CE è finita. L'altra ragioneèche mutando il cerchio grandenella sua conversionecontinuamentecontattonon può non mutarlo parimente il minor cerchionon si potendo daaltro punto che dal punto B tirare una linea retta sino al centro Ae che passasse per il punto C; sì che mutando contatto la circonferenzagrandelo muta ancora la piccolané punto alcuno della piccola tocca piùd'un punto della sua retta CE. Oltre cheanco nella conversione de ipoligoni nissun punto del perimetro del minore si adattava a più d'un puntodella linea che dal medesimo perimetro veniva misurata; come si può facilmenteintendere considerando la linea IK esser parallela alla BCondesin che la BC non si schiaccia sopra la BQla IK restasollevata sopra la IPné prima la calca se non nel medesimo instanteche la BC si unisce con la BQed allora tutta insieme la IKsi unisce con la OPe poi immediatamente se gli eleva sopra.

Sagr. Il negozio è veramente moltointrigatoné a me sovviene scioglimento alcuno: però diteci quello che a voisovviene.

Salv. Io ricorrerei allaconsiderazione de i poligoni sopra consideratil'effetto de i quali èintelligibile e di già compreso: e direiche sì come ne i poligoni di centomila lati alla linea passata e misurata dal perimetro del maggiorecioè da icento mila suoi lati continuamente distesiè eguale la misurata da i centomila lati del minorema con l'interposizione di cento mila spazii vacuitraposti; così direine i cerchi (che son poligoni di lati infiniti) la lineapassata da gl'infiniti lati del cerchio grandecontinuamente dispostiesserpareggiata in lunghezza dalla linea passata da gl'infiniti lati del minoremada questi con l'interposizion d'altrettanti vacui tra essi; e sì come i latinon son quantima bene infiniticosì gl'interposti vacui non son quantimainfiniti: quellicioèinfiniti punti tutti pieni; e questiinfiniti puntiparte pieni e parte vacui. E qui voglio che notiatecome risolvendo e dividendouna linea in parti quantee per consequenza numeratenon è possibile disporlein una estensione maggiore di quella che occupavan mentre stavano continuate econgiunte senza l'interposizione d'altrettanti spazii vacui; ma imaginandolarisoluta in parti non quantecioè ne' suoi infiniti indivisibilila possiamoconcepire distratta in immenso senza l'interposizione di spazii quanti vacuimasì bene d'infiniti indivisibili vacui. E questoche si dice delle semplicilinees'intenderà detto delle superficie e de' corpi solidiconsiderandoglicomposti di infiniti atomi non quanti: che mentre gli vorremo dividere in partiquantenon è dubbio che non potremo disporle in spazii più ampli del primooccupato dal solido se non con l'interposizione di spazii quanti vacuivacuidicoalmeno della materia del solido; ma se intenderemo l'altissima ed ultimaresoluzione fatta ne i primi componenti non quanti ed infiniti potremo concepiretali componenti distratti in spazio immenso senza l'interposizione di spaziiquanti vacuima solamente di vacui infiniti non quanti: ed in questa guisa nonrepugna distrarsiv. g.un piccolo globetto d'oro in uno spazio grandissimosenza ammettere spazii quanti vacui; tutta volta però che ammettiamol'oroesser composto di infiniti indivisibili.

Simp. Parmi che voi caminiate allavia di quei vacui disseminati di certo filosofo antico.

Salv. Ma però voi non soggiugnete«il quale negava la Providenza divina»come in certo simil propositoassaipoco a propositosoggiunse un tale antagonista del nostro Accademico.

Simp. Veddi benee non senzastomacoil livore del mal affetto contradittore: ma io non solamente pertermine di buona creanza non toccherei simili tastima perché so quanto sonodiscordi dalla mente ben temperata e bene organizzata di V. S.non soloreligiosa e piama cattolica e santa. Ma ritornando su 'l propositomoltedifficoltà sento nascermi da gli auti discorsidalle quali veramente io nonsaprei liberarmi. E per una mi si para avanti questache se le circonferenze dei due cerchi sono eguali alle due rette CEBFquestacontinuamente presae quella con l'interposizione d'infiniti punti vacuil'ADdescritta dal centroche è un punto soloin qual maniera si potrà chiamaread esso egualecontenendone infiniti? In oltrequel comporre la linea dipuntiil divisibile di indivisibiliil quanto di non quantimi paiono scogliassai duri da passargli e l'istesso dover ammettere il vacuotantoconcludentemente reprovato da Aristotelenon manca delle medesime difficoltà.

Salv. Ci sono veramente cotesteedell'altre: ma ricordiamoci che siamo tra gl'infiniti e gl'indivisibiliquelliincomprensibili dal nostro intelletto finito per la lor grandezzae questi perla lor piccolezza. Con tutto ciò veggiamo che l'umano discorso non vuolrimanersi dall'aggirarsegli attorno; dal che pigliando io ancora qualchelibertàprodurrei alcuna mia fantasticheriase non concludentenecessariamentealmenoper la novitàapportatrice di qualche maraviglia. Maforse il divertir tanto lungamente dal cominciato cammino potrebbe parerviimportunoe però poco grato.

Sagr. Di graziagodiamo delbenefizio e privilegio che s'ha dal parlar con i vivi e tra gli amicie più dicose arbitrarie e non necessariedifferente dal trattar co' i libri mortiliquali ti eccitano mille dubbi e nissuno te ne risolvono. Fateci dunque partecipidi quelle considerazioni che il corso de i nostri ragionamenti vi suggerisceché non ci mancherà tempomercé dell'esser noi disobbligati da funzioninecessariedi continuar e risolvere l'altre materie intraprese; ed inparticolare i dubbii toccati dal Sig. Simplicio non si trapassino in tutti imodi.

Salv. Così si facciapoiché taleè il vostro gusto: e cominciando dal primoche fu come si possa mai capire cheun sol punto sia eguale ad una lineavedendo di non ci poter far altro per oraprocurerò di quietare o almeno temperare una improbabilità con un'altra simileo maggiorecome talvolta una maraviglia si attutisce con un miracolo. E questosarà col mostrarvidue superficie egualied insieme due corpi pur eguali esopra le medesime dette superficiecome basi lorocollocatiandarsicontinuamente ed egualmentee queste e quellinel medesimo tempo diminuendorestando sempre tra di loro eguali i loro residuie finalmente andaresì lesuperficie come i solidia terminare le lor perpetue egualità precedentil'uno de i solidi con l'una delle superficie in una lunghissima lineae l'altrosolido con l'altra superficie in un sol puntocioèquesti in un sol puntoequelli in infiniti.

Sagr. Ammirabil proposta veramente mipar cotesta; però sentiamone l'esplicazione e la dimostrazione.

Salv. È necessario farne la figuraperché la prova è pura geometrica.

Per tanto intendasi il mezzo cerchio AFBil cui centro Cedintorno ad esso il parallellogrammo rettangolo ADEBe dal centro a ipunti DE siano tirate le rette linee CDCE;figurandoci poi il semidiametro CFperpendicolare a una delle due ABDEimmobileintendiamo intorno a quello girarsi tutta questa figura: èmanifesto che dal rettangolo ADEB verrà descritto un cilindrodalsemicircolo AFB una mezza sferae dal triangolo CDE un cono.Inteso questovoglio che ci immaginiamo esser levato via l'emisferiolasciandoperò il cono e quello che rimarrà del cilindroil qualedalla figura cheriterrà simile a una scodellachiameremo pure scodella: della quale e del conoprima dimostreremo che sono eguali; e poiun piano tirato parallelo al cerchioche è base della scodellail cui diametro è la linea DE e centro Fdimostreremotal pianoche passassev. g.per la linea GNsegando lascodella ne i punti GIONed il cono ne' puntiHLtagliare la parte del cono CHL eguale sempre allaparte della scodellail cui profilo ci rappresentano i triangoli GAIBON;e di più si proveràla base ancora del medesimo conocioè il cerchio il cuidiametro HLesser eguale a quella circolar superficie che è base dellaparte della scodellache è come se dicessimo un nastro di larghezza quanta èla linea GI (notate intanto che cosa sono le definizioni de i matematiciche sono una imposizion di nomio vogliam dire abbreviazioni di parlareordinate ed introdotte per levar lo stento tedioso che voi ed io sentiamo dipresente per non aver convenuto insieme di chiamarv. g.questa superficienastrocircolaree quel solido acutissimo della scodella rasoio rotondo):or comunque vi piaccia chiamarglibastivi intendere che il piano prodotto perqualsivoglia distanzapur che sia parallelo alla basecioè al cerchio il cuidiametro DEtaglia sempre i due solidicioè la parte del cono CHLe la superior parte della scodellaeguali tra di loroe parimente le duesuperficie basi di tali solidicioè il detto nastro e 'l cerchio HLpur tra loro eguali. Del che ne segue la maraviglia accennata: cioèche seintenderemo il segante piano successivamente inalzato verso la linea ABsempre le parti de i solidi tagliate sono egualicome anco le superficiecheson basi loropur sempre sono eguali; e finalmentealzando e alzando tanto lidue solidi (sempre eguali) quanto le lor basi (superficie pur sempre eguali)vanno a terminare l'una coppia di loro in una circonferenza di un cerchioel'altra in un sol puntoché tali sono l'orlo supremo della scodella e lacuspide del cono. Or mentre che nella diminuzione de i due solidi si vasinoall'ultimomantenendo sempre tra essi la egualitàben par conveniente il direche gli altissimi ed ultimi termini di tali menomamenti restino tra di loroegualie non l'uno infinitamente maggior dell'altro: par dunque che lacirconferenza di un cerchio immenso possa chiamarsi eguale a un sol punto. Equesto che accade ne i solidiaccade parimente nelle superficiebasi lorocheesse ancoraconservando nella comune diminuzione sempre la egualitàvanno infine ad incontrarenel momento della loro ultima diminuzionequella per suotermine la circonferenza di un cerchioe questa un sol punto; li quali perchénon si devon chiamare egualise sono le ultime reliquie e vestigie lasciate dagrandezze eguali? E notate appressoche quando ben fussero tali vasi capaci degl'immensi emisferii celestitanto gli orli loro supremi e le punte de icontenuti coniservando sempre tra loro l'egualitàandrebbero a terminarequelli in circonferenze eguali a quelle de i cerchi massimi de gli orbi celestie questi in semplici punti. Ondeconforme a quello che tali specolazioni nepersuadonoanco tutte le circonferenze de' cerchi quanto si voglia disegualiposson chiamarsi tra loro egualie ciascheduna eguale a un punto solo.

Sagr. La specolazione mi par tantogentile e peregrinache ioquando ben potessinon me gli vorrei opporrechémi parrebbe un mezzo sacrilegio lacerar sì bella strutturacalpestandola conqualche pedantesco affronto: però per intera sodisfazione recateci pur laprovache dite geometricadel mantenersi sempre l'egualità tra quei solidi equelle basi loroche penso che non possa esser se non molto argutaessendocosì sottile la filosofica meditazione che da tal conclusione depende.

Salv. La dimostrazione è anco brevee facile. Ripigliamo la segnata figuranella qualeper esser l'angolo IPCrettoil quadrato del semidiametro IC è eguale alli due quadrati de ilati IPPC: ma il semidiametro IC è eguale alla ACe questa alla GPe la CP è eguale alla PH; adunque ilquadrato della linea GP è eguale alli due quadrati delle IPPHe 'l quadruplo e i quadruplicioè il quadrato del diametro GN è egualealli due quadrati IOHL: e perché i cerchi son tra loro come iquadrati de' lor diametriil cerchio il cui diametro GN sarà egualealli due cerchi i cui diametri IOHLe tolto via il comunecerchio il cui diametro IOil residuo del cerchio GN sarà egualeal cerchio il cui diametro è HL. E questo è quanto alla prima parte:quanto poi all'altra partelasceremo per ora la dimostrazionesì perchévolendola noi vederela troveremo nella duodecima proposizione del librosecondo De centro gravitatis solidorum posta dal Sig. Luca ValerionuovoArchimede dell'età nostrail quale per un altro suo proposito se ne servìsì perché nel caso nostro basta l'aver veduto come le superficie giàdichiarate siano sempre egualie chediminuendosi sempre egualmentevadano aterminare l'una in un sol punto e l'altra nella circonferenza d'un cerchiomaggiore anco di qualsivoglia grandissimoperché in questa consequenza solaversa la nostra maraviglia.

Sagr. Ingegnosa la dimostrazionequanto mirabile la reflessione fattavi sopra. Or sentiamo qualche cosa circal'altra difficoltà promossa dal Sig. Simpliciose però avete alcunaparticolarità da dirvi soprache crederei che non potesse essereessendo unacontroversia stata tanto esagitata.

Salv. Avrò qualche mio pensieroparticolarereplicando prima quel che poco fa dissicioè che l'infinito èper sé solo da noi incomprensibilecome anco gl'indivisibili; or pensate quelche saranno congiunti insieme: e pur se vogliamo compor la linea di puntiindivisibilibisogna fargli infiniti; e così conviene apprender nel medesimotempo l'infinito e l'indivisibile. Le cose che in più volte mi son passate perla mente in tal propositoson molteparte delle qualie forse le piùconsiderabilipotrebb'esser checosì improvvisamentenon mi sovvenissero; manel progresso del ragionamento potrà accadere chedestando io a voied inparticolare al Sig. Simplicioobbiezzioni e difficoltàessi all'incontro mifacessero ricordar di quello che senza tale eccitamento restasse dormendo nellafantasia: e però con la solita libertà sia lecito produrre in mezzo i nostriumani capricciché tali meritamente possiamo nominargli in comparazione delledottrine sopranaturalisole vere e sicure determinatrici delle nostrecontroversiee scorte inerranti ne i nostri oscuri e dubbii sentieri o piùtosto labirinti.
Tra le prime istanze che si sogliono produrre contro a quelli che compongono ilcontinuo d'indivisibilisuol esser quella che uno indivisibile aggiunto a unaltro indivisibile non produce cosa divisibileperchése ciò fusseneseguirebbe che anco l'indivisibile fusse divisibile; perché quando dueindivisibilicomeper esempiodue punti congiunti facessero una quantitàqual sarebbe una linea divisibilemolto più sarebbe tale una composta di tredi cinquedi sette e di altre moltitudini dispari; le quali linee essendo poisegabili in due parti egualirendon segabile quell'indivisibile che nel mezzoera collocato. In questa ed altre obbiezzioni di questo genere si dàsodisfazione alla parte con dirgliche non solamente due indivisibilima nédieciné centoné mille non compongono una grandezza divisibile e quantamasì bene infiniti.

Simp. Qui nasce subito il dubbiochemi pare insolubile: ed èche sendo noi sicuri trovarsi linee una maggiordell'altratutta volta che amendue contenghino punti infinitibisognaconfessare trovarsi nel medesimo genere una cosa maggior dell'infinitoperchéla infinità de i punti della linea maggiore eccederà l'infinità de i puntidella minore. Ora questo darsi un infinito maggior dell'infinito mi par concettoda non poter esser capito in verun modo.

Salv. Queste son di quelledifficoltà che derivano dal discorrer che noi facciamo col nostro intellettofinito intorno a gl'infinitidandogli quelli attributi che noi diamo alle cosefinite e terminate; il che penso che sia inconvenienteperché stimo che questiattributi di maggioranzaminorità ed egualità non convenghino a gl'infinitide i quali non si può direuno esser maggiore o minore o eguale all'altro. Perprova di che già mi sovvenne un sì fatto discorsoil quale per più chiaraesplicazione proporrò per interrogazioni al Sig. Simplicioche ha mossa ladifficoltà.
Io suppongo che voi benissimo sappiate quali sono i numeri quadratie quali inon quadrati.

Simp. So benissimo che il numeroquadrato è quello che nasce dalla moltiplicazione d'un altro numero in semedesimo: e così il quattroil noveetc.son numeri quadratinascendoquello dal duae questo dal trein se medesimi moltiplicati.

Salv. Benissimo: e sapete ancorachesì come i prodotti si dimandano quadratii producenticioè quelli che simultiplicanosi chiamano lati o radici; gli altri poiche non nascono danumeri multiplicati in se stessinon sono altrimenti quadrati. Onde se iodiròi numeri tutticomprendendo i quadrati e i non quadratiesser più chei quadrati solidirò proposizione verissima: non è così?

Simp. Non si può dir altrimenti.

Salv. Interrogando io di poiquantisiano i numeri quadratisi può con verità rispondereloro esser tanti quantesono le proprie radiciavvenga che ogni quadrato ha la sua radiceogni radiceil suo quadratoné quadrato alcuno ha più d'una sola radicené radicealcuna più d'un quadrato solo.

Simp. Così sta.

Salv. Ma se io domanderòquantesiano le radicinon si può negare che elle non siano quante tutti i numeripoiché non vi è numero alcuno che non sia radice di qualche quadrato; e stantequestoconverrà dire che i numeri quadrati siano quanti tutti i numeripoiché tanti sono quante le lor radicie radici son tutti i numeri: e pur daprincipio dicemmotutti i numeri esser assai più che tutti i quadratiessendola maggior parte non quadrati. E pur tuttavia si va la moltitudine de i quadratisempre con maggior proporzione diminuendoquanto a maggior numeri si trapassa;perché sino a cento vi sono dieci quadratiche è quanto dire la decima parteesser quadrati; in dieci mila solo la centesima parte sono quadratiin unmillione solo la millesima: e pur nel numero infinitose concepir lo potessimobisognerebbe diretanti essere i quadrati quanti tutti i numeri insieme.

Sagr. Che dunque si ha da determinarein questa occasione?

Salv. Io non veggo che ad altradecisione si possa venireche a direinfiniti essere tutti i numeriinfinitii quadratiinfinite le loro radiciné la moltitudine de' quadrati esserminore di quella di tutti i numeriné questa maggior di quellaed in ultimaconclusionegli attributi di eguale maggiore e minore non aver luogo negl'infinitima solo nelle quantità terminate. E però quando il Sig. Simpliciomi propone più linee disegualie mi domanda come possa essere che nellemaggiori non siano più punti che nelle minoriio gli rispondo che non ve nesono né più né manco né altrettantima in ciascheduna infiniti: o veramentese io gli rispondessii punti nell'una esser quanti sono i numeri quadratiinun'altra maggiore quanti tutti i numeriin quella piccolina quanti sono inumeri cubinon potrei io avergli dato sodisfazione col porne più in una chenell'altrae pure in ciascheduna infiniti? E questo è quanto alla primadifficoltà.

Sagr. Fermate in graziaeconcedetemi che io aggiunga al detto sin qui un pensieroche pur ora mi giugne:e questo èchestanti le cose dette sin quiparmi che non solamente non sipossa direun infinito esser maggiore d'un altro infinitoma né anco che e'sia maggior d'un finitoperché se 'l numero infinito fusse maggiorev. g.del millionene seguirebbeche passando dal millione ad altri e ad altricontinuamente maggiorisi camminasse verso l'infinito; il che non è: anziperl'opposito a quanto maggiori numeri facciamo passaggiotanto più cidiscostiamo dal numero infinito; perché ne i numeriquanto più si piglianograndisempre più e più rari sono i numeri quadrati in esso contenuti; ma nelnumero infinito i quadrati non possono esser manco che tutti i numericome purora si è concluso; adunque l'andar verso numeri sempre maggiori e maggiori èun discostarsi dal numero infinito.

Salv. E così dal vostro ingegnosodiscorso si concludegli attributi di maggiore minore o eguale non aver luogonon solamente tra gl'infinitima né anco tra gl'infiniti e i finiti.

Passo ora ad un'altra considerazioneed èche stante che la linea ed ognicontinuo sian divisibili in sempre divisibilinon veggo come si possa sfuggirela composizione essere di infiniti indivisibiliperché una divisione esubdivisione che si possa proseguir perpetuamentesuppone che le parti sianoinfiniteperché altramente la subdivisione sarebbe terminabile; e l'esser leparti infinite si tira in consequenza l'esser non quanteperché quantiinfiniti fanno un'estensione infinita: e così abbiamo il continuo compostod'infiniti indivisibili.

Simp. Ma se noi possiamo proseguirsempre la divisione in parti quanteche necessità abbiamo noi di doverpertal rispettointrodur le non quante?

Salv. L'istesso poter proseguirperpetuamente la divisione in parti quanteinduce la necessità dellacomposizione di infiniti non quanti. Imperò chevenendo più alle stretteiovi domando che resolutamente mi diciatese le parti quante nel continuopervostro credereson finite o infinite?

Simp. Io vi rispondoessere infinitee finite: infinitein potenza; e finitein atto: infinite in potenzacioèinnanzi alla divisione; ma finite in attocioè dopo che son divise; perché leparti non s'intendono attualmente esser nel suo tuttose non dopo esser diviseo almeno segnate; altramente si dicono esservi in potenza.

Salv. Sì che una linea lungav. g.venti palmi non si dice contener venti linee di un palmo l'una attualmentesenon dopo la divisione in venti parti eguali; ma per avanti si dice contenerlesolamente in potenza. Or sia come vi piace; e ditemi sefatta l'attualdivisione di tali partiquel primo tutto cresce o diminuisceo pur resta dellamedesima grandezza?

Simp. Non crescené scema.

Salv. Così credo io ancora. Adunquele parti quante nel continuoo vi siano in atto o vi siano in potenzanonfanno la sua quantità maggiore né minore: ma chiara cosa èche parti quanteattualmente contenute nel lor tuttose sono infinitelo fanno di grandezzainfinita: adunque parti quantebenché in potenza solamenteinfinitenonpossono esser contenute se non in una grandezza infinita; adunque nella finitaparti quante infinitené in atto né in potenza possono esser contenute.

Sagr. Come dunque potrà esser veroche il continuo possa incessabilmente dividersi in parti capaci sempre di nuovadivisione?

Salv. Par che quella distinzioned'atto e di potenza vi renda fattibile per un verso quel che per un altrosarebbe impossibile. Ma io vedrò d'aggiustar meglio queste partite con fare unaltro computo; ed al quesito che domanda se le parti quante nel continuoterminato sian finite o infiniterisponderò tutto l'opposto di quel cherispose dianzi il Sig. Simpliciocioè non esser né finite né infinite.

Simp. Ciò non arei saputo mairisponder ionon pensando che si trovasse termine alcuno mezzano tra 'l finitoe l'infinitosì che la divisione o distinzione che poneuna cosa o esserfinita o infinitafusse manchevole e difettosa.

Salv. A me par ch'ella sia. Eparlando delle quantità discreteparmi che tra le finite e l'infinite ci siaun terzo medio termineche è il rispondere ad ogni segnato numero; sì chedomandatonel presente propositose le parti quante nel continuo siano finiteo infinitela più congrua risposta sia il direnon esser né finite néinfinitema tante che rispondono ad ogni segnato numero: per il che fare ènecessario che elle non siano comprese dentro a un limitato numeroperché nonrisponderebbono ad un maggiore; ma né anco è necessario che elle sianoinfiniteperché niuno assegnato numero è infinito: e così ad arbitrio deldomandante una proposta linea gliela potremo assegnare segata in cento partiquantee in mille e in cento milaconforme a qual numero più gli piacerà; madivisa in infinitequesto non già. Concedo dunque a i Signori filosofi che ilcontinuo contiene quante parti quante piace loroe gli ammetto che le contengain atto o in potenzaa lor gusto e beneplacito; ma gli soggiungo poiche nelmodo che in una linea di dieci canne si contengono dieci linee d'una cannal'unae quaranta d'un braccio l'unae ottanta di mezzo braccioetc.cosìcontiene ella punti infiniti: chiamateli poi in atto o in potenzacome più vipiaceché ioSig. Simplicioin questo particolare mi rimetto al vostroarbitrio e giudizio.

Simp. Io non posso non laudare ilvostro discorso: ma ho gran paura che questa parità dell'esser contenuti ipunti come le parti quante non corra con intera puntualitàné che a voi saràcosì agevole il dividere la proposta linea in infiniti punticome a queifilosofi in dieci canne o in quaranta braccia: anzi ho per impossibile del tuttoil ridurr'ad effetto tal divisionesì che questa sarà una di quelle potenzeche mai non si riducono in atto.

Salv. L'esser una cosa fattibile senon con fatica o diligenzao in gran lunghezza di temponon la rendeimpossibileperché penso che voi altresì non così agevolmente visbrighereste da una divisione da farsi d'una linea in mille partie molto menodovendo dividerla in 937 o altro gran numero primo. Ma se questache voi peravventura stimate divisione impossibileio ve la riducessi a così spedita comese altri la dovesse segare in quarantavi contentereste voi di ammetterla piùplacidamente nella nostra conversazione?

Simp. Io gusto del vostro trattarcome fate talora con qualche piacevolezza; ed al quesito vi rispondoche lafacilità mi parrebbe grande più che a bastanzaquando il risolverla in puntinon fusse più laborioso che il dividerla in mille parti.

Salv. Qui voglio dirvi cosa che forsevi farà maravigliarein proposito del volere o poter risolver la linea ne'suoi infiniti tenendo quell'ordine che altri tiene nel dividerla in quarantasessanta o cento particioè con l'andarla dividendo in due e poi in quattroetc.: col qual ordine chi credesse di trovare i suoi infiniti puntis'ingannerebbe indigrossoperché con tal progresso né men alla division ditutte le parti quante si perverrebbe in eterno; ma de gli indivisibili tanto èlontano il poter giugner per cotal strada al cercato termineche più tostoaltri se ne discostae mentre pensacol continuar la divisione e colmultiplicar la moltitudine delle partidi avvicinarsi alla infinitàcredo chesempre più se n'allontani: e la mia ragione è questa. Nel discorso auto pocofa concludemmoche nel numero infinito bisognava che tanti fussero i quadrati oi cubi quanti tutti i numeripoiché e questi e quelli tanti sono quante leradici loroe radici son tutti i numeri. Vedemmo appressoche quanto maggiorinumeri si pigliavanotanto più radi si trovavano in essi i lor quadratiepiù radi ancora i lor cubi: adunque è manifestoche a quanto maggiori numerinoi trapassiamotanto più ci discostiamo dal numero infinito; dal che neséguita chetornando in dietro (poiché tal progresso sempre più ci allontanadal termine ricercato)se numero alcuno può dirsi infinitoquesto sial'unità. E veramente in essa son quelle condizioni e necessarii requisiti delnumero infinitodico del contener in sé tanti quadrati quanti cubi e quantitutti i numeri.

Simp. Io non capisco bene come sideva intender questo negozio.

Salv. Il negozio non ha in sé dubbioverunoperché l'unità è quadratoè cuboè quadrato quadrato e tutte lealtre dignitàné vi è particolarità veruna essenziale a i quadratia icubietc.che non convenga all'uno: comev. g.proprietà di due numeriquadrati è l'aver tra di loro un numero medio proporzionale; pigliatequalsivoglia numero quadrato per l'uno de' termini e per l'altro l'unitàsempre ci troverete un numero medio proporzionale. Siano due numeri quadrati 9 e4: eccovitra 'l 9 e l'unomedio proporzionale il 3; fra 'l 4 e l'uno media il2; e tra i due quadrati 9 e 4 vi è il 6 in mezzo. Proprietà de i cubi èl'esser tra essi necessariamente due numeri medii proporzionali: ponete 8 e 27già tra loro son medii 12 e 18; e tra l'uno e l'8 mediano il 2 e 'l 4; e tral'uno e 'l 27il 3 e 'l 9. Concludiamo per tantonon ci essere altro numeroinfinito che l'unità. E queste sono delle maraviglie che superano la capacitàdella nostra immaginazionee che devriano farci accorti quanto gravemente sierri mentre altri voglia discorrere intorno a gl'infiniti con quei medesimiattributi che noi usiamo intorno a i finitile nature de i quali non hannoveruna convenienza tra di loro.

In proposito di che non voglio tacervi un mirabile accidente che pur ora misovvieneesplicante l'infinita differenzaanzi repugnanza e contrarietà dinaturache incontrerebbe una quantità terminata nel trapassar all'infinita.

Segniamo questa linea retta AB di qualsivoglia lunghezza; e preso inlei qualsivoglia punto Cche in parti diseguali la dividadico chepartendosi coppie di linee da i termini ABcheritenendo fradi loro la medesima proporzione che hanno le parti ACBCvadianoa concorrere insiemei punti de i lor concorsi cadranno tutti nellacirconferenza di un medesimo cerchio: comeper esempiopartendosi le ALBL da i punti ABed avendo tra di loro la medesimaproporzione che hanno le parti ACBCed andando a concorrere nelpunto Le ritenendo l'istessa proporzione altre due AKBKconcorrendo in Kaltre AIBIAHHBAGGBAFFBAEEBdico che i punti de iconcorsi LKIHGFEcascano tutti nella circonferenza di un istesso cerchio; talché se ciimmagineremoil punto C muoversi continuamente con tal leggeche lelinee da esso prodotte sino a i termini fissi AB mantenghinosempre la proporzione medesima che hanno le prime parti ACCBtal punto C descriverà la circonferenza d'un cerchiocome appresso vidimostrerò; ed il cerchio in cotal modo descritto sarà sempre maggiore emaggiore infinitamentesecondo che il punto C sarà preso più vicino alpunto di mezzoche sia Oe minore sarà quel cerchio che dal punto piùvicino all'estremità B sarà descritto; in maniera che da i puntiinfiniti che pigliar si possono nella linea OB si descriveranno cerchi(movendogli con l'esplicata legge) di qualsivoglia grandezzaminori della lucedell'occhio d'una pulcee maggiori dell'equinoziale del primo mobile. Orasealzandosi qualsivoglia de i punti compresi tra i termini OBdatutti si descrivono cerchie immensi da i punti prossimi all'Oalzandol'istesso O e continuando di muoverlo con l'osservanza dell'istessodecretocioè che le linee da esso prodotte sino a i termini ABritenghino la proporzione che hanno le prime linee AOOBchelinea verrà segnata? Segnerassi la circonferenza d'un cerchioma d'un cerchiomaggiore di tutti gli altri massimidi un cerchiodunqueinfinito; ma sisegna anco una linea retta e perpendicolare sopra la BAeretta dal puntoO e prodotta in infinito senza mai tornare a riunire il suo termineultimo col suo primocome ben tornavano l'altre: imperò che la segnata per ilmoto limitato del punto Cdopo segnato il mezzo cerchio superiore CHEcontinuava di segnare l'inferiore EMCriunendo insieme i suoi estremitermini nel punto C; ma il punto Omossosi per segnarcome tuttigli altri della linea AB (perché i punti presi nell'altra parte OAdescriveranno essi ancora i lor cerchied i massimi i punti prossimi all'O)il suo cerchioper farlo massimo di tuttie per conseguenza infinitonon puòpiù ritornare nel suo primo termineed in somma descrive una linea rettainfinita per circonferenza del suo infinito cerchio. Considerate ora qualdifferenza sia da un cerchio finito a un infinitopoiché questo muta talmentel'essereche totalmente perde l'essere e il poter essere: ché già benchiaramente comprendiamonon si poter dare un cerchio infinito; il che si tirapoi in consequenzané meno poter essere una sfera infinitané altroqualsivoglia corpo o superficie figurata e infinita. Or che diremo di cotalimetamorfosi nel passar dal finito all'infinito? e perché doviamo sentirrepugnanza maggiorementrecercando l'infinito ne i numeriandiamo aconcluderlo nell'uno? e mentre che rompendo un solido in molte parti eseguitando di ridurlo in minutissima polvererisoluto che si fusse negl'infiniti suoi atomi non più divisibiliperché non potremo direquelloesser ritornato in un solo continuoma forse fluido come l'acqua o 'l mercurioo 'l medesimo metallo liquefatto? e non vediamo noile pietre liquefarsi invetroed il vetro medesimoco 'l molto fuocofarsi fluido più che l'acqua?

Sagr. Doviamo dunque credereifluidi esser taliperché sono risoluti ne i primi infiniti indivisibilisuoicomponenti?

Salv. Io non so trovar migliorripiego per risolver alcune sensate apparenzetra le quali una è questa.Mentre io piglio un corpo duroo sia pietra o metalloe che con martello osottilissima lima lo vo al possibile dividendo in minutissima ed impalpabilepolverechiara cosa è che i suoi minimiancor che per la lor piccolezza sianoimpercettibili a uno a uno dalla nostra vista e dal tattotuttavia son eglinoancor quantifigurati e numerabili: e di essi accade cheaccumulati insiemesi sostengono ammucchiati; e scavati sino a certo segnoresta la cavitàsenzache le parti d'intorno scorrano a riempirla; agitati e commossisubito sifermano tantosto che il motore esterno gli abbandona: e questi medesimi effettifanno ancora tutti gli aggregati di corpuscoli maggiori e maggiorie di ognifiguraancora che sfericacome veggiamo ne i monti di migliodi granodimigliarole di piombo e d'ogni altra materia. Ma se noi tenteremo di vedere taliaccidenti nell'acquanissuno ve ne troveremo; masollevataimmediatamente sispianase da vaso o altro esterno ritegno non sia sostenuta; incavatasubitoscorre a riempire la cavità; ed agitataper lunghissimo tempo va fluttuandoeper spazii grandissimi distendendo le sue onde. Da questo mi par di potere moltoragionevolmente arguirei minimi dell'acquane i quali ella pur sembra esserrisoluta (poiché ha minor consistenza di qualsivoglia sottilissima polvereanzi non ha consistenza nissuna)esser differentissimi da i minimi quanti edivisibili; né saprei ritrovarci altra differenzache l'esser indivisibili.Parmi anco che la sua esquisitissima trasparenza ce ne porga assai fermaconiettura: perché se noi piglieremo del più trasparente cristallo che sia elo cominceremo a rompere e pestareridotto in polvere perde la trasparenzaesempre più quanto più sottilmente si trita; ma l'acquache pure è sommamentetritaè anco sommamente diafana. L'oro e l'argentocon acque fortipolverizzati più sottilmente che con qualsivoglia limapur restano in polverema non divengon fluidiné prima si liquefanno che gl'indivisibili del fuoco ode i raggi del Sole gli dissolvanocredo ne i lor primi altissimi componentiinfinitiindivisibili.

Sagr. Questo che V. S. ha toccatodella luceho io più volte veduto con maraviglia; vedutodicocon unospecchio concavo di tre palmi di diametroliquefare il piombo in un instante:onde io son venuto in opinioneche quando lo specchio fusse grandissimo e benterso e di figura parabolicaliquefarebbe non meno ogni altro metallo inbrevissimo tempovedendo che quelloné molto grande né ben lustro e dicavità sfericacon tanta forza liquefaceva il piombo ed abbruciava ognimateria combustibile; effetti che mi rendon credibili le maraviglie de glispecchi d'Archimede.

Salv. Intorno a gli effetti de glispecchi d'Archimede mi rese credibile ogni miracoloche si legge in piùscrittorila lettura de i libri dell'istesso Archimedegià da me con infinitostupore letti e studiati; e se nulla di dubbio mi fusse restatoquello cheultimamente ha dato in luce intorno allo Specchio Ustorio il P.Bonaventura Cavalierie che io con ammirazione ho lettoè bastato a cessarmiogni difficoltà.

Sagr. Veddi ancor io cotestotrattatoe con gusto e maraviglia grande lo lessi; e perché per avanti avevoconoscenza della personami andai confermando nel concetto che di esso avevogià presoch'ei fusse per riuscire uno de' principali matematici dell'etànostra. Ma tornando all'effetto maraviglioso de i raggi solari nel liquefare imetallidoviamo noi credere che tale e sì veemente operazione sia senza motoo pur che sia con motoma velocissimo?

Salv. Gli altri incendii edissoluzioni veggiamo noi farsi con motoe con moto velocissimo: veggansi leoperazioni de i fulminidella polvere nelle mine e ne i petardied in sommaquanto il velocitar co' i mantici la fiamma de i carbonimista con vaporigrossi e non puriaccresca di forza nel liquefare i metalli: onde io non sapreiintendere che l'azzione della lucebenché purissimapotesse esser senza motoed anco velocissimo.

Sagr. Ma quale e quanta doviamo noistimare che sia questa velocità del lume? forse instantaneamomentaneao purcome gli altri movimentitemporanea? né potremo con esperienza assicurarciqual ella sia?

Simp. Mostra l'esperienza quotidianal'espansion del lume esser instantanea; mentre che vedendo in gran lontananzasparar un'artiglierialo splendor della fiamma senza interposizion di tempo siconduce a gli occhi nostrima non già il suono all'orecchiese non doponotabile intervallo di tempo.

Sagr. EhSig. Simplicioda cotestanotissima esperienza non si raccoglie altro se non che il suono si conduce alnostro udito in tempo men breve di quello che si conduca il lume; ma non miassicurase la venuta del lume sia per ciò istantaneapiù che temporanea mavelocissima. Né simile osservazione conclude più che l'altra di chi dice:«Subito giunto il Sole all'orizontearriva il suo splendore a gli occhinostri»; imperò che chi mi assicura che prima non giugnessero i suoi raggi aldetto termineche alla nostra vista?

Salv. La poca concludenza di queste edi altre simili osservazioni mi fece una volta pensare a qualche modo di potercisenza errore accertarse l'illuminazionecioè se l'espansion del lumefusseveramente instantanea; poiché il moto assai veloce del suono ci assicuraquella della luce non poter esser se non velocissima: e l'esperienza che misovvennefu tale. Voglio che due piglino un lume per unoil qualetenendolodentro lanterna o altro ricettopossino andar coprendo e scoprendocon l'interposiziondella manoalla vista del compagnoe cheponendosi l'uno incontro all'altroin distanza di poche bracciavadano addestrandosi nello scoprire ed occultareil lor lume alla vista del compagnosì che quando l'uno vede il lumedell'altroimmediatamente scuopra il suo; la qual corrispondenzadopo alcunerisposte fattesi scambievolmenteverrà loro talmente aggiustatachesenzasensibile svarioalla scoperta dell'uno risponderà immediatamente la scopertadell'altrosì che quando l'uno scuopre il suo lumevedrà nell'istesso tempocomparire alla sua vista il lume dell'altro. Aggiustata cotal pratica in questapiccolissima distanzapongansi i due medesimi compagni con due simili lumi inlontananza di due o tre migliae tornando di notte a far l'istessa esperienzavadano osservando attentamente se le risposte delle loro scoperte edoccultazioni seguono secondo l'istesso tenore che facevano da vicino; cheseguendosi potrà assai sicuramente concluderel'espansion del lume essereinstantanea: ché quando ella ricercasse tempoin una lontananza di tre migliache importano sei per l'andata d'un lume e venuta dell'altrola dimora dovrebbeesser assai osservabile. E quando si volesse far tal osservazione in distanzemaggioricioè di otto o dieci migliapotremmo servirci del telescopioaggiustandone un per uno gli osservatori al luogo dove la notte si hanno amettere in pratica i lumi; li qualiancor che non molto grandie per ciòinvisibili in tanta lontananza all'occhio liberoma ben facili a coprirsi escoprirsicon l'aiuto de i telescopii già aggiustati e fermati potranno essercommodamente veduti.

Sagr. L'esperienza mi pared'invenzione non men sicura che ingegnosa. Ma diteci quello che nel praticarlaavete concluso.

Salv. Veramente non l'hosperimentatasalvo che in lontananza piccolacioè manco d'un migliodal chenon ho potuto assicurarmi se veramente la comparsa del lume opposto siainstantanea; ma bense non instantaneavelocissimae direi momentaneaèellae per ora l'assimiglierei a quel moto che veggiamo farsi dallo splendoredel baleno veduto tra le nugole lontane otto o dieci miglia; del qual lumedistinguiamo il principioe dirò il capo e fontein un luogo particolare traesse nugolema bene immediatamente segue la sua espansione amplissima per lealtre circostanti; che mi pare argomentoquella farsi con qualche poco ditempo; perché quando l'illuminazione fusse fatta tutta insiemee non perpartinon par che si potesse distinguer la sua originee dirò il suo centrodalle sue falde e dilatazioni estreme. Ma in quai pelaghi ci andiamo noiinavvertentemente pian piano ingolfando? tra i vacuitra gl'infinititra gliindivisibilitra i movimenti instantaneiper non poter maidopo millediscorsigiugnere a riva?

Sagr. Cose veramente moltosproporzionate al nostro intendimento. Ecco: l'infinitocercato tra i numeripar che vadia a terminar nell'unità; da gl'indivisibili nasce il sempredivisibile; il vacuo non par che risegga se non indivisibilmente mescolato tra'l pieno: ed in somma in queste cose si muta talmente la natura dellecomunemente intese da noiche sin alla circonferenza d'un cerchio doventa unalinea retta infinita; ches'io ho ben tenuto a memoriaè quella proposizioneche voiSig. Salviatidovevi con geometrica dimostrazione far manifesta.Peròquando vi piacciasarà benesenza più digredirearrecarcela.

Salv. Eccomi a servirledimostrandoper piena intelligenza il seguente problema:

Data una linea retta divisa secondo qualsivoglia proporzione in partidisegualidescrivere un cerchioalla cui circonferenza prodotteaqualsivoglia punto di essadue linee rette da i termini della data linearitenghino la proporzion medesima che hanno tra di loro le parti di essa lineadatasì che omologhe siano quelle che si partono da i medesimi termini.

Sia la data retta linea ABdivisa in qualsivoglia modo in partidiseguali nel punto C: bisogna descrivere il cerchioa qualsivogliapunto della cui circonferenza concorrendo due rette prodotte da i termini ABabbiano tra di loro la proporzion medesima che hanno tra di loro leparti ACBCsì che omologhe sian quelle che si partono dall'istessotermine. Sopra 'l centro Ccon l'intervallo della minor parte CBintendasi descritto un cerchioalla circonferenza del quale venga tangente dalpunto A la retta ADindeterminatamente prolungata verso Ee sia il contatto in De congiungasi la CDche saràperpendicolare alla AE; ed alla BA sia perpendicolare la BEla quale prodotta concorrerà con la AEessendo l'angolo A acuto;sia il concorso in Edi dove si ecciti la perpendicolare alla AEche prodotta vadia a concorrere con la ABinfinitamente prolungatain F:dico primieramentele due rette FEFC esser eguali. Imperò chetirata la ECaremo ne i due triangoli DECBEC li due latidell'uno DEEC eguali alli due dell'altro BEECessendo le due DEEB tangenti del cerchio DBe le basi DCCB parimente eguali; onde li due angoli DECBEC sarannoeguali. E perché all'angolo BCE per esser retto manca quanto è l'angoloCEBed all'angolo CEFpur per esser rettomanca quanto èl'angolo CEDessendo tali mancamenti egualigli angoli FCEFECsaranno egualied in consequenza i lati FEFC; onde fatto centroil punto Fe con l'intervallo FE descrivendo un cerchiopasseràper il punto C. Descrivasie sia CEG: dicoquesto esser ilcerchio ricercatoa qualsivoglia punto della circonferenza del quale ognicoppia di linee che vi concorranopartendosi da i termini ABaranno la medesima proporzione tra di loro che hanno le due parti ACBCle quali di già vi concorrono nel punto C. Questodelle due checoncorrono nel punto Ecioè delle AEBEè manifestoessendo l'angolo E del triangolo AEB diviso in mezzo dalla CE;per lo che qual proporzione ha la AC alla CBtale ha la AEalla BE. L'istesso proveremo delle due AGBGterminatenel punto G. Imperò cheessendo (per la similitudine de' triangoli AFEEFB) come AF ad FE così EF ad FBcioè comeAF ad FC così CF ad FBsaràdividendocome ACa CF (cioè ad FG) così CB a FBe tutta ABa tutta BG come una CB ad una BFecomponendocome AGa GB così CF ad FBcioè FE ad FBcioè AEad EBed AC a CB: il che bisognava provare. Prendasi oraqualsivoglia altro punto nella circonferenzae sia Hal qualeconcorrano le due AHBH: dico parimentecome AC a CBcosì essere AH ad HB. Prolunghisi HB sino allacirconferenza in Ie congiungasi IF: e perché già si è vistocome AB a BGcosì essere CB a BFsarà ilrettangolo ABF eguale al rettangolo CBGcioè IBHe peròcome AB a BHcosì IB a BF; e sono gli angoli al Beguali; adunque AH ad HB sta come IFcioè EFad FBed AE ad EB.

Dicooltre a ciòche è impossibile che le linee che abbiano talproporzionepartendosi da i termini ABconcorrano a verunpunto o dentro o fuori del cerchio CEG. Imperò chese è possibileconcorrano due tali linee al punto Lposto fuorie siano le ALBLe prolunghisi la LB sino alla circonferenza in Me congiungasi MF.Se dunque la AL alla BL è come la AC alla BCcioècome la MF alla FBaremo due triangoli ALBMFBliquali intorno alli due angoli ALBMFB hanno i lati proporzionaligli angoli alla cima nel punto B egualie li due rimanenti FMBLABminori che retti (imperò che l'angolo retto al punto M ha per base tuttoil diametro CGe non la sola parte BF; e l'altro al punto Aè acutoperché la linea ALomologa della ACè maggiore dellaBLomologa della BC); adunque i triangoli ABLMBFson similie però come AB a BL così MB a BFondeil rettangolo ABF sarà eguale al rettangolo MBL: ma il rettangoloABF s'è dimostrato eguale al CBG: adunque il rettangolo MBLè eguale al rettangolo CBGil che è impossibile: adunque il concorsonon può cader fuor del cerchio. E nel medesimo modo si dimostrerànon potercader dentro: adunque tutti i concorsi cascano nella circonferenza stessa.

Ma è tempo che torniamo a dar sodisfazione al desiderio del Sig. Simpliciomostrandogli come il risolver la linea ne' suoi infiniti punti non è nonsolamente impossibilema né meno ha in sé maggior difficoltà che 'ldistinguere le sue parti quantefatto però un suppostoil quale pensoSig.Simplicioche non siate per negarmi: e questo èche non mi ricercherete cheio vi separi i punti l'uno dall'altro e ve li faccia veder a uno a uno distintisopra questa cartaperché io ancora mi contenterei chesenza staccar l'unadall'altra le quattro o le sei parti d'una lineami mostraste le sue divisionisegnateo al più piegate ad angoliformandone un quadrato o un essagono;perché mi persuado pure che allora le chiamereste a bastanza distinte edattuate.

Simp. Veramente sì.

Salv. Orase l'inflettere una lineaad angoliformandone ora un quadratoora un ottangoloora un poligono diquarantadi cento o mille angoliè mutazione bastante a ridurre all'attoquelle quattroottoquarantacento e mille parti che prima nella lineadiritta eranoper vostro dettoin potenzaquando io formi di lei un poligonodi lati infiniticioè quando io la infletta nella circonferenza d'un cerchionon potrò io con pari licenza dire d'aver ridotto all'atto quelle partiinfiniteche voi primamentre era rettadicevi esser in lei contenute inpotenza? Né si può negaretal risoluzione esser fatta ne' suoi infiniti puntinon meno che quella delle sue quattro parti nel formarne un quadratoo nellesue mille nel formarne un millagono; imperò che in lei non manca veruna dellecondizioni che si trovano nel poligono di mille e di cento mila lati. Questoapplicato a una linea rettase gli posa sopra toccandola con uno de' suoi laticioè con una sua centomillesima parte; il cerchioche è un poligono di latiinfinititocca la medesima retta con uno de' suoi latiche è un sol puntodiverso da tutti i suoi collateralie perciò da quelli diviso e distinto nonmeno che un lato del poligono da i suoi conterminali: e come il poligonorivoltato sopra un piano stampa con i toccamenti conseguenti de' suoi lati unalinea retta eguale al suo perimetrocosì il cerchio girato sopra un tal pianodescrive con gl'infiniti suoi successivi contatti una linea retta egual allapropria circonferenza. Non so adessoSig. Simpliciose i Signori Peripateticia i quali io ammettocome verissimo concettoil continuo esser divisibile insempre divisibilisì che continuando una tal divisione e suddivisione mai nonsi perverrebbe alla finesi contenteranno di concedere a meniuna delle taliloro divisioni esser l'ultimacome veramente non èpoiché sempre ve ne restaun'altrama bene l'ultima ed altissima esser quella che lo risolve in infinitiindivisibilialla quale concedo che non si perverrebbe mai dividendosuccessivamente in maggiore e maggior moltitudine di parti; ma servendosi dellamaniera che propongo iodi distinguere e risolvere tutta la infinità in untratto solo (artifizio che non mi dovrebbe esser negato)crederei che dovesseroquietarsied ammetter questa composizione del continuo di atomi assolutamenteindivisibilie massime essendo questa una strada forse più d'ogni altracorrente per trarci fuori di molto intrigati laberintiquali sonooltre aquello già toccato dalla coerenza delle parti de i solidiil comprender comestia il negozio della rarefazzione e della condensazionesenza incorrer percausa di quella nell'inconveniente di dovere ammettere spazii vacuie perquesta la penetrazione de i corpi: inconvenientiche amendue mi pare ch'assaidestramente vengano schivati con l'ammetter detta composizione d'indivisibili.

Simp. Io non so quello che iPeripatetici fusser per direatteso che le considerazioni fatte da voi credoche gli giugnerebbero per la maggior parte nuovee come tali converrebbeesaminarle; e potrebbe accadere che quelli vi ritrovassero risposte e soluzionipotenti a sciorre quei nodiche ioper la brevità del tempo e per ladebolezza del mio ingegnonon saprei di presente risolvere. Però sospendendoper ora questa partesentirei ben volentieri come l'introduzzione di questiindivisibili faciliti l'intelligenza della condensazione e della rarefazzioneschivando nell'istesso tempo il vacuo e la penetrazion de i corpi.

Sagr. Sentirò io ancora con granbrama la medesima cosaall'intelletto mio tanto oscura; con questo peròcheio non rimanga defraudato di sentireconforme a quello che poco fa disse ilSig. Simpliciole ragioni d'Aristotele in confutazion del vacuoed inconsequenza le soluzioni che voi gli arrecatecome convien fare mentre voiammettete quello che esso nega.

Salv. Faremo l'uno e l'altro. Equanto al primoè necessario chesì come in grazia della rarefazzione ciserviamo della linea descritta dal minor cerchiomaggiore della propriacirconferenzamentre vien mosso alla revoluzione del maggiorecosì perintelligenza della condensazione mostriamo come alla conversione fatta dal minorcerchio il maggiore descriva una linea retta minore della sua circonferenza; perla cui più chiara esplicazioneporremo innanzi la considerazione di quello cheaccade ne i poligoni.

In una descrizzione simile a quell'altrasiano due essagoni circa il comunecentro Lche siano questi ABCHIKcon le linee paralleleHOMABcsopra le quali si abbiano a far le revoluzioni; efermato l'angolo I del poligono minorevolgasi esso poligono sin che illato IK caschi sopra la parallelanel qual moto il punto Kdescriverà l'arco KMe 'l lato KI si unirà con la parte IM:tra tanto bisogna vedere quel che farà il lato CB del poligono maggiore.E perché il rivolgimento si fa sopra il punto Ila linea IB coltermine suo B descriveràtornando indietrol'arco Bb sotto allaparallela cAtal che quando il lato KI si congiugnerà con lalinea MIil lato BC si unirà con la linea bcconl'avanzarsi per l'innanzi solamente quanto è la parte Bc e ritirando indietro la parte suttesa all'arco Bbla quale vien sopraposta alla linea BA.Ed intendendo continuarsi nell'istesso modo la conversione fatta dal minorpoligonoquesto descriverà bene e passerà sopra la sua parallela una lineaeguale al suo perimetro; ma il maggiore passerà una linea minore del suoperimetro la quantità di tante linee bB quanti sono uno manco de' suoilati; e sarà tal linea prossimamente eguale alla descritta dal poligono minoreeccedendola solamente di quanto è la bB. Qui dunque senza verunarepugnanza si scorge la cagione per la quale il maggior poligono non trapassi(portato dal minore) con i suoi lati linea maggiore della passata dal minore;che è perché una parte di ciascheduno de' lati si soprappone al suo precedenteconterminale.

Ma se considereremo i due cerchi intorno al centro Ali quali soprale lor parallele posinotoccando il minore la sua nel punto Bed ilmaggiore la sua nel punto Cqui nel cominciar a far la revoluzione delminore non avverrà che il punto B resti per qualche tempo immobilesìche la linea BC dando in dietro trasporti il punto Ccomeaccadeva ne i poligoniche restando fisso il punto I sin che il lato KIcadesse sopra la linea IMla linea IB riportava in dietro il Btermine del lato CBsino in bonde il lato BC cadeva in bcsoprapponendo alla linea BA la parte Bb e solo avanzandosi perl'innanzi la parte Bceguale alla IMcioè a un lato delpoligono minore; per le quali soprapposizioniche sono gli eccessi de i latimaggiori sopra i minorigli avanzi che restanoeguali a i lati del minorpoligonovengono a comporre nell'intera revoluzione la linea retta eguale allasegnata e misurata dal poligono minore. Ma qui dicoche se noi vorremoapplicare un simil discorso all'effetto de i cerchiconverrà direche dove ilati di qualsivoglia poligono son compresi da qualche numeroi lati del cerchiosono infiniti: quelli son quanti e divisibili; questinon quanti eindivisibili: i termini de i lati del poligono nella revoluzione stanno perqualche tempo fermicioè ciascheduno tal parte del tempo di una interaconversionequal parte esso è di tutto il perimetro; ne i cerchi similmente ledimore de' termini de' suoi infiniti lati son momentaneeperché tal parte èun instante d'un tempo quantoqual è un punto d'una lineache ne contieneinfiniti: i regressi in dietro fatti da i lati del maggior poligono sono non ditutto 'l latoma solamente dell'eccesso suo sopra 'l lato del minoreacquistando per l'innanzi tanto di spazio quanto è il detto minor lato; ne icerchi il punto o lato Cnella quiete instantanea del termine Bsiritira in dietro quanto è il suo eccesso sopra 'l lato Bacquistandoper l'innanzi quanto è il medesimo B: ed in somma gl'infiniti latiindivisibili del maggior cerchio con gl'infiniti indivisibili ritiramenti lorofatti nell'infinite instantanee dimore de gl'infiniti termini de gl'infinitilati del minor cerchioe con i loro infiniti progressieguali a gl'infinitilati di esso minor cerchiocompongono e disegnano una linea eguale alladescritta dal minor cerchiocontenente in sé infinite soprapposizioni nonquanteche fanno una costipazione e condensazione senza veruna penetrazione diparti quantequale non si può intendere farsi nella linea divisa in partiquantequale è il perimetro di qualsivoglia poligonoil qualedisteso inlinea rettanon si può ridurre in minor lunghezza se non col far che i lati sisoprapponghino e penetrino l'un l'altro. Questa costipazione di parti non quantema infinitesenza penetrazione di parti quantee la prima distrazzione disopra dichiarata de gl'infiniti indivisibili con l'interposizione di vacuiindivisibilicredo che sia il più che dir si possa per la condensazione erarefazzione de i corpisenza necessità d'introdurre la penetrazione de icorpi e gli spazii quanti vacui. Se ci è cosa che vi gustifatene capitale; senoreputatela vanae 'l mio discorso ancorae ricercate da qualche altroesplicazione di maggior quiete per l'intelletto. Solo queste due parole vireplicoche noi siamo tra gl'infiniti e gl'indivisibili.

Sagr. Che il pensiero sia sottileeda' miei orecchi nuovo e peregrinolo confesso liberamente; se poi nel fattostesso la natura proceda con tal ordinenon saprei che risolvermi: vero è chesin ch'io non sentissi cosa che maggiormente mi quietassiper non rimaner mutoaffattom'atterrei a questa. Ma forse il Sig. Simplicio avrà (quello che sinqui non ho incontrato) modo di esplicare l'esplicazione che in materia cosìastrusa da i filosofi si arreca; ché in vero quel che sin qui ho letto circa lacondensazione è per me così densoe quel della rarefazzione così sottileche la mia debol vista questo non comprende e quello non penetra.

Simp. Io son pieno di confusioneetrovo duri intoppi nell'un sentiero e nell'altroed in particolare in questonuovo: perchésecondo questa regolaun'oncia d'oro si potrebbe rarefare edistrarre in una mole maggiore di tutta la Terrae tutta la Terra condensare eridurre in minor mole di una nocecose che io non credoné credo che voimedesimo crediate; e le considerazioni e dimostrazioni sin qui fatte da voicome che son cose matematicheastratte e separate dalla materia sensibilecredo che applicate alle materie fisiche e naturali non camminerebbero secondocoteste regole.

Salv. Che io vi sia per far vederel'invisibilené io lo saprei farené credo voi lo ricerchiate; ma per quantoda i nostri sensi può esser compresogià che voi avete nominato l'orononveggiam noi farsi immensa distrazzione delle sue parti? Non so se vi sia occorsodi veder le maniere che tengono gli artefici in condur l'oro tiratoil qualenon è veramente oro se non in superficiema la materia interna è argento: edil modo del condurlo è tale. Pigliano un cilindroo volete dire una vergad'argentolunga circa mezzo braccio e grossa per tre o quattro volte il ditopollicee questa indorano con foglie d'oro battutoche sapete esser cosìsottile che quasi va vagando per l'ariae di tali foglie ne soprappongono ottoo diecie non più. Dorato che ècominciano a tirarlo con forza immensafacendolo passare per fori della filiera; e tornando a farlo ripassare molte emolte volte successivamente per fori più angustidopo molte e molte ripassatelo riducono alla sottigliezza d'un capello di donnase non maggiore: e tuttaviaresta dorato in superficie. Lascio ora considerare a voi quale sia lasottigliezza e distrazzione alla quale si è ridotta la sustanza dell'oro.

Simp. Io non veggo che da questaoperazione venga in consequenza un assottigliamento della materia dell'oro dafarne quelle maraviglie che voi vorreste: primaperché già la prima doraturafu di dieci foglie d'oroche vengono a far notabile grossezza; secondariamentese bennel tirare e assottigliar quell'argentocresce in lunghezzascemaperò anco tanto in grossezzachecompensando l'una dimensione con l'altralasuperficie non si agumenta tantoche per vestir l'argento di orobisogniridurlo a sottigliezza maggiore di quella delle prime foglie.

Salv. V'ingannate d'assaiSig.Simplicioperché l'accrescimento della superficie è sudduplodell'allungamentocome io potrei geometricamente dimostrarvi.

Sagr. Ioe per me e per il Sig.Simpliciovi pregherei a recarci tal dimostrazionese però credete che da noipossa esser capita.

Salv. Vedrò se così improvisamentemi torna a memona. Già è manifestoche quel primo grosso cilindro d'argentoed il filo lunghissimo tirato sono due cilindri egualiessendo l'istessoargento; tal che s'io mostrerò qual proporzione abbiano tra di loro lesuperficie de i cilindri egualiaveremo l'intento. Dico per tanto che:

Le superficie de i cilindri egualitrattone le basison tra di loro insudduplicata proporzione delle loro lunghezze.

Siano due cilindri egualil'altezze de i quali ABCDe siala linea E media proporzionale tra esse: dicola superficie del cilindroABtrattone le basialla superficie del cilindro CDtrattoneparimente le basiaver la medesima proporzione che la linea AB allalinea Eche è suddupla dalla proporzione di AB a CD.Taglisi la parte del cilindro AB in Fe sia l'altezza AFeguale alla CD: e perché le basi de' cilindri eguali rispondoncontrariamente alle loro altezzeil cerchio base del cilindro CD alcerchio base del cilindro AB sarà come l'altezza BA alla DC;e perché i cerchi son tra loro come i quadrati de i diametriaranno dettiquadrati la medesima proporzione che la BA alla CD; ma come BAa CDcosì il quadrato BA al quadrato della E: son dunquetali quattro quadrati proporzionali; e però i lor lati ancora sarannoproporzionalie come la linea AB alla Ecosì il diametro delcerchio C al diametro del cerchio A. Ma come i diametricosìsono le circonferenzee come le circonferenze così sono ancora le superficiede' cilindri egualmente alti: adunque come la linea AB alla Ecosì la superficie del cilindro CD alla superficie del cilindro AF.Perché dunque l'altezza AF alla AB sta come la superficie AFalla superficie AB; e come l'altezza AB alla linea Ecosìla superficie CD alla AF: saràper la perturbatacome l'altezzaAF alla Ecosì la superficie CD alla superficie AB:e convertendocome la superficie del cilindro AB alla superficie delcilindro CDcosì la linea E alla AFcioè alla CDo vero la AB alla Eche è proporzione suddupla della ABalla CD: che è quello che bisognava provare.

Orase noi applicheremo questoche si è dimostratoal nostro propositopresupposto che quel cilindro d'argentoche fu dorato mentre non era più lungodi mezzo braccio e grosso tre o quattro volte più del dito polliceassottigliato alla finezza d'un capello si sia allungato sino in venti milabraccia (che sarebbe anche più assai)troveremola sua superficie essercresciuta dugento volte più di quello che era; ed in consequenza quelle foglied'oroche furon soprapposte dieci in numerodistese in superficie dugentovolte maggioreci assicuranol'oroche cuopre la superficie delle tantebraccia di filorestar non più grosso che la ventesima parte d'una fogliadell'ordinario oro battuto. Considerate ora voi qual sia la sua sottigliezzaese è possibile concepirla fatta senza una immensa distrazzione di partie sequesta vi pare una esperienza che tenda anche ad una composizione d'infinitiindivisibili nelle materie fisiche: se ben di ciò non mancano altri piùgagliardi e concludenti rincontri.

Sagr. La dimostrazione mi par tantobellache quando non avesse forza di persuader quel primo intento per il qualeè stata prodotta (che pur mi par che ve l'abbia grande)ad ogni modo benissimosi è impiegato questo breve tempo che per sentirla si è speso.

Salv. Già che veggo che gustatetanto di queste geometriche dimostrazioniapportatrici di guadagni sicurividirò la compagna di questache sodisfà ad un quesito curioso assai. Nellapassata aviamo quello che accaggia de i cilindri egualima diversi di altezze overo lunghezze: è ben sentire quello che avvenga a i cilindri eguali disuperficiema diseguali d'altezze; intendendo sempre delle superficie sole chegli circondano intornocioè non comprendendo le due basisuperiore einferiore. Dico dunque che:

I cilindri rettile superfici de i qualitrattone le basisiano egualihanno fra di loro la medesima proporzione che le loro altezze contrariamenteprese.

Siano eguali le superficie de i due cilindri AECFmal'altezza di questo CD maggiore dell'altezza dell'altro AB: dicoil cilindro AE al cilindro CF aver la medesima proporzione chel'altezza CD alla AB. Perché dunque la superficie CF èuguale alla superficie AEsarà il cilindro CF minore dell'AEperché se li fusse egualela sua superficieper la passata proposizionesarebbe maggiore della superficie AEe molto più se il medesimocilindro CF fusse maggiore dell'AE. Intendasi il cilindro IDeguale all'AE; adunqueper la precedentela superficie del cilindro IDalla superficie dell'AE starà come l'altezza IF alla media tra IFAB. Ma essendoper il datola superficie AE eguale alla CFed avendo la superficie ID alla CF la medesima proporzione chel'altezza IF alla CDadunque la CD è media tra le IFAB; in oltreessendo il cilindro ID eguale al cilindro AEaranno amendue la medesima proporzione al cilindro CF: ma l'ID al CFsta come l'altezza IF alla CD: adunque il cilindro AE alcilindro CF arà la medesima proporzione che la linea IF alla CDcioè che la CD alla ABche è l'intento.

Di qui s'intende la ragione d'un accidente che non senza maraviglia viensentito dal popolo; ed ècome possa essere che il medesimo pezzo di tela piùlungo per un verso che per l'altrose se ne facesse un sacco da tenervi dentrodel granocome si costuma fare con un fondo di tavolaterrà più servendociper l'altezza del sacco della minor misura della tela e con l'altra circondandola tavola del fondoche facendo per l'opposito: come sev. g.la tela per unverso fusse sei braccia e per l'altro dodicipiù terrà quando con lalunghezza di dodici si circondi la tavola del fondorestando il sacco altobraccia seiche se si circondasse un fondo di sei bracciaavendone dodici peraltezza. Orada quello che si è dimostratoalla generica notizia del capirpiù per quel verso che per questosi aggiugne la specifica e particolarescienza del quanto ei contenga più; che èche tanto più terrà quanto saràpiù bassoe tanto meno quanto più alto: e cosìnelle misure assegnateessendo la tela il doppio più lunga che largacucita per la lunghezza terràla metà manco che per l'altro verso; e parimente avendo una stuoiaper fareuna bugnolalunga venticinque braccia e largav. g.settepiegata per lolungo terrà solamente sette misure di quelle che per l'altro verso ne terrebbeventicinque.

Sagr. E così con nostro gustoparticolare andiamo continuamente acquistando nuove cognizioni curiose e nonignude di utilità. Ma nel proposito toccato adessoveramente non credo che traquelli che mancano di qualche cognizione di geometria se ne trovassero quattroper cento che non restassero a prima giunta ingannatiche quei corpi che dasuperficie eguali son contenutinon fussero ancora in tutto eguali; sì comenell'istesso errore incorrono parlando delle superficieche per determinarcome spesse volte accadedelle grandezze di diverse cittàintera cognizionegli par d'averne qualunque volta sanno la quantità de i recinti di quelleignorando che può essere un recinto eguale a un altroe la piazza contenuta daquesto assai maggiore della piazza di quello: il che accade non solamente tra lesuperficie irregolarima tra le regolaridelle quali quelle di più lati sonsempre più capaci di quelle di manco latisì che in ultimo il cerchiocomepoligono di lati infinitiè capacissimo sopra tutti gli altri poligoni diegual circuito; di che mi ricordo averne con gusto particolare veduta ladimostrazione studiando la Sfera del Sacrobosco con un dottissimo commentariosopra.

Salv. È verissimo: ed avendo ioancora incontrato cotesto luogomi dette occasione di ritrovarecome con unasola e breve dimostrazione si concludail cerchio esser maggiore di tutte lefigure regolari isoperimetre; edell'altrequelle di più latimaggiori diquelle di manco.

Sagr. Ed ioche sento tanto dilettoin certe proposizioni e dimostrazioni scelte e non trivialiimportunandovi viprego che me ne facciate partecipe.

Salv. In brevi parole vi spediscodimostrando il seguente teoremacioè:

Il cerchio è medio proporzionale tra qualsivoglino due poligoni regolaritra di loro similide i quali uno gli sia circoscritto e l'altro gli siaisoperimetra. In oltreessendo egli minore di tutti i circoscrittiall'incontro massimo di tutti gl'isoperimetri. De i medesimi poi circoscrittiquelli che hanno più angoli son minori di quelli che ne hanno manco; maall'incontrode gl'isoperimetri quelli di più angoli son maggiori.

Delli due poligoni simili AB sia l'A circoscritto alcerchio Ae l'altro B ad esso cerchio sia isoperimetro: dicoilcerchio esser medio proporzionale tra essi. Imperò che (tirato il semidiametro AC)essendo il cerchio eguale a quel triangolo rettangolode i lati del quale chesono intorno all'angolo rettouno sia eguale al semidiametro AC el'altro alla circonferenza; e similmente essendo il poligono A eguale altriangolo rettangoloche intorno all'angolo retto ha uno de i lati eguali allamedesima retta ACe l'altro al perimetro del medesimo poligono; èmanifestoil circoscritto poligono aver al cerchio la medesima proporzione cheha il suo perimetro alla circonferenza di esso cerchiocioè al perimetro delpoligono Bche alla circonferenza detta si pone eguale: ma il poligono Aal B ha doppia proporzione che 'l suo perimetro al perimetro di B(essendo figure simili): adunque il cerchio A è medio proporzionale trai due poligoni AB. Ed essendo il poligono A maggior delcerchio Aè manifestoesso cerchio A esser maggiore delpoligono B suo isoperimetroed in consequenza massimo di tutti ipoligoni regolari suoi isoperimetri.

Quanto all'altra partecioè di provare che de i poligoni circoscritti almedesimo cerchioquello di manco lati sia maggior di quello di più lati; mache all'incontrode i poligoni isoperimetri quello di più lati sia maggiore diquello di manco lati; dimostreremo così. Nel cerchioil cui centro Osemidiametro OAsia la tangente ADed in essa pongasiperesempioAD esser la metà del lato del pentagono circoscrittoed ACmetà del lato dell'ettagonoe tirinsi le rette OGCOFDecentro Ointervallo OCdescrivasi l'arco ECI. E perchéil triangolo DOC è maggiore del settore EOCe 'l settore COImaggiore del triangolo COAmaggior proporzione arà il triangolo DOCal triangolo COAche 'l settore EOC al settore COIcioèche 'l settore FOG al settore GOA; e componendo e permutandoiltriangolo DOA al settore FOA arà maggior proporzione che iltriangolo COA al settore GOAe dieci triangoli DOA a diecisettori FOA aranno maggior proporzione che quattordici triangoli COAa quattordici settori GOAcioè il pentagono circoscritto arà maggiorproporzione al cerchio che non gli ha l'ettagono; e però il pentagono saràmaggior dall'ottagono. Intendansi ora un ettagono ed un pentagono isoperimetrial medesimo cerchio: dicol'ettagono esser maggior del pentagono. Imperò cheessendo l'istesso cerchio medio proporzionale tra 'l pentagono circoscritto e 'lpentagono suo isoperimetroe parimente medio tra 'l circoscritto el'isoperimetro ettagono; essendosi provatoil circoscritto pentagono essermaggiore del circoscritto ettagono; avrà esso pentagono maggior proporzione alcerchio che l'ettagonocioè il cerchio arà maggior proporzione al suoisoperimetro pentagono che all'isoperimetro ettagono: adunque il pentagono èminore dell'isoperimetro ettagono: che si doveva dimostrare.

Sagr. Gentilissima dimostrazione emolto acuta. Ma dove siamo trascorsi a ingolfarci nella geometria? mentre eramosu 'l considerare le difficoltà promosse dal Sig. Simplicioche veramente sondi gran considerazione; ed in particolare quella della condensazione mi pardurissima.

Salv. Se la condensazione e lararefazzione son moti oppostidove si vegga una immensa rarefazzionenon sipotrà negare una non men grandissima condensazione; ma rarefazzioni immenseequel che accresce la maravigliaquasi che momentaneele veggiamo noi tutto 'lgiorno. E quale sterminata rarefazzione è quella di una poca quantità dipolvere d'artiglieriarisoluta in una mole vastissima di fuoco? e qualeoltrea questal'espansionedirei quasi senza terminedella sua luce? E se quelfuoco e questo lume si riunissero insiemeche pur non è impossibilepoichédianzi stettero dentro quel piccolo spazioqual condensamento sarebbe questo?Voidiscorrendotroverete mille di tali rarefazzioniche sono molto più inpronto ad esser osservate che le condensazioniperché le materie dense sonpiù trattabili e sottoposte a i nostri sensiche ben maneggiamo le legne e levediamo risolvere in fuoco e in lucema non così veggiamo il fuoco e 'l lumecondensarsi a costituire il legno; veggiamo i fruttii fiori e mille altresolide materie risolversi in gran parte in odorima non così osserviamo gliatomi odorosi concorrere alla costituzione de i solidi odorati. Ma dove manca lasensata osservazionesi deve supplir col discorsoche basterà per farcicapaci non men del moto alla rarefazzione e resoluzione de i solidiche allacondensazione delle sustanze tenui e rarissime. In oltrenoi trattiamo come sipossa far la condensazione e rarefazzione de i corpi che si possono rarefare econdensarespecolando in qual maniera ciò possa esser fatto senza l'introduzziondel vacuo e della penetrazione de i corpi; il che non esclude che in naturapossano esser materie che non ammettono tali accidentied in consequenza nondanno luogo a quelli che voi chiamate inconvenienti e impossibili. E finalmente.Sig. Simplicioioin grazia di voi altriSignori filosofimi sono affaticatoin specolare come si possa intenderefarsi la condensazione e la rarefazzionesenza ammetter la penetrazione de i corpi e l'introduzzione de gli spazii vacuieffetti da voi negati ed aborriti; che quando voi gli voleste concedereio nonvi sarei così duro contradittore. Peròo ammettete questi inconvenientiogradite le mie specolazionio trovatene di più aggiustate.

Sagr. Alla negativa dellapenetrazione son io del tutto con i filosofi peripatetici. A quella del vacuovorrei sentir ben ponderare la dimostrazione d'Aristotelecon la quale eil'impugnae quello che voiSig. Salviatigli opponete. Il Sig. Simplicio mifarà grazia di arrecar puntualmente la prova del Filosofoe voi Sig. Salviatila risposta.

Simp. Aristoteleper quanto misovvieneinsurge contro alcuni antichii quali introducevano il vacuo comenecessario per il motodicendo che questo senza quello non si potrebbe fare. Aquesto contrapponendosi Aristoteledimostra cheall'oppositoil farsi (comeveggiamo) il moto distrugge la posizione del vacuo; e 'l suo progresso è tale.Fa due supposizioni: l'una è di mobili diversi in gravitàmossi nel medesimomezzo; l'altra è dell'istesso mobile mosso in diversi mezzi. Quanto al primosuppone che mobili diversi in gravità si muovano nell'istesso mezzo condiseguali velocitàle quali mantengano tra di loro la medesima proporzione chele gravità; sì cheper esempioun mobile dieci volte più grave di un altrosi muova dieci volte più velocemente. Nell'altra posizione piglia che levelocità del medesimo mobile in diversi mezzi ritengano tra di loro laproporzione contraria di quella che hanno le grossezze o densità di essi mezzi;talmente chepostov. g.che la crassizie dell'acqua fusse dieci voltemaggiore di quella dell'ariavuole che la velocità nell'aria sia dieci voltepiù che la velocità nell'acqua. E da questo secondo supposto trae ladimostrazione in cotal forma; Perché la tenuità del vacuo supera d'infinitointervallo la corpulenzaben che sottilissimadi qualsivoglia mezzo pienoogni mobile che nel mezzo pieno si movesse per qualche spazio in qualche temponel vacuo dovrebbe muoversi in uno istante; ma farsi moto in uno instante èimpossibile; adunque darsi il vacuo in grazia del moto è impossibile.

Salv. L'argomento si vede che è adhominemcioè contro a quelli che volevano il vacuo come necessario per ilmoto: che se io concederò l'argomento come concludenteconcedendo insieme chenel vacuo non si farebbe il motola posizion del vacuoassolutamente presa enon in relazione al motonon vien destrutta. Ma per dire quel che per avventurapotrebber rispondere quegli antichiacciò meglio si scorga quanto concluda ladimostrazione d'Aristotelemi par che si potrebbe andar contro a gli assunti diquellonegandogli amendue. E quanto al primoio grandemente dubito cheAristotele non sperimentasse mai quanto sia vero che due pietreuna più gravedell'altra dieci voltelasciate nel medesimo instante cader da un'altezzav.g.di cento bracciafusser talmente differenti nelle lor velocitàcheall'arrivo della maggior in terral'altra si trovasse non avere né anco scesodieci braccia.

Simp. Si vede pure dalle sue parolech'ei mostra d'averlo sperimentatoperché ei dice: Veggiamo il più grave;or quel vedersi accenna l'averne fatta l'esperienza.

Sagr. Ma ioSig. Simplicioche n'hofatto la provavi assicuro che una palla d'artiglieriache pesi centodugentoe anco più libbrenon anticiperà di un palmo solamente l'arrivo in terradella palla d'un moschettoche ne pesi una mezzavenendo anco dall'altezza didugento braccia.

Salv. Masenz'altre esperienzeconbreve e concludente dimostrazione possiamo chiaramente provarenon esser veroche un mobile più grave si muova più velocemente d'un altro men graveintendendo di mobili dell'istessa materiaed in somma di quelli de i qualiparla Aristotele. Però ditemiSig. Simpliciose voi ammettete che diciascheduno corpo grave cadente sia una da natura determinata velocitàsì cheaccrescergliela o diminuirgliela non si possa se non con usargli violenza oopporgli qualche impedimento.

Simp. Non si può dubitare che l'istessomobile nell'istesso mezzo abbia una statuita e da natura determinata velocitàla quale non se gli possa accrescere se non con nuovo impeto conferitogliodiminuirgliela salvo che con qualche impedimento che lo ritardi.

Salv. Quando dunque noi avessimo duemobilile naturali velocità de i quali fussero inegualiè manifesto che senoi congiugnessimo il più tardo col più velocequesto dal più tardo sarebbein parte ritardatoed il tardo in parte velocitato dall'altro più veloce. Nonconcorrete voi meco in quest'opinione?

Simp. Parmi che così debbaindubitabilmente seguire.

Salv. Ma se questo èed è insiemevero che una pietra grande si muovaper esempiocon otto gradi di velocitàed una minore con quattroadunquecongiugnendole amendue insiemeil compostodi loro si moverà con velocità minore di otto gradi: ma le due pietrecongiunte insiemefanno una pietra maggiore che quella primache si moveva conotto gradi di velocità: adunque questa maggiore si muove men velocemente che laminore; che è contro alla vostra supposizione. Vedete dunque come dal supporche 'l mobile più grave si muova più velocemente del men graveio viconcludoil più grave muoversi men velocemente.

Simp. Io mi trovo avviluppatoperché mi par pure che la pietra minore aggiunta alla maggiore le aggiungapesoe aggiugnendole pesonon so come non debba aggiugnerle velocitàoalmeno non diminuirgliela.

Salv. Qui commettete un altro erroreSig. Simplicioperché non è vero che quella minor pietra accresca peso allamaggiore.

Simp. Ohquesto passa bene ogni mioconcetto.

Salv. Non lo passerà altrimentefatto ch'io v'abbia accorto dell'equivoco nel quale voi andate fluttuando: peròavvertite che bisogna distinguere i gravi posti in moto da i medesimi costituitiin quiete. Una gran pietra messa nella bilancia non solamente acquista pesomaggiore col soprapporgli un'altra pietrama anco la giunta di un pennecchio distoppa la farà pesar più quelle sei o dieci once che peserà la stoppa; ma sevoi lascerete liberamente cader da un'altezza la pietra legata con la stoppacredete voi che nel moto la stoppa graviti sopra la pietraonde gli debbaaccelerar il suo motoo pur credete che ella la ritarderàsostenendola inparte? Sentiamo gravitarci su le spalle mentre vogliamo opporci al moto chefarebbe quel peso che ci sta addosso; ma se noi scendessimo con quella velocitàche quel tal grave naturalmente scenderebbein che modo volete che ci prema egraviti sopra? Non vedete che questo sarebbe un voler ferir con la lancia coluiche vi corre innanzi con tanta velocitàcon quanta o con maggiore di quellacon la quale voi lo seguite? Concludete pertanto che nella libera e naturalecaduta la minor pietra non gravita sopra la maggioreed in consequenza non leaccresce pesocome fa nella quiete.

Simp. Ma chi posasse la maggior soprala minore?

Salv. Le accrescerebbe pesoquandoil suo moto fusse più veloce: ma già si è concluso che quando la minore fussepiù tardaritarderebbe in parte la velocità della maggioretal che il lorocomposto si moverebbe men veloceessendo maggiore dell'altra; che è contro alvostro assunto. Concludiamo per ciòche i mobili grandi e i piccoli ancoraessendo della medesima gravità in speziesi muovono con pari velocità.

Simp. Il vostro discorso procedebenissimo veramente: tuttavia mi par duro a credere che una lagrima di piombo siabbia a muover così veloce come una palla d'artiglieria.

Salv. Voi dovevi direun grano direna come una macina da guado. Io non vorreiSig. Simplicioche voi facestecome molt'altri fannochedivertendo il discorso dal principale intentoviattaccaste a un mio detto che mancasse dal vero quant'è un capelloe che sottoquesto capello voleste nasconder un difetto d'un altrogrande quant'una gomonada nave. Aristotele dice: «una palla di ferro di cento libbrecadendodall'altezza di cento bracciaarriva in terra prima che una di una libbra siascesa un sol braccio»; io dico ch'ell'arrivano nell'istesso tempo; voi trovatenel farne l'esperienzache la maggiore anticipa due dita la minorecioè chequando la grande percuote in terral'altra ne è lontana due dita: ora vorrestedopo queste due dita appiattare le novantanove braccia di Aristotelee parlandosolo del mio minimo erroremetter sotto silenzio l'altro massimo. Aristotelepronunzia che mobili di diversa gravità nel medesimo mezzo si muovono (perquanto depende dalla gravità) con velocitadi proporzionate a i pesi loroel'esemplifica con mobili ne i quali si possa scorgere il puro ed assolutoeffetto del pesolasciando l'altre considerazioni sì delle figure come de iminimi momentile quali cose grande alterazione ricevono dal mezzoche alterail semplice effetto della sola gravità: che perciò si vede l'orogravissimosopra tutte l'altre materieridotto in una sottilissima foglia andar vagandoper aria; l'istesso fanno i sassi pestati in sottilissima polvere. Ma se voivolete mantenere la proposizione universalebisogna che voi mostriatelaproporzione delle velocità osservarsi in tutti i gravie che un sasso di ventilibbre si muova dieci volte più veloce che uno di due; il che vi dico esserfalsoe checadendo dall'altezza di cinquanta o cento bracciaarrivano interra nell'istesso momento.

Simp. Forse da grandissime altezze dimigliaia di braccia seguirebbe quello che in queste altezze minori non si vedeaccadere.

Salv. Se Aristotele avesse intesoquestovoi gli addossereste un altro erroreche sarebbe una bugia; perchénon si trovando in terra tali altezze perpendicolarichiara cosa è cheAristotele non ne poteva aver fatta esperienza: e pur ci vuol persuadered'averla fattamentre dice che tale effetto si vede.

Simp. Aristotele veramente non siserve di questo principioma di quell'altroche non credo che patisca questedifficoltà.

Salv. E l'altro ancora non è menfalso di questo; e mi maraviglio che per voi stesso non penetriate la fallaciae che non v'accorghiate che quando fusse vero che l'istesso mobile in mezzi didifferente sottilità e raritàed in somma di diversa cedenzaqualiperesempioson l'acqua e l'ariasi movesse con velocità nell'aria maggiore chenell'acqua secondo la proporzione della rarità dell'aria a quella dell'acquane seguirebbe che ogni mobile che scendesse per ariascenderebbe anconell'acqua: il che è tanto falsoquanto che moltissimi corpi scendononell'ariache nell'acqua non pur non descendonoma sormontano all'in su.

Simp. Io non intendo la necessitàdella vostra consequenza; e più dirò che Aristotele parla di quei mobili graviche descendono nell'un mezzo e nell'altroe non di quelli che scendononell'ariae nell'acqua vanno all'in su.

Salv. Voi arrecate per il Filosofo diquelle difese che egli assolutamente non produrrebbeper non aggravar il primoerrore. Però ditemi se la corpulenza dell'acquao quel che si sia che ritardail motoha qualche proporzione alla corpulenza dell'ariache meno lo ritarda;ed avendolaassegnatela a vostro beneplacito.

Simp. Hallae ponghiamo ch'ella siain proporzione decupla; e che però la velocità di un grave che descenda inamendue gli elementisarà dieci volte più tardo nell'acqua che nell'aria.

Salv. Piglio adesso un di quei graviche vanno in giù nell'ariama nell'acqua noqual sarebbe una palla di legnoe vi domando che voi gli assegniate qual velocità più vi piacementre scendeper aria.

Simp. Ponghiamo che ella si muova conventi gradi di velocità.

Salv. Benissimo. Ed è manifesto chetal velocità a qualche altra minore può avere la medesima proporzione che lacorpulenza dell'acqua a quella dell'ariae che questa sarà la velocità di duesoli gradi; tal che veramentea filo e a diritturaconforme all'assuntod'Aristotelesi doverebbe concludere che la palla di legnoche nell'ariadieci volte più cedente dell'acquasi muove scendendo con venti gradi divelocitànell'acqua dovrebbe scendere con duee non venir a galla dal fondocome fa: se già voi non voleste dire che nell'acqua il venir ad altonellegnosia l'istesso che 'l calare a basso con due gradi di velocità; il chenon credo. Ma già che la palla del legno non cala al fondocredo pure che miconcederete che qualche altra palla d'altra materiadiversa dal legnosipotrebbe trovareche nell'acqua scendesse con due gradi di velocità.

Simp. Potrebbesi senza dubbioma dimateria notabilmente più grave del legno.

Salv. Questo è quel ch'io vocercando. Ma questa seconda pallache nell'acqua descende con due gradi divelocitàcon quanta velocità descenderà nell'aria? Bisogna (se volete servarla regola d'Aristotele) che rispondiate che si moverà con venti gradi: ma ventigradi di velocità avete voi medesimo assegnati alla palla di legno: adunquequesta e l'altra assai più grave si moveranno per l'aria con egual velocità.Or come accorda il Filosofo questa conclusione con l'altra suache i mobili didiversa gravità nel medesimo mezzo si muovano con diverse velocitàe diversetanto quanto le gravità loro? Ma senza molto profonde contemplazionicomeavete voi fatto a non osservar accidenti frequentissimi e palpabilissimie nonbadare a due corpi che nell'acqua si moveranno l'uno cento volte piùvelocemente dell'altroma che nell'aria poi quel più veloce non supereràl'altro di un sol centesimo? comeper esempioun uovo di marmo scenderànell'acqua cento volte più presto che alcuno di gallinache per l'arianell'altezza di venti braccia non l'anticiperà di quattro dita; ed in somma talgrave andrà al fondo in tre ore in dieci braccia d'acquache in aria lepasserà in una battuta o due di polsoe tale (come sarebbe una palla dipiombo) le passerà in tempo facilmente men che doppio. E qui so benSig.Simplicioche voi comprendete che non ci ha luogo distinzione o rispostaveruna. Concludiamo per tantoche tale argomento non conclude nulla contro alvacuo; e quando concludessedistruggerebbe solamente gli spazii notabilmentegrandiquali né io né credo che quelli antichi supponessero naturalmentedarsise ben forse con violenza si possan farecome par che da varieesperienze si raccolgale quali troppo lungo sarebbe il voler al presentearrecare.

Sagr. Vedendo che il Sig. Simpliciotacepiglierò io campo di dire alcuna cosa. Già che assai apertamente avetedimostratocome non è altrimenti vero che mobili disegualmente gravi simuovano nel medesimo mezzo con velocità proporzionate alle gravità loromacon egualeintendendo de i gravi dell'istessa materia o vero dell'istessagravità in speciema non già (come credo) di gravità differenti in specie(perché non penso che voi intendiate di concluderci ch'una palla di sughero simuova con pari velocità ch'una di piombo); ed avendodi piùdimostrato moltochiaramentecome non è vero che 'l medesimo mobile in mezzi di diverseresistenze ritenga nella velocità e tardità sue la medesima proporzione che leresistenze; a me sarebbe cosa gratissima il sentirequali siano le proporzioniche nell'un caso e nell'altro vengono osservate.

Salv. I quesiti son bellied io ciho molte volte pensato: vi dirò il discorso fattoci attornoe quello che ne hoin ultimo ritratto. Dopo essermi certificatonon esser vero che il medesimomobile in mezzi di diversa resistenza osservi nella velocità la proporzionedelle cedenze di essi mezzi; né meno che nel medesimo mezzo mobili di diversagravità ritengano nelle velocità loro la proporzione di esse gravità(intendendo anco delle gravità diverse in specie); cominciai a comporre insiemeamendue questi accidentiavvertendo quello che accadesse de i mobili differentidi gravità posti in mezzi di diverse resistenze: e m'accorsile disegualitàdelle velocità trovarsi tuttavia maggiori ne i mezzi più resistenti che ne ipiù cedentie ciò con diversità taliche di due mobili che scendendo peraria pochissimo differiranno in velocità di motonell'acqua l'uno si moveràdieci volte più veloce dell'altro; anzi che tale che nell'aria velocementedescendenell'acqua non solo non scenderàma resterà del tutto privo dimotoequel che è piùsi moverà all'in su: perché si potrà tal voltatrovare qualche sorte di legnoo qualche nodo o radica di quellochenell'acqua potrà starein quieteche nell'aria velocemente descenderà.

Sagr. Io più volte mi son messo conuna estrema flemma per veder di ridurre una palla di cerache per se stessa nonva a fondocon l'aggiugnerli grani di renaa segno tale di gravità simileall'acquache nel mezzo di quella si fermasse; né maiper diligenza usatamisuccesse il poterlo conseguire: onde non so se altra materia solida si ritrovitanto naturalmente simile in gravità all'acquacheposta in essain ogniluogo potesse fermarsi.

Salv. Sono in questocome in millealtre operazioniassai più diligenti molti animaliche non siamo noi altri. Enel vostro caso i pesci vi arebber potuto porger qualche documentoessendo inquesto esercizio così dottiche ad arbitrio loro si equilibrano non solo conun'acquama con differenti notabilmente o per propria natura o per unasopravvenente torbida o per salsedineche fa differenza assai grande; siequilibranodicotanto esattamenteche senza punto muoversi restano in quietein ogni luogo; e ciòper mio crederefanno eglino servendosi dello strumentodatogli dalla natura a cotal finecioè di quella vescichetta che hanno incorpola quale per uno assai angusto meato risponde alla lor boccae perquello a posta loro o mandano fuori parte dell'aria che in dette vesciche sicontieneovenendo col nuoto a gallaaltra ne attraggonorendendosi con talearte or più or meno gravi dell'acquaed a lor beneplacito equilibrandosegli.

Sagr. Io con un altro artifizioingannai alcuni amiciappresso i quali mi ero vantato di ridurre quella palladi cera al giusto equilibrio con l'acqua; ed avendo messo nel fondo del vaso unaparte di acqua salatae sopra quella dolcemostrai loro la palla che amezz'acqua si fermavae spinta nel fondo o sospinta ad alto né in questo néin quel sito restavama ritornava nel mezzo.

Salv. Non è cotesta esperienza privadi utilità: perché trattandosi da i medici in particolare delle diversequalità di acquee tra l'altre principalmente della leggerezza o gravità piùdi questa che di quellacon una simil pallaaggiustata sì che resti ambiguaper così diretra lo scendere e 'l salire in un'acquaper minima che sia ladifferenza di peso tra due acquesein unatal palla scenderànell'altrache sia più gravesalirà; ed è talmente esatta cotale esperienzache lagiunta di due grani di sale solamenteche si mettino in sei libbre d'acquafarà risalire dal fondo alla superficie quella palla che vi era pur allorascesa. E più vi voglio direin confermazione dell'esattezza di questaesperienza ed insieme per chiara prova della nulla resistenza dell'acquaall'esser divisache non solamente l'ingravirlacon la mistione di qualchemateria più grave di leiinduce tanto notabil differenzama il riscaldarla oraffreddarla un poco produce il medesimo effettoe con sì sottile operazioneche l'infonder quattro gocciole d'altra acqua un poco più calda o un poco piùfredda delle sei libbrefarà che la palla vi scenda o vi sormonti: viscenderà infondendovi la caldae monterà per l'infusione della fredda. Orvedete quanto s'ingannino quei filosofi che voglion metter nell'acqua viscositào altra congiunzione di partiche la facciano resistente alla divisione epenetrazione.

Sagr. Veddi molto concludentidiscorsi intorno a questo argomento in un trattato del nostro Accademico:tuttavia mi resta un gagliardo scrupoloil quale non so rimuovere; perché senulla di tenacità e coerenza risiede tra le parti dell'acquacome possonosostenersi assai grandi pezzi e molto rilevatiin particolare sopra le fogliede i cavolisenza spargersi e spianarsi?

Salv. Ancor che vero sia che coluiche ha dalla sua la conclusione verapossa risolvere tutte l'instanze chevengono opposte in contrarionon però mi arrogherei io il poter ciò fare; néla mia impotenza deve denigrare la candidezza della verità. Ioprimieramentevi confesso che non so come vadia il negozio del sostenersi quei globi d'acquaassai rilevati e grandise bene io so di certo che da tenacità internachesia tra le sue particiò non deriva; onde resta necessario che la cagione dicotal effetto risegga fuori. Che ella non sia internaoltre all'esperienzemostrate ve lo posso confermare con un'altra efficacissima. Se le parti diquell'acqua cherilevatasi sostiene mentre è circondata dall'ariaavesserocagione interna per ciò faremolto più si sosterrebbono circondate chefussero da un mezzo nel quale avessero minor propensione di descendere chenell'aria ambiente non hanno: ma un mezzo tale sarebbe ogni fluido più gravedell'ariacomev. g.il vino; e però infondendo intorno a quel globo d'acquadel vinose gli potrebbe alzare intorno intornosenza che le parti dell'acquaconglutinate dall'interna viscositàsi dissolvessero: ma ciò non accad'egli;anzi non prima se gli accosterà il liquore sparsogli intornochesenzaaspettar che molto se gli elevi intornosi dissolverà e spianeràrestandoglidi sottose sarà vino rosso: è dunque esternae forse dell'aria ambientelacagione di tale effetto. E veramente si osserva una gran dissensione tra l'ariae l'acquala quale ho io in un'altra esperienza osservata; e questa èches'io empio d'acqua una palla di cristalloche abbia un foro angusto quant'è lagrossezza d'un fil di pagliae così piena la volto con la bocca all'in giùnon però l'acquabenché gravissima e pronta a scender per ariae l'ariaaltrettanto disposta a salirecome leggerissimaper l'acquasi accordanoquella a scendere uscendo per il foroe questa a salire entrandovima restanoamendue ritrose e contumaci; all'incontro poise io presenterò a quel foro unvaso con del vino rossoche quasi insensibilmente è men grave dell'acqualovedremo subito con tratti rosseggianti lentamente ascendere per mezzo l'acquael'acqua con pari tardità scender per il vinosenza punto mescolarsisin chefinalmente la palla si empirà tutta di vino e l'acqua calerà tutta nel fondodel vaso di sotto. Or che si deve qui dire o che argumentarnefuor che unadisconvenienza tra l'acqua e l'ariaocculta a mema forse...

Simp. Mi vien quasi da ridere nelveder la grande antipatia che ha il Sig. Salviati con l'antipatiache né purvuol nominarla; e pur è tanto accommodata a scior la difficoltà.

Salv. Or sia questain grazia delSig. Simpliciola soluzione del nostro dubbio: e lasciato il digrediretorniamo al nostro proposito. Veduto come la differenza di velocitàne imobili di gravità diversesi trova esser sommamente maggiore ne i mezzi più epiù resistenti; ma che più? nel mezzo dell'argento vivo l'oro non solamente vain fondo più velocemente del piomboma esso solo vi descendee gli altrimetalli e pietre tutti vi si muovono in su e vi galleggianodove che tra palled'orodi piombodi ramedi porfidoo di altre materie graviquasi del tuttoinsensibile sarà la disegualità del moto per ariaché sicuramente una pallad'oro nel fine della scesa di cento braccia non preverrà una di rame di quattrodita; vedutodicoquestocascai in opinione che se si levasse totalmente laresistenza del mezzotutte le materie descenderebbero con eguali velocità.

Simp. Gran detto è questoSig.Salviati. Io non crederò mai che nell'istesso vacuose pur vi si desse ilmotoun fiocco di lana si movesse così veloce come un pezzo di piombo.

Salv. Pian pianoSig. Simplicio: lavostra difficoltà non è tanto reconditané io così inavvedutoche si debbacredere che non mi sia sovvenutae che in consequenza io non vi abbia trovatoripiego. Peròper mia dichiarazione e vostra intelligenzasentite il miodiscorso. Noi siamo su 'l volere investigare quello che accaderebbe a i mobilidifferentissimi di peso in un mezzo dove la resistenza sua fusse nullasì chetutta la differenza di velocitàche tra essi mobili si ritrovassereferir sidovesse alla sola disuguaglianza di peso; e perché solo uno spazio del tuttovoto d'aria e di ogni altro corpoancor che tenue e cedentesarebbe atto asensatamente mostrarci quello che ricerchiamogià che manchiamo di cotalespazioandremo osservando ciò che accaggia ne i mezzi più sottili e menoresistentiin comparazione di quello che si vede accadere ne gli altri mancosottili e più resistenti: ché se noi troveremoin fattoi mobili differentidi gravità meno e meno differir di velocità secondo che in mezzi più e piùcedenti si troveranno e che finalmenteancor che estremamente diseguali dipesonel mezzo più d'ogni altro tenuese ben non votopiccolissima si scorgae quasi inosservabile la diversità della velocitàparmi che ben potremo conmolto probabil coniettura credere che nel vacuo sarebbero le velocità loro deltutto eguali. Per tanto consideriamo ciò che accade nell'aria: doveper averuna figura di superficie ben terminata e di materia leggierissimavoglio chepigliamo una vescica gonfiatanella quale l'aria che vi sarà dentro peserànel mezzo dell'aria stessaniente o pocoperché poco vi si potrà comprimere;talché la gravità è solo quella poca della stessa pellicolache non sarebbela millesima parte del peso d'una mole di piombo grande quanto la medesimavescica gonfiata. QuesteSig. Simpliciolasciate dall'altezza di quattro o seibracciadi quanto spazio stimereste che 'l piombo fusse per anticipare lavescica nella sua scesa? siate sicuro che non l'anticiperebbe del triplonéanco del doppiose ben già l'aresti fatto mille volte più veloce.

Simp. Potrebbe esser che nelprincipio del motocioè nelle prime quattro o sei bracciaaccadesse cotestoche dite: ma nel progresso ed in una lunga continuazionecredo che 'l piombo sela lascerebbe indietro non solamente delle dodici parti dello spazio le seimaanco le otto e le dieci.

Salv. Ed io ancora credo l'istessoenon dubito che in distanze grandissime potesse il piombo aver passato centomiglia di spazioprima che la vescica ne avesse passato un solo: ma questoSig. Simplicio mioche voi proponete come effetto contrariante alla miaproposizioneè quello che massimamente la conferma. È (torno a dire)l'intento mio dichiararecome delle diverse velocità di mobili di differentegravità non ne sia altramente causa la diversa gravitàma che ciò dependa daaccidenti esteriori ed in particolare dalla resistenza del mezzosì chetoltaquestatutti i mobili si moverebber con i medesimi gradi di velocità: e questodeduco io principalmente da quello che ora voi stesso ammettete e che èverissimocioè che di mobili differentissimi di peso le velocità più e piùdifferiscono secondo che maggiori e maggiori sono gli spazii che essi vantrapassando; effetto che non seguirebbe quando ei dependesse dalle differentigravità. Imperò cheessendo esse sempre le medesimemedesima dovrebbemantenersi sempre la proporzione tra gli spazii passatila qual proporzione noiveggiamo andarnella continuazion del motosempre crescendo; poiché l'unmobile gravissimo nella scesa d'un braccio non anticiperà il leggierissimodella decima parte di tale spazioma nella caduta di dodici braccia lopreverrà della terza partein quella di cento l'anticiperà di 90/100etc.

Simp. Tutto bene: maseguitando levostre vestigiese la differenza di peso in mobili di diversa gravità non puòcagionare la mutazion di proporzione nelle velocità loroatteso che legravità non si mutanoné anco il mezzoche sempre si suppone mantenersi l'istessopotrà cagionar alterazion alcuna nella proporzione delle velocità.

Salv. Voi acutamente fate instanzacontro al mio dettola quale è ben necessario di risolvere. Dico per tanto cheun corpo grave ha da natura intrinseco principio di muoversi verso 'l comuncentro de i gravicioè del nostro globo terrestrecon movimento continuamenteacceleratoed accelerato sempre egualmentecioè che in tempi eguali si fannoaggiunte eguali di nuovi momenti e gradi di velocità. E questo si deve intenderverificarsi tutta volta che si rimovessero tutti gl'impedimenti accidentarii edesternitra i quali uno ve ne ha che noi rimuover non possiamoche èl'impedimento del mezzo pienomentre dal mobile cadente deve esser aperto elateralmente mosso: al qual moto trasversale il mezzobenché fluido cedente equietosi oppone con resistenza or minore ed or maggioresecondo chelentamente o velocemente ei deve aprirsi per dar il transito al mobile; ilqualeperchécome ho dettosi va per sua natura continuamente accelerandovien per consequenza ad incontrar continuamente resistenza maggiore nel mezzoeperò ritardamento e diminuzione nell'acquisto di nuovi gradi di velocitàsìche finalmente la velocità perviene a tal segnoe la resistenza del mezzo atal grandezzachebilanciandosi fra lorolevano il più accelerarsieriducono il mobile in un moto equabile ed uniformenel quale egli continua poidi mantenersi sempre. È dunquenel mezzoaccrescimento di resistenzanonperché si muti la sua essenzama perché si altera la velocità con la qualeei deve aprirsi e lateralmente muoversi per cedere il passaggio al cadenteilquale va successivamente accelerandosi. Ora il vedere che la resistenzadell'aria al poco momento della vescica è grandissimaed al gran peso delpiombo è piccolissimami fa tener per fermo che chi la rimovesse del tuttocon l'arrecare alla vescica grandissimo commodoma ben poco al piombolevelocità loro si pareggerebbero. Posto dunque questo principioche nel mezzodoveo per esser vacuo o per altronon fusse resistenza veruna che ostassealla velocità del motosì che di tutti i mobili le velocità fusser pari;potremo assai congruamente assegnar le proporzioni delle velocità di mobilisimili e dissimili nell'istesso ed in diversi mezzi pienie però resistenti: eciò conseguiremo col por mente quanto la gravità del mezzo detrae allagravità del mobilela qual gravità è lo strumento col quale il mobile si fastradarispingendo le parti del mezzo alle bandeoperazione che non accade nelmezzo vacuoe che però differenza nissuna si ha da attendere dalla diversagravità; e perché è manifestoil mezzo detrarre alla gravità del corpo dalui contenuto quant'è il peso d'altrettanta della sua materiascemando con talproporzione la velocità de i mobiliche nel mezzo non resistente sarebbero(come si è supposto) egualiaremo l'intento. Comeper esempioposto che ilpiombo sia dieci mila volte più grave dell'ariama l'ebano mille voltesolamente; delle velocità di queste due materiecheassolutamente presecioè rimossa ogni resistenzasarebbero egualil'aria al piombo detrae dellidieci mila gradi unoma all'ebano suttrae de' mille gradi unoo vogliam diredei dieci mila dieci: quando dunque il piombo e l'ebano scenderanno per aria daqualsivoglia altezzala qualerimosso 'l ritardamento dell'ariaavrebbonpassata nell'istesso tempol'aria alla velocità del piombo detrarrà de idieci mila gradi uno; ma all'ebano detrae de i decimila dieci; che è quanto adireche divisa quella altezzadalla quale si partono tali mobiliin diecimila partiil piombo arriverà in terra restando in dietro l'ebano diecianzipur novedelle dette dieci mila parti. E che altro è questosalvo checadendo una palla di piombo da una torre alta dugento bracciatrovar che ellaanticiperà una d'ebano di manco di quattro dita? Pesa l'ebano mille volte piùdell'aria; ma quella vescica così gonfia pesa solamente quattro volte tanto:l'ariadunquedalla intrinseca e naturale velocità dell'ebano detrae de'mille gradi uno; ma a quella che pur della vescica assolutamente sarebbe statal'istessal'aria ne toglie delle quattro parti una: allora dunque che la pallad'ebanocadendo dalla torregiugnerà in terrala vescica ne averà passati itre quarti solamente. Il piombo è più grave dell'acqua dodici voltemal'avorio il doppio solamente; l'acquadunquealle assolute velocità lorochesarebbero egualitoglie al piombo la duodecima partema all'avorio la metà:nell'acqua adunquequando il piombo arà sceso undici braccial'avorio ne aràscese sei. E discorrendo con tal regolacredo che troveremol'esperienze moltopiù aggiustatamente risponder a cotal computo che a quello d'Aristotele. Consimil progresso troveremo la proporzione tra le velocità del medesimo mobile indiversi mezzi fluidiparagonando non le diverse resistenze de i mezzimaconsiderando gli eccessi di gravità del mobile sopra le gravità de i mezzi: v.g.lo stagno è mille volte più grave dell'ariae dieci più dell'acqua;adunquedivisa la velocità assoluta dello stagno in mille gradinell'ariache glie ne detrae la millesima partesi moverà con gradi novecento novantanovema nell'acqua con novecento solamenteessendo che l'acqua gli detrae solola decima parte della sua gravitàe l'aria la millesima. Posto un solido pocopiù grave dell'acquaqual sarebbev. g.il legno di rovereuna palla delquale pesandodiremomille drammealtrettanta acqua ne pesassenovecencinquantama tanta aria ne pesasse dueè manifestoche posto che lavelocità sua assoluta fusse di mille gradiin aria resterebbe dinovecennovant'ottoma in acqua solamente cinquantaatteso che l'acqua de imille gradi di gravità glie ne toglie novecencinquantae glie ne lasciasolamente cinquanta: tal solido dunque si muoverebbe quasi venti volte piùvelocemente in aria che in acquasì come l'eccesso della gravità sua sopraquella dell'acqua è la vigesima parte della sua propria. E qui voglio checonsideriamoche non potendo muoversi in giù nell'acqua se non materie piùgravi in spezie di leieper consequenzaper molte centinaia di volte piùgravi dell'arianel ricercare qual sia la proporzione delle velocità loro inaria e in acquapossiamo senza notabile errore far conto che l'aria nondetragga cosa di momento dalla assoluta gravitàed in consequenzadall'assoluta velocitàdi tali materie; ondespeditamente trovato l'eccessodella gravità loro sopra la gravità dell'acquadiremola velocità loro peraria alla velocità loro per acqua aver la medesima proporzione che la lorototale gravità all'eccesso di questa sopra la gravità dell'acqua. Per esempiouna palla d'avorio pesa venti oncealtrettanta acqua pesa once diciasette;adunque la velocità dell'avorio in aria alla sua velocità in acqua èprossimamentecome venti a tre.

Sagr. Grandissimo acquisto ho fattoin una materia per se stessa curiosa e nella qualema senza profittoho moltevolte affaticata la mente; né mancherebbe altroper poter anche praticarequeste specolazionise non il trovar modo di poter venire in cognizione diquanta sia la gravità dell'aria rispetto all'acquaed in consequenza all'altrematerie gravi.

Simp. Ma quando si trovasse chel'ariain vece di gravitàavesse leggerezzache si dovrebbe dire de gli autidiscorsiper altro molto ingegnosi?

Salv. Converrebbe dire che fusserostati veramente aereileggieri e vani. Ma vorrete voi dubitare se l'aria siagravementre avete il testo chiaro d'Aristotele che l'affermadicendo chetutti gli elementieccetto il fuocohanno gravitàanco l'aria stessa? segnodi che (soggiugne egli) ne è che l'otro gonfiato pesa più che sgonfiato.

Simp. Che l'otro o pallone gonfiatopesi piùcrederei io che procedesse non da gravità che sia nell'ariama ne imolti vapori grossi tra essa mescolati in queste nostre regioni basse; mercé dei quali direi io che cresce la gravità dell'otro.

Salv. Non vorrei che lo diceste voie molto meno che lo faceste dire ad Aristotele; perchéparlando egli de glielementi e volendomi persuadere che l'elemento dell'aria è gravefacendomeloveder con l'esperienzase nel venire alla prova ei mi dicesse: «Piglia un otroe empilo di vapori grossied osserva che il suo peso crescerà»io gli direiche più ancora peserebbe chi l'empiesse di semola; ma soggiugnerei dopochetali esperienze provano che le semole ed i vapori grossi son gravima quantoall'elemento dell'aria resterei nel medesimo dubbio di prima. L'esperienzadunquedi Aristotele è buonae la proposizion vera. Ma non direi già cosìdi cert'altra ragionepresa pure a signodi un tal filosofo del qualenon mi sovviene il nomema so che l'ho lettail quale argomental'aria esserpiù grave che leggieraperché più facilmente porta i gravi all'in giù che ileggieri all'in su.

Sagr. Beneper mia fé. Adunqueperquesta ragionel'aria sarà molto più grave dell'acquaavvenga che tutti igravi son portati più facilmente in giù per aria che per acquae tutti ileggieri più agevolmente in questa che in quella; anzi infiniti gravi scendonoper l'ariache nell'acqua ascendonoed infinite materie salgono per acquacheper aria calano a basso. Ma sia la gravità dell'otroSig. Simplicioo per ivapori grossi o per l'aria puraquesto niente osta al proposito nostrochecerchiamo quel che accade a mobili che si muovono in questa nostra regionevaporosa. Peròritornando a quello che più mi premevorreiper intera edassoluta instruzzione della presente materianon solo restare assicurato chel'aria sia (come io tengo per fermo) gravema vorreise è possibilesaperquanta sia la sua gravità. PeròSig. Salviatise avete da sodisfarmi inquesto ancoravi prego a farmene favore.

Salv. Che nell'aria risegga gravitàpositivae non altrimentecome alcuni hanno credutoleggerezzala qualeforse in veruna materia non si ritrovaassai concludente argomento ce ne porgel'esperienza del pallone gonfiatoposta da Aristotele; perché se qualità diassoluta e positiva leggerezza fusse nell'ariamultiplicata e compressa l'ariacrescerebbe la leggerezzae 'n consequenza la propensione di andare in su: mal'esperienza mostra l'opposito. Quanto all'altra domandache è del modod'investigare la sua gravitàio l'ho praticato in cotal maniera. Ho preso unfiasco di vetro assai capace e col collo strozzatoal quale ho applicato unditale di cuoiolegato bene stretto nella strozzatura del fiascoavendo incapo al detto ditale inserta e saldamente fermata un'animella da palloneper laquale con uno schizzatoio ho per forza fatto passar nel fiasco molta quantitàd'aria; della qualeperché patisce d'esser assaissimo condensatase ne puòcacciare due e tre altri fiaschi oltre a quella che naturalmente vi capisce. Inuna esattissima bilancia ho poi pesato molto precisamente tal fiasco con l'ariadentrovi compressaaggiustando il peso con minuta arena. Aperta poi l'animellae dato l'esito all'ariaviolentemente nel vaso contenutae rimessolo inbilanciatrovandolo notabilmente alleggeritosono andato detraendo dalcontrappeso tant'arenasalvandola da parteche la bilancia resti in equilibriocol residuo contrappesocioè col fiasco: e qui non è dubbio che 'l peso dellarena salvata è quello dell'aria che forzatamente fu messa nel fiasco e cheultimamente n'è uscita. Ma tale esperienza sin qui non mi assicura d'altrosenon che l'aria contenuta violentemente nel vaso pesò quanto la salvata arena;ma quanto resolutamente e determinatamente pesi l'aria rispetto all'acqua o adaltra materia gravenon per ancora so ioné posso saperese io non misuro laquantità di quell'aria compressa: ed a questa investigazione bisogna trovarregolanella quale ho trovato di potere in due maniere procedere. L'una dellequali è di pigliar un altro simil fiascopurcome 'l primostrozzatoallastrozzatura del quale sia strettamente legato un altro ditaleche dall'altrasua testa abbracci l'animella dell'altroe intorno a quella con saldissimo nodosia legato. Questo secondo fiasco convien che nel fondo sia foratoin modo cheper tal foro si possa mettere uno stile di ferrocon il quale si possaquandovorremoaprir la detta animella per dar l'esito alla soverchia aria dell'altrovasopesata ch'ella sia: ma deve questo secondo fiasco esser pieno d'acqua.Apparecchiato il tutto nella maniera detta ed aprendo con lo stile l'animellal'ariauscendo con impeto e passando nel vaso dell'acquala caccerà fuora peril foro del fondo; ed è manifestola quantità dell'acqua che in tal guisaverrà cacciataessere eguale alla mole e quantità d'aria che dall'altro vasosarà uscita. Salvata dunque tale acquae tornato a pesare il vaso alleggeritodell'aria compressa (il quale suppongo che fusse pesato anche primacon dettaaria sforzata)e detrattoal modo già dichiaratol'arena superfluaèmanifestoquesta essere il giusto peso di tanta aria in molequanta è la moledell'acqua scacciata e salvata; la quale peseremoe vedremo quante volte ilpeso suo conterrà il peso della serbata arenae senza errore potremo affermartante volte esser più grave l'acqua dell'aria: la quale non sarà dieci voltealtrimenticome par che stimasse Aristotelema ben circa quattrocentocometale esperienza ne mostra. L'altro modo è più speditivoe puossi fare con unvaso solocioè col primoaccomodato nel modo detto; nel quale non voglio chemettiamo altra aria oltre a quella che naturalmente vi si ritrovama voglio chevi cacciamo dell'acqua senza lasciare uscir punto di ariala qualedovendocedere alla sopravvenente acquaè forza che si comprima. Spintavi dunque piùacqua che sia possibileche pure senza molta violenza vi se ne potrà mettere itre quarti della tenuta del fiascomettasi su la bilanciaediligentissimamente si pesi; il che fattotenendo il vaso col collo in susiapra l'animelladando l'uscita all'ariadella quale ne scapperà fuoragiustamente quanta è l'acqua contenuta nel fiasco. Uscita che sia l'ariasitorni a metter il vaso in bilanciail quale per la partita dell'aria sitroverà alleggerito; e detratto dal contrappeso il peso superfluoda essoaremo la gravità di tant'aria quanta è l'acqua del fiasco.

Simp. Gli artifizii ritrovati da voinon si può dire che non siano sottili e molto ingegnosi: ma mentre mi pare chein apparenza diano intera sodisfazzione all'intellettomi metton per un altroverso in confusione. Imperò cheessendo indubitabilmente vero che gli elementinelle proprie regioni non sono né leggieri né gravinon posso intender come edove quella porzione d'aria che parve pesassev. g.quattro dramme di renadebba poi realmente aver tale gravità nell'arianella quale ben la ritiene larena che la contrappesò; e però mi pare che l'esperienza dovesse esserpraticata non nell'elemento dell'ariama in un mezzo dove l'aria stessa potesseesercitare il suo talento del pesose ella veramente ne possiede.

Salv. Acuta certo è l'opposizionedel Sig. Simplicioe però è necessario o che ella sia insolubile o che lasoluzione sia non men sottile. Che quell'aria la qualecompressamostròpesare quanto quella renaposta in libertà nel suo elemento non sia più perpesarema sì ben la renaè cosa chiarissima: e però per far tale esperienzaconveniva eleggere un luogo e un mezzodove l'arianon men che la renapotesse gravitare; perchécome più volte si è dettoil mezzo detrae dalpeso d'ogni materia che vi s'immergetanto quant'è il peso d'altrettanta partedell'istesso mezzoquant'è la mole immersasì che l'aria all'aria leva tuttala gravità: l'operazione dunqueacciò fusse fatta esattamenteconverrebbefarla nel vacuodove ogni grave eserciterebbe il suo momento senza diminuzionealcuna. Quando dunqueSig. Simplicionoi pesassimo una porzione d'aria nelvacuorestereste allora sincerato e assicurato del fatto?

Simp. Veramente sì; ma questo è undesiderare o richieder l'impossibile.

Salv. E però grandissimo converràche sia l'obbligo che mi dovretequal volta per amor vostro io effettui unimpossibile. Ma io non voglio vendervi quel che già vi ho donatoperché digià nell'addotta esperienza pesiamo noi l'aria nel vacuoe non nell'aria o inaltro mezzo pieno. Che alla moleSig. Simplicioche nel mezzo fluidos'immergevenga dall'istesso mezzo detratto della gravitàciò provieneperché ei resiste all'esser apertodiscacciato e finalmente sollevato; segnodi che ne dà la prontezza sua nel ricorrer subito a riempier lo spazio chel'immersa mole in lui occupavaqualunque volta essa ne parta: che quando ditale immersione ei nulla sentisseniente opererebbe egli contro di quella. Oraditemi: mentre voi avete in aria il fiasco di già pieno della medesima arianaturalmente contenutaviqual divisionescacciamentoo in somma qualmutazionericeve l'aria esterna ambiente dalla seconda aria che nuovamentes'infonde con forza nel vaso? Forse s'ingrandisce il fiascoonde l'ambientedebba maggiormente ritirarsi per cedergli luogo? certo no: e però possiam direche la seconda aria non si immerge nell'ambientenon vi occupando ella spazioma è come se si mettesse nel vacuo; anzi pur vi si mette ella realmentee sitrapone ne i vacui non ben ripieni dalla prima aria non condensata. E veramentenon so conoscere differenza nissuna tra due costituzioni d'ambito ed ambientementre in questa l'ambiente niente preme l'ambitoed in quella l'ambito puntonon spinge contr'all'ambiente: e tali sono la locazione di qualche materia nelvacuo e la seconda aria compressa nel fiasco. Il pesodunqueche si trova intal aria condensataè quello che ella arebbe liberamente sparsa nel vacuo. Benè vero che 'l peso della rena che la contrappesòcome quella che eranell'aria liberanel vacuo sarebbe stato un poco più del giusto; e peròconvien dire che l'aria pesata sia veramente alquanto men grave della rena chela contrappesòcioè tanto quanto peserebbe altrettanta aria nel vacuo.

Simp. Pur mi pareva che nell'addotteesperienze vi fusse qualche cosa da desiderare; ma ora mi quieto interamente.

Salv. Le cose da me sin qui prodotteed in particolare questache la differenza di gravitàben che grandissimanon abbia parte veruna nel diversificare le velocità de i mobilisì cheperquanto da quella dependetutti si moverebbero con egual celeritàè tantonuova enella prima apprensioneremota dal verisimileche quando non siavesse modo di dilucidarla e renderla più chiara che 'l Solemeglio sarebbe iltacerla che 'l pronunziarla; perògià che me la sono lasciata scappar diboccaconvien ch'io non lasci indietro esperienza o ragione che possacorroborarla.

Sagr. Non questa solama molte altreinsieme delle vostre proposizioni son così remote dalle opinioni e dottrinecommunemente ricevuteche spargendosi in publico vi conciterebber numero grandedi contradittoriessendo che l'innata condizione de gli uomini non vede conbuon occhio che altri nel loro esercizio scuopra verità o falsità non scoperteda loro; e col dar titolo di innovatori di dottrinepoco grato a gli orecchi dimoltis'ingegnano di tagliar quei nodi che non possono sciorree con minesotterranee dissipar quelli edifizii che sono staticon gli strumenti consuetida pazienti artefici costrutti. Ma con esso noilontani da simili pretensionil'esperienze e le ragioni sin qui addotte bastano a quietarci: tuttaviaquandoabbiate altre più palpabili esperienze e ragioni più efficacile sentiremomolto volentieri.

Salv. L'esperienza fatta con duemobili quanto più si possa differenti di pesocol fargli scendere daun'altezza per osservar se la velocità loro sia egualepatisce qualchedifficoltà: imperò che se l'altezza sarà grandeil mezzoche dall'impetodel cadente deve esser aperto e lateralmente spintodi molto maggiorpregiudizio sarà al piccol momento del mobile leggierissimo che alla violenzadel gravissimoper lo che per lungo spazio il leggiero rimarrà indietro; enell'altezza piccola si potrebbe dubitare se veramente non vi fusse differenzao pur se ve ne fussema inosservabile. E però sono andato pensando di reiterartante volte la scesa da piccole altezzeed accumulare insieme tante di quelleminime differenze di tempoche potessero intercedere tra l'arrivo al terminedel grave e l'arrivo del leggieroche così congiunte facessero un tempo nonsolo osservabilema grandemente osservabile. In oltreper potermi prevaler dimoti quanto si possa tardine i quali manco lavora la resistenza del mezzo inalterar l'effetto che depende dalla semplice gravitàsono andato pensando difare scendere i mobili sopra un piano declivenon molto elevato sopra l'orizontale;ché sopra questonon meno che nel perpendicolopotrà scorgersi quello chefacciano i gravi differenti di peso; e passando più avantiho anco volutoliberarmi da qualche impedimento che potesse nascer dal contatto di essi mobilisu 'l detto piano declive: e finalmente ho preso due palleuna di piombo ed unadi sugheroquella ben più di cento volte più grave di questae ciaschedunadi loro ho attaccata a due sottili spaghetti egualilunghi quattro o cinquebraccialegati ad alto; allontanata poi l'una e l'altra palla dallo statoperpendicolaregli ho dato l'andare nell'istesso momentoed essescendendoper le circonferenze de' cerchi descritti da gli spaghi egualilorsemidiametripassate oltre al perpendicoloson poi per le medesime straderitornate indietro; e reiterando ben cento volte per lor medesime le andate e letornatehanno sensatamente mostratocome la grave va talmente sotto il tempodella leggierache né in ben cento vibrazioniné in milleanticipa il tempod'un minimo momentoma camminano con passo egualissimo. Scorgesi ancol'operazione del mezzoil qualearrecando qualche impedimento al motoassaipiù diminuisce le vibrazioni del sughero che quelle del piomboma non peròche le renda più o men frequenti; anzi quando gli archi passati dal sughero nonfusser più che di cinque o sei gradie quei del piombo di cinquanta osessantason eglin passati sotto i medesimi tempi.

Simp. Se questo ècome dunque nonsarà la velocità del piombo maggiore della velocità del sugherofacendoquello sessanta gradi di viaggio nel tempo che questo ne passa appena sei?

Salv. Ma che diresteSig. Simplicioquando amendue spedissero nell'istesso tempo i lor viaggimentre il sugheroallontanato dal perpendicolo trenta gradiavesse a passar l'arco di sessantae'l piomboslargato dal medesimo punto di mezzo due soli gradiscorresse l'arcodi quattro? non sarebbe allora altrettanto più veloce il sughero? e purl'esperienza mostra ciò avvenire. Però notate: slargato il pendolo del piombov. g.cinquanta gradi dal perpendicolo e di lì lasciato in libertàscorreepassando oltre al perpendicolo quasi altri cinquantadescrive l'arco di quasicento gradi e ritornando per se stesso indietrodescrive un altro poco minorearcoe continuando le sue vibrazionidopo gran numero di quelle si riducefinalmente alla quiete. Ciascheduna di tali vibrazioni si fa sotto tempi egualitanto quella di novanta gradiquanto quella di cinquantadi ventidi dieci edi quattro; sì chein conseguenzala velocità del mobile vien semprelanguendopoiché sotto tempi eguali va passando successivamente archi sempreminori e minori. Un simileanzi l'istessoeffetto fa il sughero pendente da unfilo altrettanto lungosalvo che in minor numero di vibrazioni si conduce allaquietecome meno attomediante la sua leggerezzaa superar l'ostacolodell'aria: con tutto ciò tutte le vibrazionigrandi e piccolesi fanno sottotempi eguali tra di loroed eguali ancora a i tempi delle vibrazioni delpiombo. Onde è vero chese mentre il piombo passa un arco di cinquanta gradiil sughero ne passa uno di dieciil sughero allora è più tardo del piombo; maaccaderà ancoraall'incontroche il sughero passi l'arco di cinquantaquandoil piombo passi quel di dieci o di sei: e cosìin diversi tempior sarà piùveloce il piombo ed ora il sughero. Ma se gli stessi mobili passeranno ancorasotto i medesimi tempi egualiarchi egualiben sicuramente si potrà direallora essere le velocità loro eguali.

Simp. Mi pare e non mi pare chequesto discorso sia concludentee mi sento nella mente una tal confusionechemi nasce dal muoversie l'uno e l'altro mobileor veloce or tardo ed ortardissimoche non mi lascia ridurre in chiaro come vero sia che le velocitàloro sian sempre eguali.

Sagr. Concedami in graziaSig.Salviatiche io dica due parole. E ditemiSig. Simpliciose voi ammettete chedir si possa con assoluta veritàle velocità del sughero e del piombo essereeguali ogni volta chepartendosi amendue nell'istesso momento dalla quiete emovendosi per le medesime inclinazionipassassero sempre spazii eguali in tempieguali?

Simp. In questo non si può dubitarené se gli può contradire.

Sagr. Accade ora ne i pendolicheciaschedun di loro passi or sessanta gradior cinquantaor trentaor diecior ottoor quattroor dueetc.; e quando amendue passano l'arco di sessantagradilo passano nell'istesso tempo; nell'arco di cinquantametton l'istessotempo l'uno che l'altro mobile; così nell'arco di trentadi diecie ne glialtri: e però si concludeche la velocità del piombo nell'arco di sessantagradi è eguale alla velocità del sughero nell'arco medesimo di sessantae chele velocità nell'arco di cinquanta son pur tra loro egualie così ne glialtri. Ma non si dice già che la velocità che si esercita nell'arco disessantasia eguale alla velocità che si esercita nell'arco di cinquantanéquesta a quella dell'arco di trentaetc.; ma son sempre minori le velocità negli archi minori: il che si raccoglie dal veder noi sensatamenteil medesimomobile metter tanto tempo nel passar l'arco grande de i sessanta gradiquantonel passare il minor di cinquanta o 'l minimo di diecied in somma nell'esserpassati tutti sempre sotto tempi eguali. È vero dunque che ben vannoe 'lpiombo e 'l sugheroritardando il moto secondo la diminuzione de gli archimanon però alterano la concordia loro nel mantener l'egualità della velocità intutti i medesimi archi da loro passati. Ho voluto dir questo più per sentire seho ben capito il concetto del Sig. Salviatiche per bisogno ch'io credessi cheavesse il Sig. Simplicio di più chiara esplicazione di quella del Sig. Salviatiche ècome in tutte le sue coselucidissimae tale chesciogliendo egli ilpiù delle volte questioni non solo in apparenza oscurema repugnanti allanatura ed al verocon ragioni o osservazioni o esperienze tritissime efamiliari ad ogn'unoha (come da diversi ho inteso) dato occasione a tal uno dei professori più stimati di far minor conto delle sue novitàtenendole come avileper dependere da troppo bassi e popolari fondamenti; quasi che la piùammirabile e più da stimarsi condizione delle scienze dimostrative non sia loscaturire e pullulare da principii notissimiintesi e conceduti da tutti. Maseguitiamo pur noi d'andarci pascendo di questi cibi leggieri: e posto che ilSig. Simplicio sia restato appagato nell'intender ed ammettere come l'internagravità de i diversi mobili non abbia parte alcuna nel diversificar levelocità lorosì che tuttiper quanto da quella dependesi moverebber conl'istesse velocitadiditeciSig. Salviatiin quello che voi riponete lesensate ed apparenti disegualità di motoe rispondete a quell'instanza cheoppone il Sig. Simplicioe ch'io parimente confermodico del vedersi una pallad'artiglieria muoversi più velocemente d'una migliarola di piombo; ché pocasarà la differenza di velocità rispetto a quella che v'oppongo iodi mobilidell'istessa materiade i quali alcuni de i maggiori scenderanno in meno d'unabattuta di polsoin un mezzoquello spazio che altri minori non lo passerannoin un'orané in quattroné in venti; quali sono le pietre e la minuta renae massime quella sottilissima che intorbida l'acquanel qual mezzo in molte orenon scende per due bracciache pietruzzené molto più grandipassano in unabattuta di polso.

Salv. Quel che operi il mezzo nelritardar più i mobilisecondo che tra di loro sono in spezie men gravigiàsi è dichiaratomostrando ciò accadere dalla suttrazione di peso: ma come ilmedesimo mezzo possa con sì gran differenza scemar la velocità ne i mobilidifferenti solo in grandezzaancor che siano della medesima materia e dell'istessafiguraricerca per sua dichiarazione discorso più sottile di quello che bastaper intender come la figura del mobile più dilatatao 'l moto del mezzo chesia fatto contro al mobileritarda la velocità di quello. Io del presenteproblema riduco la cagione alla scabrosità e porositàche comunementee perlo più necessariamentesi ritrova nelle superficie de i corpi solidile qualiscabrosità nel moto di essi vanno urtando nell'aria o altro mezzo ambiente: diche segno evidente ce ne porge il sentir noi ronzar i corpiancor che quantopiù si possa rotondatimentre velocissimamente scorrono per l'aria; e non soloronzarema sibilare e fischiar si sentonose qualche più notabil cavità oprominenza sarà in essi. Vedesi anco nel girar sopra 'l torno ogni solidorotondo far un poco di vento. Ma che più? non sentiam noi notabil ronzioed intuono molto acutofarsi dalla trottolamentre per terra con somma celerità vagirando? l'acutezza del qual sibilo si va ingravendo secondo che la velocitàdella vertigine va di grado in grado languendo: argomento parimente necessariode gl'intoppi nell'aria delle scabrositàben che minimedelle superficieloro. Queste non si può dubitare chenello scendere i mobilisoffregandosicon l'ambiente fluidoapporteranno ritardamento alla velocitàe tantomaggiore quanto la superficie sarà più grandequale è quella de i solidiminori paragonati a i maggiori.

Simp. Fermatein graziaperché quicomincio a confondermi. Imperò chese bene io intendo ed ammetto che laconfricazione del mezzo con la superficie del mobile ritardi il motoe che piùlo ritardi doveceteris paribusla superficie sia maggiorenoncapisco però con qual fondamento voi chiamiate maggiore la superficie de isolidi minori; ed oltre a ciòsecome voi affermatela maggior superficiedeve arrecar maggior ritardamentoi solidi maggiori devriano esser più tardiil che non è. Ma questa instanza facilmente si toglie con direche se bene ilmaggiore ha maggior superficieha anco maggior gravitàcontro la qualel'impedimento della maggior superficie non ha a prevalere all'impedimento dellasuperficie minore contro alla minor gravitàsì che la velocità del solidomaggiore ne divenga minore. E però non veggo ragione per la quale si debbaalterare l'egualità delle velocitàmentre chequanto si diminuisce lagravità moventealtrettanto si diminuisce la facoltà della superficieritardante.

Salv. Risolverò congiuntamente tuttoquello che opponete. Per tanto voiSig. Simpliciosenza controversiaammetteteche quando di due mobili egualidella stessa materia e simili difigura (i quali indubitabilmente si moverebber egualmente veloci)all'uno diloro si diminuisse tanto la gravità quanto la superficie (ritenendo però lasimilitudine della figura)non perciò si scemerebbe la velocità nelrimpiccolito.

Simp. Veramente parmi che cosìdovrebbe seguirestando però nella vostra dottrinache vuol che la maggiore ominor gravità non abbia azzione nell'accelerare o ritardar il moto.

Salv. E questo confermo ioe viammetto anco 'l vostro dettodal qual mi par che in consequenza si ritraggache quando la gravità si diminuisse più che la superficienel mobile in talmaniera diminuito si introdurrebbe qualche ritardamento di motoe maggiore emaggiore quanto a proporzione maggior fusse la diminuzion del peso che ladiminuzion della superficie.

Simp. In ciò non ho io repugnanzaveruna.

Salv. Or sappiateSig. Simplicioche non si può ne i solidi diminuir tanto la superficie quanto 'l pesomantenendo la similitudine delle figure. Imperò cheessendo manifesto che neldiminuir un solido grave tanto scema il suo peso quanto la moleogni volta chela mole venisse sempre diminuita più che la superficie (nel conservarsi massimela similitudine di figura)la gravità ancora più che la superficie verrebbediminuita. Ma la geometria c'insegna che molto maggior proporzione è tra lamole e la molene i solidi similiche tra le loro superficie: il che pervostra maggiore intelligenza vi esplicherò in qualche caso particolare. Peròfigurateviper esempioun dadoun lato del quale siav. g.lungo due ditasì che una delle sue faccie sarà quattro dita quadree tutte e seicioètutta la sua superficieventi quattro dita quadre; intendete poiil medesimodado esser con tre tagli segato in otto piccoli dadi: il lato di ciascun de'quali sarà un ditoe una sua faccia un dito quadroe tutta la sua superficiesei dita quadredelle quali l'intero dado ne conteneva venti quattro insuperficie. Or vedete come la superficie del piccol dado è la quarta partedella superficie del grande (che tanto è sei di venti quattro); ma l'istessodado solido è solamente l'ottava; molto più dunque cala la moleed inconsequenza il pesoche la superficie. E se voi suddividerete il piccol dado inaltri ottoaremo per l'intera superficie di un di questi un dito e mezzoquadroche è la sedicesima parte della superficie del primo dado; ma la suamole è solamente la sessantaquattresima. Vedete per tanto come in queste soledue divisioni le moli scemano quattro volte più che le loro superficie; e senoi andremo seguitando la suddivisione sino che si riduca il primo solido in unaminuta polveretroveremo la gravità dei minimi atomi diminuita centinaia ecentinaia di volte più che le loro superficie. E questoche vi hoesemplificato ne i cubiaccade in tutti i solidi tra di loro similile moli dei quali sono in sesquialtera proporzione delle lor superficie. Vedete dunque conquanto maggior proporzione cresce l'impedimento del contatto della superficiedel mobile col mezzo ne i mobili piccoli che ne i maggiori; e se noiaggiugneremo che le scabrosità nelle superficie piccolissime delle polverisottili non son forse minori di quelle delle superficie de i solidi maggiori chesiano con diligenza pulitiguardate quanto bisognerà che 'l mezzo sia fluido eprivo onninamente di resistenza all'esser apertoper dover cedere il passo acosì debil virtù. E in tanto notateSig. Simplicioch'io non equivocaiquando poco fa dissila superficie de' solidi minori esser più grande incomparazione di quella de i maggiori.

Simp. Io resto interamente appagato:e mi credano certo che se io avessi a ricominciare i miei studiivorrei seguireil consiglio di Platone e cominciarmi dalle matematichele quali veggo cheprocedono molto scrupolosamentené vogliono ammetter per sicuro fuor chequello che concludentemente dimostrano.

Sagr. Ho auto gusto grande di questodiscorso; ma prima che passiamo più avantiarei caro di restar capace d'untermine che mi giunse nuovoquando pur ora diceste che i solidi simili son tradi loro in sesquialtera proporzione delle lor superficie: perché ho ben vedutoe inteso la proposizionecon la sua dimostrazionenella quale si provalasuperficie de' solidi simili esser in duplicata proporzione de i lor latiel'altra che provai medesimi solidi esser in tripla proporzione de i medesimilati; ma la proporzione de i solidi con le lor superficie non mi sovvien néanco di averla sentita nominare.

Salv. V. S. medesima da per sé sirispondee dichiara il dubbio. Imperò che quello che è triplo d'una cosadella quale un altro è doppionon vien egli ad esser sesquialtero di questodoppio? certo sì. Or se le superficie sono in doppia proporzione delle lineedelle quali i solidi sono proporzione triplanon possiam noi direi solidiessere in sesquialtera proporzion delle superficie?

Sagr. Ho inteso benissimo. E se benealcuni altri particolariattenenti alla materia di cui si trattamiresterebbero da domandaretuttaviaquando ce n'andassimo così di digressionein digressionetardi verremmo alle quistioni principalmente intesecheappartengono alle diversità de gli accidenti delle resistenze de i solidiall'esser spezzati: e peròquando così piaccia loropotremo ritornare su 'lprimo filoche si propose da principio.

Salv. V. S. dice molto bene: ma lecose tante e tanto varie che si sono esaminateci han rubato tanto tempochepoco ce n'avanzerà per questo giorno da spendere nell'altro nostro principalargomentoche è pieno di dimostrazioni geometricheda esser con attenzioneconsiderate; onde stimerei che fusse meglio differire il congresso a dimanesìper questo che ho dettocome ancora perché potrei portar meco alcuni foglidove ho per ordine notati i teoremi e problemi ne i quali si propongono edimostrano le diverse passioni di tal soggettoche forse alla memoriacolnecessario metodonon mi sovverrebbero.

Sagr. Io molto bene mi accomodo aquesto consiglioe tanto più volentieriquanto cheper finire la sessioneodiernaarò tempo di sentir la dichiarazione d'alcuni dubbi che mi restavanonella materia che ultimamente trattavamo. De i quali uno èse si deve stimareche l'impedimento del mezzo possa esser bastante a por termine all'accelerazionea' corpi di materia gravissimae grandissimi di molee di figura sferica; edico sfericaper pigliar quella che è contenuta sotto la minimasuperficiee però meno soggetta al ritardamento. Un altro sarà circa levibrazioni de i pendolie questo ha più capi: l'uno èse tuttee grandi emediocri e minimesi fanno veramente e precisamente sotto tempi eguali; ed unaltroqual sia la proporzione de i tempi de i mobili appesi a fili disegualide i tempidicodelle lor vibrazioni.

Salv. I quesiti son belliesìcome avviene di tutti i veridubito che trattandosi di qualsisia di lorositirerà dietro tante altre vere e curiose consequenzeche non so se l'avanzo diquesto giorno ci basterà per discuterle tutte.

Sagr. S'elle saranno del sapore dellepassatepiù grato mi sarebbe l'impiegarvi tanti giorninon che tante orequante restano sino a notte; e credo che il Sig. Simplicio non si ristuccheràdi tali ragionamenti.

Simp. Sicuramente noe massimequando si trattano quistioni naturali intorno alle quali non si leggono opinionio discorsi d'altri filosofi.

Salv. Vengo dunque alla primaaffermando senza veruna dubitazionenon essere sfera sì grandené di materiasì graveche la renitenza del mezzoancor che tenuissimonon raffreni la suaaccelerazionee che nella continuazion del moto non lo riduca all'equabilità:di che possiamo ritrar molto chiaro argomento dall'esperienza stessa. Imperòchese alcun mobile cadente fusse abilenella sua continuazion di motoadacquistar qualsivoglia grado di velocitànissuna velocità che da motoreesterno gli fusse conferitapotrebbe esser così grandeche egli la recusassee se ne spogliasse mercé dell'impedimento del mezzo; e così una pallad'artiglieria che fusse scesa per ariav. g.quattro bracciaed avesseperesempioacquistato dieci gradi di velocitàe che con questi entrassenell'acquaquando l'impedimento dell'acqua non fusse potente a vietare allapalla un tale impetoella l'accrescerebbeo almeno lo continuerebbe sino alfondo: il che non si vede seguire: anzi l'acquabenché non fusse più chepoche braccia profondal'impedisce e debilita in modoche leggerissimapercossa farà nel letto del fiume o del lago. È dunque manifestoche quellavelocità della quale l'acqua l'ha potuta spogliare in un brevissimo viaggionon glie la lascerebbe già mai acquistare anco nella profondità di millebraccia. E perché permettergli 'l guadagnarsela in milleper levargliela poiin quattro braccia? Ma che più? non si ved'eglil'immenso impeto della pallacacciata dall'istessa artiglieriaesser talmente rintuzzato dall'interposizionedi pochissime braccia d'acquache senza veruna offesa della nave appena siconduce a percuoterla? L'aria ancorabenché cedentissimapur reprime lavelocità del mobile cadenteancor che molto gravecome possiamo con similiesperienze comprendere: perché se dalla cima d'una torre molto alta tireremoun'archibusata in giùquesta farà minor botta in terrache se scaricheremol'archibusoalto dal piano solamente quattro o sei braccia; segno evidente chel'impeto con che la palla uscì della cannascaricata nella sommità dellatorreandò diminuendosi nello scender per aria. Adunque lo scender daqualunque grandissima altezza non basterà per fargli acquistare quell'impetodel quale la resistenza dell'aria la priva quando già in qualsivoglia modo glisia stato conferito. La rovina parimente che farà in una muraglia un colpod'una palla cacciata da una colubrina dalla lontananza di venti braccianoncredo che la facesse venendo a perpendicolo da qualsivoglia altezza immensa.Stimo per tantoesser termine all'accelerazione di qualsivoglia mobile naturaleche dalla quiete si partae che l'impedimento del mezzo finalmente lo riducaall'egualitànella quale ben poi sempre si mantenga.

Sagr. L'esperienze veramente mi parche siano molto a proposito; né ci è altro se non che l'avversario potrebbefarsi forte col negar che si debbano verificar nelle moli grandissime egravissimee che una palla d'artiglieria venendo dal concavo della Lunao ancodalla suprema region dell'ariafarebbe percossa maggiore che uscita dalcannone.

Salv. Non è dubbio che molte cose siposson opporree che non tutte si possono con esperienze redarguire: tuttaviain questa contradizzionealcuna cosa par che si possa metter in considerazionecioè che molto ha del verisimile che 'l grave cadente da un'altezza acquistitanto d'impeto nell'arrivar in terraquanto fusse bastante a tirarlo aquell'altezza; come chiaramente si vede in un pendolo assai graveche slargatocinquanta o sessanta gradi dal perpendicologuadagna quella velocità e virtùche basta precisamente a sospignerlo ad altrettanta elevazionetrattone peròquel poco che gli vien tolto dall'impedimento dell'aria. Per costituir dunque lapalla dell'artiglieria in tanta altezza che bastasse per l'acquisto del pezzodovrebbe bastar il tirarla in su a perpendicolo con l'istessa artiglieriaosservando poi se nella ricaduta ella facesse colpo eguale a quello dellapercossa fatta da vicino nell'uscire; che credo veramente che non sarebbeagran segnotanto gagliardo: e però stimo che la velocità che ha la pallavicino all'uscita del pezzosarebbe di quelle che l'impedimento dell'aria nongli lascerebbe conseguire già mai mentre con moto naturale scendessepartendosi dalla quieteda qualsivoglia grand'altezza.

Vengo ora a gli altri quesitiattenenti a i pendolimateria che a moltiparrebbe assai aridae massime a quei filosofi che stanno continuamenteoccupati nelle più profonde quistioni delle cose naturali; tuttavia non glivoglio disprezzareinanimito dall'esempio d'Aristotele medesimonel quale ioammiro sopra tutte le cose il non aver egli lasciatosi può dirmateriaalcunadegna in qualche modo di considerazioneche e' non l'abbia toccata. Edoramosso da i quesiti di V. S.penso che potrò dirvi qualche mio pensierosopra alcuni problemi attenenti alla musicamateria nobilissimadella qualehanno scritto tanti grand'uomini e l'istesso Aristotelee circa di essaconsiderar molti problemi curiosi; talché se io ancora da così facili esensate esperienze trarrò ragioni di accidenti maravigliosi in materia de isuoniposso sperare che i miei ragionamenti siano per esser graditi da voi.

Sagr. Non solamente graditima da mein particolare sommamente desideraticome quello chesendomi dilettato ditutti gli strumenti musicied assai filosofato intorno alle consonanzesonsempre restato incapace e perplesso onde avvenga che più mi piaccia e dilettiquesta che quellae che alcuna non solo non mi dilettima sommamentem'offenda. Il problema poi trito delle due corde tese all'unisonoche al suonodell'una l'altra si muova e attualmente risuonimi resta ancora irresolutocome anco non ben chiare le forme delle consonanze ed altre particolarità.

Salv. Vedremo se da questi nostripendoli si possa cavare qualche sodisfazione a tutte queste difficoltà. Equanto al primo dubbioche èse veramente e puntualissimamente l'istessopendolo fa tutte le sue vibrazionimassimemediocri e minimesotto tempiprecisamente egualiio mi rimetto a quello che intesi già dal nostroAccademico; il quale dimostra beneche 'l mobile che descendesse per le cordesuttese a qualsivoglia arcole passerebbe necessariamente tutte in tempiegualitanto la suttesa sotto cent'ottanta gradi (cioè tutto il diametro)quanto le suttese di centodi sessantadi diecidi duedi mezzo e di quattrominutiintendendo che tutte vadano a terminar nell'infimo puntotoccante ilpiano orizontale. Circa poi i descendenti per gli archi delle medesime cordeelevati sopra l'orizontee che non siano maggiori d'una quartacioè dinovanta gradimostra parimente l'esperienzapassarsi tutti in tempi egualimaperò più brevi de i tempi de' passaggi per le corde; effetto che in tanto hadel maravigliosoin quanto nella prima apprensione par che dovrebbe seguire ilcontrario: imperò chesendo comuni i termini del principio e del fine delmotoed essendo la linea retta la brevissima che tra i medesimi termini sicomprendepar ragionevole che il moto fatto per lei s'avesse a spedire nel piùbreve tempo; il che poi non èma il tempo brevissimoed in consequenza ilmoto velocissimoè quello che si fa per l'arco del quale essa linea retta ècorda. Quanto poi alla proporzione de i tempi delle vibrazioni di mobilipendenti da fila di differente lunghezzasono essi tempi in proporzionesuddupla delle lunghezze delle filao vogliam dire le lunghezze esser induplicata proporzion de i tempicioè son come i quadrati de i tempi: sì chevolendov. g.che 'l tempo d'una vibrazione d'un pendolo sia doppio del tempod'una vibrazione d'un altrobisogna che la lunghezza della corda di quello siaquadrupla della lunghezza della corda di questo; ed alloranel tempo d'unavibrazione di quelloun altro ne farà trequando la corda di quello sarànove volte più lunga dell'altra: dal che ne séguita che le lunghezze dellecorde hanno fra di loro la proporzione che hanno i quadrati de' numeri dellevibrazioni che si fanno nel medesimo tempo.

Sagr. Adunquese io ho ben intesopotrò speditamente sapere la lunghezza d'una corda pendente da qualsivogliagrandissima altezzaquando bene il termine sublime dell'attaccatura mi fusseinvisibile e solo si vedesse l'altro estremo basso. Imperò chese ioattaccherò qui da basso un assai grave peso a detta corda e farò che si vadavibrando in qua e in làe che un amico vadia numerando alcune delle suevibrazioni e che io nell'istesso tempo vadia parimente contando le vibrazioniche farà un altro mobile appeso a un filo di lunghezza precisamente d'unbraccioda i numeri delle vibrazioni di questi pendolifatte nell'istessotempotroverò la lunghezza della corda: comeper esempioponghiamo che neltempo che l'amico mio abbia contate venti vibrazioni della corda lungaio neabbia contate dugenquaranta del mio filoche è lungo un braccio; fatti iquadrati delli due numeri venti e dugenquarantache sono 400 e 57600diròlalunga corda contener 57600 misure di quelle che il mio filo ne contien 400; eperché il filo è un sol bracciopartirò 57600 per 400che ne viene 144; e144 braccia dirò esser lunga quella corda.

Salv. Né vi ingannerete d'un palmoe massime se piglierete moltitudini grandi di vibrazioni.

Sagr. V. S. mi dà pur frequentementeoccasione d'ammirare la ricchezza ed insieme la somma liberalità della naturamentre da cose tanto comunie direi anco in certo modo viline andate traendonotizie molto curiose e nuovee bene spesso remote da ogni immaginazione. Io hoben mille volte posto cura alle vibrazioniin particolaredelle lampadependenti in alcune chiese da lunghissime cordeinavvertentemente state mosse daalcuno; ma il più che io cavassi da tale osservazionefu l'improbabilitàdell'opinione di quelli che vogliono che simili moti vengano mantenuti econtinuati dal mezzocioè dall'ariaperché mi parrebbe bene che l'ariaavesse un gran giudizioed insieme una poca faccendaa consumar le ore e leore di tempo in sospignere con tanta regola in qua e in là un peso pendente: mache io fussi per apprenderne che quel mobile medesimoappeso a una corda dicento braccia di lunghezzaslontanato dall'imo punto una volta novanta gradi edun'altra un grado solo o mezzotanto tempo spendesse in passar questo minimoquanto in passar quel massimo arcocerto non credo che mai l'avrei incontratoché ancor ancora mi par che tenga dell'impossibile. Ora sto aspettando disentire che queste medesime semplicissime minuzie mi assegnino ragioni tali diquei problemi musiciche mi possinoalmeno in partequietar la mente.

Salv. Prima d'ogni altra cosa bisognaavvertire che ciaschedun pendolo ha il tempo delle sue vibrazioni talmentelimitato e prefissoche impossibil cosa è il farlo muover sotto altro periodoche l'unico suo naturale. Prenda pur chi si voglia in mano la corda ond'èattaccato il pesoe tenti quanto gli piace d'accrescergli o scemargli lafrequenza delle sue vibrazioni; sarà fatica buttata in vano: ma benall'incontro ad un pendoloancor che grave e posto in quietecol solosoffiarvi dentro conferiremo noi motoe moto anche assai grande col reiterare isoffima sotto 'l tempo che è proprio quel delle sue vibrazioni; che se alprimo soffio l'aremo rimosso dal perpendicolo mezzo ditoaggiugnendogli ilsecondo dopo chesendo ritornato verso noicomincerebbe la seconda vibrazionegli conferiremo nuovo motoe così successivamente con altri soffima dati atempoe non quando il pendolo ci vien incontro (che così gl'impediremmoe nonaiuteremmoil moto); e seguendocon molti impulsi gli conferiremo impeto taleche maggior forza assai che quella d'un soffio ci bisognerà a cessarlo.

Sagr. Ho da fanciullo osservatoconquesti impulsi dati a tempo un uomo solo far sonare una grossissima campanaenel volerla poi fermareattaccarsi alla corda quattro e sei altri e tutti esserlevati in altoné poter tanti insieme arrestar quell'impeto che un solo conregolati tratti gli aveva conferito.

Salv. Esempio che dichiara 'l miointento non meno acconciamente di quel che questa mia premessa si accomodi arender la ragione del maraviglioso problema della corda della cetera o delcimbaloche muove e fa realmente sonare quella non solo che all'unisono gli èconcordema anco all'ottava e alla quinta. Toccatala corda comincia econtinua le sue vibrazioni per tutto 'l tempo che si sente durar la suarisonanza: queste vibrazioni fanno vibrare e tremare l'aria che gli è appressoi cui tremori e increspamenti si distendono per grande spazio e vanno a urtarein tutte le corde del medesimo strumentoed anco di altri vicini: la corda cheè tesa all'unisono con la toccaessendo disposta a far le sue vibrazioni sotto'l medesimo tempocomincia al primo impulso a muoversi un poco; esopraggiugnendogli il secondoil terzoil ventesimo e più altrie tutti negli aggiustati e periodici tempiriceve finalmente il medesimo tremore che laprima toccae si vede chiarissimamente andar dilatando le sue vibrazioni giustoallo spazio della sua motrice. Quest'ondeggiamento che si va distendendo perl'ariamuove e fa vibrare non solamente le cordema qualsivoglia altro corpodisposto a tremare e vibrarsi sotto quel tempo della tremante corda; sì che sesi ficcheranno nelle sponde dello strumento diversi pezzetti di setole o dialtre materie flessibilisi vedrànel sonare il cimbalotremare or questo orquel corpuscolosecondo che verrà toccata quella corda le cui vibrazioni vansotto 'l medesimo tempo: gli altri non si muoveranno al suono di questa cordané quello tremerà al suono d'altra corda. Se con l'archetto si toccheràgagliardamente una corda grossa d'una violaappressandogli un bicchiere divetro sottile e pulitoquando il tuono della corda sia all'unisono del tuonodel bicchierequesto tremerà e sensatamente risonerà. Il diffondersi poiampiamente l'increspamento del mezzo intorno al corpo risonanteapertamente sivede nel far sonare il bicchieredentro 'l quale sia dell'acquafregando ilpolpastrello del dito sopra l'orlo; imperò che l'acqua contenuta conregolatissimo ordine si vede andar ondeggiando: e meglio ancora si vedrà l'istessoeffetto fermando il piede del bicchiere nel fondo di qualche vaso assai largonel quale sia dell'acqua sin presso all'orlo del bicchiere; ché parimentefacendolo risonare con la confricazione del ditosi vedranno gl'increspamentinell'acqua regolatissimie con gran velocità spargersi in gran distanzaintorno al bicchiere: ed io più volte mi sono incontratonel fare al mododetto sonare un bicchiere assai grande e quasi pieno d'acquaa veder prima leonde nell'acqua con estrema egualità formateed accadendo tal volta che 'ltuono del bicchiere salti un'ottava più altonell'istesso momento ho vistociascheduna delle dette onde dividersi in due; accidente che molto chiaramenteconcludela forma dell'ottava esser la dupla.

Sagr. A me ancora è intervenuto l'istessopiù d'una volta con mio diletto ed anco utile: imperò che stetti lungo tempoperplesso intorno a queste forme delle consonanzenon mi parendo che la ragioneche comunemente se n'adduce da gli autori che sin qui hanno scritto dottamentedella musicafusse concludente a bastanza. Dicono essila diapasoncioèl'ottavaesser contenuta dalla duplala diapenteche noi diciamo la quintadalla sesquialteraetc.; perchédistesa sopra il monocordo una cordasonandola tutta e poi sonandone la metàcol mettere un ponticello in mezzosisente l'ottavae se il ponticello si metterà al terzo di tutta la cordatoccando l'intera e poi li due terzici rende la quinta; per lo che l'ottavadicono esser contenuta tra 'l due e l'unoe la quinta tra il tre e 'l dua.Questa ragionediconon mi pareva concludente per poter assegnar iuridicamentela dupla e la sesquialtera per forme naturali della diapason e della diapente: e'l mio motivo era tale. Tre sono le maniere con le quali noi possiamo inacutireil tuono a una corda: l'una è lo scorciarla; l'altrail tenderla piùovogliam dir tirarla; il terzo è l'assottigliarla. Ritenendo la medesimatiratezza e grossezza della cordase vorremo sentir l'ottavabisognascorciarla la metàcioè toccarla tuttae poi mezza: ma seritenendo lamedesima lunghezza e grossezzavorremo farla montare all'ottava col tirarlapiùnon basta tirarla il doppio piùma ci bisogna il quadruplosì che seprima era tirata dal peso d'una libbraconverrà attaccarvene quattro perinacutirla all'ottava: e finalmente sestante la medesima lunghezza e tiratezzavorremo una corda cheper esser più sottilerenda l'ottavasarà necessarioche ritenga solo la quarta parte della grossezza dell'altra più grave. E questoche dico dell'ottavacioè che la sua forma presa dalla tensione o dallagrossezza della corda è in duplicata proporzione di quella che si ha dallalunghezzaintendasi di tutti gli altri intervalli musici: imperò che quelloche ci dà la lunghezza con la proporzion sesquialteracioè col sonarla tuttae poi li due terzivolendolo cavar dalla tiratezza o dalla sottigliezzabisogna duplicar la proporzione sesquialterapigliando la dupla sesquiquartaese la corda grave era tesa da quattro libbre di pesoattaccarne all'acuta nonseima novee quanto alla grossezzafar la corda grave più grossa dell'acutasecondo la proporzione di nove a quattroper aver la quinta. Stante questeverissime esperienzenon mi pareva scorger ragione alcuna per la quale avesseri sagaci filosofi a stabilirla forma dell'ottava esser più la dupla che laquadruplae della quinta più la sesquialtera che la dupla sesquiquarta. Maperché il numerar le vibrazioni d'una cordache nel render la voce le fafrequentissimeè del tutto impossibilesarei restato sempre ambiguo se verofusse che la corda dell'ottavapiù acutafacesse nel medesimo tempo doppionumero di vibrazioni di quelle della più gravese le onde permanenti perquanto tempo ci piacenel far sonare e vibrare il bicchierenon m'avesserosensatamente mostrato come nell'istesso momento che alcuna volta si sente iltuono saltare all'ottavasi veggono nascere altre onde più minutele qualicon infinita pulitezza tagliano in mezzo ciascuna di quelle prime.

Salv. Bellissima osservazione perpoter distinguer ad una ad una le onde nate dal tremore del corpo che risuonache son poi quelle chediffuse per l'ariavanno a far la titillazione su 'ltimpano del nostro orecchiola quale nell'anima ci doventa suono. Ma dove cheil vederle ed osservarle nell'acqua non dura se non quanto si continua laconfricazion del ditoed anco in questo tempo non sono permanentimacontinuamente si fanno e si dissolvononon sarebbe bella cosa quando se nepotesse far con grand'esquisitezza di quelle che restassero lungo tempodicomesi ed annisì che desser commodità di poterle misurare ed agiatamentenumerare?

Sagr. Veramente io stimereisommamente una tale invenzione.

Salv. L'invenzione fu del casoe miafu solamente l'osservazione e 'l far di essa capitale e stima come di riprova dinobil contemplazioneancor che fattura in se stessa assai vile. Raschiando conuno scarpello di ferro tagliente una piastra d'ottone per levarle alcunemacchienel muovervi sopra lo scarpello con velocitàsentii una volta e duetra molte strisciatefischiare e uscirne un sibilo molto gagliardo e chiaro; eguardando sopra la piastraveddi un lungo ordine di virgolette sottilitra diloro parallele e per egualissimi intervalli l'una dall'altra distanti. Tornandoa raschiar di nuovo più e più voltem'accorsi che solamente nelle raschiateche fischiavano lasciava lo scarpello le 'ntaccature sopra la piastra; ma quandola strisciata passava senza sibilonon restava pur minima ombra di talivirgolette. Replicando poi altre volte lo scherzostrisciando ora con maggioreed ora con minor velocitàil sibilo riusciva di tuono or più acuto ed or piùgrave; ed osservaii segni fatti nel suono più acuto esser più spessiequelli del più grave più radie tal volta ancorasecondo che la strisciatamedesima era fatta verso 'l fine con maggior velocità che nel principiosisentiva il suono andarsi inacutendoe le virgolette si vedeva esser andateinspessendosima sempre con estrema lindura e con assoluta equidistanzasegnate; ed oltre a ciònelle strisciate sibilanti sentivo tremarmi il ferroin pugnoe per la mano scorrermi certo rigore: ed in somma si vede e sente fareal ferro quello per appunto che facciamo noi nel parlar sotto voce enell'intonar poi il suono gagliardochemandando fuora il fiato senza formareil suononon sentiamo nella gola e nella bocca farsi movimento alcunorispettoperò ed in comparazione del tremor grande che sentiamo farsi nella laringe edin tutte le fauci nel mandar fuora la vocee massime in tuono grave egagliardo. Ho anco tal volta tra le corde del cimbalo notatone due unisone allidue sibili fatti strisciando al modo dettoe de i più differenti di tuonodei quali due precisamente distavano per una quinta perfetta; e misurando poigl'intervalli delle virgolette dell'una e dell'altra strisciatasi vedevaladistanza che conteneva quarantacinque spazii dell'unacontenere trentadell'altraquale veramente è la forma che si attribuisce alla diapente. Maquiprima che passare più avantivoglio avvertirviche delle tre maniere d'inacutireil suonoquella che voi referite alla sottigliezza della cordacon piùverità deve attribuirsi al peso. Imperò che l'alterazione presa dallagrossezza risponde quando le corde siano della medesima materia: e così unaminugia per far l'ottava deve esser più grossa quattro volte dell'altra pur diminugia; ed una d'ottonepiù grossa quattro volte d'un'altra d'ottone: ma s'iovorrò far l'ottava con una d'ottone ad una di minugianon si ha da ingrossarquattro voltema sì ben farla quattro volte più grave; sì chequanto allagrossezzaquesta di metallo non sarà altrimenti quattro volte più grossamaben quadrupla in gravitàche tal volta sarà più sottile che la suarispondente all'ottavapiù acutache sia di minugia: onde accade cheincordandosi un cimbalo di corde d'oro ed un altro d'ottonese saranno dellamedesima lunghezzagrossezza e tensioneper esser l'oro quasi il doppio piùgraveriuscirà l'accordatura circa una quinta più grave. E qui notisi comealla velocità del moto più resiste la gravità del mobile che la grossezzacontro a quello che a prima fronte altri giudicherebbe; che ben pare cheragionevolmentepiù dovesse esser ritardata la velocità dalla resistenza delmezzo all'esser aperto in un mobile grosso e leggieroche in uno grave esottile; tuttavia in questo caso accade tutto l'opposito. Ma seguitando il primopropositodico che non è la ragion prossima ed immediata delle forme degl'intervalli musici la lunghezza delle cordenon la tensionenon lagrossezzama sì bene la proporzione de i numeri delle vibrazioni e percossedell'onde dell'aria che vanno a ferire il timpano del nostro orecchioil qualeesso ancora sotto le medesime misure di tempi vien fatto tremare. Fermato questopuntopotremo per avventura assegnar assai congrua ragione onde avvenga che diessi suonidifferenti di tuonoalcune coppie siano con gran diletto ricevutedal nostro sensorioaltre con minoreed altre ci feriscano con grandissimamolestia; che è il recar la ragione delle consonanze più o men perfette edelle dissonanze. La molestia di queste nasceràcredo iodalle discordipulsazioni di due diversi tuoni che sproporzionatamente colpeggiano sopra 'lnostro timpanoe crudissime saranno le dissonanze quando i tempi dellevibrazioni fussero incommensurabili; per una delle quali sarà quella quando didue corde unisone se ne suoni una con tal parte dell'altra quale è il lato delquadrato del suo diametro: dissonanza simile al tritono o semidiapente.Consonantie con diletto ricevutesaranno quelle coppie di suoni che verrannoa percuotere con qualche ordine sopra 'l timpano; il qual ordine ricercaprimache le percosse fatte dentro all'istesso tempo siano commensurabili di numeroacciò che la cartilagine del timpano non abbia a star in un perpetuo tormentod'inflettersi in due diverse maniere per acconsentire ed ubbidire alle semprediscordi battiture: sarà dunque la prima e più grata consonanza l'ottavaessendo che per ogni percossa che dia la corda grave su 'l timpanol'acuta nedà duetal che amendue vanno a ferire unitamente in una sìe nell'altra nodelle vibrazioni della corda acutasì che di tutto 'l numero delle percosse lametà s'accordano a battere unitamente; ma i colpi delle corde unisone giungonsempre tutti insiemee però son come d'una corda solané fanno consonanza.La quinta diletta ancoraatteso che per ogni due pulsazioni della corda gravel'acuta ne dà tredal che ne séguita chenumerando le vibrazioni della cordaacutala terza parte di tutte s'accordano a battere insiemecioè duesolitarie s'interpongono tra ogni coppia delle concordi; e nella diatesseron sen'interpongon tre. Nella secondacioè nel tuono sesquiottavoper ogni novepulsazioni una sola arriva concordemente a percuotere con l'altra della cordapiù grave; tutte l'altre sono discordi e con molestia ricevute su 'l timpanoegiudicate dissonanti dall'udito.

Simp. Vorrei con maggior chiarezzaspiegato questo discorso.

Salv. Sia questa linea AB lospazio e la dilatazione d'una vibrazione della corda gravee la linea CDquella della corda acutala quale con l'altra renda l'ottavae dividasi la ABin mezzo in E: è manifestoche cominciando a muoversi le corde neitermini ACquando la vibrazione acuta sarà pervenuta altermine Dl'altra si sarà distesa solamente sino al mezzo Eilqualenon sendo termine del motonon percuotema ben si fa colpo in D.Ritornando poi la vibrazione dal D in Cl'altra passa da Ein Bonde le due percosse di B e di C battono unitamentesu 'l timpano: e tornando a reiterarsi le simili seguenti vibrazionisiconcluderàalternatamente in una sì e nell'altra no delle vibrazioni CD accadere l'unione delle percosse con quelle di AB. Male pulsazioni de i termini hanno sempre per compagne una delle CDe sempre la medesima: il che è manifesto; perchéposto che ACbattano insiemenel passar A in BC va in D etorna in Ctal che C batte con B; e nel tempo che Btorna in AC passa per D e torna in Csì che icolpi AC si fanno insieme. Ma sieno ora le due vibrazioni ABCD quelle che producono la diapentei tempi delle quali sono inproporzion sesquialterae dividasi la AB della corda grave in tre partieguali in EOe intendansi le vibrazioni cominciare nell'istessomomento da i termini AC: è manifesto che nella percossa che sifarà nel termine Dla vibrazione di AB sarà giunta solamente inO; il timpano dunque riceve la percossa D sola: nel ritorno poi daD in Cl'altra vibrazione passa da O in B e ritornain Ofacendo la pulsazione in Bche pure è sola e dicontrattempo (accidente da considerarsi); perchéavendo poi posto le primepulsazioni fatte nell'istesso momento nei termini AClasecondache fu sola del termine Dsi fece dopo quanto importa il tempodel transito CDcioè AOma la seguenteche si fa in Bdista dall'altra solo quanto è il tempo di OBche è la metà:continuando poi il ritorno da O in Amentre da C si va in Dsi viene a far le due pulsazioni unitamente in A e D. Seguono poialtri periodi simili a questicioè con l'interposizione di due pulsazionidella corda acutascompagnate e solitariee una della corda gravepursolitaria e interposta tra le due solitarie dell'acuta. Sì chese noifigureremo il tempo diviso in momenticioè in minime particole eguali; postoche nei due primi dalle concordi pulsazioni fatte in AC si passiin ODe in D si batta; che nel terzo e quarto momento sitorni da D in Cbattendo in Ce che da O si passiper B e si torni in Obattendosi in B; e che finalmentenel quinto e sesto momento da O e C si passi in A e Dbattendo in amendue; avremo sopra 'l timpano le pulsazioni distribuite con talordineche poste le pulsazioni delle due corde nel medesimo instanteduemomenti dopo riceverà una percossa solitarianel terzo momento un'altra pursolitarianel quarto un'altra solae due momenti dopocioè nel sestoduecongiunte insieme: e qui finisce il periodoeper dir cosìl'anomaliailqual periodo si va poi più volte replicando.

Sagr. Io non posso più tacere: èforza ch'io esclami il gusto che sento nel vedermi tanto adequatamente reseragioni di effetti che tanto tempo m'hanno tenuto in tenebre e cecità. Oraintendo perché l'unisono non differisce punto da una voce sola: intendo perchél'ottava è la principal consonanzama tanto simile all'unisonoche comeunisono si prende e si accompagna con le altre; simile è all'unisonoperchédove le pulsazioni delle corde unisone vanno a ferire tutte insieme semprequeste della corda grave dell'ottava vanno tutte accompagnate da quelledell'acutae di queste una s'interpone solitaria ed in distanze eguali ed incerto modo senza fare scherzo alcunoonde tal consonanza ne diviene sdolcinatatroppo e senza brio. Ma la quintacon quei suoi contrattempie con l'interportra le coppie delle due pulsazioni congiunte due solitarie della corda acuta eduna pur solitaria della gravee queste tre con tanto intervallo di tempo quantoè la metà di quello che è tra ciascuna coppia e le solitarie dell'acutafauna titillazione ed un solletico tale sopra la cartilagine del timpanochetemperando la dolcezza con uno spruzzo d'acrimoniapar che insieme soavementebaci e morda.

Salv. È forzapoiché veggo che V.S. gusta tanto di queste novellizieche io gli mostri il modo col qualel'occhio ancoranon pur l'uditopossa recrearsi nel veder i medesimi scherziche sente l'udito. Sospendete palle di piomboo altri simili gravida tre filidi lunghezze diversema tali che nel tempo che il più lungo fa due vibrazioniil più corto ne faccia quattro e 'l mezzano treil che accaderà quando ilpiù lungo contenga sedici palmi o altre misuredelle quali il mezzano necontenga nove ed il minore quattro; e rimossi tutti insieme dal perpendicolo epoi lasciatigli andaresi vedrà un intrecciamento vago di essi filiconincontri variima tali che ad ogni quarta vibrazione del più lungo tutti trearriveranno al medesimo termine unitamentee da quello poi si partirannoreiterando di nuovo l'istesso periodo: la qual mistione di vibrazioni è quellachefatta dalle corderende all'udito l'ottava con la quinta in mezzo. E secon simile disposizione si andranno temperando le lunghezze di altri filisìche le vibrazioni loro rispondano a quelle di altri intervalli musicimaconsonantisi vedranno altri ed altri intrecciamentie sempre taliche indeterminati tempi e dopo determinati numeri di vibrazioni tutti i fili (sianotre o siano quattro) si accordano a giugner nell'istesso momento al termine diloro vibrazionie di lì a cominciare un altro simil periodo. Ma quando levibrazioni di due o più fili siano o incommensurabilisì che mai nonritornino a terminar concordemente determinati numeri di vibrazionio se purnon essendo incommensurabilivi ritornano dopo lungo tempo e dopo gran numerodi vibrazioniallora la vista si confonde nell'ordine disordinato di sregolataintrecciaturae l'udito con noia riceve gli appulsi intemperati de i tremoridell'ariache senza ordine o regola vanno a ferire su 'l timpano.

Ma doveSignori mieici siamo lasciati trasportare per tante ore da i vaniproblemi ed inopinati discorsi? Siamo giunti a serae della proposta materiaabbiamo trattato pochissimo o niente; anzi ce ne siamo in modo disviatiche apena mi sovviene della prima introduzzione e di quel poco ingresso che facemmocome ipotesi e principio delle future dimostrazioni.

Sagr. Sarà dunque bene che ponghiamoper oggi fine a i nostri ragionamentidando commodo alla mente di andarsi nelriposo della notte tranquillandoper tornar poi domani (quando piaccia a V. S.di favorirci) a i discorsi desiderati e principalmente intesi.

Salv. Non mancherò d'esser qua all'istessaora di oggi a servirle e goderle.

 

Finisce la prima Giornata

GIORNATA SECONDA

Sagr. Stavamoil Sig. Simplicio edioaspettando la venuta di V. S.e nel medesimo tempo ci andavamo riducendo amemoria l'ultima considerazionechequasi come principio e supposizione delleconclusioni che V. S. intendeva di dimostrarcifu circa quella resistenza chehanno tutti i corpi solidi all'esser rottidependente da quel glutine che tienele parti attaccate e congiuntesì che non senza una potente attrazzione cedonoe si separano. Si andò poi cercando qual potesse esser la causa di talcoerenzache in alcuni solidi è gagliardissimaproponendosi principalmentequella del vacuoche fu poi cagione di tante digressioni che ci tennero tuttala giornata occupati e lontani dalla materia primieramente intesache eracomeho dettola contemplazione delle resistenze de i solidi all'essere spezzati.

Salv. Ben mi sovviene del tutto. Eritornando su 'l filo incominciatoposta qualunque ella sia la resistenza de icorpi solidi all'essere spezzati per una violenta attrazzionebasta cheindubitabilmente ella in loro si trova; la qualeben che grandissima controalla forza di chi per diritto gli tiraminore per lo più si osserva nelviolentargli per traverso: e così vegghiamo una vergaper esempiod'acciaio odi vetro reggere per lo lungo il peso di mille libbreche fitta a squadra in unmuro si spezzerà con l'attaccargliene cinquanta solamente: e di questa secondaresistenza deviamo noi parlarericercando secondo quali proporzioni ella siritrovi ne i prismi e cilindri simili o dissimili in figura e grossezzaessendoperò dell'istessa materia. Nella quale specolazione io piglio come principionoto quello che nelle mecaniche si dimostra tra le passioni del vetteche noichiamiamo levacioè che nell'uso della leva la forza alla resistenza ha laproporzion contraria di quella che hanno le distanze tra 'l sostegno e lemedesime forza e resistenza.

Simp. Questo fu dimostrato daAristotilenelle sue Mecanicheprima che da ogni altro.

Salv. Voglio che gli concediamo ilprimato nel tempo; ma nella fermezza della dimostrazione parmi che se gli devaper grand'intervallo anteporre Archimededa una sola proposizione del qualedimostrata da esso ne gli Equiponderantidependono le ragioni non solamentedella levama della maggior parte de gli altri strumenti mecanici.

Sagr. Ma già che questo principio èil fondamento di tutto quello che voi avete intenzione di volerci dimostrarenon sarebbe se non molto a proposito l'arrecarci anco la prova di talsupposizionequando non sia materia molto prolissadandoci una intera ecompita instruzzione.

Salv. Come questo si abbia a faresarà pur meglio che io per altro ingressoalquanto diverso da quellod'Archimedev'introduca nel campo di tutte le future specolazionie che nonsupponendo altro se non che pesi eguali posti in bilancia di braccia egualifacciano l'equilibrio (principio supposto parimente dal medesimo Archimede)iovenga poi a dimostrarvi come non solamente altrettanto sia vero che pesidiseguali facciano l'equilibrio in stadera di braccia diseguali secondo laproporzione di essi pesi permutatamente sospesima che l'istessa cosa fa coluiche colloca pesi eguali in distanze egualiche quello che colloca pesidiseguali in distanze che abbiano permutatamente la medesima proporzione che ipesi.

Or per chiara dimostrazione di quanto dicosegno un prisma o cilindro solidoABsospeso dall'estremità alla linea HIe sostenuto da due filiHAIB: è manifestoche se io sospenderò il tutto dal filo Cposto nel mezzo della bilancia HIil prisma AB resteràequilibratoessendo la metà del suo peso da una bandae l'altra dall'altradel punto della sospensione Cper il principio da noi supposto.Intendasi ora il prisma esser diviso in parti diseguali dal piano per la linea De sia la parte DA maggioree la DB minore; ed acciò chefattatal divisionele parti del prisma restino nel medesimo sito e costituzionerispetto alla linea HIsoccorriamo con un filo EDil qualefermato nel punto Esostenga le parti del prisma ADDB;non è da dubitarsi chenon si essendo fatta veruna local mutazione nel prismarispetto alla bilancia HIella resterà nel medesimo statodell'equilibrio. Ma nella medesima costituzione resterà ancora se la parte delprisma che ora è sospesa dalle due estremità con li fili AHDEsi appenda ad un sol filo GLposto nel mezzo; e parimente l'altra parte DBnon muterà stato sospesa dal mezzo e sostenuta dal filo FM: scioltidunque i fili HAEDIBe lasciati solo li due GLFMresterà l'istesso equilibriofatta pur sempre la sospensione dalpunto C. Or qui voltiamoci a considerare come noi abbiamo due gravi ADDBpendenti da i termini GF di una libra GFnella quale si fa l'equilibrio dal punto Cin modo che la distanza dellasospensione del grave AD dal punto C è la linea CGel'altra parte CF è la distanza dalla qual pende l'altro grave DB:resta dunque solo da dimostrarsitali distanze aver la medesima proporzione tradi loro che hanno gli stessi pesima permutatamente presicioè che ladistanza GC alla CF sia come il prisma DB al prisma DA;il che proveremo così. Essendo la linea GE la metà della EHela EF metà della EIsarà tutta la GF metà di tutta la HIe però eguale alla CI; e trattane la parte comune CFsarà larimanente GC eguale alla rimanente FIcioè alla FE; epresa comunemente la CEsaranno le due GECF eguali: eperòcome GE ad EFcosì FC a CG; ma come GEad EFcosì la doppia alla doppiacioè HE ad EIcioèil prisma AD al prisma DB; adunqueper l'egual proporzione econvertendocome la distanza GC alla distanza CFcosì il peso BDal peso DA: che è quello che io volevo provarvi.

Inteso sin quinon credo che voi porrete difficoltà in ammettere che i dueprismi ADDB facciano l'equilibrio dal punto Cperché lametà di tutto 'l solido AB è alla destra della sospensione Cel'altra metà dalla sinistrae che così si vengono a rappresentar due pesieguali disposti e distesi in due distanze eguali. Che poi li due prismi ADDB ridotti in due dadio in due palleo in due qual'altre si sianofigure (purché si conservino le sospensioni medesime GF)seguitino di far l'equilibrio dal punto Cnon credo che sia alcuno chene possa dubitareperché troppo manifesta cosa è che le figure non mutanopesodove si ritenga la medesima quantità di materia. Dal che possiamo raccorla general conclusioneche due pesiqualunque si sianofanno l'equilibrio dadistanze permutatamente respondenti alle lor gravità.

Stabilito dunque tal principioavanti che passiamo più oltre devo metter inconsiderazione come queste forzeresistenzemomentifigureetc.si possonconsiderar in astratto e separate dalla materiaed anco in concreto e congiuntecon la materia; ed in questo modo quelli accidenti che converranno alle figureconsiderate come immaterialiriceveranno alcune modificazioni mentre liaggiugneremo la materiaed in consequenza la gravità.

Comeper esempiose noi intenderemo una levaqual sarebbe questa BAla qualeposando su 'l sostegno Esia applicata per sollevare il gravesasso Dè manifestoper il dimostrato principioche la forza postanell'estremità B basterà per adequare la resistenza del grave Dse il suo momento al momento di esso D abbia la medesima proporzione cheha la distanza AC alla distanza CB; e questo è veronon mettendoin considerazione altri momenti che quelli della semplice forza in B edella resistenza in Dquasi che l'istessa leva fusse immateriale e senzagravità: ma se noi metteremo in conto la gravità ancora dello strumento stessodella levala quale sarà talor di legno e tal volta anco di ferroèmanifesto chealla forza in B aggiunto il peso della levaaltererà laproporzionela quale converrà pronunziare sotto altri termini. E peròprimache passar più oltreè necessario che noi convenghiamo in por distinzione traqueste due maniere di considerarechiamando un prendere assolutamentequello quando intenderemo lo strumento preso in astrattocioè separato dallagravità della propria materia; ma congiugnendo con le figure semplici edassolute la materiacon la gravità ancoranomineremo le figure congiunte conla materia momento o forza composta.

Sagr. È forza ch'io rompa ilproposito che avevo di non dar occasione di digredire; ma non potrei conattenzione applicarmi al rimanentese non mi fusse rimosso certo scrupolo chemi nasce; ed è questo: che mi pare che V. S. faccia comparazione della forzaposta in B con la total gravità del sasso Ddella qual gravitàmi pare che una partee forse forse la maggioresi appoggi sopra 'l pianodell'orizonte; sì che...

Salv. Ho inteso benissimo. V. S. nonsoggiunga altro ma solamente avverta che io non ho nominata la gravità totaledel sassoma ho parlato del momento che egli tiene ed esercita sopra 'l punto Aestremo termine della leva BA; il quale è sempre minore dell'intero pesodel sassoed èvariabile secondo la figura della pietra e secondo che ellavien più o meno sollevata.

Sagr. Resto appagato; ma mi nasce unaltro desiderioche èche per intera cognizione mi fusse dimostrato il modose vi èdi poter investigare qual parte sia del peso totale quella che viensostenuta dal soggetto pianoe quale quella che grava su 'l vettenell'estremità A.

Salv. Perché posso con poche paroledargli sodisfazzionenon voglio lasciar di servirla. Peròfacendone un pocodi figura

intenda V. S. il peso il cui centro di gravità sia Aappoggiatosopra l'orizonte co 'l termine Be nell'altro sia sostenuto col vette CGsopra 'l sostegno Nda una potenza posta in G; e dal centro Ae dal termine C caschinoperpendicolari all'orizzonteAOCF:dicoil momento di tutto il peso al momento della potenza in G aver laproporzion composta della distanza GN alla distanza NC e della FBalla BO. Facciasicome la linea FB alla BOcosì la NCalla X: ed essendo tutto il peso A sostenuto dalle due potenzeposte in B e Cla potenza B alla C è come ladistanza FO alla OB; e componendole due potenze BCinsiemecioè il total momento di tutto 'l peso Aalla potenza in Cè come la linea FB alla BOcioè come la NC alla X:ma il momento della potenza in C al momento della potenza in G ècome la distanza GN alla NC: adunqueper la perturbatail totalpeso A al momento della potenza in G è come la GN alla X.Ma la proporzione di GN ad X è composta della proporzione di GNad NC e di quella di NC ad Xcioè di FB a BO;adunque il peso A alla potenza che lo sostiene in G ha laproporzione composta della GN ad NC e di quella di FB a BO:ch'è quello che si doveva dimostrare.

Prop I

Or tornando al nostro primo propositointese tutte le cose sin quidichiaratenon sarà difficile l'intender la ragione onde avvenga che un prismao cilindro solidodi vetroacciaiolegno o altra materia frangibilechesospeso per lungo sosterrà gravissimo peso che gli sia attaccatoma intraverso (come poco fa dicevamo) da minor peso assai potrà tal volta esserespezzatosecondo che la sua lunghezza eccederà la sua grossezza.

Imperò che figuriamoci il prisma solido ABCDfitto in un muro dallaparte ABe nell'altra estremità s'intenda la forza del peso E(intendendo sempreil muro esser eretto all'orizonteed il prisma o cilindrofitto nel muro ad angoli retti): è manifesto chedovendosi spezzaresiromperà nel luogo Bdove il taglio del muro serve per sostegnoe la BCper la parte della leva dove si pone la forza; e la grossezza del solido BAè l'altra parte della levanella quale è posta la resistenzache consistenello staccamento che s'ha da fare della parte del solido BDche è fuordel muroda quella che è dentro: e per le cose dichiarateil momento dellaforza posta in C al momento della resistenzache sta nella grossezza delprisma cioè nell'attaccamento della base BA con la sua contiguaha lamedesima proporzione che la lunghezza CB alla metà della BA; eperò l'assoluta resistenza all'esser rottoche è nel prisma BD (laquale assoluta resistenza è quella che si fa col tirarlo per dirittoperchéallora tanto è il moto del movente quanto quello del mosso)all'esser rottocon l'aiuto della leva BCha la medesima proporzione che la lunghezza BCalla metà di AB nel prismache nel cilindro è il semidiametro dellasua base. E questa sia la nostra prima proposizione. E notateche questo chedicosi debbe intendererimossa la considerazione del peso proprio del solido BDil qual solido ho preso come nulla pesante: ma quando vorremo mettere in contola sua gravitàcongiugnendola col peso Edoviamo al peso Eaggiugnere la metà del peso del solido BD; sì che essendov. g.ilpeso di BD due libbree 'l peso di E libbre diecisi devepigliare il peso E come se fusse undici.

Simp. E perché non come se fussedodici?

Salv. Il peso ESig.Simplicio miopendente dal termine Cpremein rispetto alla leva BCcon tutto 'l suo momento di libbre dieci; dove se fusse appeso il solo BDgraverebbe con tutto 'l momento di due libbre: macome vedetetal solido èdistribuito per tutta la lunghezza BC uniformementeonde le parti suevicine all'estremità B gravano manco delle più remote; sì che insommaristorando quelle con questeil peso di tutto 'l prisma si riduce alavorare sotto 'l centro della sua gravitàche risponde al mezzo della leva BC:ma un peso pendente dalla estremità C ha momento doppio di quello chearebbe pendendo dal mezzo: e però la metà del peso del prisma si deveaggiugnere al peso Ementre ci serviamo del momento di amenduecomelocati nel termine C.

Simp. Resto capacissimo; e di piùs'io non m'ingannoparmi che la potenza di amendue i pesi BD ed Eposti cosìarebbe l'istesso momento che se tutto il peso di BD coldoppio di E fusse appeso nel mezo della leva BC.

Prop II

Salv. Così è precisamentee sideve tenere a memoria. Qui possiamo immediatamente intendercome e con cheproporzione resista più una vergao vogliam dir prisma più largo che grossoall'esser rottofattogli forza secondo la sua larghezzache secondo lagrossezza.

Per intelligenza di cheintendasi una riga adla cui larghezza sia ace la grossezzaassai minorecb: si cerca perchévolendola romper pertagliocome nella prima figuraresisterà al gran peso T; ma posta perpiattocome nella seconda figuranon resisterà all'Xminore del T.Il che si fa manifestomentre intendiamoil sostegno essere una volta sotto lalinea bced un'altra sotto la cae le distanze delle forze essernell'un caso e nell'altro egualicioè la lunghezza bd; ma nel primocaso la distanza della resistenza dal sostegnoche è la metà della linea caè maggiore della distanza nell'altro casola quale è la metà della bc;però la forza del peso T conviene che sia maggiore della X quantola metà della larghezza ca è maggiore della metà della grossezza bcservendoci quella per contralleva della cae questa della cbpersuperare la medesima resistenzache è la quantità delle fibre di tutta labase ab. Concludesi per tantola medesima riga o prisma più largo chegrosso resister più all'esser rotto per taglio che per piattosecondo laproporzione della larghezza alla grossezza.

Prop III

Conviene ora che cominciamo a investigare secondo qual proporzione vadiacrescendo il momento della propria gravitàin relazione alla propriaresistenza all'essere spezzato in un prisma o cilindromentrestando paralleloall'orizontesi va allungando; il qual momento trovo andar crescendo induplicata proporzione di quella dell'allungamento.

Per la cui dimostrazioneintendasi il prisma o cilindro AD fittosaldamente nel muro dall'estremità Ae sia equidistante all'orizonte;ed il medesimo intendasi allungato sino in Eaggiugnendovi la parte BE.È manifesto che l'allungamento della leva AB sino in C cresce persé solocioè assolutamente presoil momento della forza premente contro allaresistenza dello staccamento e rottura da farsi in A secondo laproporzione di CA e BA: maoltre a questoil peso aggiunto delsolido BE al peso del solido AB cresce il momento della gravitàpremente secondo la proporzione del prisma AE al prisma ABlaqual proporzione è la medesima della lunghezza AC alla AB:adunque è manifesto checongiunti i due accrescimenti delle lunghezze e dellegravitàil momento composto di amendue è in doppia proporzione di qualunquedi esse. Concludasi per tantoi momenti delle forze de i prismi e cilindriegualmente grossima disegualmente lunghiesser tra di loro in duplicataproporzione di quella delle lor lunghezzecioè esser come i quadrati dellelunghezze.

Mostreremo adessonel secondo luogosecondo qual proporzione cresca laresistenza all'essere spezzati ne i prismi e cilindrimentre restino dellamedesima lunghezza e si accresca la grossezza. E qui dico che:

Prop IV

Ne i prismi e cilindri egualmente lunghima disegualmente grossilaresistenza all'esser rotti cresce in triplicata proporzione de i diametri dellelor grossezzecioè delle lor basi.

I due cilindri siano questi AB; le cui lunghezze egualiDGFH; le basi disegualii cerchi i cui diametri CDEF:dicola resistenza del cilindro B alla resistenza del cilindro Aad esser rottiaver triplicata proporzione di quella che ha il diametro FEal diametro DC. Imperò chese consideriamo l'assoluta e sempliceresistenza che risiede nelle basicioè ne i cerchi EFDCall'essere strappati facendogli forza col tirargli per dirittonon è dubbioche la resistenza del cilindro B è tanto maggiore che quella delcilindro Aquanto il cerchio EF è maggiore del CDperché tante più sono le fibrei filamenti o le parti tenaciche tengonounite le parti de i solidi. Ma se consideriamo che nel far forza per traverso ciserviamo di due levedelle quali le parti o distanze dove si applicano le forzesono le linee DGFHi sostegni sono ne' punti DFma le altre parti o distanze dove son poste le resistenze sono i semidiametri dei cerchi DCEFperché i filamenti sparsi per tutte lesuperficie de i cerchi è come se tutti si riducessero ne i centri;considerandodicotali leveintenderemola resistenza nel centro della base EFcontro alla forza di H esser tanto maggiore della resistenza della base CDcontro alla forza posta in G (e sono le forze in G ed H dileve uguali DGFH)quanto il semidiametro FE è maggioredel semidiametro DC. Cresce dunque la resistenza all'esser rotto nelcilindro B sopra la resistenza del cilindro A secondo amendue leproporzioni de i cerchi EFDC e de i lor semidiametrio vogliamdir diametri: ma la proporzione de i cerchi è doppia di quella de i diametri:adunque la proporzione delle resistenzeche di quelle si componeè triplicatadella proporzione de i medesimi diametri: che è quello che dovevo provare. Maperché anco i cubi sono in tripla proporzione de i loro latipossiamosimilmente concluderele resistenze de i cilindri egualmente lunghi esser tradi loro come i cubi de i lor diametri.

Corol.

Da questo che si è dimostrato possiamo concludere ancorale resistenze de iprismi e cilindri egualmente lunghi aver sesquialtera proporzione di quella degli stessi cilindri. Il che è manifesto: perché i prismi e cilindri egualmentealti hanno fra di loro la medesima proporzione che le lor basicioè doppia dei lati o diametri di esse basi; ma le resistenze (come si è dimostrato) hannotriplicata proporzione de i medesimi lati o diametri; adunque la proporzionedelle resistenze è sesquialtera della proporzione de gli stessi solidied inconsequenza de i pesi de i medesimi solidi.

Simp. Egli è forza cheavanti chesi proceda più oltreio resti sincerato di certa mia difficoltà. E questa èche sin qui non ho sentito mettere in considerazione cert'altra sorte diresistenzala quale mi par che venga diminuita ne i solidi secondo che si vannopiù e più allungandoe non solo nell'uso trasversalema ancora per lo lungo;in quel modo appunto che veggiamouna corda lunghissima esser molto meno atta areggere un gran pesoche se fusse corta: onde io credo che una verga di legno odi ferro più peso assai potrà reggere se sarà cortache se sarà moltolunga; intendendo sempre usata per lo lungoe non in traversoed anco messo inconto il suo proprio pesoche nella più lunga è maggiore.

Salv. DubitoSig. Simplicioche inquesto punto voicon molti altriv'inganniatese però ho ben compreso ilvostro concettosì che voi vogliate dire che una corda lungav. g.quarantabraccia non possa sostenere tanto pesoquanto se fusse un braccio o due dellamedesima corda.

Simp. Cotesto ho voluto diree sinqui mi par proposizione assai probabile.

Salv. Ma io l'ho per falsanon cheper improbabile; e credo di potervi assai agevolmente cavar d'errore.

Però ponghiamo questa corda ABfermata di sopra dal capo Aedall'altro sia il peso Cdalla cui forza debba essa corda essere rotta:assegnatemi voiSig. Simplicioil luogo particolare dove debba seguir larottura.

Simp. Sia nel luogo D.

Salv. Vi domando qual sia la cagionedello strapparsi in D.

Simp. È la causa di ciòperché lacorda in quella parte non era potente a reggerev. g.cento libbre di pesoquanto è la parte DB con la pietra C.

Salv. Adunquetutta volta che talcorda nella parte D venisse violentata dalle medesime cento libbre dipesoella li si strapperebbe.

Simp. Così credo.

Salv. Ma ditemi ora: chi attaccasseil medesimo peso non al fine della corda Bma vicino al punto Dcome sarebbe in Eo vero legasse la corda non nella altezza Amapiù vicina e sopra al punto medesimo Dcome sarebbe in Fditemidicose il punto D sentirebbe il medesimo peso delle centolibbre.

Simp. Sentirebbeloaccompagnandoperò il pezzo di corda EB con la pietra C.

Salv. Se dunque la corda nel punto Dvien tirata dalle medesime cento libbre di pesosi romperàper la vostraconcessione: e pure la FE è un piccol pezzo della lunga AB; comedunque volete più dire che la corda lunga sia più debole della corta?Contentatevi dunque d'esser cavato d'un errore nel quale avete auto molticompagnied anco per altro molto intelligentie seguitiamo innanzi. Ed avendodimostratoi prismi e cilindri crescere il lor momento sopra le proprieresistenze secondo i quadrati delle lunghezze loro (mantenendo però sempre lamedesima grossezza); e parimentegli egualmente lunghima differenti ingrossezzacrescer le lor resistenze secondo la proporzione de i cubi de i latio diametri delle lor basipassiamo a investigare quello che accaggia a talisolidi differenti in lunghezza e grossezza insieme. Ne i quali io osservo che:

Prop. V

I prismi e cilindri di diversa lunghezza e grossezza hanno le lor resistenzeall'esser rotti di proporzione composta della proporzione de i cubi de' diametridelle lor basi e della proporzione delle lor lunghezze permutatamente prese.

Siano tali due cilindri ABCDEF: dicola resistenza delcilindro AC alla resistenza del cilindro DF aver la proporzionecomposta della proporzione del cubo del diametro AB al cubo del diametro DEe della proporzione della lunghezza EF alla lunghezza BC. Pongasila EG eguale alla BCe delle linee ABDE sia terzaproporzionale la He quarta la Ie come la EF alla BCcosì sia la I alla S. E perché la resistenza del cilindro ACalla resistenza del cilindro DG è come il cubo AB al cubo DEcioè come la linea AB alla linea I; e la resistenza del cilindro DGalla resistenza del cilindro DF come la lunghezza FE alla EGcioè come la linea I alla S; adunqueper l'egual proporzionecome la resistenza del cilindro AC alla resistenza del cilindro DFcosì la linea AB alla S: ma la linea AB alla S hala proporzion composta della AB alla I e della I alla S:adunque la resistenza del cilindro AC alla resistenza del cilindro DFha la proporzion composta della AB alla Icioè del cubo di ABal cubo di DEe della proporzione della linea I alla Scioè della lunghezza EF alla lunghezza BC: che è quello cheintendevo di dimostrare.

Dopo la dimostrata proposizionevoglio che consideriamo quello che accaggiatra i cilindri e prismi simili: de i quali dimostreremo come:

Prop. VI

De i cilindri e prismi simili i momenti composticioè risultanti dalle lorgravità e dalle loro lunghezzeche sono come levehanno tra di loroproporzione sesquialtera di quella che hanno le resistenze delle medesime lorbasi.

Per il che dimostraresegniamo i due cilindri simili ABCD:dicoil momento del cilindro AB per superare la resistenza della suabase Bal momento di CD per superare la resistenza della sua Daver sesquialtera proporzione di quella che ha la medesima resistenza della baseB alla resistenza della base D. E perché i momenti de i solidi ABCD per superar le resistenze delle lor basi BD soncomposti delle lor gravità e delle forze delle lor levee la forza della leva ABè eguale alla forza della leva CD (e questo perché la lunghezza ABal semidiametro della base B ha la medesima proporzioneper lasimilitudine de' cilindriche la lunghezza CD al semidiametro della baseD)resta che 'l momento totale del cilindro AB al momento totaledi CD sia come la sola gravità del cilindro AB alla sola gravitàdel cilindro CDcioè come l'istesso cilindro AB all'istesso CD;ma questi sono in triplicata proporzione de i diametri delle basi loro BD; e le resistenze delle medesime basiessendo tra di loro come l'istessebasisonoin consequenzain duplicata proporzione de i medesimi lorodiametri: adunque i momenti de i cilindri son in sesquialtera proporzione delleresistenze delle basi loro.

Simp. Questa proposizione mi èveramente giunta non solamente nuovama inaspettatae nel primo aspetto assairemota dal giudizio che io ne averei conietturalmente fatto: imperò cheessendo tali figure in tutto 'l restante similiarei tenuto per fermo che ancoi momenti loro verso le proprie resistenze avessero ritenuta la medesimaproporzione.

Sagr. Questa è la dimostrazione diquella proposizioneche nel principio de' nostri ragionamenti dissi parermi discorger per ombra.

Salv. Quello che ora accade al Sig.Simplicioavvenne per alcun tempo a mecredendo che le resistenze di solidisimili fusser similisin che certané anco molto fissa o accurataosservazione mi pareva rappresentarmine i solidi simili non mantenersi untenore eguale nelle loro robustezzema i maggiori esser meno atti a patiregl'incontri violenticome rimaner più offesi dalle cadute gli uomini grandiche i piccoli fanciulli; ecome da principio dicevamocadendo dalla medesimaaltezza vedesi andare in pezzi una gran trave o una colonnama non così unpiccolo corrente o un piccol cilindro di marmo. Questa tal quale osservazione midestò la mente all'investigazione di quello che ora son per dimostrarvi:proprietà veramente ammirabilepoiché tra le infinite figure solide similitra di loropur due non ve ne sonoi momenti delle quali verso le proprieresistenze ritenghino la medesima proporzione.

Simp. Ora mi fate sovvenire non socheposto da Aristotele tra le sue Quistioni Mecanichementre vuol render laragione onde avvenga che i legniquanto più son lunghitanto più son debolie più si pieganoben che i più corti sieno più sottilie i lunghi piùgrossi; e se io ben mi ricordone riduce la ragione alla semplice leva.

Salv. È verissimo: e perché lasoluzione non par che tolga interamente la ragion del dubitareMonsig. diGuevarail quale veramente con i suoi dottissimi comentarii ha altamentenobilitata e illustrata quell'operasi estende con altre più acutespecolazioni per sciorre tutte le difficoltàrestando però esso ancoraperplesso in questo puntose crescendosi con la medesima proporzione lelunghezze e le grossezze di tali solide figuresi deva mantenere l'istessotenore nelle loro robustezze e resistenze nell'esser rotte ed anco nel piegarsi.Iodopo un lungo pensarviho in questa materia ritrovato quello cheseguentemente son per apportarvi. E prima dimostrerò che:

Prop. VII

De i prismi o cilindri simili graviun solo e unico è quello che si riduce(gravato dal proprio peso) all'ultimo stato tra lo spezzarsi e 'l sostenersiintero: sì che ogni maggiorecome impotente a resistere al proprio pesosiromperà; e ogni minore resiste a qualche forza che gli venga fatta perromperlo.

Sia il prisma grave AB ridotto alla somma lunghezza di suaconsistenzasì che allungato un minimo di più si rompesse: dicoquesto esserunico tra tutti i suoi simili (che pur sono infiniti); atto ad esser ridotto intale stato ancipite; sì che ogni maggioreoppresso dal proprio pesosispezzeràed ogni minore noanzi potrà resistere a qualche aggravio di nuovaviolenzaoltre a quella del proprio peso. Sia prima il prisma CEsimilee maggiore di AB: dicoquesto non poter consisterema rompersisuperato dalla propria gravità. Pongasi la parte CD lunga quanto AB:e perché la resistenza di CD a quella di AB è come il cubo dellagrossezza di CD al cubo della grossezza di ABcioè come ilprisma CE al prisma AB (essendo simili)adunque il peso di CEè il sommo che possa esser sostenuto nella lunghezza del prisma CD; mala lunghezza CE è maggiore; adunque il prisma CE si romperà. Masia FG minore: si dimostrerà similmente (posta FH eguale alla BA)la resistenza di FG a quella di AB esser come il prisma FGal prisma ABquando la distanza ABcioè FHfusse egualealla FG; ma è maggiore; adunque il momento del prisma FG posto inG non basta per romper il prisma FG.

Sagr. Chiarissima e brevedimostrazioneconcludente la verità e necessità di una proposizione chenelprimo aspettosembra assai remota dal verisimile. Bisognerebbe dunque alterareassai la proporzione tra la lunghezza e la grossezza del prisma maggioreconl'ingrossarlo o scorciarloacciò si riducesse allo stato ancipite tra 'lreggersi e lo spezzarsi; e l'investigazione di tale stato penso che potesseesser altrettanto ingegnosa.

Salv. Anzi più presto d'avvantaggiocome anco più laboriosa; ed io lo soche vi spesi non piccol tempo perritrovarlaed ora voglio participarvela.

Prop. VIII

Dato dunque un cilindro o prisma di massima lunghezza da non esser dal suoproprio peso spezzatoe data una lunghezza maggioretrovar la grossezza d'unaltro cilindro o prisma che sotto la data lunghezza sia l'unico e massimoresistente al proprio peso.

Sia il cilindro BC massimo resistente al proprio pesoe sia la DElunghezza maggiore della AC: bisogna trovare la grossezza del cilindroche sotto la lunghezza DE sia il massimo resistente al proprio peso. Siadelle lunghezze DEAC terza proporzionale Ie come DEad Icosì sia il diametro FD al diametro BAe facciasiil cilindro FE; dicoquesto esser il massimo ed unicotra tutti i suoisimiliresistente al proprio peso. Delle linee DEI sia terzaproporzionale Me quarta Oe pongasi FG eguale alla AC:e perché il diametro FD al diametro AB è come la linea DEalla Ie delle DEI la O è quarta proporzionaleil cubo di FD al cubo di BA sarà come la DE alla O;ma come il cubo di FD al cubo di BAcosì è la resistenza delcilindro DG alla resistenza del cilindro BC; adunque la resistenzadel cilindro DG a quella del cilindro BC è come la linea DEalla O. E perché il momento del cilindro BC è eguale alla suaresistenzase si mostreràil momento del cilindro FE al momento delcilindro BC esser come la resistenza DF alla resistenza BAcioè come il cubo di FD al cubo di BAcioè come la linea DEalla Oaremo l'intentocioè il momento del cilindro FE essereguale alla resistenza posta in FD. Il momento del cilindro FE almomento del cilindro DG è come il quadrato della DE al quadratodella ACcioè come la linea DE alla I; ma il momento delcilindro DG al momento del cilindro BC è come il quadrato DFal quadrato BAcioè come il quadrato di DE al quadrato della Icioè come il quadrato della I al quadrato della Mcioè come la Ialla O; adunqueper l'egual proporzionecome il momento del cilindro FEal momento del cilindro BCcosì è la linea DE alla Ocioè il cubo DF al cubo BAcioè la resistenza della base DFalla resistenza della base BA: che è quello che si cercava.

Sagr. QuestaSig. Salviatiè unalunga dimostrazionee molto difficile a ritenersi a memoria per sentirla unasola volta; onde io vorrei che V. S. si contentasse di replicarla di nuovo.

Salv. Farò quanto V. S. comanda; maforse sarebbe meglio arrecarne una più speditiva e breve: ma converrà fare unafigura alquanto diversa.

Sagr. Maggiore sarà il favore; e lagià dichiarata mi farà grazia darmela scrittaacciò a mio bell'agio possaristudiarla.

Salv. Non mancherò di servirla.

Ora intendiamo un cilindro Ail diametro della cui base sia la linea DCe sia questo A il massimo che possa sostenersi; del quale vogliamotrovare un maggioreche pur sia il massimo esso ancora ed unico che sisostenga. Intendiamone un simile ad esso A e lungo quanto la lineaassegnatae questo siav. g.Eil diametro della cui base sia la KLe delle due linee DCKL sia terza proporzionale la MNchesia diametro della base del cilindro Xdi lunghezza eguale all'E:dicoquesto X esser quello che cerchiamo. E perché la resistenza DCalla resistenza KL è come il quadrato DC al quadrato KLcioè come il quadrato KL al quadrato MNcioè come il cilindro Eal cilindro Xcioè come il momento E al momento X; ma laresistenza KL alla MN è come il cubo di KL al cubo di MNcioè come il cubo DC al cubo KLcioè come il cilindro Aal cilindro Ecioè come il momento A al momento E;adunqueper l'analogia perturbatacome la resistenza DC alla MNcosì il momento A al momento X: adunque il prisma X ènella medesima costituzione di momento e resistenza che il prisma A.

Ma voglio che facciamo il problema più generale; e la proposizione siaquesta:

Dato il cilindro ACqualunque si sia il suo momento verso la suaresistenzae data qual si sia lunghezza DEtrovar la grossezza delcilindrola cui lunghezza sia DEe 'l suo momento verso la suaresistenza ritenga la medesima proporzione che il momento del cilindro ACalla sua.

Ripresa l'istessa figura di sopra e quasi l'istesso progressodiremo:perché il momento del cilindro FE al momento della parte DG ha lamedesima proporzione che il quadrato ED al quadrato FGcioè chela linea DE alla I; ed il momento del cilindro FG almomento del cilindro AC è come il quadrato FD al quadrato ABcioè come il quadrato DE al quadrato Icioè come il quadrato Ial quadrato Mcioè come la linea I alla O; adunque exæqualiil momento del cilindro FE al momento del cilindro ACha la medesima proporzione della linea DE alla Ocioè del cubo DEal cubo Icioè del cubo di FD al cubo di ABcioè dellaresistenza della base FD alla resistenza della base AB: ch'èquello che si doveva fare.

Or vegghino come dalle cose sin qui dimostrate apertamente si raccogliel'impossibilità del poter non solamente l'artema la natura stessacrescer lesue macchine a vastità immensa: sì che impossibil sarebbe fabbricar naviliipalazzi o templi vastissimili cui remiantennetravamenticatene di ferroed in somma le altre lor particonsistessero; come anco non potrebbe la naturafar alberi di smisurata grandezzapoiché i rami lorogravati dal propriopesofinalmente si fiaccherebbero; e parimente sarebbe impossibile farstrutture di ossa per uominicavalli o altri animaliche potessero sussisteree far proporzionatamente gli uffizii loromentre tali animali si dovesseragumentare ad altezze immensese già non si togliesse materia molto più durae resistente della consuetao non si deformassero tali ossisproporzionatamente ingrossandoglionde poi la figura ed aspetto dell'animalene riuscisse mostruosamente grosso: il che forse fu avvertito dal mioaccortissimo Poetamentre descrivendo un grandissimo gigante disse:

Non si può compatir quanto sia lungo
Sì smisuratamente è tutto grosso.

E per un breve esempio di questo che dicodisegnai già la figura di un ossoallungato solamente tre volteed ingrossato con tal proporzioneche potessenel suo animale grande far l'uffizio proporzionato a quel dell'osso minore nell'animalpiù piccoloe le figure son queste:

dove vedete sproporzionata figura che diviene quella dell'osso ingrandito.Dal che è manifestoche chi volesse mantener in un vastissimo gigante leproporzioni che hanno le membra in un uomo ordinariobisognerebbe o trovarmateria molto più dura e resistenteper formarne l'ossao vero ammettere chela robustezza sua fusse a proporzione assai più fiacca che ne gli uomini distatura mediocre; altrimentecrescendogli a smisurata altezzasi vedrebbonodal proprio peso opprimere e cadere. Dove cheall'incontrosi vedeneldiminuire i corpi non si diminuir con la medesima proporzione le forzeanzi nei minimi crescer la gagliardia con proporzion maggiore: onde io credo che unpiccolo cane porterebbe addosso due o tre cani eguali a séma non penso giàche un cavallo portasse né anco un solo cavalloa se stesso eguale.

Simp. Ma se così ègrand'occasionemi danno di dubitare le moli immense che vediamo ne i pesci; ché tal balenaper quanto intendosarà grande per dieci elefanti; e pur si sostengono.

Salv. Il vostro dubbioSig.Simpliciomi fa accorgere d'una condizione da me non avvertita primapotenteessa ancora a far che giganti ed altri animali vastissimi potessero consistere eagitarsi non meno che i minori: e ciò seguirebbe quando non solo si aggiugnessegagliardia all'ossa ed all'altre partioffizio delle quali è il sostener ilproprio e 'l sopravegnente peso; malasciata la struttura delle ossa con lemedesime proporzionipur nell'istesso modoanzi più agevolmenteconsisterebbono le medesime fabbriche quando con tal proporzione si diminuissela gravità della materia delle medesime ossae quella della carne o di altroche sopra l'ossa si abbia ad appoggiare. E di questo secondo artifizio si èprevalsa la natura nella fabbrica de i pescifacendogli le ossa e le polpe nonsolamente assai leggierema senza veruna gravità.

Simp. Veggo beneSig. Salviatidovetende il vostro discorso: voi volete direche per esser l'abitazione de i pescil'elemento dell'acquala quale per la sua corpulenzaocome altri voglionoper la sua gravitàscema il peso a i corpi che in quella si demergonoper talragione la materia de i pescinon pesandopuò senza aggravio dell'ossa loroesser sostenuta. Ma questo non basta; perché quando bene il resto dellasustanza del pesce non gravitigrava però senza dubbio la materia dell'ossaloro. E chi dirà che una costola di balenagrande quanto una travenon pesiassaissimoe nell'acqua non vadia al fondo? Queste dunque non deveriano potersussistere in sì vasta mole.

Salv. Voi acutamente opponete: e perrisposta al vostro dubbioditemi se avete osservato stare i pesciquando piacelorosott'acqua immobilie non descendere verso 'l fondo o sollevarsi allasuperficie senza far qualche forza col nuoto?

Simp. Questa è chiarissimaosservazione.

Salv. Questodunquepotersi i pescifermare come immobili a mezz'acqua è concludentissimo argomentoil compostodella lor mole corporea agguagliar la gravità in spezie dell'acqua; sì che sein esso si trovano alcune parti più gravi dell'acquanecessariamente bisognache ve ne siano altre altrettanto men graviacciò si possa pareggiarl'equilibrio. Se dunque le ossa son più graviè necessario che le polpeoaltre materie che vi sianosien più leggieree queste si opporranno con lalor leggerezza al peso dell'ossa: talché ne gli acquatici avverrà l'oppositodi quel che accade ne gli animali terrestricioè che in questi tocchi all'ossaa sostenere il peso proprio e quel della carnee in quelli la carne regga lagravezza propria e quella dell'ossa. E però deve cessar la maravigliacomenell'acqua possano essere animali vastissimima non sopra la terracioènell'aria.

Simp. Resto appagato; e di più notoche questiche noi addimandiamo animali terrestripiù ragionevolmente sidevrebbero dimandar aereiperché nell'aria veramente vivonoe dall'aria soncircondati e dell'aria respirano.

Sagr. Piacemi il discorso del Sig.Simpliciocol suo dubbio e con la soluzione: e di più comprendo assaifacilmente che uno di questi smisurati pescitirato in terraforse non sipotrebbe per lungo tempo sostenerema cherelassate le attaccature dell'ossala sua mole si ammaccherebbe.

Salv. Io per ora inclino a creder l'istesso;né son lontano a credere che 'l medesimo avverrebbe a quel vastissimo navilioil qualegalleggiando in marenon si dissolve per il peso e carico di tantemerci ed armamentiche in secco e circondato dall'aria forse si aprirebbe. Maseguitiamo la nostra materiae dimostriamo come:

Dato un prisma o cilindro col suo pesoed il peso massimo sostenuto daessosi possa trovare la massima lunghezzaoltre alla quale prolungatodalsolo suo proprio peso si romperebbe.

Sia dato il prisma AC col suo proprio pesoe dato parimente il peso Dmassimo da poter esser sostenuto dall'estremità C: bisogna trovare lalunghezza massima sino alla quale si possa allungare il detto prisma senzarompersi. Facciasicome il peso del prisma AC al composto de i pesi ACcol doppio del peso di Dcosì la lunghezza CA alla AHtra le quali sia media proporzionale la AG: dicoAG esser lalunghezza cercata. Imperò che il momento gravante del peso D in Cè eguale al momento del peso doppio di D che fusse posto nel mezo di ACdove è anco il centro del momento del prisma AC; il momento dunque dellaresistenza del prisma ACche sta in Aequivale al gravante deldoppio del peso D col peso ACattaccati però nel mezo di AC.E perché viene ad essersi fattocome 'l momento di detti pesi così situaticioè del doppio D con ACal momento di ACcosì la HAalla ACtra le quali è media la AGadunque il momento deldoppio D col momento AC al momento AC è come il quadrato GAal quadrato AC: ma il momento premente del prisma GA al momento diAC è come il quadrato GA al quadrato AC: adunque lalunghezza AG è la massima che si cercavacioè quella sino alla qualeallungandosi il prisma AC si sosterrebbema più oltre si spezzerebbe.

Sin qui si son considerati i momenti e le resistenze de i prismi e cilindrisolidil'una estremità de i quali sia posta immobilee solo nell'altra siaapplicata la forza di un peso prementeconsiderandolo esso soloo vercongiunto con la gravità del medesimo solidoo veramente la sola gravitàdell'istesso solido: ora voglio che discorriamo alquanto de i medesimi prismi ecilindri quando fussero sostenuti da amendue l'estremitào vero che sopra unsol puntopreso tra le estremitàfusser posati. E prima dicoche il cilindroche gravato dal proprio peso sarà ridotto alla massima lunghezzaoltre allaquale più non si sosterrebbeo sia retto nel mezo da un solo sostegno o veroda due nelle estremitàpotrà esser lungo il doppio di quello che sarebbefitto nel murocioè sostenuto in un sol termine.

Il che per se stesso è assai manifesto perché se intenderemodel cilindroche io segno ABCla sua metà AB esser la somma lunghezza potentea sostenersi stando fissa nel termine Bnell'istesso modo si sosterràseposata sopra 'l sostegno Gsarà contrappesata dall'altra sua metà BC.E similmentese del cilindro DEF la lunghezza sarà taleche solamentela sua metà potesse sostenersi fissa nel termine Ded in consequenzal'altra EF fissa nel termine Fè manifesto che posti i sostegni HI sotto l'estremità DFogni momento che si aggiunga diforza o di peso in Equivi si farà la rottura.

Quello che ricerca più sottile specolazione è quandoastraendo dallagravità di tali solidici fusse proposto di dovere investigare se quella forzao peso cheapplicato al mezo d'un cilindro sostenuto nelle estremitàbasterebbe a romperlopotrebbe far l'istesso effetto applicato in qualsivogliaaltro luogopiù vicino all'una che all'altra estremità: comeper esempiosevolendo noi rompere una mazzapresola con le mani nell'estremità ed appuntatoil ginocchio in mezol'istessa forza che basterebbe usare per romperla in talmodobasterebbe ancora quando il ginocchio si puntasse non nel mezzoma piùvicino all'un de gli estremi.

Sagr. Parmi che 'l problema siatoccato da Aristotele nelle sue Questioni Mecaniche.

Salv. Il quesito d'Aristotele non èprecisamente l'istessoperché ei non cerca altrose non di render la ragioneperché manco fatica si ricerchi a romperlo tenendo le mani nell'estremità dellegnocioè remote assai dal ginocchioche se le tenessimo vicine: e ne rendeuna ragione generaleriducendo la causa alle leve più lunghequandos'allargano le braccia afferrando l'estremità. Il nostro quesito aggiugnequalche cosa di piùricercando seposto il ginocchio nel mezo o in altroluogotenendo pur le mani sempre nell'estremitàla medesima forza serva intutti i siti.

Sagr. Nella prima apprensioneparrebbe di sìatteso che le due leve mantengono in certo modo il medesimomomentomentre chequanto si scorcia l'unatanto s'allunga l'altra.

Salv. Or vedete quanto sono in prontol'equivocazionie con quanta cautela e circospezione convien andare per nonv'incorrere. Cotesto che voi ditee che veramente nel primo aspetto ha tantodel verisimilein ristretto poi è tanto falsoche quando il ginocchioche èil fulcimento delle due levesia posto o non posto nel mezofa tal diversitàche di quella forza che basterebbe per far la frazzione nel mezodovendola farein qualche altro luogotal volta non basterà l'applicarvene quattro voltetantoné dieciné centoné mille. Faremo sopra ciò una tal qualeconsiderazion generalee poi verremo alla specifica determinazione dellaproporzione secondo la quale si vanno variando le forze per far la frazzionepiù in un punto che in un altro.

Segniamo prima questo legno ABda rompersi nel mezo sopra 'l sostegnoCed appresso segniamo l'istessoma sotto caratteri DEdarompersi sopra 'l sostegno Fremoto dal mezo. Primaè manifesto chesendo le distanze ACCB egualila forza sarà compartitaegualmente nelle estremità BA. Secondopoi che la distanza DFdiminuisce dalla distanza ACil momento della forza posta in Dsciema dal momento in Acioè posto nella distanza CAe sciemasecondo la proporzione della linea DF alla ACed in consequenzabisogna crescerlo per pareggiare o superar la resistenza di F: ma ladistanza DF si può diminuire in infinito in relazione alla distanza AC:adunque bisogna poter crescere in infinito la forza da applicarsi in Dper pareggiar la resistenza in F. Ma all'incontrosecondo che cresce ladistanza FE sopra la CBconvien diminuire la forza in Eper pareggiare la resistenza in F: ma la distanza FE in relazionealla CB non si può crescere in infinito col ritirar il sostegno Fverso il termine Danzi né anco il doppio: adunque la forza in Eper pareggiare la resistenza in F sarà sempre più che la metà dellaforza in B. Comprendesi dunque la necessità del doversi agumentare imomenti del congiunto delle forze in ED infinitamente perpareggiare o superar la resistenza posta in Fsecondo che il sostegno Fs'andrà approssimando verso l'estremità D.

Sagr. Che diremoSig. Simplicio? nonconvien egli confessarela virtù della geometria esser il più potentestrumento d'ogni altro per acuir l'ingegno e disporlo al perfettamentediscorrere e specolare? e che con gran ragione voleva Platone i suoi scolariprima ben fondati nelle matematiche? Io benissimo avevo compreso la facultàdella levae come crescendo o sciemando la sua lunghezzacresceva o calava ilmomento della forza e della resistenza; con tutto ciò nella determinazione delpresente problema m'ingannavoe non di pocoma d'infinito.

Simp. Veramente comincio acomprendere che la logicabenché strumento prestantissimo per regolare ilnostro discorsonon arrivaquanto al destar la mente all'invenzioneall'acutezza della geometria.

Sagr. A me pare che la logica insegnia conoscere se i discorsi e le dimostrazioni già fatte e trovate procedanoconcludentemente; ma che ella insegni a trovare i discorsi e le dimostrazioniconcludenticiò veramente non credo io. Ma sarà meglio che il Sig. Salviatici mostri secondo qual proporzione vadian crescendo i momenti delle forze persuperar la resistenza del medesimo legno secondo i luoghi diversi della rottura.

Salv. La proporzioneche ricercateprocede in cotal formache:

Se nella lunghezza d'un cilindro si noteranno due luoghi sopra i quali sivoglia far la frazzione di esso cilindrole resistenze di detti due luoghihanno fra di loro la medesima proporzione che i rettangoli fatti dalledistanze di essi luoghi contrariamente presi.

Siano le forze AB minime per rompere in Ce le EF parimente le minime per rompere in D: dicole forze ABalle forze EF aver la proporzion medesima che ha il rettangolo ADBal rettangolo ACB. Imperò che le forze AB alle forze EF hanno la proporzion composta delle forze AB alla forza Bdella B alla Fe della F alle FE: ma comele forze AB alla forza Bcosì sta la lunghezza BAad AC; e come la forza B alla Fcosì sta la linea DBalla BC; e come la forza F alle FEcosì sta lalinea DA alla AB: adunque le forze AB alle forze EF hanno la proporzion composta delle trecioè della retta BA ad ACdella DB a BCe della DA ad AB. Ma delle due DAad ABed AB ad ACsi compone la proporzione della DAad AC; adunque le forze AB alle forze EFhanno la proporzion composta di questa DA ad AC e dell'altra DBa BC. Ma il rettangolo ADB al rettangolo ACB ha laproporzion composta delle medesime DA ad AC e DB a BC:adunque le forze AB alle EF stanno come ilrettangolo ADB al rettangolo ACB: che è quanto a direlaresistenza in C ad essere spezzato alla resistenza ad esser rotto in Daver la medesima proporzione che il rettangolo ADB al rettandolo ACB:che è quello che si doveva provare.

In consequenza di questo teorema possiamo risolvere un problema assaicurioso; ed è:

Dato il peso massimo retto dal mezo di un cilindro o prismadove laresistenza è minimae dato un peso maggior di quellotrovare nel dettocilindro il punto nel quale il dato peso maggiore sia retto come peso massimo.

Abbia il dato pesomaggiore del peso massimo retto dal mezo del cilindro ABad esso massimo la proporzione della linea E alla F: bisognatrovare il punto nel cilindro dal quale il dato peso venga sostenuto comemassimo. Tra le due EF sia media proporzionale la Gecome la E alla Gcosì si faccia la AD alla S:sarà la S minore della AD. Sia AD diametro del mezocerchio AHDnel quale pongasi la AH eguale alla Secongiungasi HDe ad essa si tagli eguale la DR: dicoil punto Ressere il cercatodal quale il dato pesomaggiore del massimo retto dal mezodel cilindro Dverrebbe come massimo retto. Sopra la lunghezza BAfacciasi il mezo cerchio ANBe si alzi la perpendicolare RNecongiungasi ND: e perché i due quadrati NRRD sono egualial quadrato NDcioè al quadrato ADcioè alli due AHHDe l'HD è eguale al quadrato DRadunque il quadrato NRcioè il rettangolo ARBsarà eguale al quadrato AHcioè alquadrato S; ma il quadrato S al quadrato AD è come la Falla Ecioè come il peso massimo retto in D al dato pesomaggiore; adunque questo maggiore sarà retto in R come il massimo che vipossa esser sostenuto: che è quello che si cercava.

Sagr. Intendo benissimo: e voconsiderando cheessendo il prisma AB sempre più gagliardo e resistentealla pressione nelle parti che più e più si allontanano dal mezonelle travigrandissime e gravi se ne potrebbe levar non piccola parte verso l'estremitàcon notabile alleggerimento di pesoche ne i travamenti di grandi stanzesarebbe di commodo ed utile non piccolo. E bella cosa sarebbe il ritrovar qualefigura devrebbe aver quel tal solido che in tutte le sue parti fusse egualmenteresistentetal che non più facile fusse ad esser rotto da un peso che lopremesse nel mezoche in qualsivoglia altro luogo.

Salv. Già ero in procinto di dirvicosa assai notabile e vaga in questo proposito. Fo un poco di figura per megliodichiararmi.

Questo DB è un prismala cui resistenza ad essere spezzatonell'estremità AD da una forza premente nel termine B è tantominore della resistenza che si troverebbe nel luogo CIquanto lalunghezza CB è minore della BAcome già si è dimostrato.Intendasi adesso il medesimo prisma segato diagonalmente secondo la linea FBsì che le faccie opposte siano due triangoliuno de i qualiverso noièquesto FAB: ottiene tal solido contraria natura del prismacioè chemeno resiste all'essere spezzato sopra 'l termine C che sopra l'Adalla forza posta in Bquanto la lunghezza CB è minore della BA.Il che facilmente proveremo: perché intendendo il taglio CNO paralleloall'altro AFDla linea FA alla CN nel triangolo FABarà la medesima proporzione che la linea AB alla BC; e però senoi intenderemone i punti AC esser i sostegni di due levelecui distanze BAAFBCCNqueste saranno simili;e però quel momento che ha la forza posta in B con la distanza BAsopra la resistenza posta nella distanza AFl'arà la medesima forza in Bcon la distanza BC sopra la medesima resistenza che fusse posta nelladistanza CN: ma la resistenza da superarsi nel sostegno Cpostanella distanza CNdalla forza in Bè minore della resistenza inA tantoquanto il rettangolo CO è minore del rettangolo ADcioè quanto la linea CN è minore della AFcioè la CBdella BA: adunque la resistenza della parte OCB ad esser rotto in Cè tanto minore della resistenza dell'intero DAB ad esser rotto in Aquanto la lunghezza CB è minore della AB. Aviamo dunque nel traveo prisma DB levatone una partecioè la metàsegandolo diagonalmentee lasciato il cuneo o prisma triangolare FBA; e sono due solidi dicondizioni contrariecioè quello tanto più resiste quanto più si scorciaequesto nello scorciarsi perde altrettanto di robustezza. Orastante questoparben ragionevoleanzi pur necessarioche se gli possa dare un taglioper ilqualetogliendo via il superfluorimanga un solido di figura taleche intutte le sue parti sia egualmente resistente.

Simp. È ben necessario che dove sipassa dal maggiore al minores'incontri ancora l'eguale.

Sagr. Ma il punto sta ora a trovarcome si ha guidar la sega per far questo taglio.

Simp. Questo mi si rappresenta chedovrebbe esser opera assai facile; perchése col segar il prismadiagonalmentelevandone la metàla figura che resta ritien contraria natura aquella del prisma interosì che in tutti i luoghi ne i quali questo acquistavarobustezzaquello altrettanto la perdevaparmi che tenendo la via del mezocioè levando solamente la metà di quella metàche è la quarta parte deltuttola rimanente figura non guadagnerà né perderà robustezza in tutti queimedesimi luoghi ne i quali la perdita e il guadagno dell'altre due figure eranosempre eguali.

Salv. VoiSig. Simplicionon avetedato nel segno: e sì come io vi mostreròvedrete veramente che quello che sipuò segar del prisma e levar via senza indebolirlonon è la sua quarta partema la terza. Ora resta (che è quello che accennava il Sig. Sagredo) il ritrovarsecondo che linea si deve far camminar la sega: la quale proverò che deve esserlinea parabolica. Ma prima è necessario dimostrare certo lemmache è tale:

Se saranno due libre o levedivise da i loro sostegni in modoche le duedistanze dove si hanno a costituire le potenzeabbiano tra di loro doppiaproporzione delle distanze dove saranno le resistenzele quali resistenzesiano tra loro come le lor distanzele potenze sostenenti saranno eguali.

Siano due leve ABCDdivise sopra i lor sostegni EFtalmenteche la distanza EB alla FD abbia doppia proporzione diquella che ha la distanza EA alla FC; ed intendansi in ACresistenze tra di loro nella proporzione di EAFC: dicolepotenze che in BD sosterranno le resistenze di ACesser tra loro eguali. Pongasi la EG media proporzionale tra EB e FD:sarà dunque come BE ed EGcosì GE ad FD ed AEa CF; e così si è posto esser la resistenza di A alla resistenzadi C. E perché come EG ad FDcosì AE a CFsaràpermutandocome GE ad EA così DF ad FC; eperò (per esser le due leve DCGA divise proporzionalmente ne ipunti FE) quando la potenza che posta in D pareggia laresistenza di Cfusse in Gpareggerebbe la medesima resistenzadi C posta in A: maper il datola resistenza di C ha lamedesima proporzione che la AE alla CFcioè che la BEalla EG: adunque la potenza Go vogliam dire Dposta in Bsosterrà la resistenza posta in A: che è quello che si doveva provare.

Inteso questonella faccia FB del prisma DB sia segnata lalinea parabolica FNBil cui vertice Bsecondo la quale siasegato esso prismarestando il solido compreso dalla base ADdal pianorettangolo AGdalla linea retta BG e dalla superficie DGBFincurvata secondo la curvità della linea parabolica FNB: dicotalsolido esser per tutto egualmente resistente. Sia segato dal piano COparallelo all'ADe intendansi due leve divise e posate sopra i sostegni ACe siano dell'una le distanze BAAFe dell'altra le BCCN. E perché nella parabola FBA la AB alla BC stacome il quadrato della FA al quadrato di CNè manifestoladistanza BA dell'una leva alla distanza BC dell'altra aver doppiaproporzione di quella che ha l'altra distanza AF all'altra CN: eperché la resistenza da pareggiarsi con la leva BA alla resistenza dapareggiarsi con la leva BC ha la medesima proporzione che 'l rettangolo DAal rettangolo OCla quale è la medesima che ha la linea AF alla NCche sono l'altre due distanze delle leveè manifestoper il lemma passatoche la medesima forza che sendo applicata alla linea BG pareggerà laresistenza DApareggerà ancora la resistenza CO. Ed il medesimosi dimostrerà segandosi il solido in qual si sia altro luogo: adunque talsolido parabolico è per tutto egualmente resistente. Che poisegandosi ilprisma secondo la linea parabolica FNBse ne levi la terza partesi famanifesto: perché la semiparabola FNBA e 'l rettangolo FB sonbasi di due solidi compresi tra due piani parallelicioè tra i rettangoli FBDGper lo che ritengono tra di loro la medesima proporzione che esse lorbasi; ma il rettangolo FB è sesquialtero della semiparabola FNBA;adunquesegando il prisma secondo la linea parabolicase ne leva la terzaparte. Di qui si vede come con diminuzion di peso di più di trentatré percento si posson far i travamentisenza diminuir punto la loro gagliardia; ilche ne i navilii grandiin particolare per regger le covertepuò esserd'utile non piccoloatteso che in cotali fabbriche la leggerezza importainfinitamente.

Sagr. Le utilità son tantechelungo o impossibil sarebbe il registrarle tutte: ma iolasciate queste dabandaarei più gusto d'intender che l'alleggerimento si faccia secondo leproporzioni assegnate. Che il taglio secondo la diagonale levi la metà delpesol'intendo benissimo; ma che l'altrosecondo la parabolicaporti via laterza parte del prismaposso crederlo al Sig. Salviatisempre veridicoma inciò più della fede mi sarebbe grata la scienza.

Salv. Vorreste dunque aver ladimostrazionecome sia vero che l'eccesso del prisma sopra questo che per orachiamiamo solido parabolicosia la terza parte di tutto il prisma. So d'averloaltra volta dimostrato; tenterò ora se potrò rimetter insieme ladimostrazioneper la quale intanto mi sovvien che mi servivo di certo lemmad'Archimedeposto da esso nel libro delle Spirali: ed èche se quante lineesi vogliono si eccederanno egualmentee l'eccesso sia eguale alla minima diquelleed altrettante siano ciascheduna eguale alla massimai quadrati ditutte queste saranno meno che tripli de i quadrati di quelle che si eccedono; mai medesimi saranno ben più che tripli di quelli altri che restanotrattone ilquadrato della massima.

Posto questosia in questo rettangolo ACBP inscritta la lineaparabolica AB: doviamo provareil triangolo misto BAPi cui latisono BPPA e base la linea parabolica BAesser la terzaparte di tutto 'l rettangolo CP. Imperò chese non è talesarà opiù che la terza parte o meno. Siase esser puòmenoed a quello che glimanca intendasi esser eguale lo spazio X. Dividendo poi il rettangolo CPcontinuamente in parti eguali con linee parallele a i lati BPCAarriveremo finalmente a parti talich'una di loro sarà minore dello spazio X:or sia una di quelle il rettangolo OBe per i punti dove l'altreparallele segano la linea parabolicafacciansi passare le parallele alla AP;e qui intenderò circoscritta intorno al nostro triangolo misto una figuracomposta di rettangoliche sono BOINHMFLEKGAla qual figura sarà pur ancora meno che la terza parte delrettangolo CPessendo che l'eccesso di essa figura sopra 'l triangolomisto è manco assai del rettangolo BOil quale è ancor minore dellospazio X.

Sagr. Pianodi graziach'io nonvedo come l'eccesso di questa figura circoscritta sopra 'l triangolo misto siamanco assai del rettangolo BO.

Salv. Il rettangolo BO non èegli eguale a tutti questi rettangoletti per i quali passa la nostra lineaparabolica? dico di questi BIIHHFFEEGGAde i quali una parte sola resta fuori del triangolo misto? ed ilrettangolo BO non si è egli posto ancor minore nello spazio X?Adunquese il triangolo insieme con l'X pareggiavaper l'avversariolaterza parte del rettangolo CPla figura circoscrittache al triangoloaggiugne tanto meno che lo spazio Xresterà pur ancora minore dellaterza parte del rettangolo medesimo CP: ma questo non può essereperché ella è più della terza parte: adunque non è vero che il nostrotriangolo misto sia manco del terzo del rettangolo.

Sagr. Ho intesa la soluzione del miodubbio. Ma bisogna ora provarci che la figura circoscritta sia più della terzaparte del rettangolo CPdove credo che aremo assai più da fare.

Salv. Eh non ci è gran difficoltà.Imperò che nella parabola il quadrato della linea DE al quadrato della ZGha la medesima proporzione che la linea DA alla AZche è quellache ha il rettangolo KE al rettangolo AG (per esser l'altezze AKKL eguali); adunque la proporzione che ha il quadrato ED alquadrato ZGcioè il quadrato LA al quadrato AKl'haancora il rettangolo KE al rettangolo KZ. E nel medesimo modoappunto si proverà de gli altri rettangoli LFMHNIOBstar tra di loro come i quadrati delle linee MANAOAPA.Consideriamo adesso come la figura circoscritta è composta di alcuni spazii chetra di loro stanno come i quadrati di linee che si eccedono con eccessi egualialla minimae come il rettangolo CP è composto di altrettanti spaziiciascuno eguale al massimoche sono tutti i rettangoli eguali all'OB;adunqueper il lemma d'Archimedela figura circoscritta è più della terzaparte del rettangolo CP: ma era anche minoreil che è impossibile:adunque il triangolo misto non è manco del terzo del rettangolo CP. Dicoparimente che non è più. Imperò chese è più del terzo del rettangolo CPintendasi lo spazio X eguale all'eccesso del triangolo sopra la terzaparte di esso rettangolo CP; e fatta la divisione e suddivisione delrettangolo in rettangoli sempre egualisi arriverà a tale che uno di quellisia minore dello spazio X. Sia fattae sia il rettangolo BOminore dell'X; e descritta come sopra la figuraavremo nel triangolomisto inscritta una figura composta de i rettangoli VOTNSMRLQKla quale non sarà ancora minore della terza parte delgran rettangolo CP. Imperò che il triangolo misto supera di manco assaila figura inscritta di quello che egli superi la terza parte di esso rettangolo CPatteso che l'eccesso del triangolo sopra la terza parte del rettangolo CPè eguale allo spazio Xil quale è minore del rettangolo BOequesto è anco minore assai dell'eccesso del triangolo sopra la figurainscrittagli; imperò che ad esso rettangolo BO sono eguali tutti irettangoletti AGGEEFFHHIIBde i quali son ancora manco che la metà gli avanzi del triangolo sopra lafigura inscritta. E peròavanzando il triangolo la terza parte del rettangolo CPdi più assai (avanzandolo dello spazio X) che ei non avanza la suafigura inscrittasarà tal figura ancora maggiore della terza parte delrettangolo CP: ma ella è minoreper il lemma supposto; imperò che ilrettangolo CPcome aggregato di tutti i rettangoli massimia irettangoli componenti la figura inscritta ha la medesima proporzione chel'aggregato di tutti i quadrati delle linee eguali alla massima a i quadratidelle linee che si eccedono egualmentetrattone il quadrato della massima; eperò (come de i quadrati accade) tutto l'aggregato de i massimi (che è ilrettangolo CP) è più che triplo dell'aggregato de gli eccedentisitrattone il massimoche compongono la figura inscritta. Adunque il triangolomisto non è né maggiore né minore della terza parte del rettangolo CP;è dunque eguale.

Sagr. Bella e ingegnosadimostrazionee tanto piùquanto ella ci dà la quadratura della parabolamostrandola essere sesquiterza del triangolo inscrittogliprovando quello cheArchimede con due tra di loro diversissimima amendue ammirabiliprogressi dimolte proposizioni dimostrò; come anco fu dimostrata ultimamente da LucaValerioaltro Archimede secondo dell'età nostrala qual dimostrazione èregistrata nel libro che egli scrisse del centro della gravità de i solidi.

Salv. Libro veramente da non esserposposto a qual si sia scritto da i più famosi geometri del presente e di tuttii secoli passati; il quale quando fu veduto dall'Accademico nostrolo fecedesistere dal proseguire i suoi trovatiche egli andava continuando di scriveresopra 'l medesimo suggettogià che vedde il tutto tanto felicemente ritrovatoe dimostrato dal detto Sig. Valerio.

Sagr. Io ero informato di tuttoquesto accidente dall'istesso Accademico: e l'avevo anco ricercato che milasciasse una volta vedere le sue dimostrazioni sin allora ritrovate quando eis'incontrò nel libro del Sig. Valerioma non mi successe poi il vederle.

Salv. Io ne ho copiae le mostreròa V. S.che averà gusto di vedere la diversità de i metodi con i qualicamminano questi due autori per l'investigazione delle medesime conclusioni eloro dimostrazioni; dove anco alcune delle conclusioni hanno differenteesplicazionebenché in effetto egualmente vere.

Sagr. Mi sarà molto caro il vederlee V. S.quando ritorni a i soliti congressimi farà grazia di portarle seco.Ma intantoessendo questadella resistenza del solido cavato dal prisma coltaglio parabolicooperazione non men bella che utile in molte opere mecanichebuona cosa sarebbe per gli artefici l'aver qualche regola facile e spedita perpotere sopra 'l piano del prisma segnare essa linea parabolica.

Salv. Modi di disegnar tali linee cene son moltima due sopra tutti gli altri speditissimi glie ne dirò io: uno dei quali è veramente maravigliosopoiché con essoin manco tempo che colcompasso altri disegnerà sottilmente sopra una carta quattro o sei cerchi didifferenti grandezzeio posso disegnare trenta e quaranta linee parabolichenon men giuste sottili e pulite delle circonferenze di essi cerchi. Io ho unapalla di bronzo esquisitamente rotondanon più grande d'una noce; questatirata sopra uno specchio di metallotenuto non eretto all'orizontemaalquanto inchinatosì che la palla nel moto vi possa camminar sopracalcandolo leggiermente nel muoversilascia una linea parabolicasottilissimamente e pulitissimamente descrittae più larga e più strettasecondo che la proiezzione si sarà più o meno elevata. Dove anco abbiamochiara e sensata esperienzail moto de i proietti farsi per linee paraboliche:effetto non osservato prima che dal nostro amicoil quale ne arreca anco ladimostrazione nel suo libro del motoche vedremo insieme nel primo congresso.La palla poiper descrivere al modo detto le parabolebisognacon maneggiarlaalquanto con la manoscaldarla ed alquanto inumidirlaché così lascerà piùapparenti sopra lo specchio i suoi vestigii. L'altro modoper disegnar lalineache cerchiamosopra il prismaprocede così. Ferminsi ad alto duechiodi in un pareteequidistanti all'orizonte e tra di loro lontani il doppiodella larghezza del rettangolo su 'l quale vogliamo notare la semiparabolae daquesti due chiodi penda una catenella sottilee tanto lunga che la sua sacca sistenda quanta è la lunghezza del prisma: questa catenella si piega in figuraparabolicasì che andando punteggiando sopra 'l muro la strada che vi fa essacatenellaaremo descritta un'intera parabolala quale con un perpendicolochependa dal mezo di quei due chiodisi dividerà in parti eguali. Il trasferirpoi tal linea sopra le faccie opposte del prisma non ha difficoltà nessunasìche ogni mediocre artefice lo saprà fare. Potrebbesi anco con l'aiuto dellelinee geometriche segnate su 'l compasso del nostro amicosenz'altra fatturaandar su l'istessa faccia del prisma punteggiando la linea medesima.

Abbiamo sin qui dimostrate tante conclusioni attenenti alla contemplazione diqueste resistenze de i solidi all'essere spezzaticon l'aver prima apertol'ingresso a tale scienza col suppor come nota la resistenza per dirittoche sipotrà consequentemente camminar avantiritrovandone altre ed altreconclusionie loro dimostrazionidi quelle che in natura sono infinite. Soloper oraper ultimo termine de gli odierni ragionamentivoglio aggiugnere laspecolazione delle resistenze de i solidi vacuide i quali l'artee più lanaturasi serve in mille operazionidove senza crescer peso si crescegrandemente la robustezzacome si vede nell'ossa de gli uccelli ed inmoltissime canneche son leggiere e molto resistenti al piegarsi e rompersi:che se un fil di pagliache sostien una spiga più grave di tutto 'l gambofusse fatto della medesima quantità di materiama fusse massicciosarebbeassai meno resistente al piegarsi ed al rompersi. E con tal ragione ha osservatol'artee confermato l'esperienzache un'asta vota o una canna di legno o dimetallo è molto più salda che se fussed'altrettanto peso e della medesimalunghezzamassicciache in consequenza sarebbe più sottile; e però l'arte hatrovato di far vote dentro le lanciequando si desideri averle gagliarde eleggiere. Mostreremo per tantocome:

Le resistenze di due cilindri eguali ed egualmente lunghil'uno de i qualisia voto e l'altro massicciohanno tra di loro la medesima proporzione che ilor diametri.

Sianola canna o cilindro voto AEed il cilindro INmassiccioeguali in peso ed egualmente lunghi: dicola resistenza della canna AEall'esser rotta alla resistenza del cilindro solido IN aver la medesimaproporzione che 'l diametro AB al diametro IL. Il che è assaimanifesto: perchéessendo la canna e 'l cilindro IN eguali edegualmente lunghiil cerchio ILbase del cilindrosarà eguale allaciambella ABbase della canna AE (chiamo ciambella lasuperficie che restatratto un cerchio minore dal suo concentrico maggiore)eperò le loro resistenze assolute saranno eguali: ma perché nel romper intraverso ci serviamonel cilindro INdella lunghezza LN perlevae per sostegno del punto Le del semidiametro o diametro LIper contrallevae nella canna la parte della levacioè la linea BEèeguale alla LNma la contralleva oltre al sostegno B è ilsemidiametro o diametro ABresta manifestola resistenza della cannasuperar quella del cilindro solido secondo l'eccesso del diametro ABsopra 'l diametro IL: che è quello che cercavamo. S'acquistadunquedirobustezza nella canna vota sopra la robustezza del cilindro solido secondo laproporzione de i diametritutta volta però che amendue siano dell'istessamateriapeso e lunghezza. Sarà bene che conseguentemente andiamo investigandoquello che accaggia negli altri casi indifferentemente tra tutte le canne ecilindri solidi egualmente lunghibenché in quantità di peso diseguali e piùe meno evacuati. E prima dimostreremocome:

Data una canna votasi possa trovare un cilindro pienoeguale ad essa.

Facilissima è tal operazione. Imperò che sia la linea AB diametrodella cannae CD diametro del voto: applichisi nel cerchio maggiore lalinea AE egual al diametro CDe congiungasi la EB. Eperché nel mezo cerchio AEB l'angolo E è rettoil cerchio ilcui diametro è ABsarà eguale alli due cerchi de i diametri AEEB; ma AE è il diametro del voto della canna; adunque il cerchioil cui diametro sia EBsarà egual alla ciambella ACBD: e peròil cilindro solidoil cerchio della cui base abbia il diametro EBsaràeguale alla cannaessendo egualmente lungo. Dimostrato questopotremospeditamente

Trovare qual proporzione abbiano le resistenze d'una canna e di uncilindroqualunque sianopur che egualmente lunghi.

Sia la canna ABEed il cilindro RSM egualmente lungo: bisognatrovare qual proporzione abbiano tra di loro le lor resistenze. Trovisiper laprecedenteil cilindro ILN eguale alla canna ed egualmente lungoedelle linee ILRS (diametri delle basi de i cilindri INRM)sia quarta proporzionale la linea V: dicola resistenza della canna AEa quella del cilindro RM esser come la linea AB alla V.Imperò cheessendo la canna AE eguale ed egualmente lunga al cilindro INla resistenza della canna alla resistenza del cilindro starà come la linea ABalla IL: ma la resistenza del cilindro IN alla resistenza delcilindro RM sta come il cubo IL al cubo RScioè come lalinea IL alla V; adunqueex æqualila resistenza dellacanna AE alla resistenza del cilindro RM ha la medesimaproporzione che la linea AB alla V: che è quello che si cercava.

 

Finisce la seconda Giornata

GIORNATA TERZA
DEL MOTO LOCALE

Diamo avvio a una nuovissima scienza intorno a un soggetto antichissimo.Nulla v'èforsein naturadi più antico del motoe su di esso ci sono nonpochi voluminé di piccola molescritti dai filosofi; tuttavia tra le sueproprietà ne trova molte chepur degne di essere conosciutenon sono maistate finora osservatenonché dimostrate. Se ne rilevano alcune piùimmediatecome quellaad esempioche il moto naturale dei gravi discendentiaccelera continuamente; peròsecondo quale proporzione tale accelerazioneavvenganon è stato sin qui mostrato: nessunoche io sappiainfattihadimostrato che un mobile discendente a partire dalla quiete percorrein tempiegualispazi che ritengono tra di loro la medesima proporzione che hanno inumeri impari successivi ab unitate. È stato osservato che i corpi lanciatiovverossia i proiettidescrivono una linea curva di un qualche tipo; peròcheessa sia una parabolanessuno l'ha mostrato. Che sia cosìlo dimostreròinsieme ad altre non poche cosené meno degne di essere conosciuteeciòche ritengo ancor più importantesi apriranno le porte a una vastissima eimportantissima scienzadella quale queste nostre ricerche costituiranno glielementi; altri ingegni più acuti del mio ne penetreranno poi più ascosirecessi.

Dividiamo in tre parti la trattazione: nella prima parte consideriamo ciòche concerne il moto equabile o uniforme; nella seconda trattiamo del motonaturalmente accelerato; nella terzadel moto violentoossia dei proietti.

DEL MOTO EQUABILE

Circa il moto equabile o uniformeci occorre una sola definizionecheformulo così:

DEFINIZIONE
Moto eguale o uniforme intendo quello in cui gli spazi percorsi da un mobilein tempi egualicomunque presirisultano tra di loro eguali.

AVVERTENZA
Ci è parso opportuno aggiungere alla vecchia definizione (che semplicementeparla di moto equabileallorché in tempi eguali vengono percorsi spazi eguali)l'espressione comunque presicioè per tutti i tempi che siano eguali: infattipuò accadere che in determinati tempi eguali un mobile percorra spazi egualimentre spazipercorsi in frazioni di tempo minorisebbene egualinon sianoeguali. Dalla precedente definizione dipendono quattro assiomicioè:

ASSIOMA 1
In uno stesso moto equabilelo spazio percorso in un tempo più lungo èmaggiore dello spazio percorso in un tempo più breve.

ASSIOMA 2
In uno stesso moto equabileil tempo in cui è percorso uno spazio maggiore èpiù lungo del tempo impiegato a percorrere uno spazio minore.

ASSIOMA 3
Lo spaziopercorso in un dato tempo a velocità maggioreè maggiore di quellopercorsonello stesso tempoa velocità minore.

ASSIOMA 4
La velocitàcon cui in un dato tempo viene percorso uno spazio maggioreèmaggiore di quella con cuinello stesso tempoviene percorso uno spaziominore.

TEOREMA 1. PROPOSIZIONE 1
Se un mobiledotato di moto equabilepercorre due spazi con una stessavelocitài tempi dei moti staranno tra di loro come gli spazi percorsi.

TEOREMA 2. PROPOSIZIONE 2
Se un mobile percorre due spazi in tempi egualiquegli spazi staranno tra lorocome le velocità. E se gli spazi stanno tra loro come le velocitài tempisaranno eguali.

TEOREMA 3. PROPOSIZIONE 3
Se il medesimo spazio viene percorso con velocità disegualii tempi dei motirispondono contrariamente [sono inversamente proporzionali] allevelocità.

TEOREMA 4. PROPOSIZIONE 4
Se due mobili si muovono di moto equabilema con diseguale velocitàgli spazipercorsi da essi in tempi diseguali avranno tra di loro una proporzione compostadella proporzione tra le velocità e della proporzione tra i tempi.

TEOREMA 5. PROPOSIZIONE 5
Se due mobili si muovono di moto equabilema le loro velocità sono diseguali ediseguali gli spazi percorsila proporzione tra i tempi risulterà compostadella proporzione tra gli spazi e della proporzione tra le velocitàpermutatamente prese [proporzione inversa delle velocità].

TEOREMA 6. PROPOSIZIONE 6
Se due mobili si muovono di moto equabilela proporzione tra le loro velocitàrisulterà composta della proporzione tra gli spazi percorsi e della proporzionetra i tempi permutatamente presi [proporzione inversa dei tempi].

Salv. Questo che abbiamo vedutoèquanto il nostro Autore ha scritto del moto equabile. Passeremo dunque a piùsottile e nuova contemplazione intorno al moto naturalmente acceleratoquale èquello che generalmente è esercitato da i mobili gravi descendenti: ed ecco iltitolo e l'introduzione.

DEL MOTO NATURALMENTE ACCELERATO

Le proprietà del moto equabile sono state considerate nel libro precedente:ora dobbiamo trattare del moto accelerato.

E in primo luogo conviene investigare e spiegare la definizione checorrisponde esattamente al moto accelerato di cui si serve la natura. Infattisebbene sia lecito immaginare arbitrariamente qualche forma di moto econtemplare le proprietà che ne conseguono (cosìinfatticoloro che siimmaginarono linee spirali o concoidioriginate da certi movimentine hannolodevolmente dimostrate le proprietà argomentando ex suppositioneanche se ditali movimenti non usi la natura)tuttaviadal momento che la natura si servedi una certa forma di accelerazione nei gravi discendentiabbiamo stabilito distudiarne le proprietàposto che la definizione che daremo del nostro motoaccelerato abbia a corrispondere con l'essenza del moto naturalmente accelerato.Questa coincidenza crediamo di averla raggiunta finalmentedopo lungheriflessioni; soprattutto per il fatto che le proprietàda noi successivamentedimostrate [dalla nostra definizione]sembrano esattamente corrispondere ecoincidere con ciò che gli esperimenti naturali presentano ai sensi. Infine astudiare il moto naturalmente accelerato siamo stati condotti quasi per manodall'osservazione della consuetudine e della regola seguite dalla naturamedesima in tutte le altre sue operenella cui attuazione suole far uso deimezzi più immediatipiù semplicipiù facili. Ritengo infatti che non vi sianessunoil quale creda che si possa praticare il nuoto o il volo in una manierapiù semplice e più facile di quella usataper istinto naturaledai pesci edagli uccelli.

Quandodunqueosservo che una pietrache discende dall'alto a partiredalla quieteacquista via via nuovi incrementi di velocitàperché non dovreicredere che tali aumenti avvengano secondo la più semplice e più ovviaproporzione? Orase consideriamo attentamente la cosanon troveremo nessunaumento o incremento più semplice di quello che aumenta sempre nel medesimomodo. Il che facilmente intenderemo considerando la stretta connessione tratempo e moto: come infatti la equabilità e uniformità del moto si definisce esi concepisce sulla base della eguaglianza dei tempi e degli spazi (infattichiamiamo equabile il motoallorché in tempi eguali vengono percorsi spazieguali)cosìmediante una medesima suddivisione uniforme del tempopossiamoconcepire che gli incrementi di velocità avvengano con [altrettanta]semplicità; [lo possiamo] in quanto stabiliamo in astratto che risultiuniformemente enel medesimo modocontinuamente acceleratoquel moto che intempi egualicomunque presiacquista eguali aumenti di velocità. Cosicchéconsiderando un numero qualsiasi di frazioni di tempo eguali a partire dal primoistante in cui il mobile abbandona la quiete e comincia a scendereil grado divelocità acquistato nella prima e seconda frazione di tempo prese insiemeèdoppio rispetto al grado di velocità acquistato dal mobile nella primafrazione; e il grado che si ottiene in tre frazioni di tempoè triplo; quelloacquistato in quattroquadruplo del medesimo grado del primo tempo: sì che(per maggiore chiarezza)se il mobile continuasse il suo moto secondo il gradoo momento di velocità acquistato nella prima frazione di tempo e lo proseguisseuniformemente con tale gradoquesto moto sarebbe due volte più lento di quelloche [il mobile] otterrebbe secondo il grado di velocità acquistato in duefrazioni di tempo. E così ci sembra di non discordare affatto dalla rettaragione se ammettiamo che l'intensità della velocità cresca secondol'estensione del tempo [la velocità sia proporzionale al tempo].

Possiamo quindi ammettere la seguente definizione del moto di cui tratteremo:Moto equabilmenteossia uniformemente acceleratodico quello chea partiredalla quietein tempi eguali acquista eguali momenti di velocità.

Sagr. Iosì come fuor di ragione miopporrei a questa o ad altra definizione che da qualsivoglia autore fusseassegnataessendo tutte arbitrariecosì ben posso senza offesa dubitare setal definizioneconcepita ed ammessa in astrattosi adatticonvenga e siverifichi in quella sorte di moto accelerato che i gravi naturalmentedescendenti vanno esercitando. E perché pare che l'Autore ci prometta che talequale egli ha definitosia il moto naturale de i gravivolentieri mi sentireirimuover certi scrupoli che mi perturbano la menteacciò poi con maggiorattenzione potessi applicarmi alle proposizionie lor dimostrazioniche siattendono.

Salv. È bene che V. S. ed il Sig.Simplicio vadano proponendo le difficoltà; le quali mi vo immaginando che sianoper essere quelle stesse che a me ancora sovvenneroquando primieramente veddiquesto trattatoe che o dall'Autor medesimoragionandone secomi furonsopiteo tal una ancora da me stessoco 'l pensarvirimosse.

Sagr. Mentre io mi vo figurandounmobile grave descendente partirsi dalla quietecioè dalla privazione di ognivelocitàed entrare nel motoed in quello andarsi velocitando secondo laproporzione che cresce 'l tempo dal primo instante del motoad averev. g.inotto battute di polso acquistato otto gradi di velocitàdella quale nellaquarta battuta ne aveva guadagnati quattronella seconda duenella prima unoessendo il tempo subdivisibile in infinitone séguita chediminuendosi semprecon tal ragione l'antecedente velocitàgrado alcuno non sia di velocità cosìpiccoloo vogliamo dir di tardità così grandenel quale non si sia trovatocostituito l'istesso mobile dopo la partita dall'infinita tarditàcioè dallaquiete: tal chese quel grado di velocità ch'egli ebbe alle quattro battute ditempoera tale chemantenendola equabilearebbe corso due miglia in un'oraeco 'l grado di velocità ch'ebbe nella seconda battuta arebbe fatto un miglioper oraconvien dire che ne gl'instanti del tempo più e più vicini al primodella sua mossa dalla quiete si trovasse così tardoche non arebbe (seguitandodi muoversi con tal tardità) passato un miglio in un'orané in un giornonéin un annoné in millené passato anco un sol palmo in tempo maggiore;accidente al quale pare che assai mal agevolmente s'accomodi l'immaginazionementre che il senso ci mostraun grave cadente venir subito con gran velocità.

Salv. Questa è una delle difficoltàche a me ancora su 'l principio dette che pensarema non molto dopo la rimossi;ed il rimuoverla fu effetto della medesima esperienza che di presente a voi lasuscita. Voi diteparervi che l'esperienza mostriche a pena partitosi ilgrave dalla quieteentri in una molto notabile velocità; ed io dico che questamedesima esperienza ci chiariscei primi impeti del cadentebenchégravissimoesser lentissimi e tardissimi. Posate un grave sopra una materiacedentelasciandovelo sin che prema quanto egli può con la sua semplicegravità: è manifesto chealzandolo un braccio o duelasciandolo poi caderesopra la medesima materiafarà con la percossa nuova pressionee maggiore chela fatta prima co 'l solo peso; e l'effetto sarà cagionato dal mobile cadentecongiunto con la velocità guadagnata nella cadutail quale effetto sarà piùe più grandesecondo che da maggior altezza verrà la percossacioè secondoche la velocità del percuziente sarà maggiore. Quanta dunque sia la velocitàd'un grave cadentelo potremo noi senza errore conietturare dalla qualità equantità della percossa. Ma ditemiSignori: quel mazzo che lasciato caderesopra un palo dall'altezza di quattro braccia lo ficca in terrav. g.quattroditavenendo dall'altezza di duo braccia lo caccerà assai mancoe menodall'altezza di unoe manco da un palmo; e finalmentesollevandolo un ditoche farà di più che sesenza percossavi fusse posto sopra? certopochissimo: ed operazione del tutto impercettibile sarebbese si elevassequanto è grosso un foglio. E perché l'effetto della percossa si regola dallavelocità del medesimo percuzientechi vorrà dubitare che lentissimo sia 'lmoto e più che minima la velocitàdove l'operazione sua sia impercettibile?Veggano ora quanta sia la forza della veritàmentre l'istessa esperienza chepareva nel primo aspetto mostrare una cosameglio considerata ci assicura delcontrario. Ma senza ridursi a tale esperienza (che senza dubbio èconcludentissima)mi pare che non sia difficile co 'l semplice discorsopenetrare una tal verità. Noi abbiamo un sasso gravesostenuto nell'aria inquiete; si libera dal sostegno e si pone in libertàecome più gravedell'ariavien descendendo al bassoe non con moto equabilema lento nelprincipioe continuamente dopo accelerato: ed essendo che la velocità èaugumentabile e menomabile in infinitoqual ragione mi persuaderà che talmobilepartendosi da una tardità infinita (ché tal è la quiete)entriimmediatamente in dieci gradi di velocità più che in una di quattroo inquesta prima che in una di duedi unodi un mezodi un centesimo? ed in sommain tutte le minori in infinito? Sentitein grazia. Io non credo che voi fusterenitenti a concedermi che l'acquisto de i gradi di velocità del sasso cadentedallo stato di quiete possa farsi co 'l medesimo ordine che la diminuzione eperdita de i medesimi gradimentre da virtù impellente fusse ricacciato in sualla medesima altezza; ma quando ciò sianon veggo che si possa dubitare chenel diminuirsi la velocità del sasso ascendenteconsumandola tuttapossapervenire allo stato di quiete prima che passar per tutti i gradi di tardità.

Simp. Ma se i gradi di tarditàmaggiore e maggiore sono infinitigià mai non si consumeranno tutti; onde talgrave ascendente non si condurrà mai alla quietema infinitamente si moveràritardandosi sempre: cosa che non si vede accadere.

Salv. Accaderebbe cotestoSig.Simplicioquando il mobile andasse per qualche tempo trattenendosi inciaschedun grado; ma egli vi passa solamentesenza dimorarvi oltre a uninstante; e perché in ogni tempo quantoancor che piccolissimosono infinitiinstantiperò son bastanti a rispondere a gl'infiniti gradi di velocitàdiminuita. Che poi tal grave ascendente non persista per verun tempo quanto inalcun medesimo grado di velocitàsi fa manifesto così: perché seassegnatoqualche tempo quantonel primo instante di tal tempo ed anco nell'ultimo ilmobile si trovasse aver il medesimo grado di velocitàpotrebbe da questosecondo grado esser parimente sospinto in su per altrettanto spaziosì comedal primo fu portato al secondoe per l'istessa ragione passerebbe dal secondoal terzoe finalmente continuerebbe il suo moto uniforme in infinito.

Sagr. Da questo discorso mi par chesi potrebbe cavare una assai congrua ragione della quistione agitata tra ifilosofiqual sia la causa dell'accelerazione del moto naturale de i gravi.Imperò chementre io consideronel grave cacciato in su andarsi continuamentediminuendo quella virtù impressagli dal proiciente; la qualesin che fusuperiore all'altra contraria della gravitàlo sospinse in alto; giunte chesiano questa e quella all'equilibrioresta il mobile di più salire e passa perlo stato della quietenel quale l'impeto impresso non è altramenteannichilitoma solo consumatosi quell'eccesso che pur dianzi aveva sopra lagravità del mobileper lo qualeprevalendoglilo spingeva in su;continuandosi poi la diminuzione di questo impeto stranieroed in consequenzacominciando il vantaggio ad esser dalla parte della gravitàcomincia altresìla scesama lenta per il contrasto della virtù impressabuona parte dellaquale rimane ancora nel mobile; ma perché ella pur va continuamentediminuendosivenendo sempre con maggior proporzione superata dalla gravitàquindi nasce la continua accelerazione del moto.

Simp. Il pensiero è argutoma piùsottile che saldo: imperò chequando pur sia concludentenon sodisfà se nona quei moti naturali a i quali sia preceduto un moto violentonel quale restiancora vivace parte della virtù esterna; ma dove non sia tal residuoma siparta il mobile da una antiquata quietecessa la forza di tutto il discorso.

Sagr. Credo che voi siate in erroree che questa distinzione di casiche fatesia superfluaoper dir meglionulla. Però ditemise nel proietto può esser tal volta impressa dalproiciente molta e tal ora poca virtùsì che possa essere scagliato in altocento bracciaed anco ventio quattroo uno?

Simp. Non è dubbio che sì.

Sagr. E non meno potrà cotal virtùimpressa di così poco superar la resistenza della gravitàche non l'alzi piùd'un dito; e finalmente può la virtù del proiciente esser solamente tantachepareggi per l'appunto la resistenza della gravitàsì che il mobile sia noncacciato in altoma solamente sostenuto. Quando dunque voi reggete in mano unapietrache altro gli fate voi che l'imprimerli tanta virtù impellente all'insuquanta è la facoltà della sua gravitàtraente in giù? e questa vostravirtù non continuate voi di conservargliela impressa per tutto il tempo che voila sostenete in mano? si diminuisce ella forse per la lunga dimora che voi lareggete? e questo sostentamento che vieta la scesa al sassoche importa che siafatto più dalla vostra manoche da una tavolao da una corda dalla quale eisia sospeso? Certo niente. Concludete pertantoSig. Simplicioche il precederealla caduta del sasso una quiete lunga o breve o momentaneanon fa differenzaalcunasì che il sasso non parta sempre affetto da tanta virtù contraria allasua gravitàquanta appunto bastava a tenerlo in quiete.

Salv. Non mi par tempo opportunod'entrare al presente nell'investigazione della causa dell'accelerazione delmoto naturaleintorno alla quale da varii filosofi varie sentenzie sono stateprodotteriducendola alcuni all'avvicinamento al centroaltri al restarsuccessivamente manco parti del mezo da fendersialtri a certa estrusione delmezo ambienteil qualenel ricongiugnersi a tergo del mobilelo va premendo econtinuatamente scacciando; le quali fantasiecon altre appressoconverrebbeandare esaminando e con poco guadagno risolvendo. Per ora basta al nostro Autoreche noi intendiamo che egli ci vuole investigare e dimostrare alcune passioni diun moto accelerato (qualunque si sia la causa della sua accelerazione) talmenteche i momenti della sua velocità vadano accrescendosidopo la sua partitadalla quietecon quella semplicissima proporzione con la quale cresce lacontinuazion del tempoche è quanto dire che in tempi eguali si faccianoeguali additamenti di velocità; e se s'incontrerà che gli accidenti che poisaranno dimostrati si verifichino nel moto de i gravi naturalmente descendentied acceleratipotremo reputare che l'assunta definizione comprenda cotal motode i gravie che vero sia che l'accelerazione loro vadia crescendo secondo checresce il tempo e la durazione del moto.

Sagr. Per quanto per ora mi sirappresenta all'intellettomi pare che con chiarezza forse maggiore si fussepotuto definiresenza variare il concetto: Moto uniformemente accelerato esserquellonel qual la velocità andasse crescendo secondo che cresce lo spazio chesi va passando; sì cheper esempioil grado di velocità acquistato dalmobile nella scesa di quattro braccia fusse doppio di quello ch'egli ebbe scesoche e' fu lo spazio di duee questo doppio del conseguito nello spazio delprimo braccio. Perché non mi par che sia da dubitareche quel grave che vienedall'altezza di sei braccianon abbia e perquota con impeto doppio di quelloche ebbesceso che fu tre bracciae triplo di quello che ebbe alle dueesescuplo dell'auto nello spazio di uno.

Salv. Io mi consolo assai d'aver autoun tanto compagno nell'errore; e più vi dirò che il vostro discorso ha tantodel verisimile e del probabileche il nostro medesimo Autore non mi negòquando io glielo proposid'esser egli ancora stato per qualche tempo nellamedesima fallacia. Ma quello di che io poi sommamente mi maravigliaifu ilvedere scoprir con quattro semplicissime parolenon pur falsema impossibilidue proposizioni che hanno del verisimile tantoche avendole io proposte amoltinon ho trovato chi liberamente non me l'ammettesse.

Simp. Veramente io sarei del numerode i conceditori: e che il grave descendente vires acquirat eundocrescendo la velocità a ragion dello spazioe che 'l momento dell'istessopercuziente sia doppio venendo da doppia altezzami paiono proposizioni daconcedersi senza repugnanza o controversia.

Salv. E pur son tanto false eimpossibiliquanto che il moto si faccia in un instante: ed eccovenechiarissima dimostrazione. Quando le velocità hanno la medesima proporzione chegli spazii passati o da passarsitali spazii vengon passati in tempi eguali; sedunque le velocità con le quali il cadente passò lo spazio di quattro bracciafuron doppie delle velocità con le quali passò le due prime braccia (sì comelo spazio è doppio dello spazio)adunque i tempi di tali passaggi sono eguali:ma passare il medesimo mobile le quattro braccia e le due nell'istesso temponon può aver luogo fuor che nel moto instantaneo: ma noi veggiamo che il gravecadente fa suo moto in tempoed in minore passa le due braccia che le quattro;adunque è falso che la velocità sua cresca come lo spazio. L'altraproposizione si dimostra falsa con la medesima chiarezza. Imperò cheessendoquello che perquote il medesimonon può determinarsi la differenza e momentodelle percosse se non dalla differenza della velocità: quando dunque ilpercuzientevenendo da doppia altezzafacesse percossa di doppio momentobisognerebbe che percotesse con doppia velocità: ma la doppia velocità passail doppio spazio nell'istesso tempoe noi veggiamo il tempo della scesa dallamaggior altezza esser più lungo.

Sagr. Troppa evidenzatroppaagevolezzaè questa con la quale manifestate conclusioni ascoste: questa sommafacilità le rende di minor pregio che non erano mentre stavano sotto contrariosembiante. Poco penso io che prezzerebbe l'universale notizie acquistate con sìpoca faticain comparazione di quelle intorno alle quali si fanno lunghe edinesplicabili altercazioni.

Salv. A quelli i quali con granbrevità e chiarezza mostrano le fallacie di proposizioni state comunementetenute per vere dall'universaledanno assai comportabile sarebbe il riportarnesolamente disprezzoin luogo di aggradimento; ma bene spiacevole e molestoriesce cert'altro affetto che suol tal volta destarsi in alcunichepretendendo ne i medesimi studii almeno la parità con chiunque si siasiveggono aver trapassate per vere conclusioni che poi da un altro con breve efacile discorso vengono scoperte e dichiarate false. Io non chiamerò taleaffetto invidiasolita a convertirsi poi in odio ed ira contro agli scopritoridi tali fallaciema lo dirò uno stimolo e una brama di voler più prestomantener gli errori inveteratiche permetter che si ricevano le veritànuovamente scoperte; la qual brama tal volta gl'induce a scrivere incontradizione a quelle veritàpur troppo internamente conosciute anco da loromedesimisolo per tener bassa nel concetto del numeroso e poco intelligentevulgo l'altrui reputazione. Di simili conclusioni falsericevute per vere e diagevolissima confutazionenon piccol numero ne ho io sentite dal nostroAcademicodi parte delle quali ho anco tenuto registro.

Sagr. E V. S. non dovrà privarcenema a suo tempo farcene partequando ben anco bisognasse in grazia loro fare unaparticolar sessione. Per oracontinuando il nostro filoparmi che sin quiabbiamo fermata la definizione del moto uniformemente acceleratodel quale sitratta ne i discorsi che seguono; ed è:

Moto equabilmenteossia uniformemente acceleratodiciamo quello cheapartire dalla quietein tempi eguali acquista eguali momenti di velocità.

Salv. Fermata cotal definizioneunsolo principio domanda e suppone per vero l'Autorecioè:

Assumo che i gradi di velocitàacquistati da un medesimo mobile su pianidiversamente inclinatisiano eguali allorché sono eguali le elevazioni di queipiani medesimi.

Chiama la elevazione di un piano inclinato la perpendicolare che dal terminesublime di esso piano casca sopra la linea orizontale prodotta per l'infimotermine di esso piano inclinato;

comeper intelligenzaessendo la linea AB parallela all'orizontesopra 'l quale siano inclinati li due piani CACDlaperpendicolare CBcadente sopra l'orizontale BAchiama l'Autorela elevazione de i piani CACD; e suppone che i gradi divelocità del medesimo mobile scendente per li piani inclinati CACDacquistati ne i termini ADsiano egualiper esser la loroelevazione l'istessa CB: e tanto anco si deve intendere il grado divelocità che il medesimo cadente dal punto C arebbe nel termine B.

Sagr. Veramente mi par che talsupposto abbia tanto del probabileche meriti di esser senza controversiaconcedutointendendo sempre che si rimuovano tutti gl'impedimenti accidentariied esternie che i piani siano ben solidi e tersi ed il mobile di figuraperfettissimamente rotondasì che ed il piano ed il mobile non abbianoscabrosità. Rimossi tutti i contrasti ed impedimentiil lume naturale mi dettasenza difficoltàche una palla grave e perfettamente rotondascendendo per lelinee CACDCBgiugnerebbe ne i termini ADB con impeti eguali.

Salv. Voi molto probabilmentediscorrete; maoltre al verisimilevoglio con una esperienza accrescer tantola probabilitàche poco gli manchi all'agguagliarsi ad una ben necessariadimostrazione.

Figurateviquesto foglio essere una parete eretta all'orizontee da unchiodo fitto in essa pendere una palla di piombo d'un'oncia o duesospesa dalsottil filo ABlungo due o tre bracciaperpendicolare all'orizonteenella parete segnate una linea orizontale DCsegante a squadra ilperpendicolo ABil quale sia lontano dalla parete due dita in circa;trasferendo poi il filo AB con la palla in AClasciate essa pallain libertà: la quale primieramente vedrete scendere descrivendo l'arco CBDe di tanto trapassare il termine Bchescorrendo per l'arco BDsormonterà sino quasi alla segnata parallela CDrestando di pervenirviper piccolissimo intervallotoltogli il precisamente arrivarvi dall'impedimentodell'aria e del filo; dal che possiamo veracemente concludereche l'impetoacquistato nel punto B dalla pallanello scendere per l'arco CBfu tantoche bastò a risospingersi per un simile arco BD alla medesimaaltezza. Fatta e più volte reiterata cotale esperienzavoglio che ficchiamonella pareterasente al perpendicolo ABun chiodocome in E overo in Fche sporga in fuori cinque o sei ditae questo acciò che ilfilo ACtornandocome primaa riportar la palla C per l'arco CBgiunta che ella sia in Bintoppando il filo nel chiodo Esiacostretta a camminare per la circonferenza BGdescritta intorno alcentro E; dal che vedremo quello che potrà far quel medesimo impeto chedianziconcepito nel medesimo termine Bsospinse l'istesso mobile perl'arco BD all'altezza della orizontale CD. OraSignorivoivedrete con gusto condursi la palla all'orizontale nel punto Ge l'istessoaccadere se l'intoppo si mettesse più bassocome in Fdove la palladescriverebbe l'arco BIterminando sempre la sua salita precisamentenella linea CD; e quando l'intoppo del chiodo fusse tanto basso chel'avanzo del filo sotto di lui non arrivasse all'altezza di CD (il cheaccaderebbe quando fusse più vicino al punto B che al segamento dell'ABcon l'orizontale CD)allora il filo cavalcherebbe il chiodo e se gliavvolgerebbe intorno. Questa esperienza non lascia luogo di dubitare dellaverità del supposto: imperò cheessendo li due archi CBDBeguali e similmente postil'acquisto di momento fatto per la scesa nell'arco CBè il medesimo che il fatto per la scesa dell'arco DB; ma il momentoacquistato in B per l'arco CB è potente a risospingere in su ilmedesimo mobile per l'arco BD; adunque anco il momento acquistato nellascesa DB è eguale a quello che sospigne l'istesso mobile per il medesimoarco da B in D; sì cheuniversalmenteogni momento acquistatoper la scesa d'un arco è eguale a quello che può far risalire l'istesso mobileper il medesimo arco: ma i momenti tutti che fanno risalire per tutti gli archi BDBGBI sono egualipoiché son fatti dall'istesso medesimomomento acquistato per la scesa CBcome mostra l'esperienza; adunquetutti i momenti che si acquistano per le scese ne gli archi DBGBIB sono eguali.

Sagr. Il discorso mi parconcludentissimoe l'esperienza tanto accomodata per verificare il postulatoche molto ben sia degno d'esser conceduto come se fusse dimostrato.

Salv. Io non voglioSig. Sagredoche noi ci pigliamo più del doveree massimamente che di questo assunto ciabbiamo a servire principalmente ne i moti fatti sopra superficie rettee nonsopra curvenelle quali l'accelerazione procede con gradi molto differenti daquelli con i quali noi pigliamo ch'ella proceda ne' piani retti. Di modo cheseben l'esperienza addotta ci mostra che la scesa per l'arco CB conferisceal mobile momento taleche può ricondurlo alla medesima altezza perqualsivoglia arco BDBGBInoi non possiamo con simileevidenza mostrare che l'istesso accadesse quando una perfettissima palla dovessescendere per piani rettiinclinati secondo le inclinazioni delle corde diquesti medesimi archi; anzi è credibile cheformandosi angoli da essi pianiretti nel termine Bla palla scesa per l'inclinato secondo la corda CBtrovando intoppo ne i piani ascendenti secondo le corde BDBGBInell'urtare in essi perderebbe del suo impetoné potrebbesalendocondursiall'altezza della linea CD: ma levato l'intoppoche progiudicaall'esperienzami par bene che l'intelletto resti capaceche l'impeto (che ineffetto piglia vigore dalla quantità della scesa) sarebbe potente a ricondurreil mobile alla medesima altezza. Prendiamo dunque per ora questo come postulatola verità assoluta del quale ci verrà poi stabilita dal vedere altreconclusionifabbricate sopra tale ipotesirispondere e puntualmenteconfrontarsi con l'esperienza. Supposto dall'Autore questo solo principiopassaalle proposizionidimostrativamente concludendole; delle quali la prima èquesta:

TEOREMA 1. PROPOSIZIONE 1
Il tempo in cui uno spazio dato è percorso da un mobile con moto uniformementeaccelerato a partire dalla quieteè eguale al tempo in cui quel medesimospazio sarebbe percorso dal medesimo mobile mosso di moto equabileil cui gradodi velocità sia sudduplo [la metà] del grado di velocità ultimo e massimo[raggiunto dal mobile] nel precedente moto uniformemente accelerato.

TEOREMA 2. PROPOSIZIONE 2
Se un mobile scendea partire dalla quietecon moto uniformemente acceleratogli spazi percorsi da esso in tempi qualsiasi stanno tra di loro in duplicataproporzione dei tempi [in un rapporto pari al rapporto dei tempi moltiplicatoper se stesso]cioè stanno tra di loro come i quadrati dei tempi.

COROLLARIO 1
Di qui è manifesto chese dal primo istante o inizio del moto avremo presosuccessivamente un numero qualsiasi di tempi egualicome ad esempio ADDEEFFGnei quali siano percorsi gli spazi HLLMMNNIquesti spazi staranno tradi loro come i numeri impari ab unitatecioè come 1357: questa èinfatti la proporzione tra gli eccessi dei quadrati delle linee che si eccedonoegualmente e il cui eccesso è eguale alla minima di esseo vogliam dire tra inumeri quadrati consecutivi ab unitate. Pertantomentre i gradi di velocitàaumentano in tempi eguali secondo la serie dei numeri semplicigli spazipercorsi nei medesimi tempi acquistano incrementi secondo la serie dei numeriimpari ab unitate.

Sagr. Sospendetein graziaalquantola letturamentre io vo ghiribizando intorno a certo concetto pur ora cascatomiin mente; per la spiegatura del qualeper mia e per vostra più chiaraintelligenzafo un poco di disegno.

Dove mi figuro per la linea AI la continuazione del tempo dopo ilprimo instante in A; applicando poi in Asecondo qualsivogliaangolola retta AFe congiugnendo i termini IFdivisoil tempo AI in mezo in Ctiro la CB parallela alla IF;considerando poi la CB come grado massimo della velocità checominciando dalla quiete nel primo instante del tempo Asi andòaugumentando secondo il crescimento delle parallele alla BCprodotte neltriangolo ABC (che è il medesimo che crescere secondo che cresce iltempo)ammetto senza controversiaper i discorsi fatti sin quiche lo spaziopassato dal mobile cadente con la velocità accresciuta nel detto modo sarebbeeguale allo spazio che passerebbe il medesimo mobile quando si fusse nelmedesimo tempo AC mosso di moto uniformeil cui grado di velocità fusseeguale all'ECmetà del BC. Passo ora più oltree figuratomiil mobile sceso con moto accelerato trovarsi nell'instante C avere ilgrado di velocità BCè manifestoche se egli continuasse di muoversicon l'istesso grado di velocità BC senza più accelerarsipasserebbenel seguente tempo CI spazio doppio di quello che ei passò nell'egualtempo AC col grado di velocità uniforme ECmetà del grado BC;ma perché il mobile scende con velocità accresciuta sempre uniformemente intutti i tempi egualiaggiugnerà al grado CB nel seguente tempo CIquei momenti medesimi di velocità crescente secondo le parallele del triangolo BFGeguale al triangolo ABC: sì cheaggiunto al grado di velocità GIla metà del grado FGmassimo degli acquistati nel moto accelerato eregolati dalle parallele del triangolo BFGaremo il grado di velocità INcol quale di moto uniforme si sarebbe mosso nel tempo CI; il qual grado INessendo triplo del grado ECconvincelo spazio passato nel secondotempo CI dovere esser triplo del passato nel primo tempo CA. E senoi intenderemoesser aggiunta all'AI un'altra ugual parte di tempo IOed accresciuto il triangolo sino in APOè manifestoche quando sicontinuasse il moto per tutto 'l tempo IO col grado di velocità IFacquistato nel moto accelerato nel tempo AIessendo tal grado IFquadruplo dell'EClo spazio passato nel tempo IO sarebbequadruplo del passato nell'egual primo tempo AC; ma continuandol'accrescimento dell'uniforme accelerazione nel triangolo FPQ simile aquello del triangolo ABCche ridotto a moto equabile aggiugne il gradoeguale all'ECaggiunto il QR eguale all'ECaremo tutta lavelocità equabile esercitata nel tempo IO quintupla dell'equabile delprimo tempo ACe però lo spazio passato quintuplo del passato nel primotempo AC. Vedesi dunque anco in questo semplice calcologli spaziipassati in tempi uguali dal mobile chepartendosi dalla quieteva acquistandovelocità conforme all'accrescimento del tempoesser tra di loro come i numeriimpari ab unitate 135econgiuntamente presi gli spazii passatiilpassato nel doppio tempo esser quadruplo del passato nel sudduploil passatonel tempo triplo esser nonuploed in somma gli spazii passati essere induplicata proporzione de i tempicioè come i quadrati di essi tempi.

Simp. Io veramente ho preso piùgusto in questo semplice e chiaro discorso del Sig. Sagredoche nella per mepiù oscura dimostrazione dell'Autore; sì che io resto assai ben capace che ilnegozio deva succeder cosìposta e ricevuta la definizione del motouniformemente accelerato. Ma se tale sia poi l'accelerazione della quale siserve la natura nel moto de i suoi gravi descendentiio per ancora ne restodubbioso; e peròper intelligenza mia e di altri simili a meparmi chesarebbe stato opportuno in questo luogo arrecar qualche esperienza di quelle chesi è detto esservene molteche in diversi casi s'accordano con le conclusionidimostrate.

Salv. Voida vero scienziatofateuna ben ragionevol domanda; e così si costuma e conviene nelle scienze le qualialle conclusioni naturali applicano le dimostrazioni matematichecome si vedene i perspettivinegli astronomine i mecanicine i musici ed altrili qualicon sensate esperienze confermano i principii loroche sono i fondamenti ditutta la seguente struttura: e però non voglio che ci paia superfluo se controppa lunghezza aremo discorso sopra questo primo e massimo fondamentosopra'l quale s'appoggia l'immensa machina d'infinite conclusionidelle qualisolamente una piccola parte ne abbiamo in questo libroposte dall'Autoreilquale arà fatto assai ad aprir l'ingresso e la porta stata sin or serrataagl'ingegni specolativi. Circa dunque all'esperienzenon ha tralasciato l'Autordi farne; e per assicurarsi che l'accelerazione de i gravi naturalmentedescendenti segua nella proporzione sopradettamolte volte mi son ritrovato ioa farne la prova nel seguente modoin sua compagnia.

In un regoloo vogliàn dir correntedi legnolungo circa 12 bracciaelargo per un verso mezo bracio e per l'altro 3 ditasi era in questa minorlarghezza incavato un canalettopoco più largo d'un dito; tiratolodrittissimoeper averlo ben pulito e liscioincollatovi dentro una cartapecora zannata e lustrata al possibilesi faceva in esso scendere una palla dibronzo durissimoben rotondata e pulita; costituito che si era il detto regolopendenteelevando sopra il piano orizontale una delle sue estremità un braccioo due ad arbitriosi lasciava (come dico) scendere per il detto canale lapallanotandonel modo che appresso diròil tempo che consumava nelloscorrerlo tuttoreplicando il medesimo atto molte volte per assicurarsi benedella quantità del temponel quale non si trovava mai differenza né ancodella decima parte d'una battuta di polso. Fatta e stabilita precisamente taleoperazionefacemmo scender la medesima palla solamente per la quarta partedella lunghezza di esso canale; e misurato il tempo della sua scesasi trovavasempre puntualissimamente esser la metà dell'altro: e facendo poi l'esperienzedi altre partiesaminando ora il tempo di tutta la lunghezza col tempo dellametào con quello delli duo terzi o de i 3/4o in conclusione con qualunquealtra divisioneper esperienze ben cento volte replicate sempre s'incontravagli spazii passati esser tra di loro come i quadrati e i tempie questo intutte le inclinazioni del pianocioè del canale nel quale si faceva scender lapalla; dove osservammo ancorai tempi delle scese per diverse inclinazionimantener esquisitamente tra di loro quella proporzione che più a bassotroveremo essergli assegnata e dimostrata dall'Autore. Quanto poi alla misuradel temposi teneva una gran secchia piena d'acquaattaccata in altola qualeper un sottil cannellinosaldatogli nel fondoversava un sottil filo d'acquache s'andava ricevendo con un piccol bicchiero per tutto 'l tempo che la pallascendeva nel canale e nelle sue parti: le particelle poi dell'acquain talguisa raccoltes'andavano di volta in volta con esattissima bilancia pesandodandoci le differenze e proporzioni de i pesi loro le differenze e proporzionide i tempi; e questo con tal giustezzachecome ho dettotali operazionimolte e molte volte replicategià mai non differivano d'un notabil momento.

Simp. Gran sodisfazione arei ricevutanel trovarmi presente a tali esperienze: ma sendo certo della vostra diligenzanel farle e fedeltà nel referirlemi quietoe le ammetto per sicurissime evere.

Salv. Potremo dunque ripigliar lanostra letturae seguitare avanti.

COROLLARIO 2
In secondo luogo si ricava chese si prendonoa partire dall'inizio del motodue spazi qualsiasi percorsi in tempi qualsiasii rispettivi tempi staranno tradi loro come uno dei due spazi sta al medio proporzionale tra i due spazi dati.

SCOLIO
Oraquanto si è dimostrato riguardo ai moti verticalisi intenda verificarsisimilmente anche nei moti sopra piani comunque inclinati: si è infatti assuntochein questi ultimiil grado di accelerazione aumenti sempre secondo lamedesima proporzioneossia secondo l'incremento del tempoo vogliam diresecondo la prima serie semplice dei numeri.

Salv.(1)Qui vorreiSig. Sagredoche a me ancora fosse permessose ben forsi controppo tedio del Sig. Simplicioil differir per un poco la presente letturafin ch'io possa esplicare quanto dal detto e dimostrato fin oraecongiuntamente dalla notizia d'alcune conclusioni mecaniche apprese già dalnostro Academicosovviemmi adesso di poter soggiugnere per maggiorconfermazione della verità del principio che sopra con probabili discorsi edesperienze fu da noi esaminatoanziquello più importaper geometricamenteconcluderlodimostrando prima un sol lemmaelementare nella contemplazione degl'impeti.

Sagr. Mentre tale deva esserl'acquisto quale V. S. ci promettenon vi è tempo che da me volentierissimonon si spendessetrattandosi di confermare e interamente stabilire questescienze del moto: e quanto a menon solo vi concedo il poter satisfarvi inquesto particolarema di più pregovi ad appagare quanto prima la curiositàche mi avete in esso svegliata; e credo che il Sig. Simplicio abbia ancora ilmedesimo sentimento.

Simp. Non posso dire altrimenti.

Salv. Già che dunque me ne datelicenzaconsiderisi in primo luogocome effetto notissimoche i momenti o levelocità d'un istesso mobile son diverse sopra diverse inclinazioni di pianieche la massima è per la linea perpendicolarmente sopra l'orizonte elevataeche per l'altre inclinate si diminuisce tal velocitàsecondo che quelle piùdal perpendicolo si discostanocioè più obliquamente s'inclinano; ondel'impetoil talentol'energiao vogliamo dire il momentodel descendere viendiminuito nel mobile dal piano soggettosopra il quale esso mobile s'appoggia edescende.

E per meglio dichiararmiintendasi la linea ABperpendicolarmenteeretta sopra l'orizonte AC; pongasi poi la medesima in diverseinclinazioni verso l'orizonte piegatacome in ADAEAFetc.: dicol'impeto massimo e totale del grave per descendere esser per laperpendicolare BAminor di questo per la DAe minore ancora perla EAe successivamente andarsi diminuendo per la più inclinata FAe finalmente esser del tutto estinto nella orizontale CAdove il mobilesi trova indifferente al moto e alla quietee non ha per se stesso inclinazionedi muoversi verso alcuna partené meno alcuna resistenza all'esser mosso;poichésì come è impossibile che un grave o un composto di essi si muovanaturalmente all'in sudiscostandosi dal comun centro verso dove conspiranotutte le cose gravicosì è impossibile che egli spontaneamente si muovasecon tal moto il suo proprio centro di gravità non acquista avvicinamento alsudetto centro comune: onde sopra l'orizontaleche qui s'intende per unasuperficie egualmente lontana dal medesimo centroe perciò affatto privad'inclinazionenullo sarà l'impeto o momento di detto mobile.

Appresa questa mutazione d'impetomi fa qui mestier esplicare quello che inun antico trattato di mecanichescritto già in Padova dal nostro Academico solper uso de' suoi discepolifu diffusamente e concludentemente dimostratoinoccasione di considerare l'origine e natura del maraviglioso strumento dellavita; ed è con qual proporzione si faccia tal mutazione d'impeto per diverseinclinazioni di piani: comeper esempiodel piano inclinato AF tirandola sua elevazione sopra l'orizontecioè la linea FCper la qualel'impeto d'un grave ed il momento del descendere è il massimocercasi qualproporzione abbia questo momento al momento dell'istesso mobile per l'inclinata FA;qual proporzione dico esser reciproca delle dette lunghezze: e questo sia illemma da premettersi al teoremache dopo io spero di poter dimostrare. Qui èmanifestotanto essere l'impeto del descendere d'un gravequanta è laresistenza o forza minima che basta per proibirlo e fermarlo: per tal forza eresistenzae sua misurami voglio servire della gravità d'un altro mobile.Intendasi orasopra il piano FA posare il mobile Glegato con unfilo checavalcando sopra l'Fabbia attaccato un peso H; econsideriamo che lo spazio della scesa o salita a perpendicolo di esso è bensempre eguale a tutta la salita o scesa dell'altro mobile G perl'inclinata AFma non già alla salita o scesa a perpendicolonellaqual sola esso mobile G (sì come ogn'altro mobile) esercita la suaresistenza. Il che è manifesto. Imperoché considerandonel triangolo AFCil moto del mobile Gper esempio all'in su da A in Fesser composto del trasversale orizontale AC e del perpendicolare CF;ed essendo che quanto all'orizontalenessunacome s'è dettoè la resistenzadel medesimo all'esser mosso (non facendo con tal moto perdita alcunané menoacquistoin riguardo della propria distanza dal comun centro delle cose graviche nell'orizonte si conserva sempre l'istessa); restala resistenza essersolamente rispetto al dover salire la perpendicolare CF. Mentre chedunque il grave Gmovendosi da A in Fresiste solonelsalirelo spazio perpendicolare CFma che l'altro grave H scendea perpendicolo necessariamente quanto tutto lo spazio FAe che talproporzione di salita e scesa si mantien sempre l'istessapoco o molto che siail moto de i detti mobili (per esser collegati insieme); possiamo assertivamenteaffermareche quando debba seguire l'equilibriocioè la quiete tra essimobilii momentile velocitào le lor propensioni al motocioè gli spaziiche da loro si passerebbero nel medesimo tempodevon rispondere reciprocamentealle loro gravitàsecondo quello che in tutti i casi de' movimenti mecanici sidimostra: sì che basteràper impedire la scesa del Gche lo Hsia tanto men grave di quelloquanto a proporzione lo spazio CF èminore dello spazio FA. Sia fattodunquecome FA ad FCcosì il grave G al grave H; ché allora seguirà l'equilibriocioè i gravi HG averanno momenti egualie cesserà il moto dei detti mobili. E perché siamo convenutiche di un mobile tanto sia l'impetol'energiail momentoo la propensione al motoquanta è la forza o resistenzaminima che basta a fermarloe s'è concluso che il grave H è bastante aproibire il moto al grave Gadunque il minor peso Hche nellaperpendicolare FC esercita il suo momento totalesarà la precisa misuradel momento parziale che il maggior peso G esercita per il pianoinclinato FA; ma la misura del total momento del medesimo grave Gè egli stesso (poiché per impedire la scesa perpendicolare d'un grave sirichiede il contrasto d'altrettanto graveche pur sia in libertà di muoversiperpendicolarmente); adunque l'impeto o momento parziale del G perl'inclinata FAall'impeto massimo e totale dell'istesso G per laperpendicolare FCstarà come il peso H al peso Gcioèper la costruzionecome essa perpendicolare FCelevazionedell'inclinataalla medesima inclinata FA: che è quello che per lemmasi propose di dimostraree che dal nostro Autorecome vedrannovien suppostoper noto nella seconda parte della sesta proposizione del presente trattato.

Sagr. Da questo che V. S. ha conclusofin quiparmi che facilmente si possa dedurreargumentando ex æqualicon la proporzione perturbatache i momenti dell'istesso mobile per pianidiversamente inclinaticome FAFIche abbino l'istessaelevazioneson fra loro in reciproca proporzione de' medesimi piani.

Salv. Verissima conclusione. Fermatoquestopasserò adesso a dimostrare il teoremacioè che:

I gradi di velocità d'un mobile descendente con moto naturale dallamedesima sublimità per piani in qualsivoglia modo inclinatiall'arrivo all'orizonteson sempre egualirimossi gl'impedimenti.

Qui devesi prima avvertireche stabilito che in qualsivoglino inclinazioniil mobile dalla partita dalla quiete vada crescendo la velocitào la quantitàdell'impetocon la proporzione del tempo (secondo la definizione datadall'Autore al moto naturalmente accelerato)ondecom'egli ha perl'antecedente proposizione dimostratogli spazii passati sono in duplicataproporzione de' tempie conseguentemente de' gradi di velocità; quali furonogl'impeti nella prima mossatali proporzionalmente saranno i gradi dellevelocità guadagnati nell'istesso tempopoiché e questi e quelli crescono conla medesima proporzione nel medesimo tempo.

Ora sia il piano inclinato ABla sua elevazione sopra l'orizonte laperpendicolare ACe l'orizontale CB; e perchécome poco fa siè conclusol'impeto d'un mobile per la perpendicolare ACall'impetodel medesimo per l'inclinata ABsta come AB ad ACprendasi nell'inclinata AB la ADterza proporzionale delle ABAC: l'impeto dunque per AC all'impeto per la ABcioè perla ADsta come la AC all'AD; e perciò il mobile nell'istessotempo che passerebbe lo spazio perpendicolare ACpasserà ancora lospazio AD nell'inclinata AB (essendo i momenti come gli spazii)ed il grado di velocità in C al grado di velocità in D averà lamedesima proporzione della AC alla AD. Ma il grado di velocità inB al medesimo grado in D sta come il tempo per AB al tempoper ADper la definizione del moto acceleratoed il tempo per ABal tempo per AD sta come la medesima ACmedia tra le BAADalla ADper l'ultimo corollario della seconda proposizione; adunque igradi in B ed in C al grado in D hanno la medesimaproporzione della AC alla ADe però sono eguali: che è ilteorema che intesi di dimostrare.

Da questo potremo più concludentemente provare la seguente terzaproposizione dell'Autorenella quale egli si vale del principio; ed è che iltempo per l'inclinata al tempo per la perpendicolare ha l'istessa proporzione diessa inclinata e perpendicolare. Imperoché diciamo: quando BA sia iltempo per ABil tempo per AD sarà la media tra essecioè la ACper il secondo corollario della seconda proposizione; ma quando AC sia iltempo per ADsarà anco il tempo per ACper essere le ADAC scorse in tempi eguali; e però quando BA sia il tempo per ABAC sarà il tempo per AC; adunquecome AB ad ACcosì il tempo per AB al tempo per AC.

Col medesimo discorso si proveràche il tempo per AC al tempo peraltra inclinata AE sta come la AC alla AE; adunqueexæqualiil tempo per l'inclinata AB al tempo dell'inclinata AEsta omologamente come la AB alla AEetc.

Potevasi ancora dall'istesso progresso del teoremacome vedrà benissimo ilSig. Sagredodimostrar immediatamente la sesta proposizione dell'Autore: mabasti per ora tal digressioneche forsi gli è riuscita troppo tediosabenchéveramente di profitto in queste materie del moto.

Sagr. Anzi di mio grandissimo gustoe necessarissima alla perfetta intelligenza di quel principio.

Salv. Ripiglierò dunque la letturadel testo.

TEOREMA 3. PROPOSIZIONE 3
Se un medesimo mobile si muovea partire dalla quietesu un piano inclinato elungo una perpendicolareche abbiano eguale altezzai tempi dei moti starannotra di loro come le lunghezze [rispettivamente] del piano e dellaperpendicolare.

Sagr. Parmi che assai chiaramente econ brevità si poteva concludere il medesimoessendosi già concluso che lasomma del moto accelerato de i passaggi per ACAB è quanto ilmoto equabile il cui grado di velocità sia sudduplo al grado massimo CB;essendo dunque passati li due spazii ACAB con l'istesso motoequabilegià è manifestoper la proposizione prima del primoche i tempide' passaggi saranno come gli spazii medesimi.

COROLLARIO
Di qui si ricava che i tempi impiegati a scendere su piani diversamenteinclinatipurché però abbiano la medesima elevazionestanno tra di loro comele rispettive lunghezze.

TEOREMA 4. PROPOSIZIONE 4
I tempi dei moti su piani di eguale lunghezzama di diversa inclinazionestanno tra di loro in sudduplicata proporzione delle elevazioni dei medesimipiani permutatamente prese [in un rapporto pari alla radice quadrata delrapporto inverso tra le elevazioni].

TEOREMA 5. PROPOSIZIONE 5
La proporzione tra i tempi delle discese su piani di diversa inclinazione elunghezza e di elevazione pure disegualeè composta dalla proporzione tra lerispettive lunghezze e della sudduplicata proporzione delle elevazionipermutatamente prese.

TEOREMA 6. PROPOSIZIONE 6
Se dal più alto o dal più basso punto di un cerchio eretto sull'orizzonte siconducono piani inclinati qualsiasi fino alla circonferenzai tempi dellediscese lungo tali piani saranno eguali.

COROLLARIO 1
Di qui si ricava che i tempi delle discese lungo tutte le corde condotte dagliestremi C o Dsono tra di loro eguali.

COROLLARIO 2
Si ricava inoltre chese da un medesimo punto partono una perpendicolare e unpiano inclinato taliche i tempi di discesa lungo di essi siano egualiquellaperpendicolare e quel piano inclinato risultano [inscrivibili] in unsemicerchioil cui diametro è la perpendicolare medesima.

COROLLARIO 3
Si ricava anche che i tempi dei moti sopra piani inclinati sono eguali allorchéle elevazioni di tratti eguali di tali piani staranno tra di esse come lelunghezze dei piani medesimi: si è infatti mostratonella penultima
(2)figurache i tempi delle discese per CA e DA sono egualiquandol'elevazione del tratto ABeguale ad ADossia BEstaalla elevazione DF come CA sta a DA.

Sagr. Sospenda in grazia V. S. per unpoco la lettura delle cose che seguonosin che io mi vo risolvendo sopra certacontemplazione che pur ora mi si rivolge per la mente; la qualequando non siauna fallacianon è lontana dall'essere uno scherzo graziosoquali sono tuttiquelli della natura o della necessità.

È manifestoche se da un punto segnato in un piano orizontale si farannoprodur sopra 'l medesimo piano infinite linee rette per tutti i versisopraciascuna delle quali s'intenda muoversi un punto con moto equabilecominciandosi a muover tutti nell'istesso momento di tempo dal segnato puntoeche siano le velocità di tutti egualisi verranno conseguentemente a figurarda essi punti mobili circonferenze di cerchituttavia maggiori e maggioriconcentrici tutti intorno al primo punto segnato; giusto in quella maniera chevediamo farsi dall'ondette dell'acqua stagnantedopo che da alto vi sia cadutoun sassettola percossa del quale serve per dar principio di moto verso tuttele partie resta come centro di tutti i cerchi che vengon disegnatisuccessivamente maggiori e maggiorida esse ondette. Ma se noi intenderemo unpiano eretto all'orizonteed in esso piano notato un punto sublimedal qualesi portano infinite linee inclinate secondo tutte le inclinazionisopra lequali ci figuriamo descender mobili graviciascheduno con moto naturalmenteacceleratocon quelle velocità che alle diverse inclinazioni convengono; postoche tali mobili descendenti fusser continuamente visibiliin che sorti di lineegli vedremmo noi continuamente disposti? Qui nasce la mia maravigliamentre leprecedenti dimostrazioni mi assicurano che si vedranno sempre tutti nell'istessacirconferenza di cerchi successivamente crescentisecondo che i mobili nelloscendere si vanno più e più successivamente allontanando dal punto sublimedove fu il principio della lor caduta.

E per meglio dichiararmisegnisi il punto subblime Adal qualedescendano linee secondo qualsivogliano inclinazioni AFAHe laperpendicolare ABnella quale presi i punti CDdescrivansi intorno ad essi cerchi che passino per il punto Asegando lelinee inclinate ne i punti FHBEGI:è manifestoper le antecedenti dimostrazioniche partendosi nell'istessotempo dal termine A mobili descendenti per esse lineequando l'uno saràin El'altro sarà in G e l'altro in I; e cosìcontinuando di scenderesi troveranno nell'istesso momento di tempo in FHB; e continuando di muoversi questi ed altri infiniti per leinfinite diverse inclinazionisi troveranno sempre successivamente nellemedesime circonferenzefatte maggiori e maggiori in infinito. Dalle due speciedunque di motidelle quali la natura si servenasce con mirabil corrispondentediversità la generazione di cerchi infiniti: quella si ponecome in sua sede eprincipio originarionel centro d'infiniti cerchi concentrici; questa sicostituisce nel contatto subblime delle infinite circonferenze di cerchituttitra loro eccentrici: quelli nascono da moti tutti eguali ed equabili; questidamoti tutti sempre inequabili in se stessie diseguali l'uno dall'altro tuttiche sopra le differenti infinite inclinazioni si esercitano. Ma piùaggiunghiamoche se da i due punti assegnati per le emanazioni noi intenderemoeccitarsi linee non per due superficie soleorizontale ed erettama per tuttii versisì come da quellecominciandosi da un sol puntosi passava allaproduzzione di cerchidal minimo al massimocosìcominciandosi da un solpuntosi verranno producendo infinite sfereo vogliam dire una sfera che ininfinite grandezze si andrà ampliandoe questo in due maniere: cioèo colpor l'origine nel centroo vero nella circonferenza di tali sfere.

Salv. La contemplazione è veramentebellissimae proporzionata all'ingegno del Sig. Sagredo.

Simp. Iorestando al meno capacedella contemplazione sopra le due maniere del prodursicon li due diversi motinaturalii cerchi e le sferese bene della produzzione dependente dal motoaccelerato e della sua dimostrazione non son del tutto intelligentetuttaviaquel potersi assegnare per luogo di tale emanazione tanto il centro infimoquanto l'altissima sferica superficiemi fa credere che possa essere chequalche gran misterio si contenga in queste vere ed ammirande conclusioni;misteriodicoattenente alla creazione dell'universoil quale si stima esseredi forma sfericaed alla residenza della prima causa.

Salv. Io non ho repugnanza al crederl'istesso. Ma simili profonde contemplazioni si aspettano a più alte dottrineche le nostre: ed a noi deve bastare d'esser quei men degni arteficiche dallefodine scuoprono e cavano i marmine i quali poi gli scultori industri fannoapparire maravigliose immaginiche sotto roza ed informe scorza stavanoascoste. Orse così vi piaceseguiremo avanti.

TEOREMA 7. PROPOSIZIONE 7
Se le elevazioni di due piani avranno tra di loro una proporzione doppia diquella posseduta dalle lunghezze dei medesimi pianisu di questi i moti apartire dalla quiete si compiranno in tempi eguali.

TEOREMA 8. PROPOSIZIONE 8
Tra i piani delimitati da un medesimo cerchio eretto sull'orizzontesu quelliche terminano nell'estremo inferiore o superiore del diametro perpendicolareitempi delle discese sono eguali al tempo della caduta lungo il diametro; invecesui piani che non raggiungono il diametroi tempi sono più brevi; infinesuipiani che tagliano il diametrosono più lunghi.

TEOREMA 9. PROPOSIZIONE 9
Se a partire da un punto di una linea parallela all'orizzonte si conducono duepiani comunque inclinatie questi sono tagliati da una lineache formi conessi angoli permutatamente [inversamente] eguali agli angoli racchiusidai medesimi piani e dalla orizzontalei moti lungo i tratti intersecati dallasuddetta linea si compiranno in tempi eguali.

TEOREMA 10. PROPOSIZIONE 10
I tempi dei moti sopra piani di diversa inclinazione ma di elevazione egualestanno tra di loro come le lunghezze dei piani medesimisia che i moti sisvolgano a partire dalla quietesia che li preceda un moto [iniziato] dauna medesima altezza [cfr. figura 48].

TEOREMA 11. PROPOSIZIONE 11
Se il pianosul quale si svolge il moto a partire dalla quieteviene diviso inun modo qualsiasiil tempo del moto lungo il primo tratto sta al tempo del motolungo il tratto successivocome quel medesimo primo tratto sta all'eccesso chesu di essoha la media proporzionale tra l'intero piano e il suo primo tratto.

TEOREMA 12. PROPOSIZIONE 12

Se una perpendicolare e un piano comunque inclinato si intersecano tra diloro [nello spazio compreso] tra due medesime linee orizzontalie se siprendono le medie proporzionali tra ciascuno di essi e la rispettiva partecompresa tra il punto comune di intersezione e la linea orizzontale superioreil tempo del moto lungo la perpendicolare starà al tempo del moto [complessivo]lungo la parte superiore della perpendicolare e poi lungo la parte inferiore delpiano secantenella medesima proporzione che l'intera lunghezza dellaperpendicolare ha alla linea composta della media proporzionale presa sullaperpendicolaree dell'eccesso dell'intero piano inclinato sulla propria mediaproporzionale.

PROBLEMA 1. PROPOSIZIONE 13
Data una perpendicolarecondurre ad essa un piano inclinato talecheavendoesso elevazione eguale a quella della perpendicolareil moto su di esso dopo lacaduta lungo la perpendicolare si compia in un tempo eguale a quello dellacaduta lungo la perpendicolare data a partire dalla quiete.

PROBLEMA 2. PROPOSIZIONE 14
Data una perpendicolare e dato un piano ad essa inclinatodeterminare nellaparte superiore della perpendicolare un tratto taleche il tempo impiegato apercorrerlo a partire dalla quiete risulti eguale al tempo impiegato apercorrere il piano inclinato con moto successivo alla caduta lungo il suddettotratto di perpendicolare.

PROBLEMA 3. PROPOSIZIONE 15
Dati una perpendicolare e un piano ad essa inclinatodeterminare sulprolungamento inferiore della perpendicolare un tratto taleche il tempoimpiegato a percorrerlo risulti eguale al tempo impiegato a percorrere il pianoinclinato con moto successivo alla caduta lungo la perpendicolare data.

TEOREMA 13. PROPOSIZIONE 16
Se in un punto convergono i tratti di un piano inclinato e di unaperpendicolaretali che risultino eguali i tempi dei moti lungo di essi apartire dalla quieteun mobile che cada da una qualsiasi altezza più elevatapercorrerà più presto il tratto del piano inclinato che non quello dellaperpendicolare.

COROLLARIO
Da questa e dalla precedente proposizione si ricava chedopo una cadutadall'altolo spazioche viene percorso lungo la perpendicolare nel medesimotempo impiegato a percorrere un dato piano inclinatoè minore dello spazio cheviene percorso in tempo eguale a quello impiegato a percorrere il pianoinclinato senza una precedente caduta dall'alto; tuttavia è maggiore del pianoinclinato stesso.

PROBLEMA 4. PROPOSIZIONE 17
Dati una perpendicolare e un piano ad essa inclinatosegnare su questo untratto taleche un mobiledopo essere caduto lungo la perpendicolare datalopercorra in un tempo eguale a quello impiegato a percorrere la medesimaperpendicolare a partire dalla quiete.

PROBLEMA 5. PROPOSIZIONE 18
Preso sulla perpendicolaredall'inizio del motouno spazio qualsiasiil qualesia percorso in un dato tempoe dato un altro tempo minore qualsiasideterminaresulla medesima perpendicolareun altro spazio [eguale inlunghezza al precedente]il quale venga percorso nel tempo minore dato.

PROBLEMA 6. PROPOSIZIONE 19
Dato su una perpendicolare uno spazio qualsiasi percorso dall'inizio del motoedato il tempo della cadutatrovare il tempo in cui il medesimo mobile percorresuccessivamente un altro spazio egualepreso in una parte qualsiasi dellamedesima perpendicolare.

COROLLARIO

Di qui si ricava chese si pone che il tempoimpiegato a percorrere unqualche spazio a partire dalla quietesia eguale allo spazio stessoil tempoimpiegato a percorrerlodopo che si sia già percorso un altro spaziosaràeguale all'eccesso del medio proporzionale tra la somma dello spazio aggiuntopiù lo spazio dato e il medesimo spazio datosul medio proporzionale tra ilprimo spazio e lo spazio aggiunto: ad esempioposto che il tempo del moto per ABa partire dalla quiete in A sia ABqualora si aggiunga lo spazio ASil tempo del moto per AB dopo il moto per SA sarà egualeall'eccesso del medio proporzionale tra SB e BA sul medioproporzionale tra BA e AS.

PROBLEMA 7. PROPOSIZIONE 20
Dato uno spazio qualsiasi e preso su di esso un tratto a partire dall'inizio delmotodeterminare un altro trattoalla fine [del moto]che sia percorso nellostesso tempo del primo tratto dato.

TEOREMA 14. PROPOSIZIONE 21
Se ha luogo una caduta lungo la perpendicolare a partire dalla quietee se siprendedall'inizio del motoun trattopercorso in un tempo qualsiasicuisegua un moto deviato su un piano comunque inclinatolo spazio chesu talepianoviene percorso in un tempo eguale a quello della caduta precedentementesvoltasi lungo la perpendicolaresarà più del doppioma meno del triplodello spazio già percorso lungo la perpendicolare.

PROBLEMA 8. PROPOSIZIONE 22
Dati due tempi disegualie dato lo spazio che viene percorso lungo laperpendicolare a partire dalla quiete nel più breve dei due tempi daticondurre dall'estremo superiore della perpendicolare fino all'orizzonte un pianoinclinatosul quale il mobile scenda in un tempo eguale al più lungo dei tempidati.

PROBLEMA 9. PROPOSIZIONE 23

Preso sulla perpendicolare uno spazio percorso in un tempo qualsiasi apartire dalla quietecondurre dall'estremo inferiore di questo spazio un pianoinclinatosul qualedopo la caduta lungo la perpendicolarevenga percorso nelmedesimo tempo uno spazio eguale a uno spazio dato qualsiasipurché superioreal doppioma inferiore al triplodello spazio percorso lungo laperpendicolare.

SCOLIO

Se si considera attentamenteapparirà manifesto chequanto meno manca allalinea data IR per raggiungere il triplo della ACtantomaggiormente il piano inclinatosul quale deve svolgersi il secondo movimentocome ad esempio COsi avvicina alla perpendicolaree finalmentelungoquest'ultimaviene percorso in un tempo eguale ad AC uno spazio che ètre volte AC. Infattiallorché IR sarà prossima al triplo di ACIM sarà quasi eguale ad MN; e poichéper costruzionecome IMsta ad MN così AC sta a CEne risulta che la medesima CEsi trova ad essere di poco maggiore della CAedi conseguenzail puntoE si trova ad essere prossimo al punto Ae CO forma con CSun angolo molto acutocoincidendo quasi l'una con l'altra. Viceversase lalinea data IR sarà di pochissimo superiore al doppio della medesima ACIM sarà una linea brevissima; ne verrà che anche la AC saràminima rispetto alla CEla quale sarà lunghissima e quanto piùprossima alla parallela orizzontale passante per C. E di qui possiamoricavare chese nella figura accanto dopo la discesa sul piano inclinato ACil moto viene riflesso lungo la linea orizzontalequale sarebbe CTlospazio che il mobile successivamente percorrerebbe in un tempo eguale al tempodella discesa per ACsarebbe esattamente doppio dello spazio AC.Sembra inoltre che qui sia anche adatto un consimile ragionamento: infattièchiarodal fatto che OE sta ad EF come FE ad ECche proprio la FC determina il tempo della discesa per CO. Se poiil tratto orizzontale TCdoppio di CAvien diviso a metà in Vprolungato verso X si estenderà all'infinito prima che possa incontrareil prolungamento di AEe la proporzione della linea infinita TXall'infinita VX non sarà diversa dalla proporzione dell'infinita VXall'infinita XC.

A questa stessa conclusione saremmo potuti giungere seguendo un altroprocedimentorifacendo un ragionamento consimile a quello seguìto nelladimostrazione della proposizione prima.

Riprendiamoinfattiil triangolo ABCche sulle parallele alla base BCci rappresenta i gradi di velocità continuamente aumentati secondo il cresceredel tempole quali [parallele]essendo infinitesiccome infiniti sono i puntinella linea AC e gli istanti in un tempo qualsiasidaranno origine allasuperficie stessa del triangolo; se intendiamo che il moto continui peraltrettanto tempoma non più acceleratobensì equabilesecondo il massimogrado della velocità acquistatail quale grado è rappresentato dalla linea BC;tali gradi di velocità formeranno un aggregato simile al parallelogramma ADBCche è doppio del triangolo ABC: perciò lo spazio percorso nel medesimotempo con gradi di velocità consimili [tutti eguali a BC]sarà doppiodello spazio percorso coi gradi di velocità rappresentati dal triangolo ABC.Ma su un piano orizzontale il moto è equabileallorché non intervenga nessunacausa di accelerazione o di ritardamento; dunquesi conclude che lo spazio CDpercorso in un tempo eguale al tempo AC è doppio dello spazio AC:infatti quest'ultimo viene percorso con moto accelerato a partire dalla quietesecondo le parallele del triangolo; quelloinvecesecondo le parallele delparallelogrammale qualiquando siano prese nella loro infinitàrisultanodoppie delle infinite parallele del triangolo.

Inoltreè lecito aspettarsi chequalunque grado di velocità si trovi inun mobilegli sia per sua natura indelebilmente impressopurché siano toltele cause esterne di accelerazione o di ritardamento; il che accade soltanto nelpiano orizzontale; infatti nei piani declivi è di già presente una causa diaccelerazionementre in quelli acclivi [è già presente una causa] diritardamento: da ciò segue parimenti che il moto sul piano orizzontale è ancheeterno; infattise è equabilenon scema o diminuiscené tanto meno cessa. Eper di piùpoiché esiste un grado di velocità acquistato dal mobile nelladiscesa naturalee poiché esso èper sua naturaindelebile ed eternobisogna considerare chese dopo la discesa per un piano declive il moto vieneriflesso su un altro piano acclivesu quest'ultimo interviene già una causa diritardamento: su tale pianoinfattiil medesimo mobile scende naturalmente;perciò ne nasce una certa mescolanza di proprietà contrariecioè del gradodi velocità che è stato acquistato nella precedente discesail quale [gradodi velocità] di per se stesso porterebbe il mobile a muoversi all'infinito dimoto uniformee della naturale propensione al moto deorsum secondoquella medesima proporzione di accelerazione con la quale sempre si muove.Perciòinvestigando su che cosa accade allorché il mobiledopo la discesaper un piano decliveviene riflesso su un piano acclivesembrerà oltremodoragionevole ammettere che il massimo grado di velocità acquistato nella discesaper sé si conservi sempre lo stesso sul piano ascendente; e che tuttavia nellaascesa gli si aggiunga la naturale inclinazione deorsumcioè un motoaccelerato a partire dalla quiete sempre secondo una proporzione data. Se poitali cose risulteranno troppo oscure da intenderesi faranno più chiare conl'aiuto di qualche disegno.

Si intenda pertanto che la discesa si sia svolta sul piano declive ABe che in séguito il moto continui riflesso su un altro piano acclive BC;ein primo luogoi piani siano eguali ed elevati sull'orizzonte GH conangoli [di inclinazione] eguali: già sappiamo che il mobileche discende per ABa partire dalla quiete in Aacquista gradi di velocità secondo ilcrescere del tempo; inoltre [sappiamo] che il grado di velocità acquistato in Bè il massimoe per sua natura immutabilmente impressorimosse beninteso lecause di nuova accelerazione o di ritardamento: vogliam diredi accelerazionese [il mobile] procede ancora sul prolungamento del medesimo piano; diritardamentoallorché viene riflesso sul piano acclive BC: ma sul pianoorizzontale GH il moto continuerebbe equabile all'infinitocol grado divelocità acquistato in B nella discesa da A; e la velocitàsarebbe taleche in un tempo eguale al tempo della discesa per AB [ilmobile] percorrerebbe sull'orizzonte uno spazio doppio del medesimo AB.Immaginiamo ora che il medesimo mobile con il medesimo grado di velocità simuova equabilmente sul piano BCsì cheanche su questoin un tempoeguale al tempo della discesa per ABpercorrerebbe sul prolungamento di BCuno spazio doppio del medesimo spazio AB; intendiamo tuttavia chenonappena comincia a salireper sua medesima natura gli sopravviene ciò stessoche gli accadde [nel muoversi] da A sul piano ABcioè un moto didiscesa a partire dalla quiete secondo medesimi gradi di accelerazioneinvirtù dei qualicome già accadde sul piano ABin uno stesso temposcenderebbe sul piano riflesso per uno spazio eguale a quello percorso indiscesa su AB: è manifesto cheper tale mescolanza di moto ascendenteequabile e di moto discendente acceleratoil mobile verrà spinto sul piano BCfino all'estremo C secondo i medesimi gradi di velocitàcherisulteranno eguali. Presi infatti due punti qualsiasi D ed Eadeguale distanza dall'angolo Bpotremo ricavare che la discesa per DBavverrà in un tempo eguale al tempo del moto riflesso per BE. Tracciatala DFessa sarà parallela alla BC; è noto infatti che il motodi discesa per AD viene riflesso lungo la DF: orase dopo Dil mobile si muovesse sull'orizzontale DEl'impeto in E sarebbeeguale all'impeto in D; dunqueda E salirebbe fino in C;dunqueil grado di velocità in D è eguale al grado [di velocità] in E.

Da ciòpertantopossiamo ragionevolmente asserire chese ha luogo ladiscesa su un qualche piano inclinato e dopo di essa ha luogo la riflessione suun piano ascendenteil mobilein virtù dell'impeto acquistatosalirà finoalla medesima altezza o elevazione dall'orizzonte; ad esempio

se la discesa si svolge lungo ABil mobile si muoverà sul pianoriflesso BC fino all'orizzontale ACDnon soltanto se i pianiavranno eguale inclinazionema anche se saranno di inclinazione disegualecomeil piano BD: infattiabbiamo prima assunto che i gradi di velocitàchesi acquistano su piani diversamente inclinatirisultano eguali a condizione chesia eguale la elevazione di quegli stessi piani sull'orizzonte. Se infattil'inclinazione dei piani EB e BD fosse la medesimala discesa perEB sarebbe in grado di spingere il mobile sul piano BD fino alpunto D; ma tale spinta ha luogo in virtù dell'impeto di velocitàacquistato nel punto Be in B l'impeto è lo stessosia che ilmobile scenda per ABsia che scenda per EB; ne risulta allora cheil mobile sarà spinto sul piano BD dopo la discesa per AB allostesso modo che dopo la discesa per EB. Accadrà però che il tempo dellasalita sul piano BD sarà più lungo del tempo della salita sul piano BCsiccome anche la discesa per EB avviene in un tempo più lungo di quellaper AB; del restoabbiamo già dimostrato che la proporzione dei tempiè eguale a quella delle lunghezze dei piani. Ci resta ora da investigare laproporzione tra gli spazi percorsi in tempi eguali su pianiche abbiano diverseinclinazionima eguale elevazionecioè che siano compresi entro le medesimeparallele orizzontali. Ciò avviene secondo la seguente proporzione.

TEOREMA 15. PROPOSIZIONE 24

Siano dati[nello spazio compreso] entro le medesime parallele orizzontaliuna perpendicolare e un piano inclinato innalzato dall'estremo inferiore diessa: lo spazioche il mobile dopo la caduta lungo la perpendicolare percorresul piano ascendente in un tempo eguale al tempo della cadutaè maggiore dellastessa perpendicolarema minore del doppio di essa.

TEOREMA 16. PROPOSIZIONE 25

Sedopo la caduta lungo un piano inclinatoil moto prosegue sul pianodell'orizzonteil tempo della caduta lungo il piano inclinato starà al tempodel moto lungo un qualsiasi tratto dell'orizzontecome il doppio dellalunghezza del piano inclinato sta al tratto orizzontale preso.

PROBLEMA 10. PROPOSIZIONE 26

Data una perpendicolare [compresa] tra linee parallele orizzontalie datouno spazio maggiore della medesima perpendicolarema minore del doppio di essadall'estremo inferiore della perpendicolare innalzare[nello spazio compreso]tra quelle medesime paralleleun piano tale che il mobilese riflesso suquesto piano dopo la discesa lungo la perpendicolarepercorra uno spazio egualea quello datoe in un tempo eguale al tempo della discesa lungo laperpendicolare.

TEOREMA 17. PROPOSIZIONE 27

Se un mobile scende su piani disegualima aventi la medesima elevazionelospazioche viene percorso nella parte inferiore del piano più lungo in untempo eguale a quello impiegato a percorrere l'intero piano più breveèeguale allo spazio composto dello stesso piano più breve e di quel trattorispetto al quale il medesimo piano più breve ha una proporzione pari a quellache il piano più lungo ha rispetto all'eccesso del più lungo sul più breve.

PROBLEMA 11. PROPOSIZIONE 28

La linea orizzontale AG sia tangente a un cerchioe dal punto dicontatto si conduca il diametro AB; si considerino inoltre due cordequalsiasi AEB: bisogna determinare la proporzione del tempo della cadutalungo AB al tempo della discesa lungo ambedue le corde AEB.

TEOREMA 18. PROPOSIZIONE 29
Sia dato uno spazio orizzontale qualsiasie dal suo estremo sia innalzata laperpendicolaresulla quale si prenda un tratto eguale alla metà dello spazioorizzontale dato; il mobileche scenda da tale altezza e sia deviato sul pianoorizzontalepercorrerà lo spazio orizzontale e la perpendicolarepresiinsiemein più breve tempo di [quello che impiegherebbe a percorrere] unqualsiasi altro tratto della perpendicolare insieme al medesimo spazioorizzontale.

TEOREMA 19. PROPOSIZIONE 30
Se da un punto di una linea orizzontale scende una perpendicolare e da un altropuntopreso sulla medesima orizzontalesi deve condurre fino allaperpendicolare un piano inclinatosul quale il mobile impieghi il tempo piùbreve per scendere fino alla perpendicolare; tale piano sarà quello che staccadalla perpendicolare un tratto eguale alla distanza che intercorre tra il[secondo] punto preso sull'orizzontale e l'estremo della perpendicolare.

TEOREMA 20. PROPOSIZIONE 31

Setracciata una linea retta comunque inclinata sull'orizzontalesi conduceda un dato punto dell'orizzontale fino alla linea inclinata il pianosul qualela discesa si svolge nel tempo più brevetale piano sarà quello che divide ametà l'angolo compreso tra le due perpendicolari chedal punto datovenganocondottel'una alla linea orizzontalel'altra alla linea inclinata.

LEMMA

Date due circonferenze tangenti internamente l'una all'altrase una rettaqualsiasi è tangente alla circonferenza interna e interseca la circonferenzaesternale tre linee condotte dal punto di contatto delle circonferenze ai trepunti della linea retta tangente - cioè al punto di contatto di essa con lacirconferenza interna e ai due punti di intersezione di essa con lacirconferenza esterna - formeranno angoli eguali [aventi per vertice] il puntodi contatto delle circonferenze.

TEOREMA 21. PROPOSIZIONE 32
Se sull'orizzontale si prendono due punti ea partire da uno di essisitraccia una qualsiasi linea inclinata verso la parte dell'altro puntoe se apartire da quest'ultimo si conduce una linea rettala quale incontri lapredetta inclinata determinando su di essa un tratto eguale alla distanza fra idue punti dati sull'orizzontalela caduta lungo questa retta si compirà piùpresto che non lungo qualsiasi altra retta condotta da quel medesimo punto finoa incontrare la medesima inclinata. Prese poi due rette qualsiasiche forminocon la retta data due angoli eguali da una parte e dall'altrai tempi di cadutalungo di esse saranno eguali tra di loro.

PROBLEMA 12. PROPOSIZIONE 33
Dati una perpendicolare e un piano ad essa inclinatoche abbiano la medesimaaltezza e lo stesso estremo superioretrovare lungo la perpendicolareal disopra dell'estremo in comuneun punto taleche se da esso si lascia cadere unmobileil quale venga poi fatto deviare sul piano inclinato[quel mobile]percorra questo piano nello stesso tempo in cui percorrerebbe la perpendicolarea partire dalla quiete.

PROBLEMA 13. PROPOSIZIONE 34
Dati un piano inclinato e una perpendicolareche abbiano il medesimo estremosuperioretrovare sul prolungamento della perpendicolare un punto più alto[dell'estremo comune]tale che un mobileil quale cada da esso e sia deviatosul piano inclinatoli percorra entrambi in un tempo eguale a quello in cuipercorrerebbe il solo piano inclinato [se partisse] dalla quiete nell'estremosuperiore di questo.

PROBLEMA 14. PROPOSIZIONE 35
Data una perpendicolare e data una retta inclinata su di essadeterminaresull'inclinata un trattoil quale da solo[con movimento] a partire dallaquietesia percorso in un tempo eguale a quello impiegato a percorrere lamedesima inclinata insieme alla perpendicolare.

TEOREMA 22. PROPOSIZIONE 36
Se in un cerchioeretto sull'orizzontedal suo punto più basso si innalza unpiano inclinatoil quale sottenda un arco non maggiore di un quadrantee sedagli estremi di tale piano si conducono due altri piani inclinati a unqualsiasi punto dell'arcola discesa lungo [il sistema di] questi due ultimipiani inclinati si compirà in minor tempo che lungo il solo primo pianoinclinatoo che lungo uno soltanto di questi due ultimi pianie precisamentel'inferiore.

SCOLIO

Da quanto si è dimostrato sembra si possa ricavare che il movimento piùveloce da estremo ad estremo non avviene lungo la linea più brevecioè larettama lungo un arco di cerchio. Infattinel quadrante BAECil cuilato BC sia eretto sull'orizzontesi divida l'arco AC in unnumero qualsiasi di parti eguali ADDEEFFGGC;da C si conducano le corde ai punti ADEFGe si traccino pure le corde ADDEEFFGG C: è manifesto che il movimento lungo [il sistema del]le duecorde ADC si compie più presto che lungo la sola ACo lungo DCa partire dalla quiete in D. Ma a partire dalla quiete in ADCviene percorsa più presto di ADC: ma lungo le due DEC a partiredalla quiete in Aè verisimile che la discesa si compia più presto chenon lungo la sola CD: dunquela discesa lungo le tre corde ADECsi compie più presto che non lungo le due ADC. E similmentedopo ladiscesa lungo ADEil movimento si svolge più presto lungo le due corde EFCche non lungo la sola EC; dunquelungo le quattro corde ADEFC ilmovimento si svolge più presto che non lungo le tre ADEC. E infinelungo le due corde FGCdopo la discesa lungo ADEFil movimentosi compie più presto che non lungo la sola FC; dunquelungo le cinquecorde ADEFGC la discesa si svolge in un tempo ancora più breve che nonlungo le quattro ADEFC. Pertantoquanto piùcon poligoni inscritti [poligonaliiscritte] ci avviciniamo alla circonferenzatanto più presto si compie ilmoto tra i due segnati estremi A e C.

Ciò che si è mostrato in un quadranteaccade anche in un arco dicirconferenza minore di un quadrante; e identico è il ragionamento.

PROBLEMA 15. PROPOSIZIONE 37
Dati una perpendicolare e un piano inclinatoche abbiano la medesimaelevazionetrovare sul piano inclinato un trattoil quale sia eguale allaperpendicolare e venga percorso nello stesso tempo di quest'ultima.

PROBLEMA 16. PROPOSIZIONE 38
Dati due piani orizzontali intersecati da una perpendicolaretrovare su questain altoun punto taleche due mobilii quali cadano da quel punto e venganodeviati sui piani orizzontalipercorrano su di questicioè sul pianoorizzontale superiore e su quello inferiorein tempi eguali a quelli della loro[rispettiva] cadutaspazi tali che abbiano tra loro una proporzione eguale auna qualsiasi proporzione data fra una [grandezza] minore e una maggiore.

Sagr. Parmi veramente che conceder sipossa al nostro Accademicoche egli senza iattanza abbia nel principio diquesto suo trattato potuto attribuirsi di arrecarci una nuova scienza intorno aun suggetto antichissimo. Ed il vedere con quanta facilità e chiarezza da unsolo semplicissimo principio ei deduca le dimostrazioni di tante proposizionimi fa non poco maravigliare come tal materia sia passata intatta da ArchimedeApollonioEuclide e tanti altri matematici e filosofi illustrie massime chedel moto si trovano scritti volumi grandi e molti.

Salv. Si vede un poco di fragmentod'Euclide intorno al motoma non vi si scorge vestigio che egli s'incaminasseall'investigazione della proporzione dell'accelerazione e delle sue diversitàsopra le diverse inclinazioni. Tal che veramente si può direessersi non primache ora aperta la porta ad una nuova contemplazionepiena di conclusioniinfinite ed ammirandele quali ne i tempi avenire potranno esercitare altriingegni.

Sagr. Io veramente credoche sìcome quelle poche passioni (dirò per esempio) del cerchiodimostrate nel terzode' suoi Elementi da Euclidesono l'ingresso ad innumerabili altre piùreconditecosì le prodotte e dimostrate in questo breve trattatoquandopassasse nelle mani di altri ingegni specolativisarebbe strada ad altre edaltre più maravigliose; ed è credibile che così seguirebbemediante lanobiltà del soggetto sopra tutti gli altri naturali.

Lunga ed assai laboriosa giornata è stata questa d'ogginella quale hogustato più delle semplici proposizioni che delle loro dimostrazionimoltedelle quali credo cheper ben capirlemi porteranno via più d'un'ora perciascheduna: studio che mi riserbo a farlo con quietelasciandomi V. S. illibro nelle manidopo che avremo veduto questa parte che resta intorno al motode i proietti; che saràse così gli piacenel seguente giorno.

Salv. Non mancherò d'esser con lei.

 

Note:

(1) Il brano in forma di dialogo tra le interlineeche Galileo voleva inserire in questo puntoè stato scritto dal suo discepoloVincenzo Viviani (Firenze 1622-1703). [nota per l’edizione elettronicaManuzio]

(2) In realtàavendo l'edizione U.T.E.T. omessouna dimostrazioneci si riferisce qui all'ultima figura. [nota perl'edizione elettronica Manuzio]

 

Finisce la terza Giornata

GIORNATA QUARTA

Salv. Attempo arriva ancora il Sig.Simplicio; peròsenza interpor quietevenghiamo al moto: ed ecco il testo delnostro Autore.

DEL MOTO DEI PROIETTI

Le proprietà che si presentano nel moto equabilecome pure nel motonaturalmente accelerato su piani di qualsiasi inclinazionele abbiamoconsiderate sopra. Nella trattazioneche ora cominciocercherò di presentaree di stabilire sulla base di salde dimostrazionialcuni fenomeni notevoli edegni di essere conosciutiche sono propri di un mobilementre si muove conmoto composto di un duplice movimentocioè di un movimento equabile e di unonaturalmente accelerato: tale appunto sembra essere quello che chiamiamo motodei proietti; la generazione del quale così stabilisco.

Immagino di avere un mobile lanciato su un piano orizzontalerimosso ogniimpedimento: già sappiamoper quello che abbiamo detto più diffusamentealtroveche il suo moto si svolgerà equabile e perpetuo sul medesimo pianoqualora questo si estenda all'infinito; se invece intendiamo [questo piano]limitato e posto in altoil mobileche immagino dotato di gravitàgiuntoall'estremo del piano e continuando la sua corsaaggiungerà al precedentemovimento equabile e indelebile quella propensione all'ingiù dovuta allapropria gravità: ne nasce un moto composto di un moto orizzontale equabile e diun moto deorsum naturalmente acceleratoil quale [moto composto] chiamoproiezione. Ne dimostreremo parecchie proprietà: la prima delle quali sia [laseguente].

TEOREMA 1. PROPOSIZIONE 1
Un proiettomentre si muove di moto composto di un moto orizzontale equabile edi un moto deorsum naturalmente acceleratodescrive nel suo movimentouna linea semiparabolica.

Sagr. È forzaSig. Salviatiingrazia di meed ancocredo iodel Sig. Simpliciofar qui un poco di pausa;avvenga che io non mi son tanto inoltrato nella geometriache io abbia fattostudio in Apolloniose non in quanto so ch'ei tratta di queste parabole edell'altre sezzioni conichesenza la cognizione delle quali e delle lorpassioni non credo che intendersi possano le dimostrazioni di altre proposizionia quelle aderenti. E perché già nella bella prima proposizione ci vienproposto dall'Autoredoversi dimostrarela linea descritta dal proietto esserparabolicami vo imaginando chenon dovendosi trattar d'altro che di talilineesia assolutamente necessario avere una perfetta intelligenzase non ditutte le passioni di tali figure dimostrate da Apollonioalmeno di quelle cheper la presente scienza son necessarie.

Salv. V. S. si umilia moltovolendosi far nuovo di quelle cognizioni le quali non è gran tempo che ammessecome ben saputealloradicoche nel trattato delle resistenze avemmo bisognodella notizia di certa proposizione d'Apolloniosopra la quale ella non mossedifficoltà.

Sagr. Può essere o che io la sapessiper ventura o che io la supponessi per una volta tanto che ella mi bisognò intutto quel trattato: ma quidove mi imagino d'avere a sentir tutte ledimostrazioni circa tali lineenon bisognacome si dicebever grossobuttando via il tempo e la fatica.

Simp. E poirispetto a mequandobenecome credoil Sig. Sagredo fusse ben corredato di tutti i suoi bisogniame cominciano già a giugner come nuovi gli stessi primi termini; perchésebene i nostri filosofi hanno trattata questa materia del moto de' proiettinonmi sovvien che si siano ristretti a definire quali siano le linee da quellidescrittesalvo che assai generalmente sian sempre linee curveeccetto chenelle proiezzioni perpendicolari sursum. Peròquando quel poco digeometria che io ho appreso da Euclideda quel tempo in qua che noi avemmoaltri discorsinon sia bastante per rendermi capace delle cognizioni necessarieper l'intelligenza delle seguenti dimostrazionimi converrà contentarmi dellesole proposizioni credutema non sapute.

Salv. Anzi voglio io che le sappiatemercé dell'istesso Autor dell'operail qualequando già mi concesse di vederquesta sua faticaperché io ancora in quella volta non aveva in pronto i libridi Apollonios'ingegnò di dimostrarmi due passioni principalissime di essaparabolasenza veruna altra precognizionedelle quali sole siamo bisognosi nelpresente trattato: le quali son ben anco provate da Apollonioma dopo moltealtreche lungo sarebbe a vederle; ed io voglio che abbreviamo assai ilviaggiocavando la prima immediatamente dalla pura e semplice generazione diessa parabolae da questa poi pure immediatamente la dimostrazione dellaseconda. Venendo dunque alla prima:

Intendasi il cono rettola cui base sia il cerchio ibkce vertice ilpunto lnel qualesegato con un piano parallelo al lato lknasca la sezzione bacdetta parabola; la cui base bc seghiad angoli retti il diametro ik del cerchio ibkce sia l'assedella parabola ad parallelo al lato lk; e preso qualsivoglia puntof nella linea bfatirisi la retta fe parallela alla bd:dico che il quadrato della bd al quadrato della fe ha la medesimaproporzione che l'asse da alla parte ae. Per il punto eintendasi passare un piano parallelo al cerchio ibkcil quale farà nelcono una sezzione circolareil cui diametro sia la linea geh: e perchésopra il diametro ik del cerchio ibk la bd èperpendicolaresarà il quadrato della bd eguale al rettangolo fattodalle parti iddk; e parimente nel cerchio superioreches'intende passare per i punti gfhil quadrato dellalinea fe è eguale al rettangolo delle parti geh; adunque ilquadrato della bd al quadrato della fe ha la medesima proporzioneche il rettangolo idk al rettangolo geh. E perché la linea edè parallela alla hksarà la eh eguale alla dkche purson parallele: e però il rettangolo idk al rettangolo geh arà lamedesima proporzione che la id alla gecioè che la daalla ae: adunque il rettangolo idk al rettangolo gehcioèil quadrato bd al quadrato feha la medesima proporzione chel'asse da alla parte ae: che bisognava dimostrare.

L'altra proposizionepur necessaria al presente trattatocosì faremomanifesta.

Segniamo la paraboladella quale sia prolungato fuori l'asse ca in de preso qualsivoglia punto bper esso intendasi prodotta la linea bcparallela alla base di essa parabola; e posta la da eguale alla partedell'asse cadico che la retta tirata per i punti db noncade dentro alla parabolama fuorisì che solamente la tocca nell'istessopunto b. Imperò chese è possibilecaschi dentrosegandola sopraoprolungatasegandola sottoed in essa sia preso qualsivoglia punto gper il quale passi la retta fge. E perché il quadrato fe èmaggiore del quadrato gemaggior proporzione avrà esso quadrato feal quadrato bc che 'l quadrato ge al medesimo bc; eperchéper la precedenteil quadrato fe al quadrato bc sta comela ea alla acadunque maggior proporzione ha la ea alla acche 'l quadrato ge al quadrato bccioè che 'l quadrato edal quadrato dc (essendo che nel triangolo dge come la gealla parallela bccosì sta ed a dc): ma la linea eaalla accioè alla adha la medesima proporzione che 4rettangoli ead a 4 quadrati di adcioè al quadrato cd(che è eguale a 4 quadrati di ad): adunque 4 rettangoli ead alquadrato cd aranno maggior proporzione che il quadrato ed alquadrato dc: adunque 4 rettangoli ead saranno maggiori delquadrato ed: il che è falsoperché son minori; imperò che le parti eaad della linea ed non sono eguali. Adunque la linea dbtocca la parabola in be non la sega: il che si doveva dimostrare.

Simp. Voi procedete nelle vostredimostrazioni troppo alla grandeed andate sempreper quanto mi paresupponendo che tutte le proposizioni di Euclide mi siano così familiari eprontecome gli stessi primi assiomiil che non è. E pur ora l'uscirmiaddossoche 4 rettangoli ead son minori del quadrato deperchéle parti eaad della linea ed non sono equalinon miquietama mi lascia sospeso.

Salv. Veramente tutti i matematicinon vulgari suppongono che il lettore abbia prontissimi al meno gli Elementi diEuclide: e quiper supplire al vostro bisognobasterà ricordarvi unaproposizione del secondonella quale si dimostrache quando una linea èsegata in parti eguali ed in disegualiil rettangolo delle parti diseguali èminore del rettangolo delle parti eguali (cioè del quadrato della metà) quantoè il quadrato della linea compresa tra i segamenti; onde è manifesto che ilquadrato di tuttail quale contiene 4 quadrati della metàè maggiore di 4rettangoli delle parti diseguali. Oradi queste due proposizioni dimostrateprese da gli elementi coniciconviene che tenghiamo memoria per l'intelligenzadelle cose seguenti nel presente trattato: ché di queste solee non di piùsi serve l'Autore. Ora possiamo ripigliare il testoper vedere in qual manieraei vien dimostrando la sua prima proposizionedove egli intende di provarci lalinea descritta dal mobile graveche mentre ci descende con moto compostodell'equabile orizontale e del naturale descendentesia una semiparabola.

Si intenda la linea orizzontale ossia il piano ab posto in altoe unmobile si muova su di esso da a in b di moto equabile; mancandoora il sostegno del piano in bsopravvenga al medesimo mobileper lapropria gravitàun moto naturale deorsum secondo la perpendicolare bn.Si intenda inoltre che la linea bela quale prosegue il piano abper dirittorappresenti lo scorrere del tempoossia [ne costituisca] lamisurae su di essa si segnino ad arbitrio un numero qualsiasi di porzioni ditempo egualibccdde; inoltre dai punti bcde si intendano condotte linee equidistanti dalla perpendicolarebn: sulla prima di esse si prenda una parte qualsiasi ci; sulla[linea] successiva se ne prenda una quattro volte maggioredf; [sullaterza] una nove volte maggioreeh; e così di séguito sulle altrelinee secondo la proporzione dei quadrati delle [porzioni di tempo] cbdbebo vogliam dire in duplicata proporzione delle medesime. Se poiintendiamo che al mobileil quale si muove oltre b verso c conmoto equabilesi aggiunga un movimento di discesa perpendicolare secondo laquantità cinel tempo bc [esso mobile] si troverà situatonell'estremo i. Ma continuando a muoversinel tempo dbcioè [inun tempo] doppio di bcsarà disceso per uno spazio quattro voltemaggiore del primo spazio ci; abbiamo infatti dimostrato nel primotrattatoche gli spazi percorsi da un gravecon moto naturalmente acceleratosono in duplicata proporzione dei tempi: e parimentiil successivo spazio ehpercorso nel tempo besarà nove [volte maggiore del primo spazio]: sìche risulterà manifesto che gli spazi ehdfci stannotra di loro come i quadrati delle linee ebdbcb. Siconducano ora dai punti ifh le rette iofghlequidistanti dalla medesima eb: le linee hlfgio saranno egualiad una ad unaalle linee ebdbcb;e così pure le linee bobgbl saranno eguali alle linee cidfeh; inoltre il quadrato di hl starà al quadrato di fgcome la linea lb sta alla bge il quadrato di fg starà alquadrato di io come gb sta a bo; dunquei punti ifh si trovano su un unica e medesima linea parabolica. Similmente sidimostrerà chepreso un numero qualsiasi di particole di tempo eguali diqualunque grandezzai puntiche il mobile mosso di un simile moto compostooccuperà in quei tempisi troveranno su una medesima linea parabolica. Èdunque manifesto quello che ci eravamo proposti.

Salv. Questa conclusione si raccogliedal converso della prima delle due proposizioni poste di sopra. Imperò chedescrittaper esempiola parabola per li punti bhse alcunodelli 2 fi non fusse nella descritta linea parabolicasarebbedentro o fuorieper conseguenzala linea fg sarebbe o minore omaggiore di quella che andasse a terminare nella linea parabolica; onde ilquadrato della hl non al quadrato della fgma ad altro maggiore ominorearebbe la medesima proporzione che ha la linea lb alla bg:ma la ha al quadrato della fg: adunque il punto f è nellaparabolica: e così tutti gli altrietc.

Sagr. Non si può negare che ildiscorso sia nuovoingegnoso e concludenteargomentando ex suppositionesupponendo cioè che il moto traversale si mantenga sempre equabilee che ilnaturale deorsum parimente mantenga il suo tenored'andarsi sempreaccelerando secondo la proporzion duplicata de i tempie che tali moti e lorovelocitànel mescolarsinon si alterino perturbino ed impedischinosì chefinalmente la linea del proietto non vadianella continuazion del motoadegenerare in un'altra spezie: cosa che mi si rappresenta come impossibile.Imperò chestante che l'asse della parabola nostrasecondo 'l quale noisupponghiamo farsi il moto naturale de i graviessendo perpendicolareall'orizonteva a terminar nel centro della terra; ed essendo che la lineaparabolica si va sempre slargando dal suo asse; niun proietto andrebbe già maia terminar nel centroose vi andrebbecome par necessariola linea delproietto tralignerebbe in altradiversissima dalla parabolica.

Simp. Io a queste difficoltà neaggiungo dell'altre: una delle quali èche noi supponghiamo che il pianoorizontaleil quale non sia né acclive né declivesia una linea rettaquasiche una simil linea sia in tutte le sue parti egualmente distante dal centroilche non è vero; perchépartendosi dal suo mezova verso le estremità semprepiù e più allontanandosi dal centroe però ascendendo sempre; il che si tirain conseguenzaessere impossibile che il moto si perpetuianzi che né pur perqualche spazio si mantenga equabilema ben sempre vadia languendo. In oltreèper mio credereimpossibile lo schivar l'impedimento del mezosì che nonlevi l'equabilità del moto trasversale e la regola dell'accelerazione ne igravi cadenti. Dalle quali tutte difficoltà si rende molto improbabile che lecose dimostrate con tali supposizioni incostanti possano poi nelle praticateesperienze verificarsi.

Salv. Tutte le promosse difficoltà einstanze son tanto ben fondateche stimo essere impossibile il rimuoverleedioper mele ammetto tuttecome anco credo che il nostro Autore esso ancorale ammetterebbe; e concedo che le conclusioni così in astratto dimostrate sialterino in concretoe si falsifichino a segno taleche né il mototrasversale sia equabilené l'accelerazione del naturale sia con la proporzionsuppostané la linea del proietto sia parabolicaetc.: ma benall'incontrodomando che elle non contendano al nostro Autor medesimo quello che altrigrandissimi uomini hanno suppostoancor che falso. E la sola autoritàd'Archimede può quietare ogn'unoil qualenelle sue Mecaniche e nella primaQuadratura della parabolapiglia come principio verol'ago della bilancia ostadera essere una linea retta in ogni suo punto equalmente distante dal centrocommune de i gravie le corde alle quali sono appesi i gravi esser tra di loroparallele: la qual licenza viene da alcuni scusataperché nelle nostrepratiche gli strumenti nostri e le distanze le quali vengono da noi adoperateson così piccole in comparazione della nostra gran lontananza dal centro delglobo terrestreche ben possiamo prendere un minuto di un grado del cerchiomassimo come se fusse una linea rettae due perpendicoli che da i suoi estremipendesserocome se fussero paralleli. Che quando nelle opere praticali siavesse a tener conto di simili minuziebisognerebbe cominciare a riprendere gliarchitettili quali col perpendicolo suppongono d'alzar le altissime torri tralinee equidistanti. Aggiungo quiche noi possiamo dire che Archimede e glialtri supposero nelle loro contemplazioniesser costituiti per infinitalontananza remoti dal centronel qual caso i loro assunti non erano falsieche però concludevano con assoluta dimostrazione. Quando poi noi vogliamopraticar in distanza terminata le conclusioni dimostrate col suppor lontananzaimmensadoviamo diffalcar dal vero dimostrato quello che importa il non esserla nostra lontananza dal centro realmente infinitama ben tale che domandar sipuò immensa in comparazione della piccolezza de gli artificii praticati da noi:il maggior de i quali sarà il tiro de i proiettie di questi quello solamentedell'artiglierieil qualeper grande che sianon passerà 4 miglia di quelledelle quali noi siamo lontani dal centro quasi altrettante migliara; ed andandoquesti a terminar nella superficie del globo terrestreben potranno soloinsensibilmente alterar quella figura parabolicala quale si concede chesommamente si trasformerebbe nell'andare a terminar nel centro.

Quanto poi al perturbamento procedente dall'impedimento del mezoquesto èpiù considerabileeper la sua tanto moltiplice varietàincapace di potersotto regole ferme esser compreso e datone scienza; atteso chese noi metteremoin considerazione il solo impedimento che arreca l'aria a i moti considerati danoiquesto si troverà perturbargli tuttie perturbargli in modi infinitisecondo che in infiniti modi si variano le figurele gravità e le velocità dei mobili. Imperò chequanto alla velocitàsecondo che questa sarà maggioremaggiore sarà il contrasto fattogli dall'aria; la quale anco impedirà più imobili secondo che saranno men gravi: talchése bene il grave descendentedovrebbe andare accelerandosi in duplicata proporzione della durazion del suomototuttaviaper gravissimo che fusse il mobilenel venir da grandissimealtezze sarà tale l'impedimento dell'ariache gli torrà il poter crescerepiù la sua velocitàe lo ridurrà ad un moto uniforme ed equabile; e questaadequazione tanto più presto ed in minori altezze si otterràquanto il mobilesarà men grave. Quel moto anco che nel piano orizontalerimossi tutti glialtri ostacolidevrebbe essere equabile e perpetuoverrà dall'impedimentodell'aria alteratoe finalmente fermato: e qui ancora tanto più prestoquantoil mobile sarà più leggiero. De i quali accidenti di gravitàdi velocitàed anco di figuracome variabili in modi infinitinon si può dar fermascienza: e peròper poter scientificamente trattar cotal materiabisognaastrar da essie ritrovate e dimostrate le conclusioni astratte dagl'impedimentiservircenenel praticarlecon quelle limitazioni chel'esperienza ci verrà insegnando. E non però piccolo sarà l'utileperché lematerie e lor figure saranno elette le men soggette a gl'impedimenti del mezoquali sono le gravissime e le rotondee gli spazii e le velocità per lo piùnon saranno sì grandiche le loro esorbitanze non possano con facil tara esserridotte a segno; anzi pure ne i proietti praticabili da noiche siano dimaterie gravi e di figura rotondaed anco di materie men gravi e di figuracilindricacome freccelanciati con frombe o archiinsensibile sarà deltutto lo svario del lor moto dall'esatta figura parabolica. Anzi (e vogliopigliarmi alquanto più di licenza) che ne gli artifizii da noi praticabili lapiccolezza loro renda pochissimo notabili gli esterni ed accidentariiimpedimentitra i quali quello del mezo è il più considerabilevi posso iocon due esperienze far manifesto. Io farò considerazione sopra i movimentifatti per l'ariaché tali son principalmente quelli de i quali noi parliamo;contro i quali essa aria in due maniere esercita la sua forza: l'una ècoll'impedir più i mobili men gravi che i gravissimi; l'altra è nel contrastarpiù alla velocità maggiore che alla minore dell'istesso mobile. Quanto alprimoil mostrarci l'esperienza che due palle di grandezza egualima di pesol'una 10 o 12 volte più grave dell'altraquali sarebberoper esempiouna dipiombo e l'altra di roverescendendo dall'altezza di 150 o 200 bracciaconpochissimo differente velocità arrivano in terraci rende sicuri chel'impedimento e ritardamento dell'aria in amendue è poco: che se la palla dipiombopartendosi nell'istesso momento da alto con l'altra di legnopoco fusseritardatae questa moltoper assai notabile spazio devrebbe il piombonell'arrivare in terralasciarsi a dietro il legnomentre è 10 volte piùgrave; il che tutta via non accadeanzi la sua anticipazione non sarà né ancola centesima parte di tutta l'altezza; e tra una palla di piombo ed una dipietrache di quella pesasse la terza parte o la metàappena sarebbeosservabile la differenza del tempo delle lor giunte in terra. Oraperchél'impeto che acquista una palla di piombo nel cadere da un'altezza di 200braccia (il quale è tantoche continuandolo in moto equabile scorrerebbebraccia 400 in tanto tempo quanto fu quello della sua scesa) è assaiconsiderabile rispetto alle velocità che noi con archi o altre machineconferiamo a i nostri proietti (trattone gl'impeti dependenti dal fuoco)possiamo senza errore notabile concludere e reputar come assolutamente vere leproposizioni che si dimostreranno senza il riguardo dell'alterazion del mezo.Circa poi all'altra parteche è di mostrarel'impedimento che l'istessomobile riceve dall'ariamentre egli con gran velocità si muovenon essergrandemente maggiore di quello che gli contrasta nel muoversi lentamentefermacertezza ce ne porge la seguente esperienza. Sospendansi da due fili egualmentelunghie di lunghezza di 4 o 5 bracciadue palle di piombo egualie attaccatii detti fili in altosi rimuovano amendue le palle dallo stato perpendicolare;ma l'una si allontani per 80 o più gradie l'altra non più che 4 o 5: sìchelasciate in libertàl'una scenda etrapassando il perpendicolodescrivearchi grandissimi di 160150140 gradietc.diminuendogli a poco a poco; mal'altrascorrendo liberamentepassi archi piccoli di 1086 etc.diminuendogli essa ancora a poco a poco: qui primieramente dicoche in tantotempo passerà la prima li suoi gradi 180160 etc.in quanto l'altra li suoi108 etc. Dal che si fa manifestoche la velocità della prima palla sarà 16e 18 volte maggiore della velocità della seconda; sì chequando la velocitàmaggiore più dovesse essere impedita dall'aria che la minorepiù radedevriano esser le vibrazioni ne gli archi grandissimi di 180 e 160 gradi etc.che ne i piccolissimi di 1084ed anco di 2 e di 1: ma a questo repugnal'esperienza; imperò che se due compagni si metteranno a numerare levibrazionil'uno le grandissime e l'altro le piccolissimevedranno che nenumereranno non pur le decinema le centinaia ancorasenza discordar d'unasolaanzi d'un sol punto. E questa osservazione ci assicura congiuntamentedelle 2 proposizionicioè che le massime e le minime vibrazioni si fanno tuttea una a una sotto tempi egualie che l'impedimento e ritardamento dell'aria nonopera più ne i moti velocissimi che ne i tardissimi; contro a quello che purdianzi pareva che noi ancora comunemente giudicassimo.

Sagr. Anziperché non si puònegare che l'aria impedisca questi e quellipoi che e questi e quelli vannolanguendo e finalmente finisconoconvien dire che tali ritardamenti si faccianocon la medesima proporzione nell'una e nell'altra operazione. Ma che? l'avere afar maggior resistenza una volta che un'altrada che altro proced'egli fuor chedall'esser assalito una volta con impeto e velocità maggioreed un'altra conminore? E se questo èla quantità medesima della velocità del mobile ècagione ed insieme misura della quantità della resistenza. Adunque tutti imotisiano tardi o velocison ritardati e impediti con l'istessa proporzione:notiziapar a menon disprezzabile.

Salv. Possiam per tanto anco inquesto secondo caso concludereche le fallacie nelle conclusioni le qualiastraendo da gli accidenti esterni si dimostrerannosiano ne gli artifiziinostri di piccola considerazionerispetto a i moti di gran velocitàde iquali per lo più si trattaed alle distanzeche non sono se non piccolissimein relazione alla grandezza del semidiametro e de i cerchi massimi del globoterrestre.

Simp. Io volentieri sentirei lacagione per la quale V. S. sequestra i proietti dall'impeto del fuococioècome credodalla forza della polvereda gli altri proietti con frombe archi obalestrecirca 'l non essere nell'istesso modo soggetti all'alterazione edimpedimento dell'aria.

Salv. Muovemi l'eccessiva eper viadi direfuria soprannaturale con la quale tali proietti vengono cacciati; chébene anco fuora d'iperbole mi par che la velocità con la quale vien cacciata lapalla fuori d'un moschetto o d'una artiglieriasi possa chiamar sopranaturale.Imperò chescendendo naturalmente per l'aria da qualche altezza immensa unatal pallala velocità suamercé del contrasto dell'arianon si andràaccrescendo perpetuamente: ma quello che ne i cadenti poco gravi si vede in nonmolto spazio accaderedico di ridursi finalmente a un moto equabileaccaderàancoradopo la scesa di qualche migliara di bracciain una palla di ferro o dipiombo; e questa terminata ed ultima velocità si può dire esser la massima chenaturalmente può ottener tal grave per aria: la qual velocità io reputo assaiminor di quella che alla medesima palla viene impressa dalla polvere accesa. Delche una assai acconcia esperienza ci può render cauti. Sparisi da un'altezza dicento o più braccia un archibuso con palla di piombo all'in giùperpendicolarmente sopra un pavimento di pietrae col medesimo si tiri controuna simil pietra in distanza d'un braccio o 2e veggasi poi qual delle 2 pallesi trovi esser più ammaccata: imperò chese la venuta da alto si troveràmeno schiacciata dell'altrasarà segno che l'aria gli avrà impedita ediminuita la velocità conferitagli dal fuoco nel principio del motoe cheperconseguenzauna tanta velocità non gli permetterebbe l'aria che ellaguadagnasse già mai venendo da quanto si voglia subblime altezza; ché quandola velocità impressagli dal fuoco non eccedesse quella che per se stessanaturalmente scendendopotesse acquistarela botta all'ingiù devrebbe piùtosto esser più valida che meno. Io non ho fatto tale esperienzama inclino acredere che una palla d'archibuso o d'artiglieriacadendo da un'altezza quantosi voglia grandenon farà quella percossa che ella fa in una muraglia inlontananza di poche bracciacioè di così pocheche 'l breve sdrucitoovogliam dire scissurada farsi nell'aria non basti a levar l'eccesso dellafuria sopranaturale impressagli dal fuoco. Questo soverchio impeto di similitiri sforzati può cagionar qualche deformità nella linea del proiettofacendo'l principio della parabola meno inclinato e curvo del fine; ma questopoco oniente può esser di progiudizio al nostro Autore nelle praticali operazioni:tra le quali principale è la composizione d'una tavola per i tiri che dicono divolatala quale contenga le lontananze delle cadute delle palle tirate secondotutte le diverse elevazioni; e perché tali proiezzioni si fanno con mortariecon non molta caricain questi non essendo sopranaturale l'impetoi tirisegnano le lor linee assai esattamente.

Ma in tanto procediamo avanti nel trattatodove l'Autore ci vuole introdurrealla contemplazione ed investigazione dell'impeto del mobilementre si muovecon moto composto di due; e primadel composto di due equabilil'unoorizontale e l'altro perpendicolare.

TEOREMA 2. PROPOSIZIONE 2
Se un mobile si muove con moto composto di due equabilil'uno orizzontale el'altro perpendicolarel'impeto o momento del movimento composto da ambeduesarà in potenza eguale ai due momenti dei primi moti.

Un mobileinfattisi muova equabilmente con un movimento duplicee almovimento perpendicolare corrisponda lo spazio abmentre al movimentoorizzontale compiuto in un egual tempo corrisponda lo spazio bc. Allorapoiché gli spazi ab e bc vengono percorsi nel medesimo tempo conmoti equabilii momenti di tali moti staranno tra di loro come le medesime abe bc: ma il mobileche si muove secondo questi due movimentidescrivela diagonale ac; il momento della sua velocità sarà dunque[rappresentato da] ac. Ma ac è eguale in potenza alle medesime abe bc; dunqueil momento composto dai due momenti ab e bcsaràsoltanto in potenzaeguale a questipresi insieme: che è quello chedovevamo mostrare.

Simp. È necessario levarmi un pocodi scrupolo che qui mi nasceparendomi che questoche ora si concluderepugniad un'altra proposizione del trattato passatonella quale si affermaval'impeto del mobile venente dall'a in b essere eguale al venentedell'a in c; ed ora si concludel'impeto in c essermaggiore che in b.

Salv. Le proposizioniSig.Simpliciosono amendue verema molto diverse tra di loro. Qui si parla d'unsol mobilemosso d'un sol motoma composto di dueamendue equabili; e là siparla di 2 mobilimossi di moti naturalmente acceleratiuno per laperpendicolare abe l'altro per l'inclinata ac. In oltrei tempiquivi non si suppongono egualima il tempo per l'inclinata ac èmaggiore del tempo per la perpendicolare ab; ma nel moto del quale siparla al presentei moti per le abbcac s'intendonoequabili e fatti nell'istesso tempo.

Simp. Mi scusinoe seguano avantiché resto acquietato.

Salv. Séguita l'Autore perincaminarci a intender quel che accaggia intorno all'impeto d'un mobile mossopur d'un moto composto di 2uno cioè orizontale ed equabilee l'altroperpendicolare ma naturalmente acceleratode i quali finalmente è composto ilmoto del proietto e si descrive la linea parabolicain ciaschedun punto dellaquale si cerca di determinare quanto sia l'impeto del proietto. Per la cuiintelligenza ci dimostra l'Autore il modoo vogliàn dir metododi regolare emisurar cotale impeto sopra l'istessa linea nella quale si fa il moto del gravedescendente con moto naturalmente acceleratopartendosi dalla quietedicendo:

TEOREMA 3. PROPOSIZIONE 3

Il moto si svolga lungo la linea ab a partire dalla quiete in ae su tale linea si prenda un qualsiasi punto c; si ponga inoltre che la acsia il tempoossia la misura del tempodella stessa caduta lungo lo spazio ace che essa sia anche la misura dell'impeto o del momento acquistato nel punto cin virtù della discesa ac. Si prenda orasulla medesima linea abun qualsiasi altro puntocome ad esempio b: bisogna determinarel'impetoacquistato in questo punto da un mobile che scenda per abinproporzione all'impeto che aveva raggiunto in ca misura del quale si èposta la ac. Si ponga as media proporzionale tra ba e ac:dimostreremo che l'impeto in b sta all'impeto in c come la linea sasta alla ac. Si prendano le orizzontali cddoppia della [linea] ace bedoppia della ba: sappiamoper le antecedenti dimostrazioniche il mobileil quale cada lungo acsia deviato sull'orizzontale cde si muova di moto equabile secondo l'impeto acquistato in cpercorre lospazio cd in un tempo eguale a quello impiegato a percorrere lo spazio acdi moto accelerato; e similmente [sappiamo] che be viene percorso nellostesso tempo di ab: ma il tempo della discesa ab è as:dunquela orizzontale be viene percorsa nel tempo as. Si facciachecome il tempo sa sta al tempo accosì eb stia a bl;essendo il moto lungo be uniformelo spazio bl verrà percorsonel tempo ac secondo il momento di velocità [acquistato] in b: manel medesimo tempo ac viene percorso lo spazio cd secondo ilmomento di velocità [acquistato] in c; inoltre i momenti di velocitàstanno tra di loro come gli spaziche siano percorsi in tempi eguali con queglistessi momenti di velocità: dunqueil momento di velocità in c sta almomento di velocità in bcome dc sta a bl. Ma poichécome dc sta a becosì la metà dell'una sta alla metàdell'altracioè ca ad ab; e poichécome eb sta a blcosì ba sta ad as; dunqueex aequalicome dc staa blcosì ca sta ad as: cioècome il momento divelocità in c sta al momento di velocità in bcosì casta ad ascioèil tempo per ca sta al tempo per ab.

È pertanto chiaro il modo di misurare l'impeto o momento di velocità sullalinea lungo la quale si svolge il movimento di discesa; impeto checome appuntoabbiamo posto aumenta in proporzione al tempo.

Ma quiprima di procedere oltrebisogna premettere il seguenteavvertimento: poiché il nostro discorso verterà intorno al moto composto di unmoto orizzontale equabile e di un moto deorsum naturalmente accelerato(da tale mescolanzainfattirisulta composta e descritta la linea delproiettocioè la parabola)ci troviamo nella necessità di determinare unamisura comunesecondo la quale si possa misurare la velocitàl'impetoossiail momento di ambedue i moti; poiché nel moto equabile innumerevoli sono igradi di velocitàma di essi uno soloe non uno qualsiasi a casodeve esserecorrelato e congiunto al grado di velocità acquistato nel moto naturalmenteacceleratonon ho potuto escogitare alcun altro modo più facile per sceglierloe determinarloche assumendone un altro del medesimo genere. Ma per spiegarmipiù chiaramente

figuriamoci la perpendicolare ac all'orizzontale cb; oraacè l'altezza e cb è l'ampiezza della semiparabola ab descrittadalla composizione di due movimentidei quali l'uno è quello del mobile chescende per ac con moto naturalmente accelerato a partire dalla quiete in al'altro è il moto trasversale equabile secondo l'orizzontale ad.L'impeto acquistato in c in virtù della discesa ac è misuratodalla lunghezza della medesima altezza ac; infattiunico e sempre ilmedesimo è l'impeto del mobile cadente dalla medesima altezza: invecesull'orizzontale si possono assegnare non un soloma innumerevoli gradi divelocità di moti equabili. Per poter distinguere dagli altri e quasi mostrare adito quel grado di velocità che avrò scelto tra quella moltitudineprolungherò l'altezza ca verso l'alto e su questo prolungamentosegneròa seconda di quanto sarà necessariola sublimità ae: seimmagino un [mobile] cadente da essa [sublimità] a partire dalla quiete in eè manifesto che l'impeto da esso acquistato nell'estremo a sarà pari aquello col quale avrò immaginato muoversi il medesimo mobile deviatosull'orizzontale ad; e che il suo grado di velocità sarà quello colqualenel tempo della discesa per eapercorrerà sull'orizzontale unospazio doppio del medesimo ea. Questo [è l'avvertimento che] mi èsembrato necessario premettere.

Si avvertainoltreche chiamo «ampiezza» della semiparabola abl'orizzontale cb;

«altezza»cioè acl'asse della medesima parabola;

la linea eainvecedalla cui discesa viene determinato l'impetoorizzontalela chiamo «sublimità».

Chiarite e definite queste cosemi volgo a quello che dobbiamo dimostrare.

Sagr. Fermatein graziaperché quimi par che convenga adornar questo pensiero dell'Autore con la conformità delconcetto di Platone intorno al determinare le diverse velocità de i motiequabili delle conversioni de i moti celesti. Il qualeavendo per avventuraauto concettonon potere alcun mobile passare dalla quiete ad alcun determinatogrado di velocitànel quale ei debba poi equabilmente perpetuarsise non colpassare per tutti gli altri gradi di velocità minorio vogliam dire ditardità maggioriche tra l'assegnato grado e l'altissimo di tarditàcioèdella quieteintercedonodisse che Iddiodopo aver creati i corpi mobilicelestiper assegnar loro quelle velocità con le quali poi dovessero con motocircolare equabile perpetuamente muoversigli fecepartendosi loro dallaquietemuover per determinati spazii di quel moto naturale e per linea rettasecondo 'l quale noi sensatamente veggiamo i nostri mobili muoversi dallo statodi quiete accelerandosi successivamente; e soggiugne cheavendogli fattoguadagnar quel grado nel quale gli piacque che poi dovessero mantenersiperpetuamenteconvertì il moto loro retto in circolareil quale solo è attoa conservarsi equabilerigirandosi sempre senza allontanarsi o avvicinarsi aqualche prefisso termine da essi desiderato. Il concetto è veramente degno diPlatone; ed è tanto più da stimarsiquanto i fondamenti taciuti da quello escoperti dal nostro Autorecon levargli la maschera o sembianza poeticaloscuoprono in aspetto di verace istoria. E mi pare assai credibileche avendonoi per le dottrine astronomiche assai competente notizia delle grandezze de gliorbi de i pianeti e delle distanze loro dal centro intorno al quale siraggiranocome ancora delle loro velocitàpossa il nostro Autore (al quale ilconcetto Platonico non era ascosto) aver tal volta per sua curiosità autopensiero d'andare investigando se si potesse assegnare una determinatasublimitàdalla quale partendosicome da stato di quietei corpi de ipianetie mossisi per certi spazii di moto retto e naturalmente acceleratoconvertendo poi la velocità acquistata in moti equabilisi trovasserocorrispondere alle grandezze de gli orbi loro e a i tempi delle lororevoluzioni.

Salv. Mi par sovvenire che egli giàmi dicesseaver una volta fatto il computoed anco trovatolo assaiacconciamente rispondere alle osservazionima non averne voluto parlaregiudicando che le troppe novità da lui scoperteche lo sdegno di molti glihanno provocatonon accendessero nuove scintille. Ma se alcuno avrà simildesideriopotrà per se stessocon la dottrina del presente trattatosodisfare al suo gusto. Ma seguitiamo la nostra materiache è di dimostrare:

PROBLEMA 1. PROPOSIZIONE 4
Come si debba determinare l'impeto nei singoli punti di una data paraboladescritta da un proietto.

Sia la semiparabola becdella quale l'ampiezza sia cd el'altezza db; quest'ultimaprolungata verso l'altoincontri in ala tangente ca alla parabola; e per il vertice b sia [condotta] labiparallela all'orizzonte e alla cd. Sepoil'ampiezza cdè eguale all'intera altezza dabi sarà eguale a ba e a bd;se poniamo che la stessa ab sia misura del tempo della caduta per abe del momento di velocità acquistato in b in virtù della discesa aba partire dalla quiete in aallora dc (che è doppia di bi)sarà lo spazio che nel medesimo tempo [il mobile] percorrerà in virtùdell'impeto ab deviato sull'orizzontale: ma nel medesimo tempo [ilmobile] percorre l'altezza bd cadendo lungo bd a partire dallaquiete in b: dunqueil mobile checadendo lungo ab a partiredalla quiete in aviene deviato sull'orizzontale con l'impeto abpercorre su di questa uno spazio eguale a dc. Ma sopravvenendo ilmovimento di caduta lungo bd[il mobile] percorre l'altezza bd edescrive la parabola bc: il suo impeto nell'estremo c risultacomposto del [l'impeto del moto] trasversale equabileil cui momento è[rappresentato da] abe dell'altro momentoacquistato nell'estremo dossia in cin virtù della discesa bd; i quali momenti sonoeguali. Se dunque intendiamo che ab sia misura di uno dei [due momenti]ad esempio di quello [del moto] trasversale equabilee che bieguale a bdsia misura dell'impeto acquistato in dossia in c; l'ipotenusa iasarà la quantità del momento composto di ambedue [i momenti suddetti]: saràdunque la quantità o misura del momento totale con cui il proiettoche abbiadescritto la parabola bcfa impeto in c. Tenendo presenti taliconsiderazionisi prenda sulla parabola un qualsiasi punto enel qualesi debba determinare l'impeto del proietto. Si conduca l'orizzontale efe si prenda bg media proporzionale tra bd e bf: poichéabbiamo posto che abossia bdsia misura del tempo e del momentodi velocità [acquistato] nella caduta bd a partire dalla quiete in bsarà bg il tempoossia la misura del tempo e dell'impeto in fdel [mobile] proveniente da b. Pertantose si pone bo eguale a bgtracciata la diagonale aoquesta sarà la quantità dell'impeto nelpunto e: infatti si è posta ab come determinatrice del tempo edell'impeto in bil quale [impeto] deviato sull'orizzontale si mantienesempre lo stesso; bo invece determina l'impeto [acquistato] in fossia in ein virtù della discesa lungo l'altezza bf a partiredalla quiete in b; ma ao è eguale in potenza a questi due abe bo. È dunque manifesto quello che si chiedeva.

Sagr. La contemplazione delcomponimento di questi impeti diversie della quantità di quell'impeto che datal mistione ne risultami giugne tanto nuovache mi lascia la mente in nonpiccola confusione: non dico della mistione di due movimenti equabilibenchétra di loro disegualifatti uno per la linea orizontale e l'altro per laperpendicolareché di questi resto capacissimo farsi un moto in potenza egualead amendue i componenti; ma mi nasce confusione nel mescolamento dell'orizontaleequabilee perpendicolare naturalmente accelerato. Però vorrei che insiemedigerissimo meglio questa materia.

Simp. Ed io tanto più ne sonbisognosoquanto che non sono ancor totalmente quietato di mentecome bisognanelle proposizioni che sono come primi fondamenti dell'altre che gli seguonoappresso. Voglio inferire che anco nella mistione de i due moti equabiliorizontale e perpendicolarevorrei meglio intendere quella potenza del lorcomposto. OraSig. SalviatiV. S. intende il nostro bisogno e desiderio.

Salv. Il desiderio è moltoragionevolee tenterò se l'aver io più lungo tempo potuto pensarvi soprapuò agevolare la vostra intelligenza. Ma converrà comportarmi e scusarmisenel discorrere andrò replicando buona parte delle cose sin qui postedall'Autore.

Discorrer determinatamente circa i movimenti e lor velocità o impetisianoquelli o equabili o naturalmente acceleratinon possiamo noi senza primadeterminar della misura che usar vogliamo per misurar tali velocitàcome ancodella misura del tempo. Quanto alla misura del tempogià abbiamo lacomunemente ricevuta per tuttodelle oreminuti primi e secondi etc.; e comeper misura del tempo ci è la detta comunericevuta da tutticosì bisognaassegnarne una per le velocitàche appresso tutti sia comunemente intesa ericevutacioè che appresso tutti sia l'istessa. Atta per tale uso ha stimatol'Autorecome si è dichiaratoesser la velocità de i gravi naturalmentedescendentide i quali le crescenti velocità in tutte le parti del mondoserbano l'istesso tenore; sì che quel grado di velocità che (per esempio)acquista una palla di piombo d'una libra nell'esserpartendosi dalla quietescesa perpendicolarmente quanto è l'altezza di una piccaè sempre e in tuttii luoghi il medesimoe per ciò accomodatissimo per esplicar la quantitàdell'impeto derivante dalla scesa naturale. Resta poi il trovar modo dideterminare anco la quantità dell'impeto in un moto equabile in guisa talechetutti coloro che circa di quello discorrinosi formino l'istesso concetto dellagrandezza e velocità suasì che uno non se lo figuri più veloce e un altromenoonde poi nel congiugnere e mescolar questo da sé concepito equabile conlo statuito moto acceleratoda diversi uomini ne vengano formati diversiconcetti di diverse grandezze d'impeti. Per determinare e rappresentare cotalimpeto e velocità particolarenon ha trovato il nostro Autore altro mezo piùaccomodatoche 'l servirsi dell'impeto che va acquistando il mobile nel motonaturalmente accelerato del quale qualsivoglia momento acquistatoconvertito inmoto equabileritien la sua velocità limitata precisamentee tantache inaltrettanto tempo quanto fu quello della scesa passa doppio spazio dell'altezzadalla quale è caduto. Ma perché questo è punto principale nella materia chesi trattaè bene con qualche esempio particolare farsi perfettamenteintendere.

Ripigliando dunque la velocità e l'impeto acquistato dal grave cadentecomedicemmodall'altezza d'una piccadella quale velocità vogliamo servirci permisura di altre velocità ed impeti in altre occasioni; e postoper esempioche il tempo di tal caduta sia 4 minuti secondi d'ora; per ritrovar da questatal misura quanto fusse l'impeto del cadente da qualsivoglia altra altezzamaggiore o minorenon doviamo dalla proporzione la quale quest'altra altezzaavesse con l'altezza d'una piccaargomentare e concludere la quantitàdell'impeto acquistato in questa seconda altezzastimandoper esempioche ilcadente da quadrupla altezza avesse acquistato quadrupla velocitàperché ciòè falso: imperò che non cresce o cala la velocità nel moto naturalmenteaccelerato secondo la proporzione degli spaziima ben secondo quella de itempidella quale quella degli spazii è maggiore in duplicata proporzionecome già fu dimostrato. Peròquando noi avessimo in una linea rettaassegnatane una parte per misura della velocitàed anco del tempo e dellospazio in tal tempo passato (ché per brevità tutte tre queste grandezze conun'istessa linea spesse volte vengono rappresentate)per trovar la quantitàdel tempo e 'l grado di velocità che il mobile medesimo in altra distanzaarebbe acquistatociò otterremo noi non immediatamente da questa secondadistanzama dalla linea che tra le due distanze sarà media proporzionale. Macon un esempio meglio mi dichiaro.

Nella linea acperpendicolare all'orizonteintendasi la parte abessere uno spazio passato da un grave naturalmente descendente di motoaccelerato; il tempo del qual passaggiopotendo io rappresentarlo conqualsivoglia lineavoglio per brevità figurarlo esser quanto la medesima lineaab; e parimente per misura dell'impeto e velocità acquistata per talmoto pongo pur l'istessa linea ab: sì che di tutti gli spazii che nelprogresso del discorso si hanno a considerarela misura sia la parte ab.Stabilite ad arbitrio nostro sotto una sola grandezza ab queste 3 misuredi generi di quantità diversissimicioè di spaziidi tempi e di impetisiaci proposto di dover determinarenell'assegnato spazio e altezza acquanto sia per essere il tempo della scesa del cadente da l'a in ce quanto l'impeto che in esso termine c si troverà avere acquistatoinrelazione al tempo ed all'impeto misurati per la ab. L'uno e l'altroquesito si determinerà pigliando delle due linee acab la mediaproporzionale ad; affermandoil tempo della caduta per tutto lo spazio acesser quanto il tempo ad in relazione al tempo abposto daprincipio per la quantità del tempo nella scesa ab. Diremo parimentel'impeto o grado di velocità che otterrà 'l cadente nel termine cinrelazione all'impeto che ebbe in besser quale è la medesima linea adin relazione alla abessendo che la velocità cresce con la medesimaproporzione che cresce il tempo: la qual conclusione se ben fu presa comepostulatopur tuttavia volse l'Autore esplicarne l'applicazione di sopraallaProposizion terza.

Ben compreso e stabilito questo puntovenghiamo alla considerazionedell'impeto derivante da 2 moti composti; uno de i quali sia compostodell'orizontale e sempre equabilee del perpendicolare all'orizonte e essoancora equabile; ma l'altro sia composto dell'orizontalepur sempre equabileedel perpendicolare naturalmente accelerato. Se amendue saranno equabiligiàs'è visto come l'impeto resultante dalla composizione di amendue è in potenzaequale ad amenduecome per chiara intelligenza esemplificheremo così.

Intendasiil mobile descendente per la perpendicolare ab averperesempio3 gradi d'impeto equabilematrasportato per la ab verso cesser tal velocità ed impeto di 4 gradisì che nel tempo medesimo chescendendo passerebbe nella perpendicolarev. g.3 braccianella orizontale nepasserebbe 4: ma nel composto di amendue le velocità vienenel medesimo tempodal punto a nel termine ccaminando sempre per la diagonale acla quale non è lunga 7quanto sarebbe la composta delle 2ab 3 e bc4ma è 5; la qual 5 è in potenza equale alle due 3 e 4. Imperò chefatti liquadrati del 3 e del 4che sono 9 e 16e questi congiunti insiemefanno 25per il quadrato di acil quale alli due quadrati di ab e di bcè eguale; onde la ac sarà quanto è il latoo vogliam dir la radicedel quadrato 25che è 5. Per regola dunque ferma e sicuraquando si debbaassegnare la quantità dell'impeto resultante da 2 impeti datiuno orizontale el'altro perpendicolare ed amendue equabilisi deve di amendue fare i quadratiecomponendogli insiemeestrar la radice del compostola quale ci darà laquantità dell'impeto composto di amendue quelli. E così nell'esempio postoquel mobile che in virtù del moto perpendicolare arebbe percosso sopral'orizonte con 3 gradi di forzae col moto solo orizontale arebbe percosso in ccon gradi 4percotendo con amendue gl'impeti congiuntiil colpo sarà comequello del percuziente mosso con gradi 5 di velocità e di forza; e questa talpercossa sarebbe del medesimo valore in tutti i punti della diagonale acper esser sempre gl'impeti composti i medesiminon mai cresciuti o diminuiti.

Veggiamo ora quello che accaschi nel comporre il moto orizontale equabile conun moto perpendicolare all'orizonteil qualecominciando dalla quietevadianaturalmente accelerandosi. Già è manifesto che la diagonaleche è la lineadel moto composto di questi duenon è una linea rettama semiparabolicacomesi è dimostrato; nella quale l'impeto va sempre crescendomercé del continuocrescimento della velocità del moto perpendicolare. Là ondeper determinarqual sia l'impeto in un assegnato punto di essa diagonale parabolicaprimabisogna assegnar la quantità dell'impeto uniforme orizontalee poi investigarqual sia l'impeto del cadente nell'assegnato puntoil che non si puòdeterminare senza la considerazione del tempo decorso dal principio dellacomposizione de i 2 motila qual considerazione di tempo non si richiede nellacomposizione de i moti equabilile velocità ed impeti de i quali son sempre imedesimi; ma quidove entra nella mistione un moto checominciando dalla sommatarditàva crescendo la velocità conforme alla continuazion del tempoènecessario che la quantità del tempo ci manifesti la quantità del grado divelocità nell'assegnato punto: ché quanto al resto poil'impeto composto diquesti 2 è (come nei moti uniformi) eguale in potenza ad amendue i componenti.Ma qui ancora meglio mi dichiaro con un esempio.

Sia nella perpendicolare all'orizonte ac presa qualsivoglia parte abla quale figuro che serva per misura dello spazio del moto naturale fatto inessa perpendicolaree parimente sia misura del tempo ed anco del grado divelocitào vogliam dire de gl'impeti: è primieramente manifestoche sel'impeto del cadente in b dalla quiete in a si convertirà soprala bdparallela all'orizontein moto equabilela quantità della suavelocità sarà tantache nel tempo ab passerà uno spazio doppio dellospazio ab; e tanta sia la linea bd. Posta poi la bc egualealla bae tirata la parallela ce alla bde ad essaegualedescriveremo per i punti be la linea parabolica bei.E perché nel tempo ab con l'impeto ab si passa l'orizontale bdo cedoppia della abe passasi ancora in altrettanto tempo laperpendicolare bc con acquisto d'impeto in c eguale al medesimoorizontale; adunque il mobilein tanto tempo quanto è absi troveràdal b giunto in e per la parabola be con un impeto compostodi dueciascheduno eguale all'impeto ab: e perché l'uno di essi èorizontale e l'altro perpendicolarel'impeto composto di essi sarà in potenzaeguale ad amenduecioè doppio di uno; ondeposta la bf eguale alla bae tirata la diagonale afl'impeto e la percossa in e saràmaggiore della percossa in b del cadente dall'altezza ao verodella percossa dell'impeto orizontale per la bdsecondo la proporzionedi af ad ab. Ma quandoritenendo pur sempre la ba permisura dello spazio della caduta dalla quiete in a sino in b e permisura del tempo e dell'impeto del cadente acquistato in bl'altezza bonon fusse egualema maggiore della abpresa la bg mediaproporzionale tra esse abbosarebbe essa bg misura deltempo e dell'impeto in oper la caduta nell'altezza bo acquistatoin o; e lo spazio per l'orizontaleil quale passato con l'impeto abnel tempo ab sarebbe doppio della absarà in tutta la duraziondel tempo bg tanto maggiorequanto a proporzione la bg èmaggiore della ba. Posta dunque la lb eguale alla bgetirata la diagonale alavremo da essa la quantità composta delli 2impeti orizontale e perpendicolareda i quali si descrive la parabola; de iquali l'orizontale ed equabile è l'acquistato in b per la caduta abe l'altro è l'acquistato in oo vogliam dire in iper la cadutaboil cui tempo fu bgcome anco la quantità del suo momento. Econ simil discorso investigheremo l'impeto nel termine estremo della parabolaquando l'altezza sua fusse minore della sublimità abprendendo traamendue la media; la quale posta nell'orizontale in luogo della bfecongiunta la diagonalecome afaremo da questa la quantità dell'impetonell'estremo termine della parabola.

A quanto sin qui è considerato circa questi impeticolpi o vogliam dirpercossedi tali proietticonvien aggiugnere un'altra molto necessariaconsiderazione: e questa èche non basta por mente alla sola velocità delproietto per ben determinare della forza ed energia della percossama convienchiamare a parte ancora lo stato e condizione di quello che riceve la percossanell'efficacia della quale esso per più rispetti ha gran participazione einteresse. E primanon è chi non intenda che la cosa percossa intanto patisceviolenza dalla velocità del percuzientein quanto ella se gli opponee frenain tutto o in parte il moto di quello: ché se il colpo arriverà sopra tale checeda alla velocità del percuziente senza resistenza alcunatal colpo sarànullo; e colui che corre per ferir con lancia il suo nimicose nelsopraggiugnerlo accaderà che quello si muova fuggendo con pari velocitànonfarà colpoe l'azzione sarà un semplice toccare senza offendere. Ma se lapercossa verrà ricevuta in un oggetto che non in tutto ceda al percuzientemasolamente in partela percossa danneggeràma non con tutto l'impetoma solocon l'eccesso della velocità di esso percuziente sopra la velocità dellaritirata e cedenza del percosso: sì chesev. g.il percuziente arriveràcon 10 gradi di velocità sopra 'l percossoil qualecedendo in partesiritiri con gradi 4l'impeto e percossa sarà come di gradi 6. E finalmenteintera e massima sarà la percossaper la parte del percuzientequando ilpercosso nulla cedama interamente si oppongae fermi tutto 'l moto delpercuziente; se però questo può accadere. Ed ho detto per la parte delpercuzienteperché quando il percosso si movesse con moto contrario verso'l percuzienteil colpo e l'incontro si farebbe tanto più gagliardoquanto le2 velocità contrarie unite son maggiori che la sola del percuziente. Di piùconviene anco avvertire che il ceder più o meno può derivare non solamentedalla qualità della materia più o meno duracome se sia di ferrodi piombo odi lana etc.ma dalla positura del corpo che riceve la percossa: la qualpositura se sarà tale che 'l moto del percuziente la vadia a investire adangoli rettil'impeto del colpo sarà il massimo; ma se 'l moto verràobbliquamente ecome diciamo noia scancìoil colpo sarà più deboleepiù e più secondo la maggiore obbliquità; perché in oggetto in tal modosituatoancor che di materia sodissimanon si spegne e ferma tutto l'impeto emoto del percuzienteil qualesfuggendopassa oltrecontinuando almeno inqualche parte a muoversi sopra la superficie del resistente opposto. Quandodunque si è di sopra determinato della grandezza dell'impeto del proiettonell'estremità della linea parabolicasi deve intendere della percossaricevuta sopra una linea ad angoli retti ad essa parabolica o vero alla tangentela parabola nel detto punto; perchése ben quel moto è composto d'unorizontale e d'un perpendicolarel'impeto né sopra l'orizontale né sopra 'lpiano eretto all'orizonte è il massimovenendo sopra amendue ricevutoobbliquamente.

Sagr. Il ricordar V. S. questi colpie queste percosse mi ha risvegliato nella mente un problema o vogliam direquestione mecanicadella quale non ho trovato appresso autore alcuno lasoluzionené cosa che mi scemi la maraviglia o al meno in parte mi quietil'intelletto. E 'l dubbio e lo stupor mio consiste nel non restar capace ondepossa derivaree da qual principio possa dependerel'energia e la forzaimmensa che si vede consistere nella percossamentre col semplice colpo d'unmartelloche non abbia peso maggiore di 8 o 10 libreveggiamo superarsiresistenze talile quali non cederanno al peso d'un grave chesenza percossavi faccia impetosolamente calcando e premendobenché la gravità di quellopassi molte centinaia di libre. Io vorrei pur trovar modo di misurar la forza diquesta percossa; la quale non penso però che sia infinitaanzi stimo che ellaabbia il suo termine da potersi pareggiare e finalmente regolare con altre forzedi gravità prementio di leve o di viti o di altri strumenti mecanicide iquali io a sodisfazione resto capace della multiplicazione della forza loro.

Salv. V. S. non è solonellamaraviglia dell'effetto e nella oscurità della cagione di così stupendoaccidente. Io vi pensai per alcun tempo in vanoaccrescendo sempre laconfusionesin che finalmenteincontrandomi nel nostro Academicoda essoricevei doppia consolazione: primanel sentire come egli ancora era stato lungotempo nelle medesime tenebre; e poi nel dirmi chedopo l'avervi in vita suaconsumate molte migliara di ore specolando e filosofandone aveva conseguitealcune cognizioni lontane dai nostri primi concettie però nuove e per lanovità ammirande. E perché ormai so che la curiosità di V. S. volentierisentirebbe quei pensieri che si allontanano dall'opinabilenon aspetterò lasua richiestama gli do parola chespedita che avremo la lettura di questotrattato de i proiettigli spiegherò tutte quelle fantasieo vogliàn direstravaganzeche de i discorsi dell'Accademico mi son rimaste nella memoria. Intanto seguitiamo le proposizioni dell'Autore.

PROPOSIZIONE 5. PROBLEMA
Sul prolungamento dell'asse di una parabola data determinare in alto un puntocadendo dal quale [un mobile] descriva quella parabola stessa.

COROLLARIO
Di qui risulta che la metà della baseossia la metà dell'ampiezza di unasemiparabola (che è poi la quarta parte dell'ampiezza della intera parabola) èmedia proporzionale tra la sua altezza e quella sublimitàcadendo dalla qualeil mobile descrive la semiparabola stessa.

PROPOSIZIONE 6. PROBLEMA
Date la sublimità e l'altezza di una semiparabolatrovare l'ampiezza.

Sia la perpendicolare ac alla linea orizzontale dce su diessa siano date l'altezza cb e la sublimità ba: bisogna trovaresull'orizzontale cd l'ampiezza della semiparabola descritta [a partire]dalla sublimità ba e con altezza bc. Si prenda la mediaproporzionale tra cb e ba e si ponga cd doppia di essa:dico che cd è l'ampiezza cercata. E ciò appare manifesto dal precedente[corollario].

TEOREMA. PROPOSIZIONE 7
Fra i proietti che descrivono semiparabole di eguale ampiezzasi richiede minorimpeto in quello che descrive quella [parabola] la cui ampiezza è doppia dellapropria altezzache non in qualsiasi altro proietto.

COROLLARIO
Da ciò è manifesto cheper conversoin un proietto lanciato dall'estremo dsi richiede minor impeto per [descrivere] la semiparabola db che per[descrivere] qualsiasi altra semiparabola con elevazione maggiore o minoredell'elevazione della semiparabola db[elevazione fatta] secondo latangente adche forma sopra l'orizzonte un angolo semiretto. Standocosì le coserisulta chese dall'estremo d vengono lanciati proietticon un medesimo impetoma secondo differenti elevazionila proiezione massimaossia la semiparabola o parabola intera di massima ampiezzasarà quella cheverrà fatta con l'elevazione di mezzo angolo retto; invece tutte le altrefatte ad angoli maggiori o minorisaranno minori.

Sagr. Piena di maraviglia e didiletto insieme è la forza delle dimostrazioni necessariequali sono le solematematiche. Gia sapevo ioper fede prestata alle relazioni di piùbombardieriche di tutti i tiri di volata dell'artiglieriao del mortaroilmassimocioè quello che in maggior lontananza caccia la pallaera il fattoall'elevazione di mezo angolo rettoche essi dicono del sesto punto dellasquadra; ma l'intender la cagione onde ciò avvengasupera d'infinitointervallo la semplice notizia auta dalle altrui attestazionied anco da moltereplicate esperienze.

Salv. V. S. molto veridicamentediscorre: e la cognizione d'un solo effetto acquistata per le sue cause ci aprel'intelletto a 'ntendere ed assicurarci d'altri effetti senza bisogno diricorrere alle esperienzecome appunto avviene nel presente caso; doveguadagnata per il discorso dimostrativo la certezza dell'essere il massimo ditutti i tiri di volata quello dell'elevazione dell'angolo semirettoci dimostral'Autore quello che forse per l'esperienza non è stato osservato: e questo èche de gli altri tiriquelli sono tra di loro egualile elevazioni de i qualisuperano o mancano per angoli eguali dalla semiretta: sì che le palle tiratedall'orizonteuna secondo l'elevazione di 7 punti e l'altra di 5andranno aferir su l'orizonte in lontananze egualie così eguali saranno i tiri di 8 edi 4 puntidi 9 e di 3etc. Or sentiamone la dimostrazione.

TEOREMA. PROPOSIZIONE 8
Le ampiezze delle parabole descritte da proiettilanciati con un medesimoimpeto e secondo elevazioni che superano o mancano per angoli eguali dall'angolosemirettosono tra di loro eguali.

TEOREMA. PROPOSIZIONE 9
Eguali sono le ampiezze di quelle parabolele cui altezze e sublimità sono tradi loro inversamente proporzionali.

TEOREMA. PROPOSIZIONE 10
L'impeto o momento di una qualsiasi semiparabola è eguale al momento di unmobileche cada naturalmente secondo una perpendicolare all'orizzontela qualesia lunga quanto la linea composta dalla sublimità e dall'altezza dellasemiparabola.

COROLLARIO
Da ciò risulta che sono tra loro eguali gli impeti di tutte le semiparaboleinciascuna delle quali la somma dell'altezza con la [rispettiva] sublimità èsempre la medesima.

PROBLEMA. PROPOSIZIONE 11
Dati l'impeto e l'ampiezza di una semiparabolatrovare l'altezza.

PROBLEMA. PROPOSIZIONE 12
Calcolare e ordinare in una tavola le ampiezze di tutte le semiparaboledescritte da proietti lanciati col medesimo impeto.

Sagr. Mi mancaper l'interaintelligenza di questa dimostrazioneil saper come sia vero che la terzaproporzionale delle bfbi sia (come dice l'Autore)necessariamente maggiore della fa.

Salv. Tal conseguenza mi par che sipossa dedurre in tal modo. Il quadrato della media di tre linee proporzionali èeguale al rettangolo dell'altre due; onde il quadrato della bio della bdad essa egualedeve esser eguale al rettangolo della prima fb nellaterza da ritrovarsi: la qual terza è necessario che sia maggiore della faperché il rettangolo della bf in fa è minore del quadrato bded il mancamento è quanto il quadrato della dfcome dimostra Euclide inuna del secondo. Devesi anco avvertire che il punto fche divide latangente eb in mezoaltre molte volte cadrà sopra 'l punto aeduna volta anco nell'istesso a; ne i quali casi è per sé noto che laterza proporzionale della metà della tangente e della bi (che dà lasubblimità) è tutta sopra la a. Ma l'Autore ha preso il caso dove nonera manifesto che la detta terza proporzionale fusse sempre maggiore della fae che peròaggiunta sopra 'l punto fpassasse oltre alla parallela ag.Or seguitiamo.

Ampiezze delle semiparabole il cui impeto sia il medesimo.

G R A D I DI E L E VA Z I O N E

Gr.

0

Gr.

Gr.

0

Gr.

 

45

10000

 

69

6692

21

 

46

9994

44

70

6428

20

 

47

9976

43

71

6157

19

 

48

9945

42

72

5878

18

 

49

9902

41

73

5592

17

 

50

9848

40

74

5300

16

 

51

9782

39

75

5000

15

 

52

9704

38

76

4694

14

 

53

9612

37

77

4383

13

 

54

9511

36

78

4067

12

 

55

9396

35

79

3746

11

 

56

9272

34

80

3420

10

 

57

9136

33

81

3090

9

 

58

8989

32

82

2756

8

 

59

8829

31

83

2419

7

 

60

8659

30

84

2079

6

 

61

8481

29

85

1736

5

 

62

8290

28

86

1391

4

 

63

8090

27

87

1044

3

 

64

7880

26

88

698

2

 

65

7660

25

89

349

1

 

66

7431

24

   
 

67

7191

23

   
 

68

6944

22

   

Non sarà inutilemercé l'ausilio della precedente tavolacomporne un'altra che unisca le altezze delle medesime semiparabole descritte daproietti lanciati con lo stesso impeto.

Altezze delle semiparabole il cui impeto sia il medesimo.

G R A D I DI E L E VA Z I O N E

Gr.

0

Gr.

0

Gr.

0

Gr.

0

 

1

3

46

5173

25

1786

70

8830

 

2

13

47

5346

26

1922

71

8940

 

3

28

48

5523

27

2061

72

9045

 

4

50

49

5698

28

2204

73

9144

 

5

76

50

5868

29

2351

74

9240

 

6

108

51

6038

30

2499

75

9330

 

7

150

52

6207

31

2653

76

9415

 

8

194

53

6379

32

2810

77

9493

 

9

245

54

6546

33

2967

78

9567

 

10

302

55

6710

34

3128

79

9636

 

11

365

56

6873

35

3289

80

9698

 

12

432

57

7033

36

3456

81

9755

 

13

506

58

7190

37

3621

82

9806

 

14

585

59

7348

38

3793

83

9851

 

15

670

60

7502

39

3962

84

9890

 

16

760

61

7649

40

4132

85

9924

 

17

855

62

7796

41

4302

86

9951

 

18

955

63

7939

42

4477

87

9972

 

19

1060

64

8078

43

4654

88

9987

 

20

1170

65

8214

44

4827

89

9998

 

21

1285

66

8346

45

5000

90

10000

 

22

1402

67

8474

    
 

23

1527

68

8597

    
 

24

1685

69

8715

    

Sagr.Questa vedrò io molto volentierimentre che per essa potrò venir incognizione della differenza de gl'impeti e delle forze che si ricercano percacciar il proietto nella medesima lontananza con tiri che chiamano di volata;la qual differenza credo che sia grandissima secondo le diverse elevazioni: sìcheper esempiose altri volesse alla elevazione di 3 o 4 gradio di 87 o 88far cader la palla dove fu cacciata alla elevazione di 45 (dove si è mostratoricercarsi l'impeto minimo)credo si ricercherebbe un eccesso immenso di forza.

Salv. V. S. stima benissimo; e vedràche per eseguire l'opera intera in tutte l'elevazionibisogna andar a granpasso verso l'impeto infinito. Or veggiamo la costruzzione della tavola.

PROBLEMA. PROPOSIZIONE 13
Date le ampiezze delle semiparaboleordinate nella tavola precedentesupponendo comune l'impeto con cui ciascuna viene descrittaricavarne lerispettive altezze.

Non sarà inutile presentare una terza tavolacontenente le altezze e lesublimità delle semiparabole aventi la medesima ampiezza.

Tavola contenente le altezze e le sublimità dellesemiparabole aventi le medesime ampiezzecioè di 10.000 particalcolata perogni singolo grado di elevazione.

Gr.

Altit.

Subl.

Gr.

Altit.

Subl.

1

87

286533

46

5177

4828

2

175

142450

47

5363

4662

3

262

95802

48

5553

4502

4

349

71531

49

5752

4345

5

437

57142

50

5959

4196

6

525

47573

51

6174

4048

7

614

40716

52

6399

3906

8

702

35587

53

6635

3765

9

792

31565

54

6882

3632

10

881

28367

55

7141

3500

11

972

25720

56

7413

3372

12

1063

23518

57

7699

3247

13

1154

21701

58

8002

3123

14

1246

20056

59

8332

3004

15

1339

18663

60

8600

2887

16

1434

17405

61

9020

2771

17

1529

16355

62

9403

2658

18

1624

15389

63

9813

2547

19

1722

14522

64

10251

2438

20

1820

13736

65

10722

2331

21

1919

13024

66

11230

2226

22

2020

12376

67

11779

2122

23

2123

11778

68

12375

2020

24

2226

11230

69

13025

1919

25

2332

10722

70

13237

1819

26

2439

10253

71

14521

1721

27

2547

9814

72

15388

1624

28

2658

9404

73

16354

1528

29

2772

9020

74

17437

1433

30

2887

8659

75

18660

1339

31

3008

8336

76

20054

1246

32

3124

8001

77

21657

1154

33

3247

7699

78

23523

1062

34

3373

7413

79

25723

972

35

3501

7141

80

28356

881

36

3633

6882

81

31569

792

37

3768

6635

82

35577

702

38

3906

6395

83

40222

613

39

4049

6174

84

47572

525

40

4196

5959

85

57150

437

41

4346

5752

86

71503

349

42

4502

5553

87

95405

262

43

4662

5362

88

143181

174

44

4828

5177

89

286499

87

45

5000

5000

90

infinita

 

PROPOSIZIONE 14
Determinareper ogni grado di elevazionel'altezza e la sublimità dellesemiparabole aventi eguale ampiezza.

Le otterremo tutte per mezzo di un facile procedimentoinfattiposto chel'ampiezza della semiparabola sia sempre di 10.000 partila metà dellatangente daràdi un qualunque grado di elevazionela rispettiva altezza.Comead esempionella semiparabolala cui elevazione sia di 30 gradie lacui ampiezza sia - come si è posto - di 10.000 partil'altezza sarà 2887;tale èinfattiapprossimatamentela misura della metà della tangente. Unavolta trovata l'altezzaricaveremo la sublimità in questo modo. Poiché si èdimostrato che la metà dell'ampiezza di una semiparabola è media proporzionaletra l'altezza e la sublimitàessendosi già trovata l'altezza ed essendo lametà dell'ampiezza sempre la medesimacioè di 5000 partise divideremo ilquadrato di quest'ultima per l'altezza datane risulterà la sublimitàcercata. Nell'esempio si era trovato che l'altezza è 2887; orail quadrato di5000 parti è 25.000.000; chediviso per 2887dà approssimatamenteper lasublimità cercata8659.

Salv. Or qui si vedeprimieramentecome è verissimo il concetto accennato di soprache nelle diverse elevazioniquanto più si allontanano dalla mediao sia nelle più alte o nelle piùbassetanto si ricerca maggior impeto e violenza per cacciar il proietto nellamedesima lontananza. Imperò checonsistendo l'impeto nella mistione de i duemotiorizontale equabile e perpendicolare naturalmente acceleratodel qualimpeto vien ad esser misura l'aggregato dell'altezza e della sublimitàvedesidalla proposta tavolatale aggregato esser minimo nell'elevazione di gr. 45dove l'altezza e la sublimità sono egualicioè 5000 ciaschedunael'aggregato loro 10000: che se noi cercheremo ad altra maggiore altezzacomeper esempiodi gr. 50troveremo l'altezza esser 5959e la sublimità 4196che giunti insieme sommano 10155; e tanto troveremo parimente esser l'impeto digr. 40essendo questa e quella elevazione egualmente lontane dalla media. Dovedoviamo secondariamente notareesser vero che eguali impeti si ricercano a duea due delle elevazioni distanti egualmente dalla mediacon questa bellaalternazione di piùche l'altezze e le sublimità delle superiori elevazionicontrariamente rispondono alle sublimità ed altezze delle inferiori; sì chedovenell'esempio propostonell'elevazione di 50 gr. l'altezza è 5959 e lasublimità 4196nell'elevazione di gr. 40 accade all'incontro l'altezza esser4196 e la sublimità 5959: e l'istesso accade in tutte l'altre senza verunadifferenzase non in quantoper fuggir il tedio del calcolarenon si ètenuto conto di alcune frazzionile quali in somme così grandi non sono dimomento né di progiudizio alcuno.

Sagr. Io vo osservandocome dellidue impeti orizontale e perpendicolarenelle proiezzioniquanto più sonosublimitanto meno vi si ricerca dell'orizontalee molto del perpendicolare;all'incontronelle poco elevate grande bisogna che sia la forza dell'impetoorizontaleche a poca altezza deve cacciar il proietto. Ma se ben io capiscobenissimoche nella totale elevazione di gr. 90per cacciar il proietto un soldito lontano dal perpendicolonon basta tutta la forza del mondomanecessariamente deve egli ricadere nell'istesso luogo onde fu cacciato; nonperò con simil sicurezza ardirei di affermareche anco nella nulla elevazionecioè nella linea orizontalenon potesse da qualche forzaben che noninfinitaesser in alcuna lontananza spinto il proiettosì cheper esempioné anco una colubrina sia potente a spignere una palla di ferro orizontalmentecome diconodi punto biancocioè di punto niunoche è dove non si dàelevazione. Io dico che in questo caso resto con qualche ambiguità: e che ionon neghi resolutamente il fattomi ritiene un altro accidenteche par nonmeno stranoe pure ne ho la dimostrazione concludente necessariamente. El'accidente è l'esser impossibile distendere una corda sìche resti tesadirittamente e parallela all'orizonte; ma sempre fa sacca e si piegané vi èforza che basti a tenderla rettamente.

Salv. AdunqueSig. Sagredoinquesto caso della corda cessa in voi la maraviglia circa la stravaganzadell'effettoperché ne avete la dimostrazione; ma se noi ben considereremoforse troveremo qualche corrispondenza tra l'accidente del proietto e questodella corda. La curvità della linea del proietto orizontale par che derividalle due forzedelle quali una (che è quella del proiciente) lo cacciaorizontalmentee l'altra (che è la propria gravità) lo tira in giù a piombo.Ma nel tender la corda vi sono le forze di coloro che orizontalmente la tiranoe vi è ancora il peso dell'istessa cordache naturalmente inclina al basso.Son dunque queste due generazioni assai simili. E se voi date al peso dellacorda tanta possanza ed energia di poter contrastare e vincer qual si vogliaimmensa forza che la voglia distendere drittamenteperché vorrete negarla alpeso della palla? Ma più voglio dirvirecandovi insieme maraviglia e dilettoche la corda così tesae poco o molto tiratasi piega in lineele qualiassai si avvicinano alle paraboliche: e la similitudine è tantache se voisegnerete in una superficie piana ed eretta all'orizonte una linea parabolicaetenendola inversacioè col vertice in giù e con la base parallelaall'orizontefacendo pendere una catenella sostenuta nelle estremità dellabase della segnata parabolavedreteallentando più o meno la detta catenuzzaincurvarsi e adattarsi alla medesima parabolae tale adattamento tanto piùesser precisoquanto la segnata parabola sarà men curvacioè più distesa;sì che nelle parabole descritte con elevazioni sotto a i gr. 45la catenellacamina quasi ad unguem sopra la parabola.

Sagr. Adunque con una tal catenasottilmente lavorata si potrebbero in un subito punteggiar molte lineeparaboliche sopra una piana superficie.

Salv. Potrebbesied ancora conqualche utilità non piccolacome appresso vi dirò.

Simp. Ma prima che passar piùavantivorrei pur io ancora restar assicurato almeno di quella proposizionedella quale voi dite essercene dimostrazione necessariamente concludente; dicodell'esser impossibileper qualunque immensa forzafare star tesa una cordadrittamente ed equidistante all'orizonte.

Sagr. Vedrò se mi sovviene delladimostrazione; per intelligenza della quale bisognaSig. Simplicioche voisupponghiate per vero quello che in tutti gli strumenti mecanicinon solo conl'esperienzama con la dimostrazione ancorasi verifica: e questo èche lavelocità del moventeben che di forza debolepuò superare la resistenzabenche grandissimadi un resistente che lentamente debba esser mossotutta voltache maggior proporzione abbia la velocità del movente alla tardità delresistenteche non ha la resistenza di quel che deve esser mosso alla forza delmovente.

Simp. Questo mi è notissimoedimostrato da Aristotele nelle sue Quistioni Mecaniche; e manifestamente si vedenella leva e nella staderadove il romanoche non pesi più di 4 libreleverà un peso di 400mentre che la lontananza di esso romano dal centrosopra 'l quale si volge la staderasia più di cento volte maggiore delladistanza dal medesimo centro di quel punto dal quale pende il gran peso: equesto avvieneperchénel calar che fa il romanopassa spazio più di centovolte maggiore dello spazio per il quale nel medesimo tempo monta il gran peso;che è l'istesso che direche il piccolo romano si muove con velocità più checento volte maggiore della velocità del gran peso.

Sagr. Voi ottimamente discorreteenon mettete dubbio alcuno nel concedereche per piccola che sia la forza delmoventesupererà qualsivoglia gran resistenzatutta volta che quello piùavanzi di velocitàch'ei non cede di vigore e gravità. Or venghiamo al casodella corda: e segnando un poco di figura

intendete per oraquesta linea abpassando sopra i due punti fissi estabili abaver nelle estremità sue pendenticome vedetedueimmensi pesi cdli qualitirandola con grandissima forzalafacciano star veramente tesa dirittamenteessendo essa una semplice lineasenza veruna gravità. Or qui vi soggiungo e dicoche se dal mezzo di quellache sia il punto evoi sospenderete qualsivoglia piccolo pesoquale siaquesto hla linea ab cederàed inclinandosi verso il punto fed in consequenza allungandosicostringerà i due gravissimi pesi cda salir in alto: il che in tal guisa vi dimostro. Intorno a i due punti abcome centridescrivo 2 quadrantieigelm; ed essendoche li due semidiametri aibl sono eguali alli due aeebgli avanzi fifl saranno le quantità de gli allungamenti delleparti affb sopra le aeebed in conseguenzadeterminano le salite de i pesi cdtutta volta però che ilpeso h avesse auto facoltà di calare in f: il che allora potrebbeseguirequando la linea efche è la quantità della scesa di esso pesohavesse maggior proporzione alla linea fiche determina lasalita de i due pesi cd che non ha la gravità di amendue essipesi alla gravità del peso h. Ma questo necessariamente avverràsiapur quanto si voglia massima la gravità de i pesi cde minimaquella dell'h: imperò che non è sì grande l'eccesso de i pesi cd sopra 'l peso hche maggiore non possa essere a proporzionel'eccesso della tangente ef sopra la parte della segante fi. Ilche proveremo così. Sia il cerchioil cui diametro gai: e qualproporzione ha la gravità de i pesi cd alla gravità di htale la abbia la linea bo ad un'altrache sia cdella quale siaminore la dsì che maggior proporzione arà la bo alla dche alla c. Prendasi delle due obd la terza proporzionalebee come oe ad ebcosì si faccia il diametro gi(prolungandolo) all'ife dal termine f tirisi la tangente fn;e perché si è fattocome oe ad ebcosì gi ad ifsaràcomponendocome ob a becosì gf ad fi: matra ob e be media la de tra gffi media lanf: adunque nf alla fi ha la medesima proporzione che la oballa dla qual proporzione è maggiore di quella de i pesi cdal peso h. Avendo dunque maggior proporzione la scesa o velocità delpeso h alla salita o velocità dei pesi cdche non ha lagravità di essi pesi cd alla gravità del peso h; restamanifesto che il peso h descenderàcioè la linea ab partiràdalla rettitudine orizontale. E quel che avviene alla retta ab priva digravitàmentre si attacchi in e qualsivoglia minimo peso havviene all'istessa corda ab intesa di materia pesantesenza l'aggiuntadi alcun altro grave; poiché vi si sospende il peso istesso della materiacomponente essa corda ab.

Simp. Io resto satisfatto a pieno:però potrà il Sig. Salviaticonforme alla promessaesplicarci qual sial'utilità che da simile catenella si può ritrarreedopo questoarrecarciquelle specolazioni che dal nostro Accademico sono state fatte intorno allaforza della percossa.

Salv. Assai per questo giorno cisiamo occupati nelle contemplazioni passate: l'orache non poco è tardanonci basterebbe a gran segno per disbrigarci dalle nominate materie; peròdifferiremo il congresso ad altro tempo più opportuno.

Sagr. Concorro col parere di V. S.perché da diversi ragionamenti auti con amici intrinseci del nostro Accademicoho ritrattoquesta materia della forza della percossa essere oscurissimanédi quella sin ora esserneda chiunque ne ha trattatopenetrato i suoi ricettipieni di tenebre ed alieni in tutto e per tutto dalle prime immaginazioni umane;e tra le conclusioni sentite profferire me ne resta in fantasia unastravagantissimacioè che la forza della percossa è interminataper non dirinfinita. Aspetteremo dunque la commodità del Sig. Salviati. Ma intanto dicamiche materie sono questeche si veggono scritte dopo il trattato de i proietti.

Salv. Queste sono alcune proposizioniattenenti al centro di gravità de i solidile quali in sua gioventù andòritrovando il nostro Accademicoparendogli che quello che in tal maniera avevascritto Federigo Comandino non mancasse di qualche imperfezzione. Credettedunque con queste proposizioniche qui vedete scrittepoter supplire a quelloche si desiderava nel libro del Comandino; ed applicossi a questa contemplazionead instanza dell'Illustrissimo Sig. Marchese Guid'Ubaldo Dal Montegrandissimomatematico de' suoi tempicome le diverse sue opere publicate ne mostranoed aquel Signore ne dette copiacon pensiero di andar seguitando cotal materia ancone gli altri solidi non tocchi dal Comandino; ma incontratosidopo alcun temponel libro del Sig. Luca Valeriomassimo geometrae veduto come egli risolvetutta questa materia senza niente lasciar in dietronon seguitò più avantiben che le aggressioni sue siano per strade molto diverse da quelle del Sig.Valerio.

Sagr. Sarà bene dunque che in questotempo che s'intermette tra i nostri passati ed i futuri congressiV. S. milasci nelle mani il libroche io tra tanto anderò vedendo e studiando leproposizioni conseguentemente scrittevi.

Salv. Molto volentieri eseguisco lavostra domandae spero che V. S. prenderà gusto di tali proposizioni.

 

Finisce la quarta Giornata

APPENDICE
contenente i teoremie le relative dimostrazioni
intorno al centro di gravità dei solidi
quali furono scritti un tempo dal medesimo autore

POSTULATO
Dati dei pesi eguali similmente disposti in bilance diversepostuliamo cheseil centro di gravità del composto degli uni divide la [relativa] bilanciasecondo una certa proporzioneanche il centro di gravità del composto deglialtri divide la [rispettiva] bilancia secondo la medesima proporzione.

LEMMA

La linea ab sia intersecata a metà in ce la metà acsia divisa in e; sì chequal è la proporzione che be ha ad eatale sia quella che ae ha ad ec. Dicoche la be è doppiadella stessa ea. Infattipoichécome be sta ad eacosìea sta ad eccomponendo e permutandoavremo checome basta ad accosì ae sta ad ec; ma come ae sta ad eccioè come ba ad accosì be sta ad ea: perciò beè doppia della stessa ea.

Ciò postosi dimostra che: Se un numero qualsiasi di grandezzeche sieccedono egualmente e i cui eccessi sono eguali alla minima di essevengonodisposte su una bilancia in modo che pendano a distanze egualiil centro digravità di tutte [le grandezze] divide la bilancia in modo tale che la parteverso le [grandezze] minori è doppia dell'altra.

Pertantosulla bilancia aba distanze egualipendanoin numeroqualsiasile grandezze fghknlequali siano come si è detto; e la minima di esse sia n; inoltre siano acdebi punti di sospensionee sia xil centro di gravità di tutte le grandezze così disposte. Bisogna mostrare chela parte bx della bilanciaverso le grandezze minoriè doppiadell'altra [parte] xa.

Si divida la bilancia a metà nel punto dche necessariamente cadrào in qualcuno dei punti di sospensioneo nel punto di mezzo tra duesospensioni; orale altre distanze fra le sospensioni comprese tra a e dsiano tutte divise a metà nei punti m e i; le grandezzepoivengono tutte divise in parti eguali alla n; il numero delle parti della fsarà allora eguale al numero delle grandezze che pendono dalla bilancia; leparti della ginvecesaranno una di menoe così per tutte le altre.Le parti della f sianopertantonorst; quelle della g [siano] nors;quelle della h [siano] nor; infinele partidella k siano n e o: tutte le parti [cioè la loro somma]segnate da n saranno eguali alla f; tutte quelle segnate da osaranno eguali alla g; quelle segnate da rsaranno eguali alla h;quelle segnate da slo saranno alla k; infine la grandezza tè eguale alla n. Poichédunquetutte le grandezze segnate da nsono tra di loro egualiil punto del loro equilibrio sarà in dchedivide a metà la bilancia ab; per la medesima ragionedi tutte legrandezze segnate da o il punto di equilibrio è in i; di quellesegnate da r è in c; e quelle segnate da shanno il loropunto di equilibrio in m; infine t è appesa in a.Pertantosulla bilancia aba distanze eguali dicmasono appese grandezze che si eccedono egualmente e il cuieccesso è eguale alla minima: ma la massimache risulta composta di tutte le npende da d; la minimainvececioè tpende da a; e tuttele altre sono disposte ordinatamente. V'èinoltreun'altra bilancia absulla quale sono disposte nel medesimo ordine altre grandezzeeguali allepredette in numero e in grandezza: perciò le bilance ab e adverranno divise dai centri [di gravità] del composto di tutte le grandezzesecondo la medesima proporzione. Ma il centro di gravità delle suddettegrandezze è x; perciò x divide le bilance ba e adsecondo la medesima proporzionein modo checome bx sta a xacosì xa stia a xd; perciò bx è doppia di xaperil lemma posto sopra. Il che è quello che si doveva provare.

Se in un conoide parabolico viene inscritta una figura e se ne circoscriveun'altra[costituite] da cilindri aventi eguale altezzae si divide l'asse deldetto conoide in modo che la parte verso il vertice sia doppia della parte versola base; il centro di gravità della figura inscritta sarà più vicino deldetto punto di divisione alla base della porzione [ossia del conoide]; il centrodi gravità della figura circoscrittainvecesarà più lontano del medesimopunto dalla base del conoide; e la distanza di ciascuno dei due centri da talepunto sarà eguale alla lineache sia la sesta parte dell'altezza di uno deicilindri da cui sono costituite le figure.

Sianopertantoun conoide parabolico e figure taliquali si sono dette:l'una sia inscrittal'altra circoscritta; l'asse del conoideil quale sia aevenga diviso nel punto n in modo che an sia doppia di ne.Bisogna mostrare che il centro di gravità della figura inscritta si trova sullalinea nementre il centro di quella circoscritta si trova sulla an.Le figure così disposte vengano intersecate da un piano [passante] per l'assee la sezione della parabola [ossia del conoide parabolico] sia bac:l'intersezione del piano secante con la base del conoide sia la linea bc;le sezioni dei cilindri siano figure rettangolari: come risulta nel disegno.Orail primo dei cilindri inscrittiil cui asse è derispetto alcilindroil cui asse è dyha la medesima proporzione che il quadrato idal quadrato sycioè che da da ad ay; inoltreilcilindroil cui asse è dysta al cilindro yzcome il quadratodi sy sta al quadrato di rzcioè come ya sta ad az;eper la stessa ragioneil cilindroil cui asse è zysta a quelloil cui asse è zucome za sta ad au. Dunquei suddetticilindri stanno tra di loro come le linee daayzaau:ma queste linee sono tra loro egualmente eccedenti e il loro eccesso è egualealla minimain modo che az risulta doppia di aumentre ayne risulta triplae da quadrupla. I suddetti cilindri sonodunquegrandezze egualmente eccedentisi l'una l'altrai cui eccessi sono eguali allaminima di esse; inoltre la linea xm è quellasulla quale esse sonoappese a distanze eguali (infatti ciascun cilindro ha il centro di gravità nelmezzo del proprio asse): perciòper le cose sopra dimostrateil centro digravità della grandezza composta da tutte [le grandezze date] dividerà lalinea xm in modo che la parte verso x sia doppia dell'altra. Sifacciadunquela divisionee xa sia doppia di a m: dunquea èil centro di gravità della figura inscritta. Si divida la au a metà ine ; e x sarà doppia della me: ma xa è doppia della a mperciò e e è tripla della ea . Ma ae è tripla della en:risultadunqueche en è maggiore della ea e perciò acheè il centro di gravità della figura inscrittaè più vicino di n allabase del conoide. Poichécome ae sta ad encosì la parte toltae e sta alla parte tolta ea si avrà che anche la parterimanente starà all'altra parte rimanentecioè ae ad nacome aesta ad en. Dunquea n è la terza parte di ae e la sestaparte di au. Nel medesimo modo si dimostra poi che i cilindri dellafigura circoscritta si eccedono egualmenteche gli eccessi sono eguali alcilindro minimoe che i loro centri di gravità si trovano sulla linea e ma distanze eguali. Sepertantosi divide e m in pin modo che e p siadoppia della rimanente p mp sarà il centro di gravità dell'interagrandezza circoscritta: inoltrepoiché e p è doppia di p mmentre aeè minore del doppio di em (poiché le è eguale)l'intera aerisulterà minore del triplo della ep ; perciò ep sarà maggioredella en. Inoltreessendo la e m tripla della mp edessendo [la somma di] me col doppio di e a parimenti tripla della meallora l'intera aeinsieme con la ae sarà tripla della ep .Ma ae è tripla della en; perciò la rimanente ae saràtripla della rimanente p n. Pertanto np è la sesta parte della au.Questo è appunto quanto si doveva dimostrare.

Da ciò è manifesto che in un conoide parabolico è possibile inscrivere unafigura e circoscriverne un'altrain modo che i loro centri di gravità distinodal punto n meno di qualunque linea data. Seinfattidata una lineaneprendiamo un'altra sei volte maggioree se facciamo gli assi dei cilindridaiquali sono costituite le figureminori della linea così presa; allora le lineeche si trovano fra il centro di gravità di ciascuna di queste figure e il punton saranno minori della linea data.

ALTRA DIMOSTRAZIONE DELLO STESSO

L'asse di un conoideche sia cdvenga diviso in o in modo checo sia doppia di od. Bisogna mostrare che il centro di gravitàdella figura inscritta si trova sulla linea odmentre il centro diquella circoscritta si trova sulla co. Le figure siano intersecate da unpiano [passante] per l'asse e per ccome si è detto. Ordunquepoichéi cilindri sntmvixe stanno tra loro come iquadrati delle linee sdtnvmxi; [poiché]d'altra parte questi [quadrati] stanno tra di loro come le linee nccmcice; [poiché] inoltre queste [linee] si eccedono egualmente egli eccessi sono eguali alla minimacioè alla ce; e [poiché] ilcilindro tm è eguale al cilindro qnmentre il cilindro viè eguale al cilindro pne il cilindro xe è eguale al cilindro ln;dunquei cilindri snqnpnln si eccedonoegualmente e gli eccessi sono eguali al minimo di essicioè al cilindro ln.Ma l'eccesso del cilindro sn sul cilindro qn è un anellola cuialtezza è qtcioè nde la cui larghezza è sq;l'eccesso del cilindro qn sul cilindro pn è un anellola cuilarghezza è qp; infine l'eccesso del cilindro pn sul cilindro lnè un anellola cui larghezza è pl. Perciò i suddetti anelli sqqppl sono eguali [equivalenti] tra di loro e al cilindro ln.L'anello st è pertanto eguale al cilindro xe; l'anello qvdoppio dell'anello stè eguale al cilindro viil quale èsimilmente doppio del cilindro xe; e per la stessa ragionel'anello pxsarà eguale al cilindro tme il cilindro le al cilindro sn.Pertantosulla bilancia kfla quale unisce i punti medi delle rette eie dn ed è intersecata in parti eguali nei punti h e gsitrovano delle grandezzecioè i cilindri sntmvixe;e il centro di gravità del primo cilindro è kquello del secondo è hquello del terzo è ge quello del quarto è f. Ma abbiamo ancheun'altra bilancia mkche è la metà della fke che è divisa daaltrettanti punti in parti egualicioè mhhnnk; su diessa si trovano altre grandezzele quali sono eguali in numero e grandezza aquelle che si trovano sulla bilancia fke hanno i [rispettivi] centri digravità nei punti mhnke sono disposte nelmedesimo ordine. Il cilindro le ha infatti il centro di gravità in med è eguale al cilindro snche ha il centro di gravità in k;l'anello px ha il centro di gravità in hed è eguale alcilindro tmil cui centro di gravità è h; l'anello qvavente il centro di gravità in nè eguale al cilindro viilcui centro è g; infine l'anello stavente il centro di gravitàin kè eguale al cilindro xeil cui centro è f.Pertantoil centro di gravità delle suddette grandezze divide la bilanciasecondo la medesima proporzione: ma il loro centro è unicoe perciò è unqualche punto comune ad entrambe le bilanceil quale [punto] sia y.Pertanto fy starà a yk come ky a ym; dunquefyè doppia della yk; e divisa la ce a metà in zzfsarà doppia di kde di conseguenza zd sarà tripla della dy.Ma della retta do è tripla la cd: dunquela retta do èmaggiore della dy; e perciò il centro di gravità y della figurainscritta è più vicino del punto o alla base. E poichécome cdsta a docosì la parte tolta zd sta alla parte tolta dyallora anche la parte rimanente cz starà alla parte rimanente yocome cd sta a do: cioè yo sarà la terza parte della czcioè la sesta parte della ce. Con identico procedimento mostreremod'altra parteche i cilindri della figura circoscritta si eccedono egualmenteche gli eccessi sono eguali al cilindro minimoe che i loro centri di gravitàsono situati sulla bilancia kz a distanze eguali; inoltre [dimostreremo]parimenti che anelli eguali ai medesimi cilindri sono similmente dispostisull'altra bilancia kgche è la metà della bilancia kz; e cheperciòil centro di gravità della figura circoscrittail quale sia rdivide le bilance in modo che zr stia ad rkcome kr sta adrg. Dunquezr sarà doppia della rk; ma cz saràeguale alla retta kde non doppia: l'intera cd sarà alloraminore del triplo della dr; perciò la retta dr è maggiore della do:ovverossiail centro di gravità della figura circoscritta è più distante delpunto o dalla base. E poiché zk è tripla della kre [lasomma di] kd col doppio di zc è tripla di kdl'intera cdinsieme con czsarà tripla della dr. Ma cd è tripladella do: perciò la parte rimanente cz sarà tripla dell'altraparte rimanente ro: cioè or è la sesta parte della ec.Che è quello che ci eravamo proposti.

Fatte queste dimostrazioni inizialisi dimostra ora che il centro digravità di un conoide parabolico divide l'asse in modo tale che la parte versoil vertice è doppia della rimanente parte verso la base.

Sia un conoide parabolicoil cui asse ab venga diviso in n inmodo che an sia doppia di nb. Bisogna mostrare che il centro digravità del conoide è il punto n. Infattise non è nsitroverà o sotto o sopra di esso. In primo luogo [immaginiamo che] si trovisottoe sia esso x: si ponga a parte la linea loeguale alla nxe la si divida a caso in s; e qual è la proporzione che [la somma di]ambedue le bx e os ha rispetto a ostale sia anche laproporzione che il conoide ha rispetto al solido r: si inscriva nelconoide una figura [costituita] da cilindri aventi eguale altezzain modo chela linea compresa tra il centro di gravità di essa [figura] e il punto nsia minore della linea lse l'eccessoper il quale [quella figura]viene superata dal conoidesia minore del solido r. Che poi ciò siapossibileè manifesto. Sia pertanto inscritta [la figura]il cui centro digravità sia i: sarà allora ix maggiore di so; poichéabbiamo checome [la somma di] xb con so sta ad socosìil conoide sta ad r (ma r è maggiore dell'eccesso per il quale ilconoide supera la figura inscritta)la proporzione del conoide al suddettoeccesso sarà maggiore della proporzione che [la somma di] ambedue le bxe os ha rispetto ad so: scomponendola figura inscritta avràrispetto al suddetto eccessouna proporzione maggiore della proporzione di bxad so. Ma la proporzione di bx a xi è ancora minore diquella che [la medesima bx] ha ad so: la figura inscritta avràpertantorispetto alle rimanenti porzioniuna proporzione molto maggiore diquella che bx ha ad xi. Pertantoquale è la proporzione che lafigura inscritta ha rispetto alle rimanenti porzionitale sarà anche laproporzione di un'altra linea qualsiasi a xi; [linea] che risulterànecessariamente maggiore di bx. Sia essapertantomx. Abbiamocosì in x il centro di gravità del conoidee in i quello dellafigura inscritta: dunqueil centro di gravità delle rimanenti porzioniper lequali il conoide eccede la figura inscrittasi troverà sulla linea xme precisamente in quel punto che determinerebbe su di essa una linea talecheil rapporto di quest'ultima a xi sia eguale alla proporzione che lafigura inscritta ha rispetto all'eccessoper il quale è superata dal conoide.Ma si è mostrato che tale proporzione è appunto quella che mx ha a xi:sarà dunque m il centro di gravità delle porzioniper le quali ilconoide eccede la figura inscritta. Il che non è certamente possibile: infattise per m si conduce un piano equidistante dalla base del conoidetuttele porzioni suddette si troveranno da una stessa partee non saranno divise daesso. Pertantoil centro di gravità del conoide non si trova al di sotto delpunto n. Ma nemmeno [si trova] sopra. Infattiqualora sia possibile[immaginiamo che] esso sia h; edi nuovocome soprasi ponga a partela linea lo eguale alla hne la si divida a caso in s; equale è la proporzione che [la somma di] entrambe le bn ed so haad sltale sia anche la proporzione che il conoide ha ad r; sicircoscriva al conoide una figura [costituita] da cilindri nel modo che si èdettola quale sia eccedente [rispetto al conoide] per una quantità minore delsolido r; e la linea [compresa] tra il centro di gravità della figuracircoscritta e il punto n sia minore di so: la restante uhsarà maggiore di ls; e poiché abbiamo checome [la somma di] entrambele bn e os sta ad slcosì il conoide sta ad r (ma rè maggiore dell'eccessoper il quale il conoide è superato dalla figuracircoscritta)dunque [la somma di] bn e os avrà rispetto ad sluna proporzione minore di quella che il conoide ha rispetto al suddetto eccesso.Ma bu è minore [della somma] di bn e os; uhinveceè maggiore di sl: pertanto il conoide avrà rispetto allesuddette porzioni una proporzione molto maggiore di quella che bu ha ad uh.Pertantoquale è la proporzione che il conoide ha rispetto a quelle medesimeporzionitale sarà pure la proporzione che una linea maggiore della buavrà rispetto alla uh. L'abbiadunquee sia essa mu; poiché ilcentro di gravità della figura circoscritta è ue il centro digravità del conoide è he poiché abbiamo inoltre checome il conoidesta alle porzioni rimanenticosì mu sta a uhsarà allora mil centro di gravità di quelle porzioni rimanenti: il che è similmenteimpossibile. Il centro di gravità del conoide non si trova dunque al di sopradel punto n: ma si è dimostrato che non si trova neppure al di sotto:resta dunque che esso debba necessariamente trovarsi proprio in n. E colmedesimo procedimento ciò si dimostrerà di un conoide intersecato da un pianonon perpendicolare all'asse. In altre parolema è la stessa cosacome risultanel [teorema] seguenteil centro di gravità di un conoide parabolico va acadere tra il centro della figura circoscritta e il centro di quella inscritta.

Sia un conoide avente asse ab: il centro della figura circoscritta siace quello della figura inscritta sia o. Dicoche il centro delconoide si trova tra i punti c e o. Infattise ciò non fossedovrà trovarsi o al di soprao al di sottoo in uno di essi. Sia al di sottoad esempio in r: poiché r è il centro di gravità dell'interoconoide e o il centro di gravità della figura inscrittadunque ilcentro di gravità di tutte le altre porzioniper le quali la figura inscrittaè superata dal conoidesi troverà sul prolungamento della linea ordalla parte di re precisamente in quel punto che delimita [questoprolungamento] in modo chequale è la proporzione delle dette porzioni allafigura inscrittatale sia anche la proporzione che la linea or harispetto alla linea compresa tra r e quel punto. Questa proporzione siaquella che or ha ad rx. Pertanto x andrà a cadere o al difuori del conoideo al di dentrooppure sulla base stessa. Sia [l'ipotesi] cheesso cada al di fuorisia [quella] che esso cada sulla baserisultano giàmanifestamente assurde. [Supponiamo che] vada a cadere all'interno: poiché xrsta ad rocome la figura inscritta sta all'eccessoper il quale essa èsuperata dal conoideponiamo chequale è la proporzione di br ad rotale sia anche quella che la figura inscritta ha rispetto al solido kilquale dovrà essere necessariamente minore del suddetto eccesso; si inscriva poiun'altra figurala quale sia superata dal conoide per un eccesso minore di k:il suo centro di gravità cadrà tra o e c. Sia esso u:poiché la prima figura sta a k come br sta ad roepoichéd'altra partela seconda figurail cui centro é uèmaggiore della prima ed è superata dal conoide per un eccesso minore di ksi avrà allora chequale è la proporzione che la seconda figura ha rispettoall'eccessoper il quale essa è superata dal conoidetale è anche laproporzione che una linea maggiore della br ha rispetto alla linea ru.Ma il centro di gravità del conoide è rmentre quello della figurainscritta è u: dunqueil centro di gravità delle rimanenti porzioni sitroverà al di fuori del conoideal di sotto di b; il che èimpossibile. E col medesimo procedimento si dimostrerà che il centro digravità del medesimo conoide non si trova sulla linea ca. Che poi essonon sia né l'uno né l'altro dei due punti c e ociò èmanifesto. Infattiqualora supponessimo ciòdescritte [due] altre figuretali che quella inscritta sia maggiore della figura il cui centro è oequella circoscritta sia minore della figura il cui centro è cil centrodi gravità del conoide andrebbe a cadere fuori del centro di gravità di talifigure: il che è impossibilecome abbiamo testé concluso. Ne conseguedunqueche esso si trova compreso tra il centro della figura circoscritta equello della figura inscritta. Se è cosìdovrà trovarsi necessariamente inquel punto che divide l'asse in modo che la parte verso il vertice sia doppiadella rimanente. Infattipoiché si possono inscrivere e circoscrivere figuretaliche le linee comprese tra il loro centro di gravità e il punto suddettosiano minori di qualunque linea datachi affermasse cosa diversa verrebbecondotto a questo assurdo: checioèil centro del conoide non si trovi tra icentri della figura inscritta e di quella circoscritta.

Se vi sono tre linee proporzionalie si prende un'altra linea qualsiasitale che la proporzione che essa ha rispetto ai due terzi dell'eccessoper ilquale la massima supera la mediasia eguale alla proporzione che la minima harispetto all'eccessoper il quale la massima supera la minima; se inoltre siprende ancora un'altra linea taleche la proporzione che essa ha rispettoall'eccessoper il quale la massima supera la mediasia eguale allaproporzione che la lineacomposta dalla massima e dal doppio della mediaharispetto alla linea composta dal triplo della massima e della media; [la sommadi] ambedue le linee prese insieme sarà [eguale al] la terza parte dellamassima tra le linee proporzionali.

Siano tre linee proporzionali abbcbf: e quale è laproporzione che bf ha ad aftale sia anche quella che msha rispetto ai due terzi della ca; inoltrequale è la proporzione chela linea composta da ab e dal doppio di bc ha rispetto alla lineacomposta dal triplo di ambedue le ab e bctale sia anche laproporzione che un'altra lineacioè snha ad ac. Bisognadimostrare che mn è la terza parte della ab. Pertantopoiché abbcbf sono proporzionalianche ac e cf sitroveranno nel medesimo rapporto: perciòcome ab sta a bccosìac sta cf; e come il triplo di ab al triplo di bccosì ac a cf. Pertantoquale è la proporzione che [la sommadel] triplo di ab col triplo di bc ha rispetto al triplo di cbtale sarà anche la proporzione che ac ha a una linea minore della cf.Sia essa co. Perciòcomponendo e per conversione della proporzione [invertendo]oa avrà ad ac la medesima proporzione che [la somma del] triplodi ab col sestuplo di bc ha rispetto al [la somma del] triplo di abcol triplo di bc: ma ac ha ad sn la medesima proporzioneche [la somma del] triplo di ab col triplo di bc ha rispetto al[la somma di] ab col doppio di bc: ex aequalidunqueoaavrà ad ns la medesima proporzione che [la somma del] triplo di abcol sestuplo di bc ha rispetto al [la somma di] ab col doppio di bc.Ora[la somma del] triplo di ab col sestuplo di bc è eguale atre volte [la somma di] ab col doppio di bc: dunqueao ètripla di sn.

Inoltrepoiché oc sta a ca come il triplo di cb staalla somma del triplo di ab col triplo di cb; e poiché come casta a cfcosì il triplo di ab al triplo di bc; dunqueexaequaliin proporzione perturbatasi avrà checome oc sta a cfcosì il triplo di ab sta alla somma del triplo di ab col triplodi bceper conversione della proporzionecome of sta ad fccosì il triplo di bc sta alla somma del triplo di ab col triplodi bc. Ma come cf sta ad fbcosì ac sta a cbe il triplo di ac al triplo di bc; ex aequalidunqueinproporzione perturbatasi avrà checome of sta ad fbcosì iltriplo di ac sta al triplo di ambedue le ab e bc insieme.Pertanto [componendo] l'intera ob starà alla bf come ilsestuplo di ab sta al triplo di ambedue le ab e bc; epoiché fc e ca stanno tra di loro nella medesima proporzione che cbe basi avrà checome fc sta a cacosì bc sta abaecomponendocome fa sta ad accosì [la somma di]ambedue le ba e bc sta a bae così il triplo sta altriplo: dunquecome fa sta ad accosì la linea composta daltriplo di ba e dal triplo di bc sta al triplo di ab;perciò come fa sta ai due terzi della accosì la linea compostadal triplo di ba e dal triplo di bc sta ai due terzi del triplo dibacioè al doppio di ba. Ma come fa sta ai due terzidella accosì fb sta ad ms; dunquecome fb sta admscosì la linea composta dal triplo di ba e dal triplo di bcsta al doppio di ba. Ma come ob sta ad fbcosì ilsestuplo di ab stava al triplo di ambedue le ab e bc:dunqueex aequaliob avrà ad ms la medesima proporzioneche il sestuplo di ab al doppio di ba; perciò ms sarà laterza parte della ob. Si è anche dimostrato che sn è la terzaparte di ao: risulta dunque che mn èsimilmentela terza partedi ab. E ciò è quello che si doveva dimostrare.

Il centro di gravità di un qualsiasi frusto [tronco] staccato da un conoideparabolico si trova sulla linea retta che è l'asse del frusto; diviso tale assein tre parti egualiil centro di gravità si trova nella parte di mezzo e ladivide in modo che la parte verso la base minore avrà rispetto alla parte versola base maggiorela medesima proporzione che la base maggiore ha rispetto allabase minore.

Dal conoideil cui asse è rbsia staccato il solidoil cui asse èbee il piano secante [con cui è operata tale scissione] siaequidistante dalla base; si faccia inoltre una sezione per mezzo di un altropiano passante per l'asse perpendicolare alla base: tale sezione della parabola[sezione del conoide la quale genera una parabola] sia urc;inoltre le intersezioni di quest'ultimo piano col piano secante e con la basesiano [rispettivamente] le linee rette lm ed uc: rb saràil diametro di proporzioneo sarà equidistante dal diametro; lm e ucsaranno ordinatamente applicate ad esso. Si dividapertantoeb in treparti egualitra le quali la parte media sia qy; ora quest'ultima siadivisa dal punto i in modo chequale è la proporzione della baseilcui diametro è ucalla baseil cui diametro è lmcioè delquadrato di uc al quadrato di lmtale sia anche la proporzione diqi a iy. Bisogna dimostrare che i è il centro di gravitàdel frusto lmc. Si ponga a parte la linea ns eguale alla bre sx sia eguale ad er; inoltre si prenda sg terzaproporzionale delle linee ns ed sx; infinequale è laproporzione che ng ha a gstale sia anche quella che la linea bqha rispetto a io. Non importa che il punto o si trovi sopra osotto la lm. Poiché nella sezione urc le linee lm e ucsono ordinatamente applicatesi avrà checome il quadrato di uc sta alquadrato di lmcosì la linea br sta alla linea re: macome il quadrato uc sta al quadrato lmcosì qi sta a iye come br sta ad recosì ns ad sx; dunqueqista a iy come ns ad sx. Perciòcome qy sta a yicosì [la somma di] ambedue le ns ed sx starà ad sxecome eb sta a yicosì la linea composta dal triplo di nse dal triplo di sx starà ad sx: ma come eb sta a bycosì la linea composta dal triplo di ambedue le ns ed sx insiemesta alla linea composta da ns ed sx: dunquecome eb sta a bicosì la linea composta dal triplo di ns e dal triplo di sx staalla linea composta da ns e dal doppio di sx. Le tre linee nssxgs sono dunque proporzionali; e quale è la proporzione che sgha a gntale è anche la proporzione che la linea presa oi harispetto ai due terzi della ebcioè della nx; inoltrequale èla proporzione che la linea composta da ns e dal doppio di sxharispetto alla linea composta dal triplo di ns e dal triplo di sxtale è anche la proporzione che l'altra linea presa ib ha rispetto a becioè rispetto a nx. Pertantoper le cose che si sono sopra dimostratequeste lineeprese insiemesaranno la terza parte della nscioè dellarb; rb è dunque tripla della bo: perciò o sarà ilcentro di gravità del conoide urc. Sia poi a il centro digravità del conoide lrm; dunqueil centro di gravità del frusto ulmcsi trova sulla linea obe precisamente in quel punto che la delimita inmodo chequale è la proporzione che il frusto ulmc ha rispetto allaporzione lrmtale sia anche la proporzione che la linea ao harispetto alla linea compresa tra o e il punto suddetto. E poiché roè due terzi della rbed ra i due terzi della re; larimanente ao sarà i due terzi della rimanente eb. E poichéabbiamo checome il frusto ulmc sta alla porzione lrmcosì ngsta a gs; e checome ng sta a gscosì i due terzi di ebstanno a oi; e poichéd'altra parteai due terzi di eb èeguale la linea ao; si avrà allora checome il frusto ulmc staalla porzione lrmcosì ao sta a oi. Risultadunquecheil centro di gravità del frusto ulmc è il punto ie che essodivide l'asse in modo che la parte verso la base minore sta alla parte verso labase maggiore come [la somma del] doppio della base maggiore con la base minoresta al [la somma del] doppio della minore con la maggiore. Il che è ciò che cieravamo propostispiegato più elegantemente.

Se un numero qualsiasi di grandezze sono disposte tra loro [in rapporto tale]che la seconda sia superiore alla prima del doppio della primala terza siasuperiore alla seconda del triplo della primala quarta sia superiore allaterza del quadruplo della primae così ciascuna delle grandezze che sisusseguono sia superiore a quella immediatamente precedente di una grandezzamultipla della prima secondo il numero [corrispondente alla posizione] che essastessa occupa nell'ordine; se - dico - queste grandezze vengono ordinatamenteappese ad eguali distanze su una bilanciail centro di equilibrio del compostodi tutte [le grandezze] dividerà la bilancia in modo che la parte verso legrandezze minori sarà tripla dell'altra [parte].

Sia la bilancia LT; ad essa siano appese delle grandezzetali qualiabbiamo dettoe siano AFGHKlaprima delle quali sia Aappesa in T. Dico che il centro diequilibrio interseca la bilancia TL in modo che la parte verso Tè tripla dell'altra. Sia TL tripla di LISL tripla di LPQL lo sia di LNed LP di LO: IPPNNOOL risulteranno eguali. Si prenda in F una grandezza doppia di Ain G se ne prenda un'altra tripla della medesimain H unaquadruplae così via; le grandezzeche abbiamo presesiano quelle segnate daa. E si faccia lo stesso con le grandezze FGHK:infattipoiché in F la grandezza rimanentecioè bè egualead Ain G se ne prenda una doppiain H una triplaecc.;e queste grandezze prese siano quelle segnate da b; e allo stesso modo siprendano le grandezze segnate da ce quelle segnate da d e da e.Tutte le grandezze segnate da a [ossia la loro somma] sarannoallora eguali a K; la grandezza composta da tutte le b saràeguale ad H; quella composta dalle csarà eguale a G;quella composta da tutte le dsarà eguale ad F; ed esarà eguale ad A. Poiché TI è doppia di ILIsarà il punto dell'equilibrio della grandezza composta da tutte le a; esimilmenteessendo SP doppia di PLP sarà il puntodell'equilibrio di quella composta da tutte le b; eper la stessaragioneN sarà il punto dell'equilibrio della grandezza composta datutte le c; O lo sarà di quella composta dalle d; ed L[sarà il punto dell'equilibrio] della e. Abbiamo dunque una bilancia TLalla quale sono appese ad eguali distanze alcune grandezze KHGFA; einoltreabbiamo un'altra bilancia LIsullaqualea distanze similmente egualisono appese un altrettanto numero digrandezzeeguali alle predette e disposte nel medesimo ordine: infattilagrandezza composta da tutte le ala quale è appesa in Ièeguale alla grandezza K appesa in L; quella composta da tutte le bla quale è appesa in Pè eguale alla H appesa in P; esimilmentela grandezza composta dalle cla quale è appesa in Nè eguale alla G; quella composta dalle dla quale è appesa in Oè eguale alla F; e infine la eappesa in Lè egualealla A. Perciò il centro del composto delle grandezze dividerà lebilance secondo la medesima proporzione: ma uno solo è il centro dellagrandezza composta dalle grandezze predette: esso sarà dunque un punto comunealla retta TL e alla retta LI; sia esso X. Pertantocome TXsta a XLcosì LX starà a XIe l'intera TL staràad LI: ma TL è tripla della LI: perciò anche TXsarà tripla della XL.

Se si prendono un numero qualsiasi di grandezze in modo che la seconda siasuperiore alla prima del triplo della primala terza sia superiore alla secondadel quintuplo della primala quarta sia superiore alla terza di sette volte laprimae così di seguito l'aumento di ciascuna [grandezza] rispetto allaimmediatamente precedente sia multiplo della prima grandezza secondo i numeriimpari successivi[cioè le grandezze] si succedano come i quadrati di lineeegualmente eccedentisi l'una l'altra e il cui eccesso sia eguale alla minima; ese [tali grandezze] vengono appese a distanze eguali su una bilancia: il centrodell'equilibrio del composto di tutte [le grandezze] dividerà la bilancia inmodo che la parte verso le grandezze minori risulterà maggiore del triplodell'altra [parte]ma minore del triplo della medesimaqualora si tolga unadistanza.

Sulla bilancia BE siano delle grandezzetali quali si è detto; dallequali [immaginiamo che] ne vengano tolte alcunele quali stiano tra di loronella medesima proporzione in cui erano disposte le grandezze del [teorema]precedente; e siano quelle composte da tutte le a; le altresegnate da csaranno distribuite nel medesimo ordinema saranno prive della grandezzamassima. ED sia tripla di DBe GF tripla di FB; Dsarà il centro dell'equilibrio della grandezza composta da tutte le a; Fquello della grandezza composta da tutte le c: perciò il centro dellagrandezza composta da tutte le a e le c andrà a cadere tra Ded F. Sia esso O. È pertanto manifesto che EO è più deltriplo della OBmentre GO è meno del triplo della OB. Cheè quello che si doveva dimostrare.

Se in un cono qualsiasio in una porzione di conosi inscrive una figura[costituita] da cilindri aventi eguale altezzae se ne circoscrive un'altraeseinoltrel'asse del cono viene diviso in modo che la parte compresa tra ilpunto di divisione e il vertice sia tripla dell'altra; il centro di gravitàdella figura inscritta sarà più vicino del suddetto punto di divisione allabase del conomentre il centro di gravità della figura circoscritta sarà piùvicino al vertice del medesimo punto.

Sia dunque un conoil cui asse nm sia diviso in s in modo che nssia tripla della rimanente sm. Dicoche il centro di gravità diqualsiasi figurainscritta al cono nel modo che si è dettosi trova sull'assenm ed è più vicino del punto s alla base del cono; mentre ilcentro di gravità della figura circoscritta si trova similmente sull'asse nmed e piu vicino di s al vertice. Si intendapertantola figurainscritta [costituita] da cilindrii cui assi mccbbeeasiano eguali. Ordunqueil primo cilindroil cui asse è mcrispetto alcilindroil cui asse è cbha la medesima proporzione che la sua baseha rispetto alla base dell'altro (infattile loro altezze sono eguali); maquesta proporzione è eguale a quella che il quadrato cn ha al quadrato nb.E similmente si mostrerà che il cilindroil cui asse è cbrispetto alcilindroil cui asse è beha la medesima proporzione che il quadrato bnha rispetto al quadrato ne; mentre il cilindroil cui asse è berispetto al cilindro[che sta] intorno all'asse eaha la medesimaproporzione che il quadrato en ha rispetto al quadrato na. Oralelinee ncnbenna si eccedono egualmente tra diloroe i loro eccessi sono eguali alla minimacioè alla na. Vi sonopertanto alcune grandezzecioè i cilindri inscrittitali che stanno tra diloro successivamente nella medesima proporzione in cui si trovano i quadrati dilinee che si eccedono egualmente e i cui eccessi siano eguali alla minima: e[quei cilindri] sono disposti sulla bilancia ti in modo che i lorosingoli centri di gravità si trovino su di essa ad eguali distanze. Per le coseche si sono sopra dimostraterisulta pertanto che il centro di gravità delcomposto di tutti [i cilindri] divide la bilancia ti in modo che la parteverso t sia più del triplo dell'altra. Sia o questo centro; todunqueè più che tripla della oi. Ma tn è tripla della im;dunquel'intera mo sarà minore della quarta parte dell'intera mndella quale si è posta quarta parte la ms. Ne risulta dunque che ilpunto o è più vicino di s alla base del cono. D'altra partesiapoi circoscritta una figura costituita da cilindrii cui assi mccbbeeaan sono eguali tra loro. Similmentecome per icilindri inscrittisi mostrerà che essi [cilindri circoscritti] stanno traloro come i quadrati delle linee mnncbnneanle quali si eccedono egualmente e il cui eccesso è eguale alla minima an;perciòper la precedente [proposizione]il centro di gravità del composto ditutti i cilindri così dispostiil quale [centro] sia udivide labilancia ri in modo che la parte verso rcioè ruè piùche tripla dell'altra [parte] ui; tuinveceè minore del triplodella medesima. Ma nt è tripla della im; dunquel'intera umè maggiore della quarta parte dell'intera mndella quale si è postaquarta parte la ms. Pertanto il punto u è più vicino del punto sal vertice. Che è quello che si doveva mostrare.

Dato un conoè possibile circoscrivere ad esso una figura e inscriverglieneun'altra[costituite] da cilindri aventi eguale altezzain modo che la lineacompresa tra il centro di gravità della figura circoscritta e il centro digravità di quella inscrittasia minore di qualsiasi linea assegnata.

Sia dato un conoil cui asse sia ab; sia inoltre assegnata la retta k.Dico: si ponga a parte il cilindro leguale a quello che siainscrivibile nel cono e abbia per altezza la metà dell'asse ab; sidivida poi ab in cin modo che ac sia tripla della cbe quale è la proporzione che ac ha rispetto a ktale sia anchela proporzione che il cilindro l ha rispetto al solido x: sicircoscriva poi al cono una figura [costituita] da cilindri aventi egualealtezzae gli se ne inscriva un'altrain modo che la figura circoscrittaecceda quella inscritta per una quantità minore del solido x; il centrodi gravità della figura circoscritta sia eil quale cadrà al di sopradi c; il centro della figura inscritta siainvecesche cadràal di sotto di c. Dico allora che la linea es è minore della k.Infattiqualora non lo fossesi ponga eo eguale alla ca:pertantopoiché oe ha rispetto a k la medesima proporzione che lha ad xpoiché inoltre la figura inscritta non è minore del cilindro lmentre l'eccessoper il quale tale figura è superata da quella circoscrittaè minore del solido x: la figura inscritta avrà pertanto rispetto alsuddetto eccesso una proporzione maggiore di quella che oe ha rispetto a k.Ma la proporzione di oe a k non è minore di quella di oead espoiché es non si pone minore di k: pertanto lafigura inscritta rispetto all'eccessoper il quale è superata dalla figuracircoscrittaha una proporzione maggiore di quella di oe ad es.Quale è dunque la proporzione della figura inscritta al suddetto eccessotalesarà la proporzione che una linea maggiore della eo ha rispetto allalinea es. Sia essa er; orail centro di gravità della figurainscritta è smentre quello della figura circoscritta è e:risultadunqueche il centro di gravità delle porzioni rimanentiper lequali la figura circoscritta supera quella inscrittasi trova sulla linea ree proprio in quel puntoche la delimita in modo chequale è la proporzioneche la figura inscritta ha rispetto alle dette porzionitale sia anche laproporzione che la lineacompresa tra e e quel puntoha rispetto allalinea es. Ma questa è la proporzione che re ha ad es;dunqueil centro di gravità delle rimanenti porzioniper le quali la figuracircoscritta supera quella inscrittasarà r: ciò che è impossibile;infatti il piano condotto per r ed equidistante dalla base del cono noninterseca le suddette porzioni. È pertanto falso che la linea es non siaminore della k; sarà dunque minore. Si dimostrerà poiin modo analogoche ciò è possibile anche per una piramide.

Da ciò è manifesto che a un cono dato è possibile circoscrivere una figurae inscriverne un'altra[costituite] da cilindri aventi eguale altezzain modoche le lineele quali sono comprese tra i loro centri di gravità e il puntoche divide l'asse del cono in modo che la parte verso il vertice è tripladell'altrasiano minori di una qualunque linea data. Infattipoichécome siè dimostratoil detto puntoche divide l'asse nel modo che si è dettositrova sempre tra i centri di gravità della figura circoscritta e di quellainscritta; e poiché la lineache è intermedia tra quei medesimi centri digravitàpuò essere fatta minore di una qualsiasi linea assegnata; sarebbemolto minore della medesima linea assegnata quella linea che è compresa tra unodei due centri e il suddetto punto che divide l'asse.

In qualsiasi cono o piramide il centro di gravità divide l'asse in modo chela parte verso il vertice è tripla della rimanente [parte] verso la base.

Sia un conoil cui asse ab sia diviso in c in modo che acsia tripla della rimanente cb: bisogna mostrare che c è il centrodi gravità del cono. Infattise non lo èil centro del cono sarà o al disopra o al di sotto del punto c. In primo luogo [immaginiamo che] sia aldi sottoe sia e; si ponga a parte la linea lp eguale a cee la si divida a caso in n; e quale è la proporzione che [la somma di]ambedue le be e pn insieme ha rispetto a pntale sia laproporzione che il cono ha al solido x; si inscriva poi al cono unafigura solida [costituita] da cilindri aventi eguale altezza[figura] il cuicentro di gravità si trovi a una distanza dal punto c più breve dellalinea ln; e l'eccessoper il quale essa è superata dal conosia minoredel solido x. Che ciò sia possibile èinfattimanifesto per le cosedimostrate. Sia allora inscrittanel modo richiestola figurail cui centrodi gravità sia i. Pertantola linea ie sarà maggiore della npessendo lp eguale a ce; e ic sarà minore di ln: epoiché [la somma di] ambedue le be ed np sta ad np come ilcono sta a xmentre l'eccessoper il quale il cono supera la figurainscrittaè minore del solido xdunque il cono avrà rispetto alsuddetto eccesso una proporzione maggiore di quella che [la somma di] ambedue lebe ed np ha ad np; escomponendola figura inscrittaavrà rispetto all'eccessoper il quale essa è superata dal conounaproporzione maggiore di quella che [be] ha ad np. Ma be haad ei una proporzione ancora minore di quella che be ha ad npessendo ie maggiore di np; dunquela figura inscritta avràrispetto all'eccessoper il quale è superata dal conouna proporzione moltomaggiore di quella che be ha ad ei. Pertantoquale è laproporzione che la figura inscritta ha rispetto al suddetto eccessotale saràla proporzione che rispetto ad ei avrà una linea maggiore della be.Sia essa me: poichédunqueme sta ad ei come la figurainscritta sta all'eccessoper il quale è superata dal conoe poiché eè il centro di gravità del conomentre i è il centro di gravitàdella figura inscrittasarà allora m il centro di gravità delleporzioni rimanentiper le quali il cono eccede la figura che gli è inscritta;ciò che è impossibile. Pertanto il centro di gravità del cono non si trova aldi sotto del punto c. Ma neppure [si troverà] sopra. Infattise èpossibilesia esso r; e inoltre si prenda la linea lpdivisa acaso in n; e quale è la proporzione che [la somma di] ambedue le bced np ha ad nltale sia la proporzione che il cono ha ad x;e similmente si circoscriva al cono una figuradalla quale esso sia superatoper una quantità minore del solido x; infine la lineacompresa tra ilcentro di gravità di quella [figura circoscritta] e csia minore della np.Siadunqueo il centro di gravità della figura circoscritta: larimanente or sarà maggiore della nl. E poichécome [la sommadi] ambedue le bc e pn sta ad nlcosì il cono sta a xmentre l'eccessoper il quale il cono è superato dalla figura circoscrittaèminore di xe poiché la bo è minore [della somma] di ambedue lebc e pnmentre la or è maggiore della ln; il conodunquerispetto alle rimanenti porzioniper le quali è superato dalla figuracircoscrittaavrà una proporzione molto maggiore di quella che bo ha ador. Tale sia la proporzione di mo a or: mo saràmaggiore di bc; ed m sarà il centro di gravità delle porzioniper le quali il cono è superato dalla figura circoscritta; il che èsconveniente. Il centro di gravità del cono non si trovadunqueal di sopradel punto c: macome si è mostratoneppure si trova al di sotto:dunqueesso sarà lo stesso c. La stessa cosae con identicoprocedimentosi dimostrerà per una piramide qualsiasi.

[LEMMA]
Se si hanno quattro linee in proporzione continua; e sequale è la proporzioneche la minima di esse ha rispetto all'eccessoper il quale la massima supera laminimatale sia anche la proporzione che una linea [opportunamente] presa harispetto ai ¾ dell'eccessoper il quale la massima supera la seconda; seinoltrequale è la proporzione che la linea eguale alla [somma della] massimacol doppio della seconda e col triplo della terzaha rispetto alla linea egualeal [la somma del] quadruplo della massimacol quadruplo della seconda e colquadruplo della terzatale sia la proporzione che un'altra linea[opportunamente] presa ha rispetto all'eccessoper il quale la massima superala seconda: queste due [ultime] lineeprese insieme [ossia la loro somma]saranno la quarta parte della massima delle [linee] proporzionali [considerate].

Siano infatti quattro linee proporzionaliabbcbdbe;e quale è la proporzione che be ha ad eatale sia anche quellache fg ha rispetto ai ¾ della ac; inoltrequale è laproporzione che la lineaeguale alla [somma di] abcol doppio di bce col triplo di bdha rispetto alla lineaeguale al quadruplo [dellasomma] delle abbcbdtale sia la proporzione che hgha ad ac. Bisogna mostrare che hf è la quarta parte della ab.Pertantopoiché le abbcbdbe sonoproporzionalinella medesima proporzione si troveranno anche le accdde; e come il quadruplo [della somma] delle abbcbdsta alla [somma di] ab col doppio di bc e col triplo di bdcosì il quadruplo [della somma] delle accddecioè ilquadruplo della aesta alla [somma di] ac col doppio di cde col triplo di de; e così pure ac sta ad hg: dunquecomeil triplo della ae sta alla [somma di] ac col doppio di cde col triplo di decosì i ¾ della ac stanno ad hg. Macome il triplo di ae sta al triplo di ebcosì i ¾ della acstanno a gf: dunqueper la reciproca della ventiquattresima del quintocome il triplo della ae sta alla [somma di] ac col doppio di cde col triplo di dbcosì i ¾ della ac stanno ad hf; ecome il quadruplo della ae sta alla [somma di] ac col doppio di cde col triplo di dbcioè alla [somma di] ab con cb e bdcosì ac sta ad hf; epermutandocome il quadruplo di aesta ad accosì la [somma di] ab con cb e bd sta adhf; ma come ac sta ad aecosì ab sta alla [sommadi] ab con cb e bd: dunqueex aequaliinproporzione perturbatacome il quadruplo di ae sta ad aecosì absta ad hf. Risulta perciò che hf è la quarta parte della ab.

In un qualsiasi frusto di piramideo di conointersecato da un pianoequidistante dalla baseil centro di gravità si trova sull'assee lo sidivide in modo che la parte verso la base minore sta alla [parte] rimanente come[la somma del] triplo della base maggiore col doppio dello spazio che è medio[proporzionale] tra la base maggiore e la minoresta al [la somma del] triplodella base minore col doppio del medesimo spazio medio [proporzionale] e con labase maggiore.

Dal cono o dalla piramideil cui asse è adper mezzo di un pianosecante equidistante dalla basesia staccato un frustoil cui asse è ud;e quale è la proporzione che [la somma del] triplo della base maggiore coldoppio della media [proporzionale tra la base maggiore e la minore] e con labase minoreha rispetto al [la somma del] triplo della base minore col doppiodella media e con la massimatale sia la proporzione che uo ha ad od.Bisogna mostrare che o è il centro di gravità del frusto. Sia umquarta parte della ud. Si ponga a parte la linea hx eguale alla ade sia kx eguale ad au; inoltre delle hx e kx siaterza proporzionale xle quarta proporzionale xs: e quale è laproporzione che hs ha ad sxtale sia quella che md harispetto a una linea presa a partire da o verso ala quale sia on.E poiché la base maggiore sta a quellache è media proporzionale tra lamaggiore e la minorecome da sta ad aucioè come hx staa xkmentre la detta media sta alla minore come kx sta a xl;la base maggiorela media e la minore staranno tra di loro nella medesimaproporzione [in cui stanno] anche le linee hxxkxl.Perciòcome [la somma del] triplo della base maggiore col doppio della media econ la minoresta al [la somma del] triplo della minima col doppio della mediae con la massimacioè come uo sta a odcosì [la somma del]triplo di hx col doppio di xk e con xlsta al [la sommadel] triplo di xl col doppio di xk e con xh; ecomponendoe permutandood starà a ducome la [somma di] hx coldoppio di xk e col triplo di xl sta al quadruplo [della somma]delle hxxkxl. Si hanno dunque quattro lineeproporzionalihxxkxlxs; e quale è laproporzione che xs ha ad shtale è quella che una linea[opportunamente] presa no ha rispetto ai ¾ della ducioè a dmcioè ai ¾ della hk; inoltrequale è la proporzione che la [somma di] hxcol doppio di xk e col triplo di xl ha rispetto al quadruplo[della somma] delle hxxkxltale è anche laproporzione che un'altra linea [opportunamente] presa od ha rispetto a ducioè ad hk: dunque (per le cose che si sono dimostrate) dn saràla quarta parte della hxcioè della ad; perciò il punto nsarà il centro di gravità del conoo della piramideil cui asse è ad.Sia i il centro di gravità del conoo della piramideil cui asse è au.Risultadunqueche il centro di gravità del frusto si trova sul prolungamentodella linea in dalla parte di ne proprio in quel punto che colpunto n delimita una linea taleche rispetto ad essa in abbia lamedesima proporzione che il frusto staccato ha rispetto alla piramide o al conoil cui asse è au. Resta pertanto da mostrare che in ha ad nola medesima proporzione che il frusto ha rispetto al conoil cui asse è au.Ma come il conoil cui asse è dasta al conoil cui asse è aucosì il cubo da sta al cubo aucioè il cubo hx al cubo xk:ma questa medesima proporzione è quella che hx ha ad xs: perciòscomponendocome hs sta ad sxcosì il frustoil cui asse è dustarà al conoo alla piramideil cui asse è ua. Ma come hs staad sxcosì pure md sta a on; perciò il frusto sta allapiramideil cui asse è aucome md sta ad no. E poiché anè ¾ della admentre ai è ¾ della au; la rimanente insarà 3/4 della rimanente ud; perciò in sarà eguale alla md.Si è poi dimostrato che md sta ad no come il frusto sta al cono au:risulta dunque che questa medesima proporzione è anche quella che in haad no. È perciò manifesto quello che ci eravamo proposti.